A pochi mesi dalla emanazione della Legge di delegazione europea 2019-2020, Legge 22 aprile 2021, n. 53, è stato approvato uno schema di decreto legislativo per il recepimento della Direttiva (UE) 2019/790 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale in Italia.
Lo schema è stato approvato il 5 agosto 2021, nella seduta del Consiglio dei Ministri n. 32. Un comunicato stampa del Ministro della Cultura ha confermato l’evento, sottolineando la vocazione a tutela degli autori e degli artisti del provvedimento e ribadendo l’importanza nuove regole sulla responsabilità delle piattaforme e pubblicazioni giornalistiche online, nonché delle disposizioni a favore degli artisti interpreti ed esecutori.
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Tra gli altri decreti legislativi approvati dal Consiglio dei Ministri (dodici in tutto) compare anche quello per l’attuazione della Direttiva (UE) 2019/1024 relativa all’apertura dei dati e al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, destinato a promuovere l’uso dei dati aperti, cruciale anche in ambito culturale. Si delinea così un momento decisivo per il rinnovamento della materia della proprietà intellettuale in Italia.
Dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri, lo schema di decreto legislativo è stato trasmesso alla Camera il giorno 6 agosto 2021, quale atto del Governo n. 295. Su di esso devono infatti esprimere parere i competenti organi parlamentari, come previsto dall’art. 1 della legge delega. Accompagnano lo schema anche una relazione illustrativa, la tabella di concordanza (che dettaglia la relazione tra le norme introdotte e modificate e le norme europee), una relazione tecnica e l’analisi tecnico-normativa. Presentato all’assemblea della Camera il 9 agosto 2021, il testo è attualmente in corso d’esame, assegnato a diverse Commissioni, con diversi termini previsti anche per il mese di settembre.
L’approvazione dello schema di decreto legislativo rappresenta l’ultimo passaggio per completare la trasposizione della Direttiva europea. Si conclude un lungo iter a cui hanno partecipato diversi attori del mondo della cultura, delle industrie creative, dell’educazione e della ricerca, portatori di interessi spesso confliggenti. Le audizioni che si sono svolte a livello nazionale, da ultimo anche a luglio 2021, riflettono il vivace dibattito che ha impegnato le istituzioni europee nel dialogo con i propri stakeholder e con il pubblico dal 2016, quando è stata presentata la prima proposta di Direttiva.
Le nuove regole dell’Unione europea
Il percorso che ha portato all’approvazione definitiva della Direttiva europea nel 2019 si può dire travagliato. Basterà qui ricordare che dure critiche sono state soprattutto rivolte a due disposizioni, segnate da intense attività di lobbying. Si tratta dell’art. 15 della Direttiva che riguarda le pubblicazioni giornalistiche online e i cosiddetti “diritti degli editori” e l’art. 17 che riguarda le piattaforme di condivisione di contenuti online e il loro nuovo e controverso regime di responsabilità diretta per i contenuti caricati dai propri utenti.
Anche oggi il dibattito non può dirsi esaurito, almeno per due motivi. Innanzitutto, la maggior parte degli Stati membri è ancora impegnata nell’implementazione della Direttiva, nonostante il termine di recepimento fosse il 7 giugno 2021. Inoltre, ciò che appare ancora più rilevante, è che l’art. 17 (più precisamente il suo comma 4, lettera a) e b)), è stato oggetto di una azione di annullamento da parte della Repubblica della Polonia (C‑401/19). La Corte di Giustizia dell’Unione europea deve ancora pronunciarsi. Nel frattempo, le recentissime conclusioni dell’Avvocato generale, pubblicate a luglio, hanno negato che sussista una violazione del diritto alla libertà di espressione e di informazione (protetta all’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) ma riconosciuto una limitazione del diritto. L’opinione dell’Avvocato generale ha quindi posto l’accento sui meccanismi di garanzia previsti all’art. 17 per regolamentare la limitazione dell’esercizio del diritto di libertà di espressione, con particolare riferimento ai contenuti che i prestatori di servizi di condivisione online possono o meno bloccare ex ante. Ne deriva risultano decisive le scelte di implementazione, tra gli altri contenuti, dei meccanismi di cui ai commi 7 e 8 dell’art. 17.
