Thom gli scrollò la spalla. “Trisnonno… trisnonno! Sveglia !” La chaise longue di morfex lo coccolava di fresco primaverile. Sulla spiaggia rovente. Thom, forte dei suoi giovani muscoli di sessantennne, lo sollevò a due braccia, definitivamente spento. In famiglia l’avevano voluto a tutti i costi. Solo le famiglie ricche o che risparmiano per tutta una vita riescono a farsi costruire un avatar-post di un parente. Si prelevano le memorie quando ancora è in vita e si prepara un avatar-post che le acquisisca. La memoria rimane connessa all’intelligenza globale della galassia e il parente avatar-post continua la vita del defunto, in teoria, per sempre. Un “avatar-post” mantiene “in vita”, al massimo livello di simulazione, il proprio caro dipartito .
Thom sapeva che il Grande Ictus Mnemonico di un anno prima aveva disconnesso le memorie di tutti, umani, umanidi, avatar e avatar-post. Sapeva anche che gli avatar-post si sarebbero “spenti” da soli. Nessuno sapeva quanto tempo sarebbe passato dallo stacco delle memorie della galassia allo spegnimento di ogni singolo avatar-post. Ogni avatar-post si stava spegnendo con un “tempo di sopravvivenza” differente. Questo l’avevano capito tutti.
Akira Khaspros, la comandante della Memory Squad 11, aggiornava i presenti: “Signori, la terzultima memoria di avatar-post si è appena spenta. È una segnalazione che arriva dalla Costa Sud.” Il bus rosso a due piani, sede di copertura della squadra, si aggrappava al selciato in salita. “ Ora ci sono solo due memorie di avatar-post rimaste in tutta la Galassia…” “In questi dodici mesi dopo il Grande Ictus Mnemonico, non siamo mai riusciti a estrarne una da un avatar-post prima che si spegnesse, diciamo da un avatar-post vivo… “ spiegò. “Avremmo avuto in mano gli elementi base per ricostruirle, ci dicono i nostri scienziati… per riaprire la produzione degli avatar-post e il suo ricco mercato… come prima del Grande Ictus Mnemonico…” La comandante Khaspros sfibrava i suoi pensieri con l’oscurità d’un marito perso in missione. Il desiderio di partire combatte battaglie inique col desiderio di rimanere. “Anche se l’età media è di 163 anni, anche se molti terminano la loro esistenza autonomamente afflitti dalla SNA, dalla Sindrome della Noia Assoluta, la richiesta di avatar-post è sempre stata alta, fin dai primi prototipi di un secolo fa…”
“Non ci può essere un duplicato di noi stessi … Ognuno è unico… Io, in famiglia, non l’ho mai voluto… neppure di mia madre…” commentava con sfidezza Sama Hargo, analista del linguaggio e delle memorie della Memory Squad 11. “Scusate agenti, ma interrompo le vostre chiacchiere! Non abbiamo tempo da perdere! Dobbiamo estrarre le ultime due memorie-d’eredità prima che si spengano. Sono in una località dell’interno” la comandante li guardò con rapida attenzione “farà molto caldo… molto… e il nostro desert van è da sempre senza aria condizionata…” La lamiera era sadica. Il van era madido. La squadra era stremata. La strada era stregata. La luce era dannata. Arrivarono alle cinque. Del pomeriggio. Gli spalti erano vuoti. I colori sbiancati. L’arena calpestata.
Il torero s’immolava. Voleva condoglianza di tutti. Memoria con lacrime. Ricordo per sé. Senza eredi. Senza parenti. Nessun avatar-post, dunque. Il toro lo sfidava a corna basse. Gli occhi furibondi. La bava assetata. Avanzava nella polvere. Lo evitava. Per salvare l’ultimo torero. Il toro e il torero di fronte. Ogni sabato. Adrenalina vera. Li manteneva in vita. Per sempre.
”Andiamo via, lasciamoli combattere… in pace”.
(27-continua la serie. Ogni episodio è “chiuso”)