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Nuovo Piano Triennale per la PA digitale: la governance dell’innovazione “targata” PNRR

Il nuovo Piano triennale per l’informatica nella PA è meglio definito nella sua articolazione e nel definire le leve a disposizione e i traguardi sia strategici sia tattici, ma sconta ancora ritardi importanti rispetto agli obiettivi fissati lo scorso anno. Un esame della parte dedicata alla governance

Pubblicato il 13 Gen 2022

chip stm

Dopo avere esaminato le prime due parti, dedicate alla strategia e alle componenti tecnologiche, in questo articolo esamineremo la terza parte del nuovo Piano triennale per l’Informatica nella PA 2021-2023 pubblicato a dicembre scorso, dedicata alla governance.

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Rispetto alle prime due parti, che seguivano lo schema del precedente Piano, questa terza parte si presenta profondamente innovata nella sua articolazione. Né d’altronde poteva essere diversamente, essendo entrato in scena quest’anno il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che ha tra i suoi obiettivi principali della prima delle sei missioni proprio la digitalizzazione dell’amministrazione pubblica e che ha un suo apparato di governance definito dal Decreto-legge 77/21, il cosiddetto “decreto semplificazioni bis”.

Focus sulle competenze digitali

Questa parte si apre con un capitolo che fa il punto sulle leve per l’innovazione e ne mette immediatamente in luce la prima e più importante che è data dal livello delle competenze digitali. Dice infatti il piano che “le competenze digitali esercitano un ruolo fondamentale e rappresentano un fattore abilitante, anche in relazione alla efficacia delle altre leve e strumenti proposti e, qui di seguito approfonditi. Di natura trasversale, lo sviluppo di competenze digitali assunto come asset strategico comprende tutto ciò che può essere identificato in termini di bagaglio culturale e conoscenza diffusa per favorire l’innesto, efficace e duraturo, dei processi di innovazione in atto.”

La presenza del tema competenze nei Piani triennali non è certo nuova, ma questa edizione la mette in particolare evidenza, avendo come guida Piano operativo pubblicato nel dicembre 2020.

Obiettivi e scadenze

Tre sono i principali risultati attesi per questa leva determinante:

  • La diffusione delle competenze digitali nella PA attraverso la realizzazione e l’adozione di uno strumento per la rilevazione dei fabbisogni di formazione in ambito digitale e la promozione di interventi formativi mirati, a cura del Dipartimento della Funzione Pubblica.
  • L’ incremento delle competenze digitali dei cittadini sulla base della definizione e realizzazione di modelli, strumenti e interventi in ambito e dell’uso dei servizi pubblici digitali
  • La diffusione delle competenze digitali nella PA per l’attuazione degli obiettivi del Piano triennale

Questi obiettivi vanno raggiunti attraverso una incalzante serie di traguardi a cominciare dallo stesso dicembre 2021 che avrebbe dovuto vedere la pubblicazione della” Guida di riepilogo dei diritti di cittadinanza digitale”, che non ci risulta ancora pubblicata. Per citare solo i più importanti: entro gennaio 2022 dovremo vedere l’avvio della sperimentazione pilota di una “palestra digitale”, ovvero di un ambiente che favorisca il potenziamento delle competenze digitali dei cittadini con strumenti di autovalutazione del livello di competenze digitali, di formazione e orientamento a risorse formative. Entro marzo 2022 è previsto l’aggiornamento del piano operativo della strategia nazionale per le competenze digitali, sulla base del monitoraggio sull’attuazione e dei dati rilevati sul 2021. Al 2023 è rimandato invece il completamento dei due grandi progetti inseriti nel PNRR: la rete di facilitazione digitale e il progetto di Servizio Civile Digitale, entrambi in itinere.

Qualificazione e orientamento della domanda pubblica

Dopo aver definito gli interventi sulle competenze digitali, che comprendono anche quelle interne alla PA, demandate alla responsabilità del Dipartimento della Funzione Pubblica, questo capitolo del Piano si sofferma sulla seconda importante leva d’innovazione che è quella della qualificazione e orientamento della domanda pubblica. Anche qui il tema non è nuovo: di procurement d’innovazione si parla da tempo, ma il Piano tratta l’argomento in modo originale e convincente articolandolo in tre fasi:

