l'analisi

Nuova governance Agenda digitale, ecco tutti i rischi di flop

Ci sono ostacoli e incognite nel progetto del Governo per una nuova governance della Pa e Agenda digitale, con una uova SpA pubblica con budget di 5 milioni l’anno per gestire e sviluppare PagoPA, io.italia.it e piattaforma digitale nazionale dati, e dal 2020, poteri al PdC o Ministro delegato. Vediamo i problemi

Pubblicato il 07 Feb 2019

Paolo Coppola

Professore associato di informatica, Università di Udine, consulente Governo per progetti di digitalizzazione della PA

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Le importanti novità in tema di governance dell’ICT pubblica introdotte dall’articolo 8 del decreto-legge semplificazione, modificato al Senato ed ora in discussione alla Camera, potrebbero davvero essere funzionali per la trasformazione digitale della nostra pubblica amministrazione.

Ci sono però alcune criticità che occorre inevitabilmente considerare per evitare di fallire, ancora una volta, l’obiettivo. Riguardano, tra le altre cose, il tema sempre centrale delle competenze, la gestione del budget, la concentrazione del potere nella figura del presidente del consiglio o del ministro delegato.

Ma partiamo dalle novità.

Il premier acquisisce i poteri sul digitale (dal 2020): vantaggi e rischi

Le modifiche alla governance dell’ICT

L’articolo 8 del decreto-legge semplificazione ha introdotto modifiche consistenti alla governance dell’ICT pubblica. Per prima cosa, la gestione e i compiti della piattaforma dei pagamenti elettronici verso la Pubblica Amministrazione, PagoPA, passano da AgID alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che si avvale del Commissario straordinario.

Il mandato del Commissario e l’operatività della struttura di supporto sono prorogati al 31 dicembre 2019, mentre a partire dal primo gennaio 2020 i compiti e i poteri del Commissario passeranno al Presidente del Consiglio o al Ministro delegato.

Per i nuovi compiti il Presidente del Consiglio o il Ministro si avvarranno di un contingente di esperti che verranno nominati. Il numero, le qualifiche richieste e i compensi saranno definiti con DPCM, ma già vengono destinati 6 milioni di euro l’anno a partire dal 2020.

Il decreto prevede anche la costituzione entro aprile 2019 di una nuova SpA interamente partecipata dallo Stato e che aiuterà il Presidente del Consiglio a diffondere PagoPA, sviluppare io.italia.it, il punto di accesso telematico dei servizi online della PA previsto dall’art. 64-bis del CAD, nonché la piattaforma digitale nazionale dati, prevista all’articolo 50-ter del CAD che permetterà di estrarre conoscenza dai big data della PA. Anche per questa nuova SpA sono previste spese per 5 milioni di euro all’anno fino al 2021.

Ricapitolando e semplificando, quindi, da aprile: nuova SpA pubblica con budget di 5 milioni l’anno per gestire e sviluppare PagoPA, io.italia.it e “big data della PA”, proroga del Commissario fino a fine anno e poi, dal 2020, poteri al PdC o Ministro delegato e nuovo gruppo di esperti nominati con budget di 6 milioni l’anno.

Le criticità della nuova governance

Rispetto alle architetture di governance sono sempre stato abbastanza laico. Non credo che esista la bacchetta magica e credo che esistano molti strumenti diversi che possano raggiungere il risultato. Quello scelto ora può avere successo? Sicuramente sì, anche se non è scontato, e quindi mi limito a prendere nota e a verificare in seguito.

Mi permetto, però, di segnalare un paio di dimenticanze (nessuno pare ricordarsi della piattaforma prevista dall’articolo 40-ter né di quanto previsto dall’articolo 60 del dlgs 179/2016) e alcuni rischi:

  • raramente il legislatore ha la competenza necessaria a individuare con esattezza un esecutore che può realizzare in sistema informatico, una piattaforma o un servizio. In passato ci sono stati vari esempi di fallimento, che abbiamo evidenziato nel lavoro della commissione d’inchiesta sul livello di digitalizzazione. Sarebbe meglio che la legge definisse gli obiettivi e nella realizzazione si lasciasse maggiore elasticità. In particolare, non mi è chiaro perché per la gestione del sistema di pagamenti elettronici non si può far ricorso al mercato e, in particolare a SIA S.p.A., che ha come mission “Fornire le migliori piattaforme per tutti i pagamenti digitali di istituzioni, cittadini, imprese” ed è partecipata per quasi il 50% da CDP. Non dico che possa essere la migliore soluzione, ma non capisco perché il legislatore debba escludere a priori l’affidamento con gara a società che hanno un know how specifico.
  • Come è stata determinata la somma di 5 milioni di euro all’anno di costo? Capisco la necessità di procedere con una certa velocità, ma il rischio che, magari con un futuro Governo meno attento a queste tematiche, ci sia uno spreco è alto. Il Legislatore dovrebbe prevedere meccanismi efficienti senza basarsi sul presupposto che verranno usati solo da persone perbene, come sicuramente sono le persone che li useranno ora. Ma domani? Chissà. Come verranno selezionate le persone che entreranno a far parte della nuova società? Come verranno scelti i fornitori? Tutte criticità che vanno affrontate con la massima trasparenza.
  • Analogo discorso vale per il contingente di esperti. Il Commissario straordinario e la sua struttura erano pensati a termine. È ancora così o si è deciso di rendere la struttura permanente? Perché nel secondo caso sarebbe necessario allestire dei concorsi.
  • Infine, una nota riguardo ai poteri del Commissario che passano al Presidente del Consiglio o al Ministro delegato. Quei poteri erano pensati per una fase transitoria e comunque prevedevano un bilanciamento. In particolare, quelli sostitutivi previsti dal comma 4 vedevano l’azione concorde di due soggetti, Commissario e Presidente del Consiglio. Ora, invece, nel caso non vi sia un Ministro delegato, il potere è completamente in mano al Presidente del Consiglio. Sicuramente un aumento di efficienza, ma un rischio da tenere sotto controllo (sempre nel caso di governi futuri, s’intende).

Il nodo delle competenze

Concludo con una considerazione: la trasformazione digitale della PA ha bisogno di competenze manageriali. Fino a quando il legislatore non si renderà conto dell’importanza del capitale umano e del fatto che serve assumere nuovi dirigenti o promuovere quelli che hanno le competenze giuste, difficilmente potremo vedere miglioramenti apprezzabili.

Le piattaforme e le leve tecnologiche possono aiutare un poco, ma la vera sfida è nella gestione del capitale umano e su quella, purtroppo, non vedo ancora sufficiente determinazione.

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