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Le fake news di Hamas: dov’è il confine tra fatti accertati e falsità



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Guerra in Israele e guerra di disinformazione e propaganda: tante fake news e video manipolati; ancora una volta X (già Twitter) è nell’occhio del ciclone, ma non è solo Hamas a diramare notizie false. L’unico antidoto è il senso critico

Pubblicato il 13 ott 2023

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017



disinformazione, fake news

L’UE ha aperto un’indagine nei confronti di X, ex Twitter, per i contenuti illegali e la disinformazione di contenuti terroristici e violenti diffusi sulla sua piattaforma in seguito agli attacchi di Hamas contro Israele.

E’ la prima collegata al Digital Services Act, con sanzioni possibile fino al 5 per cento sul fatturato mondiale dell’azienda.

L’UE aveva già segnalato il problema a Musk.

Gli esempi sono numerosi.

Un video divenuto virale mostra un combattente di Hamas che abbatte un elicottero israeliano, ma è un videogioco (Arma 3). Immagini di propaganda con orrori, veri o presunti, diffusi su X (e altri social ma soprattutto su X) dai terroristi per sgomentare la popolazione.

Account falsi che si spacciano per giornalisti della BBC e del quotidiano Jerusalem Post riescono a diffondere fake news in modo efficace prima di essere sospesi da X (già Twitter).

Open Online “smaschera” altri mostri della disinformazione social: il video dei bambini israeliani in gabbia era già in rete prima degli attacchi di Hamas e si trovava su TikTok; il video della donna israeliana a cui viene dato fuoco a Gaza è stato girato nel 2015 in Guatemala, ed è – purtroppo – vero, ma decontestualizzato.

Sempre da Open apprendiamo che anche i video dei paracadutisti di Hamas, in realtà, era stato girato in Egitto anni prima degli attacchi del 7 ottobre.

Al di là dei social la disinformazione colpisce in varie forme. In un messaggio vocale “inoltrato molte volte” che circola su WhatsApp, si sente dire che un ufficiale israeliano ha consigliato di fare scorta di contanti, carburante e generi alimentari.

I bambini decapitati da Hamas: nessuna evidenza

La notizia della decapitazione di 40 bambini era stata diffusa dal canale israeliano i24News, tanto che perfino Paolo Mieli, ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta, ne ha parlato condannando duramente l’episodio.

La notizia è circolata, fino ad essere ripresa pure dal Presidente statunitense Joe Biden, e la CBS, in un articolo del 11 ottobre 2023, riportava, testualmente, che “Yossi Landau, il capo delle operazioni per la regione meridionale di Zaka, l’organizzazione civile israeliana di risposta alle emergenze, ha detto a CBS News di aver visto con i suoi occhi bambini e neonati che erano stati decapitati.

“Ho visto molte altre cose che per ora non possono essere descritte, perché è molto difficile da descrivere”, ha detto, parlando di genitori e bambini trovati con le mani legate e chiari segni di tortura”.

Oggi la smentita: la giornalista Cecilia Sala, sempre su X, ha testualmente scritto che “The story of beheaded children in Kfar Aza kibbutz is likely fake”.

In realtà già il giorno stesso il giornalista francese Samuel Forey, che è stato a Kfer Aza (il luogo delle pretese decapitazioni), ha affermato di non aver avuto nessuna evidenza del fatto e di aver verificato con due distinti servizi di emergenza operanti sul posto.

Diverso il discorso sui massacri di Be’eri: un giornalista di Fox News, entrato nel kibbutz con l’esercito israeliano, conferma il massacro del 10% della popolazione.

Che fine ha fatto la tecnologia

Nelle prime ore degli attacchi del 7 ottobre, ovviamente, ognuno cercava di capire cosa stesse accadendo e, ovunque nel mondo, le informazioni arrivavano più rapidamente tramite social network e piattaforme online.

Naturale, quindi, che siano stati diffusi contenuti di ogni genere e tipo, anche per generare – purtroppo – terrore nelle popolazioni dei territori sotto attacco.

Quello che colpisce, a parere di chi scrive, non è tanto la solita triste e squallida guerra di disinformazione e di paura ed odio, ma quello che non c’è, ossia la super tecnologia vista in opera in Ucraina.

Tutti ricordiamo le immagini satellitari incredibilmente chiare che inquadravano i morti di Bucha: davvero in Israele questa tecnologia – statunitense! – non è disponibile, mentre tutti sentiamo e vediamo notizie false e video di videogiochi?

La guerra di Elon

Neanche a dirlo, ma resta sempre X il terreno di scontro della disinformazione in rete, come se non esistessero altri social network.

Se è vero che il cambio di proprietà ha determinato un riassetto totale del social e che la versione di Musk di questo business è molto vicina al far west, è pure vero che le notizie false vengono generate altrove.

Fa peraltro sorridere lo scambio – su X – proprio tra Elon Musk ed il commissario europeo Thierry Breton in cui il secondo fa sapere al primo che la compliance al Digitale Service Act è stringente e che il suo staff è a disposizione per le opportune verifiche; il primo risponde che preferisce il dibattito sulla piattaforma, senza accordi sottobanco.

Conclusioni

Guerra nuova, disinformazione vecchia ma sui social.

Pur nel dramma del conflitto, assistiamo all’orrenda pantomima dello show mediatico dell’indignazione, dove però non c’è confine tra fatti accertati e notizie false o non verificate adeguatamente.

In tutto questo, però, si punta il dito sulla compliance di X che, va detto, oggi non pare conforme al Digital Service Act.

Non resta che prendere tutto quel che si sente e legge con una sana dose di senso critico ed un minimo di dubbio prudenziale.

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