Possa tu vivere in tempi interessanti, recita un’antica maledizione cinese, basata sull’assunto – peraltro condivisibile – che periodi storici degni d’interesse si rivelano quasi sempre anche costellati di rischi.
La rivoluzione digitale nella PA: sfide e opportunità
Non c’è dubbio che gli anni correnti siano, per la pubblica amministrazione italiana, di profondo cambiamento.
Il prepotente apparire sulla scena di innovazioni tecnologiche quali intelligenze artificiali, internet delle cose, data mining, cloud, automazione tramite droni e bot, ma anche di innovazioni organizzative (pensiamo allo smart working, alla flessibilità nell’erogazione dei servizi, alla digitalizzazione dei procedimenti) rende il futuro del settore pubblico più che interessante. Nonché rischioso, se dobbiamo dar retta al malaugurio cinese.
Secondo il convincimento di molti analisti, uno dei rischi connessi al mutamento in corso nella PA è che i benefici di tale mutamento non vengano sufficientemente illustrati agli interlocutori e/o portatori di interesse (i famigerati stakeholder). Tra questi, gli impiegati pubblici, che se poco coinvolti o malamente informati delle opportunità connesse al mutamento possono sentirsene minacciati e indotti a remare contro. Ma anche i decisori politici, cui occorre illustrare chiaramente le alternative tecniche, i tempi di maturazione dei progetti e le conseguenze di ogni scelta, affinché evitino di giungere a risoluzioni legate solo alla propria immagine o a contingenze elettorali. E soprattutto la maggioranza dei cittadini, nella cui percezione la PA è ancora – purtroppo – il tradizionale Burosaurus Rex dalla stolidità giurassica, la reattività da fossile e l’inesauribile brama di stritolare il contribuente tra le proprie fauci.
Il ruolo della narrativa nell’illustrazione dei cambiamenti
Insomma occorre lavorare sulla comunicazione, per meglio dire sulla narrazione di ciò che la PA è al momento, e di ciò che potrebbe divenire nei prossimi anni.
Su questo fronte, è senz’altro positivo il gran numero di convegni, seminari, tavole rotonde, workshop e incontri sui temi dell’innovazione tecnologica/organizzativa su elencati, che in questo periodo sbocciano numerosi e ubiqui come fiori di campo in primavera.
Potrebbe essere altrettanto utile influire sulla narrazione della PA usando – appunto – lo strumento della narrativa. Perché? Oscar Wilde diceva che la differenza tra giornalisti e scrittori era che i primi scrivono in modo illeggibile mentre i secondi non vengono letti. Oggi forse direbbe che i tecnici spesso sono comprensibili solo ad altri tecnici mentre agli scrittori, quando escono dal recinto del puro intrattenimento, viene dato poco credito. E invece la narrativa, e nello specifico la narrativa di anticipazione, ha già dimostrato da tempo di costituire un ottimo mezzo per promuovere concetti e idee.
Il contributo della fantascienza alla previsione del futuro della PA
Pensiamo – ad esempio – al tema “etica dell’IA”, su cui si focalizzano, forse anche troppo, le riflessioni in corso. Ebbene, già negli anni quaranta del secolo scorso, Isaac Asimov sviscerava l’argomento nei suoi racconti di fantascienza. Certo, a quei tempi il termine IA non era di moda, e Asimov definiva “robot positronici” le entità artificiali in grado di inferire e prendere decisioni. Il cosiddetto buon dottore della fantascienza tratteggiava la futura coesistenza tra umani e costrutti intelligenti con tale efficacia che, dopo più di ottant’anni, alcuni dei concetti asimoviani (ad esempio le leggi della robotica, che potrebbero davvero costituire un archetipo per i futuri principi etici delle IA) vivono ancora nell’immaginario collettivo.
Pensiamo ai temi della sicurezza informatica, della privacy, della tutela dei dati, dei furti d’identità. Tra il 1980 e il 2000, autori di fantascienza come William Gibson, Bruce Sterling, Neal Stephenson e altri viravano in narrativa lessico e conoscenze che fino a quel momento erano state retaggio dei soli specialisti, porgendo garbatamente al pubblico concetti quali mondi virtuali, guerre cibernetiche, attacchi hacker, interfacce neurali, realtà aumentata e tanto altro che oggi – anche grazie ai romanzi di Gibson & soci – è divenuto linguaggio comune.
