Il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione è in corso da diversi anni ormai, ma nel nostro Paese è stata la recente pandemia a dare concretezza a un vero e proprio cambio di paradigma nell’erogazione dei servizi.
In quella condizione anomala, di stress sociale, tutti abbiamo compreso quanto il digitale sia ormai un fattore imprescindibile nel rapporto tra enti e cittadini.
Quello verso la PA digitale è dunque un percorso già tracciato, ma se nel pre-pandemia veniva a volte associato a un’incombenza da assolvere, ora anche gli enti ne cominciano a intravedere le opportunità.
PNRR, perché gli avvisi per le PA sono occasioni da cogliere
Il vero ruolo di acceleratore fattuale di questo cambio di paradigma è il PNRR, che darà l’occasione di mettere a terra i tanti progetti che ambiscono a snellire le procedure, semplificare i processi, migliorare i servizi.
“I bandi del PNRR sono un’occasione da cogliere da un lato perché forniscono le risorse necessarie per portare a compimento la PA digitale, ma dall’altro lo sono soprattutto perché daranno l’opportunità di razionalizzare i processi, per fare in modo che questo processo oramai irreversibile avvenga con i criteri dell’efficienza, cioè nei termini più rapidi possibili, con la maggiore affidabilità possibile e col minor costo possibile”, spiega Paolo Zucca, Ceo di Anthesi. L’azienda da oltre 20 anni affianca le organizzazioni pubbliche nel processo di innovazione dei servizi a internet, realizzando applicazioni web orientate alla razionalizzazione e alla dematerializzazione dei processi con un approccio ‘open first’ orientato alla Community, quindi interoperabile e in grado di interagire in ambienti multivendor.
Efficienza che si traduca anche in un cambiamento strutturale che, per essere realizzato, non necessita solo di risorse economiche, ma anche di competenze, processi di riorganizzazione di aree e dipartimenti, e di un focus particolare sulla possibilità di riuso anche in presenza di diversi modelli organizzativi che caratterizzano la Pubblica Amministrazione italiana. Spesso infatti gli enti, pur avendo le medesime necessità in termini di servizi da erogare ai cittadini, devono fare i conti con le difficoltà di contesto culturale, sociale, nonché con la diversità di dimensioni del bacino d’utenza, di articolazioni dei processi, di quantità di istanze da elaborare.
Complessità che si possono risolvere strutturalmente affidandosi a soluzioni componibili e aperte, in grado di aiutare gli enti ad avere la flessibilità necessaria per affrontare le sfide della digitalizzazione, nonché sfide impreviste, anche indipendentemente dalle risorse a loro disposizione.
I vantaggi di una PA digitale per i cittadini
L’offerta di Anthesi include, appunto, soluzioni in grado di favorire il processo di digitalizzazione, l’interoperabilità e il riuso degli ecosistemi digitali della PA. Soluzioni già utilizzate da diversi grandi Comuni come Milano, Reggio Emilia e Pisa.
L’obiettivo che l’azienda si pone “è quello di realizzare, insieme agli enti, un modello di astrazione di alcuni concetti tecnologici che può essere riassemblato per coprire le diverse esigenze che si riscontrano non solo tra enti diversi, ma a volte anche tra uffici diversi dello stesso ente. Un approccio di questo tipo può portare, per esempio, a una più rapida implementazione di quei processi di digitalizzazione che sono trasversali”, aggiunge Zucca.
Non a caso, il finanziamento dei progetti del PNRR è basato anche sulla uniformazione di alcuni processi – sono 23 quelli identificati – tra i più impattanti in termini di servizi ai cittadini per consentirne un’offerta armonizzata pur nell’eterogeneità dello scenario nazionale, garantirne la diffusione nell’amministrazione centrale e locale e migliorare, infine, l’esperienza dei cittadini.
Tecnologie e servizi: le opportunità offerte agli enti pubblici
Al di là di quello che è il miglioramento che la PA digitale apporta nei rapporti tra cittadini ed enti pubblici, non va trascurato anche l’impatto che questa transizione comporta per la comunità degli operatori, per chi disegna i processi, cioè chi sta dietro alle scrivanie: per tutta questa comunità, i modelli cambiano completamente rispetto alle dinamiche tradizionali.
