Alla domanda principale dell’indagine 2023 sulle competenze degli adulti uscita a dicembre 2024, parte essenziale del Programma dell’OCSE per la valutazione internazionale delle competenze degli adulti (Programme for the International Assessment of Adult Competencies, PIAAC), “Gli adulti hanno le competenze di cui hanno bisogno per prosperare in un mondo che cambia?” la risposta non può essere considerata positiva: “Nonostante gli sforzi significativi compiuti dai governi e dalle parti sociali nell’ultimo decennio per rafforzare i sistemi di istruzione e formazione degli adulti, l’indagine rivela un panorama delle competenze decisamente disomogeneo, con un numero crescente di persone impreparate per il futuro”.
Nel dominio della literacy e nel dominio della numeracy un quarto degli adulti dei paesi OCSE (i valori sono 26,1% per la literacy e 24,8% per la numeracy) è low performer, cioè non è in grado di comprendere un semplice testo o eseguire dei semplici calcoli. In Italia la quota sale rispettivamente 34,7% e 35,3%. Le percentuali di low performer sono maggiori nel dominio di competenza del problem solving adattivo, con il 29,3% nella media OCSE che non è in grado di risolvere semplici problemi (in Italia in questo caso i low performer sono il 45,6%). Quote molto più basse sono rilevate per gli high performer: solo 11,6% nella media OCSE e il 5,4% dei residenti in Italia raggiunge elevati livelli di competenze in literacy, il 13,9% nella media OCSE (e il il 6,2% in Italia) in numeracy e il 5% nella media OCSE e l’0,9% in Italia nel problem solving adattivo.
Il focus e l’importanza dell’indagine PIAAC
L’indagine focalizza l’attenzione su tre aree:
- la literacy– poiché l’alfabetizzazione prepara le persone a elaborare informazioni, comunicare in modo efficace e partecipare alla vita civica;
- la numeracy – poiché il calcolo è alla base del processo decisionale, dell’alfabetizzazione finanziaria e della capacità di interpretare dati complessi;
- il problem solving adattivo – poiché le capacità di problem-solving consentono agli individui di adattarsi, innovare e sfruttare la tecnologia.
Come sottolinea il rapporto, queste capacità non sono solo indispensabili per il successo economico, ma anche fondamentali per affrontare le disuguaglianze, promuovere la resilienza e la coesione sociale. Ma perché indagare sul possesso di queste competenze è così importante in un mondo sempre più automatizzato e pervaso dalle applicazioni di Intelligenza Artificiale(IA)? Perché queste “competenze fondative” sono alla base della possibilità di governare, gestire, indirizzare in senso positivo per le nostre società l’evoluzione tecnologica, perché, come sottolinea il rapporto “ la capacità degli adulti di prosperare dipende sempre di più dalle loro competenze di base”.
Lo chiarisce molto bene il rapporto, sin dall’editoriale: “Il cambiamento tecnologico, tra cui l’automazione e gli ultimi progressi dell’intelligenza artificiale generativa, sta trasformando la maggior parte dei settori e dei lavori. Oltre agli impegni per zero emissioni nette, questa trasformazione sta creando nuovi ruoli che richiedono nuove competenze. L’intelligenza artificiale e la digitalizzazione stanno anche rivoluzionando il modo in cui le competenze di base vengono utilizzate nella vita di tutti i giorni, dalla gestione delle finanze personali alle decisioni basate sui dati sul posto di lavoro” e ancora “Più che mai, oltre alle competenze specialistiche per professioni specifiche, le competenze di elaborazione delle informazioni (alfabetizzazione, calcolo e risoluzione adattiva dei problemi) stanno diventando essenziali per gli individui per navigare in queste profonde trasformazioni”.
Affrontando in particolare il tema dell’impatto della rivoluzione digitale sul lavoro, viene evidenziato come, in linea con le teorie più diffuse, l’approccio corretto di analisi sia quello di scomporre lavori e professioni in compiti, riconoscendo tra essi quelli automatizzabili e quelli che possono essere trasformati e che la possibilità di adattarsi e navigare in questo sempre più rapido cambiamento consiste nella capacità di riconfigurare il proprio lavoro, nel senso, insieme, della trasformazione dei singoli compiti e dell’interconnessione tra i compiti di cui si compone. Le “competenze fondative” sulle quali si focalizza l’indagine sono le competenze di base che abilitano a queste trasformazioni e quindi, senza un possibile chiaro confine, sono il tessuto connettivo per lo sviluppo delle competenze digitali come modellate nel quadro DigComp 2.2. Solo la comprensione del disegno complessivo delle competenze necessarie (a cui si aggiungono quelle definite “soft”) ci consente di comprendere appieno la situazione dei Paesi OCSE e dell’Italia in particolare, e delle strategie di azione più adeguate.
