Le modifiche al Codice dell’Amministrazione Digitale, seguendo il testo pubblicato da questa testata, includono alcuni punti senz’altro positivi e altri che lasciano un po’ perplessi. Rimangono inoltre delle “incompiute” già dal testo della prima versione che sarebbe bene riconsiderare in questa occasione. Tutto questo con un approccio significativamente più consapevole, anche grazie all’opera del Commissario Straordinario Piacentini, che riconosce la necessità di impiegare risorse per realizzare le innovazioni previste dal CAD, anche con un rafforzamento di AgID. Mettendo da parte la logica del “cambiamento a costo zero”.
Le piacevoli novità riguardano a mio avviso principalmente domicilio digitale e continuità operativa:
si disaccoppia finalmente l’avvio del domicilio digitale dal completamento del progetto ANPR. Il connubio indissolubile dell’attuale testo ha avuto, infatti, l’unica chiara conseguenza di affossare il domicilio digitale, impedendo la possibilità di realizzare quella comunicazione elettronica tra amministrazioni e cittadini che è la precondizione effettiva per qualsiasi semplificazione del rapporto e per l’abbandono della carta. Viene definito un elenco transitorio, destinato a confluire nell’ANPR, di domicili digitali eletti “presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato come definito dal Regolamento eIDAS”;
torna l’obbligo di predisporre piani per garantire la continuità operativa dei servizi, abrogato senza chiare motivazioni nell’attuale versione del CAD. Adesso il nuovo testo richiede che le amministrazioni predispongano “piani di emergenza in grado di assicurare la continuità operativa delle operazioni indispensabili per i servizi erogati e il ritorno alla normale operatività”.
Si tratta di due interventi significativi che tengono conto effettivamente della discussione che si è sviluppata in questi mesi intorno al CAD.
Un po’ di perplessità suscitano, invece, altre modifiche. Ne cito due, in particolare:
l’istituzione della figura del “difensore civico digitale nazionale” (invece che per singola amministrazione), collocato in AgID, che concettualmente solleva le singole amministrazioni del farsi carico direttamente anche delle contestazioni all’applicazione corretta del CAD e sostanzialmente affida ad AgID un compito impossibile, come gestire le segnalazioni potenzialmente provenienti da tutti i cittadini. Di fatto, è l’abrogazione della figura;
viene chiarito, con la riscrittura dell’articolo 18 del CAD, che la Consulta permanente dell’innovazione non era altro che una forma di consultazione esclusivamente telematica, e quindi una piattaforma. Infatti viene istituita la “piattaforma nazionale di consultazione l’AgID una piattaforma per la consultazione pubblica e il confronto tra i portatori di interesse in relazione ai provvedimenti connessi all’attuazione dell’agenda digitale”. Previsione positiva, perché rende concreto l’impegno di AgID per un più aperto e potenzialmente partecipativo percorso di graduale miglioramento dell’agenda digitale italiana, oltre che stimolare in tal senso le singole amministrazioni. Peccato che questa misura, di fatto, stronca del tutto la possibilità di disporre di una Consulta permanente dell’innovazione, multistakeholder, e attiva non solo online, come richiesto da tempo dagli stessi portatori di interesse.
Rimane un’incompiuta, invece, l’attenzione al superamento del divario digitale, declinato nell’articolo 8 come un impegno dello Stato e delle amministrazioni a promuovere “[..] iniziative volte a favorire la diffusione della cultura digitale tra i cittadini con particolare riguardo ai minori e alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire lo sviluppo di competenze di informatica giuridica e l’utilizzo dei servizi digitali delle pubbliche amministrazioni con azioni specifiche e concrete [..]”. Impegno debole, non misurabile, senza la definizione di un coordinamento e di un “owner” che possa monitorare il raggiungimento delle precondizioni essenziali per esercitare il diritto dichiarato all’articolo 7 del CAD “Chiunque ha diritto di fruire dei servizi erogati dai soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, [le amministrazioni pubbliche- ndr] in forma digitale e in modo integrato”. Questo dello sviluppo di adeguate competenze digitali è tema di particolare importanza ed emergenza, su cui si misura la capacità nazionale di crescita e per cui il passaggio annunciato verso l’esclusività comunicazioni elettroniche pone sempre più come urgente da affrontare in modo organico e prioritario. Strumenti perché il CAD possa essere più vincolante ce ne sono diversi, tra cui l’obbligo di prevedere un programma per le competenze digitali dei cittadini e misure per l’accompagnamento delle amministrazioni in questo difficile percorso, in stretto coordinamento tra loro e per ambito territoriale. E questo è il momento di prevederli.