l’analisi

Parità di genere: strumenti per un percorso complesso ma irreversibile



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La parità di genere e l’inclusività digitale sono al centro delle strategie europee e italiane, ma il percorso è ancora lungo da compiere. L’adozione di misure come la certificazione di genere è un passo importante verso la riduzione del divario, ma risultati tangibili richiedono azioni concrete e un impegno collettivo sostenuto

Pubblicato il 29 mar 2024

Rita Forsi

Vicepresidente e Direttore del Comitato Tecnico-Scientifico di Women4Cyber Italia



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Probabilmente dovremo attendere ancora diversi anni prima di avere testimonianza tangibile di inversione di tendenza sui numeri che riguardano la presenza di donne in ruoli di vertice, le differenze stipendiali tra uomini e donne a parità di tipologia di lavoro, l’accesso di ragazze alle lauree STEM.

Quando questo accadrà, ci sarà meno impellenza di scriverne o di pensare a norme impositive, volte a imporre strumenti efficaci per raggiungere obiettivi ormai acclarati e sempre più da ottenersi con urgenza se vogliamo favorire uno sviluppo davvero sostenibile della realtà in cui viviamo.

La persistenza della discriminazione di genere

Per il momento sentiamo ancora questa esigenza a causa della persistenza antistorica e insopportabile di forme di discriminazione, confermate da riscontri numerici forniti dai più quotati Osservatori a livello nazionale e internazionale che si occupano della tematica; fra tutti ricordiamo i dati forniti regolarmente dal World Economic Forum.

Conviene pertanto che continuiamo a scriverne e a mettere in piedi iniziative concrete di sensibilizzazione e di crescita per una cultura nuova, inclusiva ed aperta, capace di interpretare la dimensione digitale con accenti originali.

La digitalizzazione e le sue sfide

Il passaggio ad una cultura dai tratti inusuali si è proposto dai primi anni della decade 2010-2020 quando, a livello globale, l’ecosistema di Internet fu pesantemente scosso dalla decisione di ICANN, responsabile della gestione di Internet, di aprire il mercato della registrazione dei nomi a dominio di tipo generico (generic TOP LEVEL DOMAIN).

Il GAC, Governmental Advisory Committee, riunendo le rappresentanze governative presenti in ICANN, si pose subito il problema di come le politiche pubbliche potessero intervenire in quel cambiamento epocale.

Uno dei punti più significativi riguardava l’assenza di una legislazione idonea a gestire a livello internazionale le sfide che la dimensione digitale dei nuovi mercati e delle nuove attività, ormai già indirizzate verso profili esclusivamente digitali, lasciava intravedere.

Si assisteva in pratica all’avvio del trasferimento di gran parte della vita di tanti cittadini online; sembrava pertanto naturale pensare alla difesa dei diritti fondamentali nella nuova dimensione semplicemente “copiando” le regole fondamentali della vita offline.

Il tema offrì lo spunto per numerose discussioni a livello europeo ed internazionale.

A Bruxelles il tema era trattato in sede di High Level Group on Internet Governance, Gruppo informale della Commissione Europea; a livello internazionale invece l’argomento era dibattuto in ICANN e in GAC.

Anche a livello nazionale si era aperto un tavolo presso l’Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione sul quale tanti stakeholders pubblici e privati iniziarono ad interrogarsi sulla questione.

Le valutazioni da fare riguardavano alcuni fra i settori più soggetti ai forti impatti dovuti alla moltiplicazione dei generic Top Level Domain, in particolare per la trasformazione rilevante delle forme di commercio conosciute e praticate fino ad allora.

Dalla Commissione Europea la direttiva era quella che i diritti online dovessero essere uguali a quelli vigenti offline e su questo principio il GAC, a livello internazionale, trovò anche una consapevolezza nuova del proprio ruolo.

La dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali

Qualche anno dopo, nel 2022, il 26 gennaio, in piena epoca di trasformazione digitale, la Commissione Europea presenta una comunicazione sui diritti e principi digitali per affermarne la natura antropocentrica, affinché “l’ambiente digitale” sia aperto, sicuro e inclusivo.