I risultati principali dell’indagine
Nei paesi e nelle economie OCSE che hanno partecipato all’indagine del 2023, i punteggi medi per gli adulti di età compresa tra 16 e 65 anni sono 260 punti in alfabetizzazione, 263 punti in calcolo e 251 punti in risoluzione adattiva dei problemi, su scale che vanno da 0 a 500 punti. I punteggi più alti sono stati rilevati in Finlandia, dove sono stati ottenuti i punteggi più alti in alfabetizzazione (296 punti) e calcolo (294 punti), così come in risoluzione adattiva dei problemi (276 punti, lo stesso punteggio ottenuto dagli adulti in Giappone). Finlandia e Danimarca sono anche gli unici Paesi dove si è rilevato un incremento dall’ultima indagine del 2018.
Se si analizza come sono ripartiti gli adulti rispetto ai livelli di competenza, a parte la quota complessiva prima riportata, si rilevano situazioni come quella in Cile, in cui il 44% degli adulti ha ottenuto punteggi ai due livelli più bassi in tutti e tre i domini di competenza, da confrontare con il Giappone, all’altro estremo, in cui la percentuale è solo del 7%.
Dall’analisi si riscontrano alcuni fattori che mostrano una correlazione più elevata con i livelli di competenza (in gran parte presente anche nei dati italiani). Ad esempio
- la classe di età – in media, i 55-65enni mostrano una competenza inferiore rispetto ai giovani adulti in tutti i domini valutati. I risultati migliori sono stati ottenuti dai 25-34enni, seguiti dai 16-24enni. In Italia si registrano invece punteggi maggiori da parte della fascia 16-24, anche se comunque inferiori alla media OCSE, tranne che nel Nord-est, dove i 16-24enni, raggiungono risultati, nel caso di literacy e numeracy, in linea con i coetanei dei Paesi OCSE;
- il livello di istruzione – livelli più elevati di istruzione sono associati a una maggiore competenza in alfabetizzazione, calcolo e risoluzione adattiva dei problemi. In media, gli adulti con istruzione terziaria hanno ottenuto 33 punti in più in alfabetizzazione rispetto a quelli con istruzione secondaria superiore, che a loro volta hanno ottenuto 43 punti in più rispetto a quelli senza istruzione secondaria superiore.
- il divario di genere – in realtà questo fattore ha poco impatto, anche se ci sono dei fenomeni da registrare. Ad esempio, le donne mostrano una competenza media più elevata rispetto agli uomini in alfabetizzazione (3 punti), mentre gli uomini hanno ottenuto punteggi più elevati in calcolo (10 punti) e risoluzione adattiva dei problemi (2 punti). Questa dinamica è coerente con quanto registrato nell’indagine PISA e anche con i dati sulle competenze in ICT;
- il fenomeno migratorio e l’integrazione – il fattore “nascita” si rileva importante, infatti gli adulti nativi di genitori nativi mostrano una competenza molto più elevata in tutti i domini rispetto agli adulti nati all’estero di genitori nati all’estero (differenze di 44 punti in alfabetizzazione, 38 punti in matematica e 32 punti in risoluzione adattiva dei problemi);
- il contesto socio-economico – correlato al livello di istruzione, questo fattore mostra una forte correlazione con i livelli di competenza, e infatti gli adulti cresciuti in condizioni socio-economiche favorevoli hanno mostrato una maggiore competenza in tutti i domini di abilità. Avere almeno un genitore con istruzione terziaria è associato a un vantaggio di 50 punti in alfabetizzazione, 49 punti in matematica e 42 punti in risoluzione adattiva dei problemi, rispetto agli adulti senza genitori che hanno conseguito l’istruzione secondaria superiore.
La situazione in Italia
Il valore medio di competenza ottenuto nel 2023 dalla popolazione residente in Italia, in tutti e tre i domini di analisi, è inferiore, in modo significativo, a quello ottenuto nella media OCSE. La situazione è però notevolmente influenzata dal fattore territoriale, come somma dei fattori specifici di svantaggio prima elencati. In particolare, le regioni del Mezzogiorno conseguono, per tutti i domini, punteggi sempre significativamente inferiori alla media italiana e conseguentemente a quella OCSE.
Come si sottolinea nel report di sintesi di Inapp, l’indagine ha infatti rilevato che i residenti nel Nord e nel Centro d’Italia raggiungono dei valori, nel dominio della literacy, pari, in termini statistici, a quelli della media OCSE. In queste regioni, ad esempio, la percentuale di adulti low performer in literacy non si discosta significativamente dalla media OCSE (sono il 30,3% nel Nord-ovest, il 27,5% al Centro e il 21,2% al Nord-est), mentre la percentuale aumenta significativamente nelle regioni del Sud, fino al 48,7%, e arriva al 52,9% nelle regioni insulari.
Nel dominio della numeracy più della metà degli adulti residenti nel Sud e Isole è low performer (le quote sono rispettivamente 51,2% e 54,4%), la percentuale scende al 30,6% nel Nord-ovest, per arrivare a valori che eguagliano la media OCSE (24,8%) al Centro (26,8%) e al Nord-est (20,5%).
Nel dominio del problem solving adattivo poco meno della metà della popolazione adulta residente in Italia è low performer, ma nel Nord-est la quota scende al 31,0%, valore anche in questo caso statisticamente in linea alla media OCSE. Si osservano quote più alte nel Nord-ovest (39,8%) e nel Centro (41,1%) e molto elevate,, superiori al 60%, nelle regioni del Sud e delle Isole (rispettivamente 60,4% e 62,4%).