  • La generazione dell’innovazione: si tratta qui di potenziare l’uso del “procurement d’innovazione” con l’obiettivo di essere uno strumento aperto di sfida e stimolo alla partecipazione competitiva di un mercato allargato, che coinvolge le grandi imprese, ma anche e soprattutto PMI, start-up, terzo settore, università e centri di ricerca. In questo senso l’approccio fondato sulla “open innovation” può indurre un rilevante incremento della partecipazione all’appalto, specie delle PMI innovative e, quindi, un maggior grado di competizione. Un importante risultato atteso per questa fase è raggiungere entro il 2023 una percentuale di partecipazione del 50% di PMI e startup innovative sul totale delle aziende che partecipano alle gare.
  • La sperimentazione e lo sviluppo dell’innovazione: qui il Piano riprende due azioni presenti, sia pure sotto una forma diversa, anche nel precedente piano:
    • la costruzione dei Nodi Territoriali di Competenza (NTC), ideati e realizzati partendo dalle esigenze di progettualità espresse dai territori in ambito provinciale e metropolitano. Il Piano comunque non prevede obiettivi specifici per i nodi.
    • La promozione delle cosiddette smart community; in verità questo obiettivo d’innovazione è già nei programmi di Governo, in forma carsica, da molti anni. Questa volta una conretezza dovrebbe derivare dal legarlo al programma Smarter Italy avviato dal Ministero dello Sviluppo Economico, in collaborazione con AGID, MID e MUR, che intende sperimentare nuove soluzioni tecnologiche nel campo della mobilità, della salute e del patrimonio culturale.
  • La diffusione dell’innovazione con le gare strategiche. Le gare dovranno raggiungere due obiettivi:
    • creare il “sistema operativo” del Paese, ovvero una serie di componenti fondamentali sui quali definire ed erogare servizi più semplici ed efficaci per i cittadini, le imprese e la stessa Pubblica Amministrazione;
    • incentivare l’utilizzo e supportare le amministrazioni nella definizione di contratti coerenti con gli obiettivi definiti dal Piano triennale.

Purtroppo un esame del precedente Piano 2020-2022 ci fa vedere che le scadenze di alcune azioni assegnate ad AgID, DTD e al “Comitato strategico per la governance delle gare strategiche”, come ad esempio la raccolta dati e informazioni per la costruzione del sistema pesato degli indicatori generali di digitalizzazione delle Gare, sono slittate di un anno, altre, come la pubblicazione di raccomandazioni per la definizione e la gestione di requisiti di innovazione nelle Gare strategiche ICT bandite dalle Centrali di Committenza, di sei mesi. Insomma, se volgiamo raggiungere gli obiettivi prefissati c’è da correre.

Il consolidamento del ruolo del responsabile della transizione al digitale

Il secondo dei capitoli di questa seconda parte, dopo aver ricordato il sistema di governance dell’intero PNRR e i nuovi poteri dell’AgID di vigilanza, verifica, controllo e monitoraggio sul rispetto delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale, si concentra sul consolidamento del ruolo del responsabile della transizione al digitale (RTD) e, poi, su un nuovo strumento per il monitoraggio del Piano triennale.
Le Pubbliche Amministrazioni, secondo la roadmap definita dalle Linee d’Azione nel Piano triennale e le modalità operative fornite da AGID, saranno chiamate a compilare il “Format PT” per le PA così da rendere possibile la costruzione e l’alimentazione della base dati informativa.

Tale Format ricalca la struttura obiettivi-azioni del Piano triennale ed è stato definito, attraverso un percorso di condivisione con un gruppo di PA pilota, al fine di: rendere uniforme i Piani triennali ICT dei diversi enti; semplificare le attività di redazione di ciascuna amministrazione; comprendere e monitorare con maggiore efficacia come sono state recepite dalle PA le azioni previste all’interno del Piano triennale; approfondire quali altre azioni sono state individuate localmente per il conseguimento dei singoli obiettivi previsti nel Piano triennale. Uno strumento senz’altro utile, ma bisognerà capire meglio quali amministrazioni saranno soggette a quest’obbligo di compilazione del format e come questo si armonizzerà con il PIAO (Piano Integrato di Attività e Organizzazione) che, nell’intenzione del Ministro Brunetta, dovrebbe sostituire tutti i documenti di pianificazione, anche riguardo alla digitalizzazione. A volte si ha l’impressione che le istituzioni parlino poco tra loro.

Conclusioni

Dopo questo sommario esame della terza parte del Piano triennale possiamo concludere confermando l’impressione già avuta di un Piano molto concreto, meglio definito nella sua articolazione e nel definire le leve a disposizione e i traguardi sia strategici sia tattici da raggiungere, ma che sconta ancora ritardi importanti rispetto agli obiettivi fissati lo scorso anno. Certamente ci siamo trovati ad attraversare mesi molto difficili, ma ora è il tempo dell’attuazione, specie nella messa a punto degli strumenti, come le gare strategiche, l’open innovation, il procurement d’innovazione, che sia capace di usare anche procedure innovative, di cui da troppo tempo sentiamo la mancanza.

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