Si tratta della “Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni relativa alla definizione di una dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali”.

Lo scopo che la Commissione europea si prefiggeva era quello di enunciare con forza la scelta che i “valori dell’Unione e i diritti e le libertà delle persone tutelati dal diritto dell’Unione siano rispettati e rafforzati online così come offline”, come si legge nella comunicazione ufficiale.

Di rilievo appare la circostanza che questa posizione sia stata enunciata con la formula di Dichiarazione solenne a firma congiunta di Parlamento europeo, Consiglio e Commissione.

Perché è interessante questa introduzione e soprattutto l’ultimo passaggio relativo alla Dichiarazione?

Ritengo la cosa interessante perché sia nelle discussioni riportate in premessa che in questo documento viene sottolineato più volte uno dei principi rivelatosi fondamentale nell’avventura della trasformazione digitale, cioè quello della inclusività.

L’impatto con fenomeni nuovi che si stavano presentando con le innovazioni tecnologiche e con le accresciute potenzialità di Internet, richiedeva infatti la fissazione di principi e capisaldi ai quali ancorare le modalità di espletamento di un nuovo modo di vivere la realtà.

Basti pensare all’avvento dei social per capire quanto il rischio di esclusione di molte persone dalla partecipazione alle nuove esperienze di vita comunitaria o alle dinamiche emergenti, fosse drammaticamente alto in partenza.

Il programma strategico per il decennio digitale 2030

Per questo, unitamente alla Comunicazione della Commissione sui principi digitali, si deve menzionare la Decisione (UE) 2022/2481 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022 che istituisce il programma strategico per il decennio digitale 2030.

Per raggiungere gli obiettivi indicati nel programma strategico l’UE fa ricorso anche ad un ulteriore programma, denominato “Percorso per il decennio digitale”, adottato dal Consiglio l’8 dicembre 2022.

Queste iniziative rappresentano chiaramente una svolta in direzione di una trasformazione digitale nella quale le capacità digitali possano realmente svilupparsi, accompagnate da una spinta innovativa nelle tecnologie; in questo percorso si dovranno rispettare i valori dell’UE.

La strategia europea per la parità di genere 2020-2025

In questo contesto ben si inserisce, a mio avviso, un’altra importante iniziativa avviata poco prima.

A Bruxelles, infatti, il 5 marzo 2020 viene rilasciata dalla Commissione Europea la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni su tema “Un’Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025”.

Il documento richiama in premessa l’art.8 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che sostiene “Nelle sue azioni l’Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne”.

La Strategia europea, dunque, individua principalmente gli obiettivi politici e le azioni chiave per il periodo 2020-2025.

Si riconosce in questo atto la volontà di mettere in campo un grosso impegno affinché siano offerti a donne e uomini, ragazze e ragazzi, le stesse opportunità di “realizzazione personale”, di crescita e di partecipazione nella società fino ad arrivare a coprire ruoli di vertice.

Questo percorso comprende ovviamente un’efficace prospettiva di inclusione, prima richiamata.

Appare pertanto sempre più evidente come i principi di inclusività, di superamento del divario di genere, di equità, di sviluppo armonico di una società, siano profondamente correlati e debbano essere considerati in modo integrato quando si elaborino le politiche ad ampio spettro nell’UE.

Le misure per conseguire la parità di genere e la promozione dell’integrazione

L’attuazione della Strategia Europea prevede l’adozione di misure orientate a conseguire la parità di genere e la promozione dell’integrazione della dimensione di genere.

Gli interventi previsti per conseguire gli obiettivi dichiarati riguardano in primis l’ambito della violenza di genere, comunque e dovunque perpetrata, e la rimozione degli stereotipi talvolta ancora troppo radicati.

Un ulteriore ambito su cui va posta la massima attenzione è quello economico; la prosperità economica passa attraverso l’indipendenza economica delle donne e degli uomini, la parità retributiva in caso di lavoro di uguale valore, il percepimento di pensioni eque, senza tralasciare l’equa condivisione di responsabilità economiche e di assistenza familiare.