Se si considera la popolazione relativamente più competente, agli adulti con performance elevate (high performer) in tutti i domini di analisi, le percentuali osservate nel nostro Paese sono significativamente inferiori alla media OCSE e ad altri Paesi ed economie.
Nelle regioni del Nord-ovest gli high performer in literacy sono il 9,2% degli adulti, valore non dissimile alla media OCSE, la quota si riduce nel Nord-est e nel Centro (5,7% e 6,4%) ed è meno del 2% nelle regioni di Sud e Isole, non lontano da Cile e Lituania, ultimi tra i Paesi per quota di adulti high performer.
La percentuale di high performer in numeracy resta significativamente inferiore a quella media OCSE per tutte le macroaree italiane, ma con intensità diversificata: il 9,3% nel Nord-ovest, l’8% circa nel Nord-est e nel Centro (7,9% e 7,5%), nonché il 2,1% nel Mezzogiorno.
In tutte le macroaree italiane la quota di high performer in problem solving adattivo rimane significativamente al di sotto della media OCSE, con il valore più alto, pari a 1,7%, rilevato nel Nord-ovest.
Come sottolinea il rapporto Inapp, questi risultati devono essere comunque analizzati insieme ai dati sulla distribuzione della popolazione rispetto ai livelli di istruzione, per cui in Italia solo il 20% delle persone di 25-65 anni possiede un livello di istruzione pari o superiore alla laurea e circa il 38% ha un titolo di studio inferiore al diploma. Inoltre la quota di laureati è significativamente inferiore alla percentuale riscontrabile nella media OCSE e in molti Paesi partecipanti al PIAAC (Canada, Corea, Danimarca, Estonia, Fiandre, Israele, Norvegia e Nuova Zelanda raggiungono una quota superiore al 50%).
Spunti di riflessione
E’ chiaro lo stretto legame tra competenze e benessere economico e sociale, sia a livello personale, che di comunità e di Paese, dove il legame abbraccia anche la salute stessa della democrazia, in quanto basata sulla partecipazione delle persone. E questo legame, che è sempre esistito, è oggi reso più forte dalla rivoluzione digitale, dalla pervasività delle tecnologie e dell’IA in particolare.
Le dinamiche osservate dall’indagine, nella polarizzazione sempre più accentuata tra low performer (in crescita) e high performer (in crescita anch’essi ma in misura minore), prefigura una polarizzazione reddituale, lavorativa, sociale, che sembra mostrare una carenza nelle misure di accompagnamento (oltre che di integrazione) per supportare la popolazione adulta nella trasformazione spinta dalle tecnologie. In Italia si osserva una polarizzazione minore a causa di due opposti fattori: la popolazione con basso livello di istruzione mostra competenze più elevate rispetto alla popolazione OCSE con lo stesso livello e la popolazione con livello di istruzione terziario mostra competenze inferiori rispetto alla popolazione OCSE con lo stesso livello di istruzione. Anche questi elementi su cui è utile una riflessione.
Rispetto alle dinamiche degli altri Paesi OCSE, in Italia si osserva inoltre una notevole perdita di competenze all’avanzare dell’età, anche se con un buon bagaglio di partenza. Il che è correlato con la difficoltà di trovare occupazioni che coltivino lo sviluppo di ulteriori capacità ma anche della necessità di rafforzare la formazione continua.
L’investimento in competenze è la preoccupazione principale del rapporto OCSE, ancora non sufficientemente oggetto di studio per una più rapida condivisione di buone pratiche e politiche da utilizzare. E non a caso è questo il tema che il rapporto pone come centrale per il “che fare”: “Per affrontare le sfide, dobbiamo ripensare il nostro approccio all’apprendimento permanente e all’occupabilità. Non è solo una questione di finanziamenti, ma di potenziamento delle opportunità di aggiornamento e riqualificazione, in particolare per i lavoratori poco qualificati.” per cui “nel complesso, i risultati dell’indagine sottolineano l’urgente necessità di una rivalutazione completa del modo in cui i paesi supportano lo sviluppo delle competenze. Investendo nelle competenze, i governi sosterranno una forza lavoro più resiliente e inclusiva che aiuta a sostenere la prosperità per tutti.”
Ritorna pertanto, prepotente, il tema della centralità necessaria delle competenze. In Italia, la capacità connettiva di un progetto di accompagnamento all’incremento delle competenze digitali come “la rete dei servizi di facilitazione digitale” va in questa direzione e le sue potenzialità sono chiaramente da sfruttare al meglio perché possano avere impatto compiutamente e oltre il limite del PNRR, inserendolo in un disegno organico dei sistemi di istruzione, della formazione superiore e dell’apprendimento permanente, di cui è parte importante la strategia per le competenze digitali.
Il premio Nobel per l’Economia Daron Acemoglu lo sottolinea, in altro contesto di analisi: “L’IA può essere uno strumento di potenziamento umano solo se si investe altrettanto nella formazione e nelle competenze”.