Nel complesso, la nuova Direttiva europea è stata presentata in modo ricorrente come una riforma del diritto d’autore per la sua ambizione di cambiare la materia per adeguarla alle esigenze del funzionamento del Mercato Unico digitale e permettere la circolazione transfrontaliera dei contenuti. In particolare, la nuova Direttiva ha modificato in modo significativo il sistema di eccezioni e limitazioni del diritto d’autore, diciotto anni dopo l’ultimo intervento su questa materia in senso orizzontale. Il riferimento è alla precedente Direttiva sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (“Direttiva InfoSoc”).
Tra i trentadue articoli della nuova Direttiva europea, si distinguono molti contenuti che gli Stati membri sono tenuti a recepire, accanto ad altri su cui c’è una mera facoltà di recepimento. Si registra quindi una differenza significativa con la precedente Direttiva InfoSoc, la quale conteneva una sola eccezione e limitazione “obbligatoria“, cioè quella art. 5 comma 1 sugli atti di riproduzione temporanea, dedicata al funzionamento di Internet.
Tra le nuove eccezioni e limitazioni entrate a far parte dell’acquis comunitario si contano le regole sull’estrazione di testo e dati (text and data mining), sulle attività didattiche digitali e transfrontaliere, sulla conservazione del patrimonio culturale, quelle sulle opere fuori commercio. Sono di natura obbligatoria anche le eccezioni per citazione, critica, rassegna e utilizzi a scopo di caricatura, parodia o pastiche per gli utenti nell’ambito dei servizi di condivisione di contenuti online. Infine, nonostante dubbi riguardo la natura della regola che introduce, anche il recepimento della disposizione sulle opere delle arti visive di dominio pubblico è da considerarsi obbligatorio.
Il recepimento in Italia: la tutela del patrimonio culturale
Lo schema di decreto legislativo modifica la Legge sulla protezione del diritto d’autore e i diritti connessi al suo esercizio, Legge 22 aprile 1941 n. 633 (di seguito “Lda”), introducendo venticinque nuove disposizioni e alcune modifiche alle disposizioni già vigenti. Le nuove disposizioni e modifiche sono riportate all’art. 1, strutturato in lettere dalla a) alla p). L’art. 2 è dedicato alle trasposizioni transitorie e finali. Il suo primo paragrafo stabilisce l’applicazione delle norme alle opere e ai materiali protetti alla data del 7 giugno 2021, facendo salvi contratti conclusi e diritti acquistati al 6 giugno 2021. Infine, l’art. 3 contiene le disposizioni finanziarie.
Di seguito, il presente articolo raccoglie alcuni brevi spunti sui contenuti dell’art. 1 dello schema di decreto legislativo, considerando le regole, incluse le eccezioni e limitazioni del diritto d’autore, che sono rilevanti per la tutela del patrimonio culturale. Le norme qui approfondite riguardano un contesto dove le opere e i materiali culturali possono essere digitalizzati e circolare online e dove è possibile analizzarne i relativi dati: così tali disposizioni collocano la materia della tutela del patrimonio culturale al centro dello studio tra diritto e tecnologia.
L’articolo analizza più nel dettaglio le disposizioni che recepiscono le regole sull’estrazione di testo e dati per la ricerca scientifica, le attività didattiche digitali e transfrontaliere, la conservazione del patrimonio culturale, le opere e altri materiali fuori commercio e le opere delle arti visive di dominio pubblico. Concludono l’articolo alcuni brevi cenni ad altre disposizioni che impattano altri settori dell’industria culturale e creativa.
Estrazioni di testo e dati per la ricerca scientifica
Le nuove eccezioni o limitazioni per il text and data mining agli artt. 3 e 4 della Direttiva europea sono fondamentali nella raccolta dati e la loro elaborazione, anche nell’ambito dell’Intelligenza artificiale.
Il nuovo art. 70-ter, di cui all’art. 1 lettera g) dello schema di decreto legislativo, ha recepito i contenuti dell’art. 3 della Direttiva, che riguarda l’ambito della ricerca scientifica, a cui si riconduce sia l’operato degli organismi di ricerca che degli istituti del patrimonio culturale, consentendo le riproduzioni compiute da entrambi.