Pensiamo ai processi e alle tempistiche che hanno finora caratterizzato un bando di selezione o di erogazione di contributi, ambito nel quale Anthesi è presente con le sue tecnologie da trent’anni: preparazione del regolamento, pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ricezione delle domande entro il termine. E a quel punto l’inizio di un enorme lavoro, che poteva anche durare mesi, da parte di chi ha indetto il bando per verificarne il contenuto e la correttezza delle informazioni prodotte, prima di poter produrre le graduatorie ed erogare un servizio.
“Pensiamo ora a quello che è successo durante il Covid, quando ci si è trovati, in un contesto del tutto sconosciuto e imprevedibile, a dover approntare bandi per l’erogazione di contributi a una platea che si affollava in massa agli sportelli digitali per aggiudicarsi risorse che si sapevano essere limitate; o per selezionare personale in ambito sanitario: in quella circostanza, è stato cruciale essere tempestivi rispettando pienamente le norme. Cosa sarebbe successo se ci fossero voluti mesi per erogare i fondi?” sottolinea ancora Zucca.
Una sfida enorme, che è cruciale affrontare con strumenti digitali ‘aperti’, realizzati in modo da evolvere con facilità e da consentire a chi li utilizza di farlo con rapidità, ma senza stress in termini di funzionalità e prestazioni.
È in questo senso che le soluzioni digitali offerte dal mercato cambiano davvero il paradigma non solo in termini di risposta alle esigenze dei cittadini, ma anche di impatto sulla community di persone che negli enti pubblici lavora, che va formata adeguatamente e deve poter usufruire di servizi con le stesse caratteristiche in termini di tempestività, verifica e controllo delle informazioni.
Progetti concreti per spendere al meglio le risorse: riuso e interoperabilità le parole chiave
La vera sfida è quindi sul fronte della progettualità e della visione di lungo periodo: è fornire alle amministrazioni gli strumenti per digitalizzare il prevedibile, ma anche l’imprevedibile e per fare in modo che la transizione al digitale non sia un fuoco di paglia che si spegne appena finiti i fondi del PNRR: “Per fare un esempio – precisa Zucca –, penso ai comuni che a pochi giorni dallo scoppio del conflitto in Ucraina, grazie ai nostri strumenti, hanno potuto pubblicare dei moduli autoprodotti per il censimento dei profughi ospitati dalle famiglie. È con episodi simili che si può determinare l’efficacia di anni di ricerca e sviluppo, consentire con la massima tempestività la digitalizzazione di un processo per gestire un evento assolutamente imprevedibile e di farlo a norma di legge, con un’identificazione Spid, la protocollazione automatica e la condivisione immediata di quanto realizzato con altri Enti”.
Un altro fattore cruciale, che richiede però una visione più alta, affinché il passaggio al digitale diventi sistemico è la condivisione delle esperienze al di là degli strumenti, il riuso: “Laddove c’è una community che collabora per arrivare insieme all’obiettivo, quindi condividendo esperienze e facendo efficienza, il processo diventa efficace anche da un punto di vista strettamente economico – spiega Zucca -. Le competenze vengono condivise direttamente tra gli Enti con una visione del futuro più ampia rispetto a chi semplicemente pensa ad acquisire una soluzione che risolve il problema”.
Lo scenario futuro della PA digitale
Quando si parla dei vantaggi che il PNRR porterà alla PA, last but not least non si può non parlare della spinta verso l’interoperabilità. Anche in questo caso, la preparazione delle regole di integrazione e cooperazione per lo scambio di informazioni e l’erogazione di servizi nella PA è un percorso che parte da lontano e si è realizzato nella Piattaforma digitale nazionale dati che, tra le altre cose, permette di concretizzare il principio del ‘once-only’.
Il fatto che la Pubblica Amministrazione (Comuni, Regioni, Stato, ospedali, scuole) non debba più chiedere al cittadino o all’impresa informazioni o documenti di cui è già in possesso, grazie all’interoperabilità delle sue banche dati, apre non solo a scenari di efficienza ma permetterà anche agli operatori di mercato, in un’ottica che idealmente dovrebbe essere quella della co-opetition di aiutare le amministrazioni a ‘tessere le tele’ tra vari dati assemblandoli nel modo più libero possibile, per consentire una ulteriore evoluzione verso servizi ai cittadini sempre più efficienti.
Articolo realizzato in partnership con Anthesi