In questo contesto non si può non sottolineare la transizione in atto verso un’era digitale e le conseguenti ed impellenti valutazioni sulle nuove occupazioni, soprattutto in ambito informatico ovvero dell’Information and Communication Technologies.

La presenza femminile, al momento del varo della Strategia Europea, come riporta la Comunicazione della Commissione, risultava del 17% per il settore ICT e solo del 36% tra i laureati nelle materie STEM.

Altro ambito di attenzione per la Strategia è quello della presenza ancora troppo bassa (nel 2020, ma purtroppo ancora oggi!) delle donne nelle posizioni di vertice della società, siano esse agenzie governative, o consigli di amministrazione oppure alti organi giurisdizionali.

Interessante infine si rivela il punto della Strategia che riguarda il finanziamento delle azioni previste per il conseguimento della parità di genere.

Senza interventi di sostegno reale, infatti, anche una bella Strategia rimarrebbe soltanto un’aggregazione di filosofici auspici privi di qualsiasi ambizione di implementazione effettiva.

Nel 2021, in armonia con le linee guida europee, anche l’Italia ha deciso di predisporre una propria Strategia Nazionale con l’intento di intraprendere un cammino formato da iniziative chiare e misurabili.

La strategia italiana sulla parità di genere

La Strategia diventa anche un riferimento per l’attuazione del PNRR.

In Italia, come si dichiara nell’analisi di contesto che fa da premessa alle azioni specifiche, si sono analizzati preliminarmente dati provenienti dal Gender Equality Index, realizzato da EIGE (European Institute for Gender Equality), Istituto indipendente e riconosciuto che garantisce la pubblicazione biennale di dati aggregati a livello nazionale ed europeo certificati e trasparenti.

L’analisi preliminare prende in considerazione cinque ambiti: Lavoro, Reddito, Competenze, Tempo e Potere per poter valutare i più importanti aspetti che risultano precludere in maniera più significativa il superamento del divario di genere e le sue negative conseguenze.

È importante tuttavia sottolineare come, in Italia si sia deciso di non trattare nella Strategia Nazionale la violenza di genere, pur nella consapevolezza che il sostegno alla crescita delle donne e alla loro presenza nel mercato del lavoro e in posizione di leadership sia uno strumento fondamentale per contrastare e prevenire tale violenza.

È stato pertanto deciso, al momento del varo della Strategia Nazionale, di trattare il tema della violenza contro le donne con apposita disciplina.

La legge Golfo-Mosca sulle “quote rosa”

Nella predisposizione delle scelte nazionali, un riconoscimento pubblico è stato riservato alla legge Golfo-Mosca sulle cosiddette “quote rosa”, ritenuta una delle spinte più efficaci a far migliorare la situazione di copertura femminile di posizioni di vertice in certi ambiti del settore privato.

La permanenza e la diffusione di stereotipi di genere sono state rilevate al momento del lancio della strategia nazionale, per la cui redazione sono stati utilizzati studi e report fra l’altro di Eige, Istat, Eurostat, Alma Laurea, Ministero dell’Università, dell’Istruzione della Ricerca (AA 2019/2020), European University Institute , Unioncamere etc.

Interessanti considerazioni di base sono state fatte anche in relazione al forte impatto della pandemia COVID-19 in molti ambiti e in particolare su alcuni comparti nei quali la partecipazione femminile era fra le più alte.

Le cinque priorità strategiche di intervento

A partire dall’approfondita analisi del contesto dell’epoca, la Strategia Nazionale ha inteso individuare cinque priorità strategiche di intervento negli ambiti presi in considerazione: lavoro, reddito, competenze, tempo e potere.

Gli interventi, come detto, sono stati pensati in linea con i target del PNRR.

Un’attenzione particolare va riservata alla priorità relativa alle competenze.