Pensiamo ai temi della sostenibilità ambientale, della transizione ecologica, della salvaguardia delle risorse del pianeta. Sono argomenti sui quali narratori come James Ballard, Kurt Vonnegut, Frank Herbert, Ursula K. Le Guin hanno scritto opere che toccano gli animi e muovono le coscienze più degli atti di cento convegni, e che certi politici – ancora oggi allegramente indifferenti ai mutamenti climatici – dovrebbero essere obbligati a leggere. Opere scomode, certo, ma efficaci soprattutto per questo. Hemingway diceva che la letteratura è come una pugnalata: per essere buona, ti deve colpire dove fa male.
Esempi di narrativa di anticipazione applicata alla PA
Perché, dunque, non utilizzare la narrativa di anticipazione anche per illustrare e promuovere la rivoluzione in atto nella PA? Alcuni potrebbero obiettare (vedi citazione di Wilde) che “si tratta di materia troppo seria e complessa per farne oggetto di fantascienza”. Ma è un’opinione agevole da confutare: molti narratori di anticipazione sono anche scienziati e divulgatori. Asimov, per esempio, era docente universitario e saggista (la sua “robopsicologia” è da tempo oggetto di studi nelle odierne facoltà di psicologia, anche in Italia). Lo stesso dicasi per autori anglosassoni come David Brin, Gregory Benford, Arthur Clarke, Carl Sagan, romanzieri e al contempo giganti nel mondo della ricerca.
Del resto la fantascienza si è già occupata di pubblica amministrazione, in alcuni casi con notevole acume e incisività. Nel racconto “Vicolo cieco” (1945), Asimov spiega come la burocrazia, se usata con sagacia, possa trasformarsi da problema in soluzione. Nel racconto lungo “Un biglietto per Tranai” (1955), Robert Sheckley descrive, con prosa geniale e provocatoria, come costringere un governo a perseguire davvero l’interesse dei cittadini. In “Per chi lavoriamo” (1964) il californiano Jack Vance mette in guardia – ma offre anche antidoti – contro l’abulia, la demotivazione e il lassismo che dominano strutture iper-gerarchiche come ministeri ed enti pubblici.
L’antologia PAntascienza: un esperimento letterario sulla PA del futuro
E in Italia? Un recente esperimento letterario è costituito dall’antologia PAntascienza pubblicata dall’editrice Themis di Roma. L’opera raccoglie quindici racconti a firma di autori di narrativa che sono anche – in buona parte – di formazione scientifica (Oscar Wilde ne sarebbe deliziato) e una prefazione di Roberto Paura, fondatore dell’Italian Institute for the Future.
I quindici racconti dell’antologia, partendo dall’analisi della pubblica amministrazione attuale (la maggioranza degli autori la conosce bene e la vive dall’interno), s’ingegnano a raccontarne l’evoluzione facendo leva sulle emozioni, colpendo allo stomaco il lettore (ricordate Hemingway?), sfruttando linguaggio, dialoghi e colpi di scena per veicolare in modo efficace possibili scenari: da IA utilizzate per gestire le finanze pubbliche a sportelli per il cittadino presidiati da avatar, da corsi di laurea in burocrazia informatica a ministeri itineranti, da servizi offerti tramite smart glasses a meccanismi per motivare i travet. E molto altro.
PAntascienza è un primo esempio di narrativa di anticipazione applicata alla PA. L’approccio proposto in questo articolo (assegnare anche ai narratori, oltre che ai tecnici, il compito di tratteggiare il futuro) potrebbe proseguire. Per porgere al grande pubblico, e diffondere come le onde d’un sasso gettato in uno stagno, la percezione che i “tempi interessanti” in cui stanno navigando le pubbliche amministrazioni nel nostro Paese siano – penultima verità – più gravidi di opportunità che di pericoli.