Da strumento avallato dal governo di Pechino nell’ottica di facilitare la creazione, tra l’altro, di piattaforme open source alternative ai prodotti stranieri, Gitee sembrerebbe finito nelle maglie della censura. Un nuovo tassello della strategia di Xi Jinping volta a realizzare un pervasivo controllo centralizzato di Internet per salvaguardare la stabilità interna, nella prospettiva di realizzare uno status indipendente di sovranità digitale.
Il potere tecnologico della Cina: da dove arriva, dove vuole arrivare, cosa rischiamo
Gitee nel mirino: ecco cosa sta succedendo
La notizia è stata rilanciata da un articolo pubblicato dal MIT – Technology Review, in cui si prospettano possibili interferenze di Pechino sul funzionamento del codice open source Gitee come presunto tentativo di censura che lo Stato cinese avrebbe imposto all’azienda a seguito del blocco generalizzato del sistema conseguente alla revisione delle nuove politiche interne che impediscono agli sviluppatori l’utilizzo diretto del servizio, prima di una supervisione preliminare alla successiva pubblicazione dei programmi disponibili all’interno della piattaforma.
Una circostanza che, in controtendenza alla visione politica sottesa agli ideali libertari ispiratori della classica filosofia free software, potrebbe di fatto disincentivare lo sviluppo operativo di progetti open source secondo i tradizionali standard di trasparenza e collaborazione che animano la comunità internazionale di riferimento, sino al rischio di determinare un possibile integrale “soffocamento” dello spazio d’azione degli sviluppatori cinesi in un contesto notoriamente “chiuso”, poco favorevole a stimolare la creazione di un ambiente aperto come ecosistema proattivo alla cooperazione condivisa di azioni sinergiche generate grazie ai contributi provenienti dal basso.
Da strumento essenziale a sistema pericoloso, la parabola di Gitee
In Cina, Gitee ha raggiunto oltre 8 milioni di utenti, diventando presto un punto di riferimento sempre più utilizzato da numerosi sviluppatori locali, propensi ad adottare un sistema “domestico” di programmazione open source per implementare lo sviluppo dei propri progetti, soprattutto da quando le grandi aziende cinesi hanno iniziato a perfezionare nuovi servizi innovativi anche nell’ambito dell’industria open source, con il supporto della comunità OSChina, come precisa strategia generale di indipendenza tecnologica avallata dal governo di Pechino nell’ottica di facilitare la creazione, tra l’altro, di piattaforme open source cinesi alternative ai prodotti stranieri, dopo l’iniziale successo della concorrente – e americana – piattaforma GitHub (che, nel recente passato, aveva raggiunto un picco di registrazione pari a circa 7,5 milioni di utenti in Cina).
Proprio prendendo di mira GitHub, ingabbiata nelle maglie della censura cinese come piattaforma esterna ostile soggetta al controllo di forze straniere, Pechino ha così presto sostenuto Gitee alla stregua di un servizio open source nazionale, ritenuto peraltro essenziale per la rapida crescita dell’innovazione digitale cinese, soprattutto rispetto allo sviluppo di tecnologie emergenti, come l’Intelligenza Artificiale e il 5G, con l’intento di rendere la Cina un Paese hi-tech leader e all’avanguardia a livello mondiale, pur a costo di favorire – sia pure temporaneamente e in via eccezionale – la standardizzazione aperta di programmi, come appunto l’open source, strutturalmente incompatibili con l’architettura chiusa dell’Internet cinese centralizzata.
Tra i recenti interventi prioritari perseguiti dal governo cinese vi è, infatti, la progressiva emancipazione politica ed economica del proprio ecosistema digitale da attori terzi, a presidio della sicurezza pubblica nazionale e a tutela della protezione dei dati personali di cui risultano titolari i cittadini cinesi, nel rispetto di quanto previsto dalla legge in materia di sicurezza informatica che impone, proprio allo scopo di proteggere i cittadini cinesi da interferenze esterne di governi stranieri, la raccolta e la conservazione di tutti i dati personali nel territorio cinese, nonché – se si tratta di aziende straniere che operano in Cina – di autorizzare l’accesso dei medesimi dati in condivisione con le società cinesi proprietarie dei relativi server come adempimento necessario per conformarsi alle normative nazionali.