È stato infatti ritenuto particolarmente importante guardare all’impegno di migliorare fra l’altro lo sviluppo di competenze matematico-scientifiche nel mondo della scuola, agli accessi di ragazze alle lauree STEM, alla percentuale di professori ordinari donna, alla percentuale di donne con competenze digitali “sopra la media”.

Le misure legate alla volontà di applicazione puntuale della Strategia sono individuate unitamente a quelle necessarie per sostenere le priorità strategiche; le prime sono classificate come trasversali, le altre invece sono quelle più specifiche.

Le misure trasversali ricorrono per esempio al bilancio di genere per misurare l’impatto delle politiche pubbliche in ordine alla questione del genere, al rafforzamento della promozione di figure di “role model”, alla promozione della Medicina di genere.

L’importanza della certificazione di genere

Tra le misure correlate invece alle priorità strategiche conviene soffermarsi, in quanto ad originalità e potenza specifica, all’introduzione della certificazione di genere.

Si tratta di un’azione che rientra in un sistema nazionale di certificazione, differenziato in relazione alle dimensioni e al fatturato delle aziende, in vista di promozione anche di nuove possibili occupazioni lavorative al femminile e soprattutto di auspicabili meccanismi di incentivazione all’adozione di politiche aziendali tese al superamento del “gender gap”.

L’iniziativa Women4Cyber Italia

Al riguardo fa piacere citare un interessante webinar tenuto il 6 luglio 2023, nell’ambito delle iniziative di Women4Cyber Italia, dal Presidente di UNI, ing. Giuseppe Rossi e dalla Dott.ssa Elena Mocchio, Responsabile Innovazione e Sviluppo di UNI.

Il seminario, dal titolo “UNI/PDR 125 e parità di genere: la certificazione come opportunità di crescita”, ha sviluppato il tema della parità di genere a partire proprio dalla Strategia Nazionale 2021-2025 e dalla legge 5 novembre 2021, n.162 che modifica il Codice delle Pari Opportunità (Decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198).

La certificazione di genere nel Codice delle Pari opportunità e gli interventi sul Codice appalti

La legge 162/2021 inserisce la certificazione di genere nel Codice delle Pari opportunità e introduce meccanismi di premialità (sgravi contributivi) per le aziende che ve ne facciano ricorso.

Successivamente, con interventi sul Codice degli Appalti, l’orientamento chiaro è stato quello di introdurre il il possesso della certificazione di genere come requisito premiante per offerte in caso di partecipazione a gare pubbliche.

In buona sostanza, sembra proprio avviato un percorso virtuoso con strumenti che affrontino il tema della penalizzazione dovuta al genere con determinazione e concretezza.

Ad oggi, quindi, dopo qualche anno dall’emanazione della Strategia europea e di quella italiana, la consapevolezza sul tema della parità di genere sembra accresciuta e alcune misure fra quelle riportate appaiono davvero efficaci.

Parità di genere, un percorso ancora accidentato

Tuttavia, il percorso per il superamento del divario di genere risulta ancora troppo accidentato.

I risultati, seppure indicativi in qualche settore di un trend invertito, come per esempio per l’accesso ad alcune facoltà del gruppo STEM, o per gli aspetti della intervenuta certificazione di genere, risultano in generale buoni ma ancora insufficienti o non sufficientemente applicati.

L’assunzione che il fenomeno della violenza sulle donne sia profondamente radicato nella disparità di genere, come sostenuto nella Comunicazione della Commissione relativa alla Strategia, anche sulla base di studi citati nella stessa Comunicazione, provoca un profondo turbamento soprattutto a causa dei numerosi episodi che si verificano.

Almeno questa considerazione dovrebbe funzionare da stimolo per un’azione culturale forte, capace di incidere nei vari ambiti nei quali le diversità sono tuttora spesso alimentate per scopi niente affatto nobili.

Le diversità vanno invece valorizzate con competenza e conoscenze specialistiche se non vogliamo che rappresentino il più grande ostacolo ad uno sviluppo sostenibile, concreto e positivo come le nuove generazioni meritano.

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