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Parità di genere e crescita economica: ecco come la felicità incide sul PIL

Secondo il World Happiness Report la felicità delle persone influisce sul successo del Paese in cui vivono. Se misurare la felicità è cosa ardua, non c’è dubbio che un ambiente di lavoro sano e sereno faccia bene ai risultati economici e avere leadership femminili è un valore aggiunto della crescita aziendale

Pubblicato il 24 Apr 2023

Massimo Colucciello

fondatore e CEO PA Advice

inclusione diversità equity

Se la ricchezza non fa la felicità, forse è la felicità a fare la ricchezza. Fuor di metafora, è ovvio che questa equazione non si possa misurare con esattezza, anche perché poi come la misuri la felicità? (E se anche la misuri, come fai a sapere che i parametri sono corretti o che sono validi per tutti allo stesso modo). Comunque, anche se possiamo discutere a lungo su cosa sia la felicità, non si può negare che esista una sua diretta correlazione con l’economia.

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Un paese felice è un paese più produttivo

Forse non un rapporto direttamente proporzionale all’incremento del prodotto interno lordo, ma certo la felicità è funzione del benessere sull’ambiente di lavoro, quindi della produttività. Ed è arrivato l’11° rapporto delle Nazioni Unite chiamato World Happiness Report – pubblicato annualmente in occasione della giornata mondiale della felicità e svolto con accuratezza in collaborazione con la società Gallup in molti Paesi del mondo – a dirci chiaramente che la felicità delle persone influisce sul successo del Paese in cui vivono, perché un Paese con un alto numero di persone felici è un Paese felice e, di conseguenza, un Paese più produttivo. La si potrebbe chiamare l’economia della felicità.

L’Italia, in questa classifica del sorriso, è al 33° posto nel mondo. Difficile dire se la fotografia sia esatta – appunto come misuri la felicità, che è cosa soggettiva – ma non c’è dubbio che un ambiente di lavoro sano e sereno faccia bene ai risultati economici.

Nel post pandemia, tra il fenomeno delle “Grandi Dimissioni”, la richiesta dello smart working, nonché per via a dell’approccio dei più giovani alla vita diventato molto “fatalista” (la cosiddetta sindrome YOLO – you only live once) oggi il tema dell’organizzazione del lavoro è prioritario sia per le persone che per le aziende.

Tuttavia, bisogna avere bene presente che alcune applicazioni, alcuni dettagli, funzionano solo se appartengono a un progetto più ampio. Per esempio, la settimana corta non vuol dire esclusivamente meno ore, non può sostituire il lavoro agile, non è un dettaglio sui ritmi e i tempi aziendali. È invece l’applicazione pratica, la declinazione concreta di un principio: il benessere delle persone aiuta a migliorare le performance.

Felicità, inclusione e parità di genere

Le aziende che hanno sperimentato la riduzione dell’orario lavorativo (magari a parità di stipendio), che applicano lo smart working non come lavoro da remoto ma come lavoro per risultati, che hanno spazi aziendali “moderni”, solitamente vedono un incremento di ricavi e produttività.

Sono le stesse organizzazioni che si pongono come prioritari i principi dell’inclusione e della parità di genere. Queste, che saranno anche ricchezze immateriali, diventano poi molto materiali e molto concrete quando riescono a spingere la crescita. Ci sono studi che lo dimostrano. C’è un nuovo modo di pensare per avere degli ambienti lavorativi felici. Ovviamente questi principi non si improvvisano, ma necessitano di impegno: si devono pianificare le attività e i risultati, ci si deve sostenere reciprocamente, serve un approccio umano e comprensivo. Serve, insomma, investire nelle persone e nei loro talenti. E alla fine i risultati però arrivano.

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Parità di genere ed efficienza economica

Per affrontare lo stesso tema da un’altra angolazione, si può analizzare la correlazione tra parità di genere ed efficienza economica. In Europa il gender pay gap di circa il 14%, che arriva al 36,7% se si considerano fattori come le ore lavorate e il tasso di occupazione reale. Un effetto collaterale iniquo che, oltre ad essere un passo indietro culturale e sociale, rappresenta anche un grave danno per l’economia e lo sviluppo. Uno studio dell’Harvard Business Review, infatti, dimostra che questa regressione, questa sproporzione, può valere fino a 1.000 miliardi di dollari di minore crescita globale entro il 2030. Se invece si dovesse riuscire a invertire la rotta, l’economia mondiale potrebbe crescere entro la stessa data di 13.000 miliardi di dollari aggiuntivi: più o meno il pil prodotto in un anno dalla Cina.

Donne, stabilità economica e sviluppo delle imprese

Nel corso degli anni le donne sono diventate sempre più un pilastro sempre più importante per la stabilità economica e lo sviluppo delle imprese. Sta crescendo il tasso di occupazione, la percentuale di laureate, il numero di donne nei consigli di amministrazione. Ma non basta, perché permangono alcuni nodi culturali e poi, in particolare, nel mondo del lavoro: difficoltà di accesso al credito o la maternità vista come una penalizzazione. Su questo crediamo che sia imprescindibile superare il concetto di “diritti alle donne” e lavorare invece su accoglienza delle individualità, ascolto dell’emotività, dei desideri di ognuno e adottando strumenti di lavoro flessibili che rimettono in circolo energie preziose.

Conclusioni

Per garantire più equità bisogna costruire una comunità inclusiva e una assoluta parità anche nella vita familiare.

Sostenere la gender equality è un impegno che riguarda l’intera comunità ed è, oltre che un principio sacrosanto, un tema che intreccia il tema del benessere al lavoro. Modalità di lavoro flessibile – come la settimana lavorativa di 36 ore e il lavoro da remoto – hanno un impatto positivo reale sulle vite di tutte le nostre persone e, di riflesso, su tutta la loro cerchia degli affetti. Se volete, anche a dividere in maniera più equa gli impegni domestici.

Infine, c’è una utilità: avere delle leadership femminili è un valore aggiunto della crescita aziendale. E un passo avanti verso la felicità.

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