Come avviene la censura
L’attuale diffusione del sistema operativo Gitee sembra ora però in parte ostacolata dalle nuove policy rese note dalla piattaforma che, mediante l’installazione di appositi strumenti di filtro in grado di selezionare e bloccare specifiche parole ritenute offensive, dal contenuto illecito o “politicamente sensibile”, potrebbe quindi amplificare, anche indirettamente, il rischio di censure generalizzate. Anche perché i parametri di valutazione risultano troppo opachi, elastici, opinabili e soggettivi nella presunta scrematura dalla programmazione tecnica di eventuali parole vietate, al punto da provocare immediate proteste all’interno della comunità degli sviluppatori, ritenutisi pregiudicati dall’emergere di danni subiti negli accordi commerciali stipulati.
Sin da subito, infatti, svariati progetti pubblicati nella piattaforma sono diventati improvvisamente non disponibili senza preavviso, con conseguente interruzione dei servizi, riattivabili solo a seguito di apposita istanza formulata al fine di attestare, con diretta assunzione di responsabilità, l’assenza di violazioni di leggi vigenti nel Paese.
Le interferenze politiche di Pechino nel digitale
Non è la prima volta, peraltro, che in Cina si riscontrano casi del genere: sembrano frequenti le presunte interferenze politiche del governo anche sul funzionamento dei servizi digitali: non a caso, secondo i dati del rapporto Freedom on the Net, oggetto di monitoraggio periodico nel corso degli ultimi anni, in Cina da tempo si registrano le peggiori violazioni della libertà di Internet a causa di livelli di censura “senza precedenti” grazie all’uso pervasivo di sistemi automatizzati di sorveglianza implementati per favorire la circolazione di contenuti di sostegno al regime politico, al fine di soffocare il dissenso interno e filtrare le voci indipendenti e divergenti rispetto alla narrazione “ufficiale” istituzionale. Al contempo, proliferano campagne di disinformazione pianificate per finalità politiche mediante l’elaborazione di sofisticati strumenti in grado di amplificare gli effetti manipolativi sull’opinione pubblica, funzionali a consolidare il controllo dello spazio pubblico informativo che giustifica qualsivoglia invasione del governo sulla sfera privata delle persone: ad esempio, è stato in passato resa nota l’esistenza di database disponibili online ove risultano elencati i crimini per i quali il governo ha punito le persone ritenute responsabili di fatti penalmente rilevanti sulla base di una massiccia profilazione di informazioni dettagliate, processate da un sistema di calcolo in grado di abbinare i nomi delle persone a una serie di incisivi criteri di identificazione comportamentale.
Il cosiddetto “Great Firewall” cinese favorisce, quindi, un vero e proprio conformismo ideologico che sta diventando sempre più incisivo nel blocco dei contenuti immessi in Rete per evitare l’emergere di voci di dissenso critiche nei confronti del regime, con l’intento di uniformare il pensiero dominante dell’opinione pubblica secondo processi formativi eterodiretti aventi finalità di manipolazione persuasiva.
In tale prospettiva, le politiche tecnologiche di Xi Jinping mirano a realizzare un’infrastruttura sempre più separata dalla Rete Internet globale, grazie al perfezionamento di sofisticati strumenti di blocco, filtraggio e censura dei contenuti veicolati online che, anche con il supporto di un crescente numero di volontari preposti a segnalare l’esistenza di contenuti offensivi da censurare, giustificano quindi le interferenze del governo cinese a presidio della sicurezza pubblica nazionale.