È importante soffermarsi sulla trasposizione della definizione di istituti di tutela del patrimonio culturale. Questa viene specificata nell’art. 70-ter, comma 3. A quest’ultima disposizione fanno di conseguenza riferimento anche le altre norme che riguardano tali istituti. La definizione enunciata è estensiva, in linea con l’art. 9 comma 1 lettera a) della legge delega che ha stabilito di applicare la definizione di istituti di tutela del patrimonio culturale nell’accezione più ampia possibile ai fini di favorire l’accesso ai beni da essi custoditi.
All’art. 70-ter comma 3 si legge perciò che per istituti di tutela del patrimonio culturale ai fini della Lda si intendono biblioteche, musei e archivi, purché aperti o accessibili al pubblico, inclusi quelli afferenti agli istituti di istruzione, organismi di ricerca e agli organismi di radiodiffusione pubblici, nonché istituti per la tutela del patrimonio cinematografico e sonoro e gli organismi di radiodiffusione pubblici.
Va notato che al comma 4 segue anche una nozione di organismo di ricerca, che segue la definizione della Direttiva all’art. 2 numero 1. Si intendono le università, comprese le relative biblioteche, gli istituti di ricerca o qualsiasi altra entità il cui obiettivo primario è quello di condurre ricerca scientifica o svolgere attività didattiche che includano la ricerca scientifica. Si legge che queste operano senza scopo di lucro, oppure il loro statuto prevede il reinvestimento degli utili nelle attività di ricerca scientifica, anche in forma di partenariato pubblico-privato. Alternativamente, perseguono una finalità di interesse pubblico riconosciuta da uno Stato membro. Completa la definizione il comma 5: non si considerano gli organismi su cui è esercitata da imprese commerciali un’influenza determinante, in modo da consentire accesso ai risultati generati dalle attività di ricerca su base preferenziale.
Il comma 6 recepisce le regole per le copie di opere, che possono essere conservate o utilizzate per scopi di ricerca scientifica (inclusa la verifica dei risultati) ma devono essere memorizzate con un adeguato livello di sicurezza.
I commi 7 e 8 sono importanti perché fanno invece riferimento alle misure tecnologiche che i titolari dei diritti possono applicare alle reti e banche dati dove ospitano le opere o altri materiali. Ciò riguarda un tema fondamentale nel diritto d’autore europeo e cioè le misure tecnologiche di protezione, la cui disciplina è principalmente contenuta all’art. 6 della Direttiva InfoSoc. Le misure di cui all’art. 70-ter comma 7 e 8 sono definite come le misure idonee a garantire sicurezza e integrità delle reti e delle banche dati e sono possibili solo in misura non eccedente a quanto necessario a tale scopo. Tali misure, si legge, possono anche essere definite in base a degli accordi tra le associazioni dei titolari dei diritti, istituti di tutela del patrimonio culturale e gli organismi di ricerca.
Quanto illustrato corrisponde alla lettera b) dell’art. 9 comma 1 della legge delega, la quale insiste sulla garanzia di adeguati livelli di sicurezza delle reti e banche dati, ma impone anche di definire l’accesso legale e i requisiti dei soggetti coinvolti.
Sembra rilevante menzionare che le misure tecnologiche sono anche al centro di un’altra importante norma introdotta dallo schema di decreto legislativo: il nuovo art. 70-sexies recepisce le disposizioni comuni di cui all’art. 7 comma 2 della Direttiva, applicabile agli artt. dal 3 al 6 della Direttiva. Questo articolo riguarda la circostanza in cui si applichino le misure tecnologiche di cui all’art. 102-quater Lda ed è dedicato ai i soggetti di cui all’art. 70-bis comma 1 – gli istituti di istruzione (su cui si veda più avanti) – e dell’art. 70-ter commi 3 e 4 – gli organismi di ricerca e gli istituti di tutela del patrimonio culturale appena menzionati. Questi soggetti hanno il diritto di estrarre una copia delle opere o altri materiali alle condizioni, con i limiti e per le finalità di quelle disposizioni, quando hanno acquisito il possesso legittimo di esemplari dell’opera o del materiale protetto o vi hanno avuto accesso legittimo. Ulteriori condizioni sono che l’estrazione della copia non sia in contrasto con lo sfruttamento normale e che non venga arrecato un pregiudizio ingiustificato ai titolari dei diritti. Ciò risponde al fatto che l’art. 7 comma 2 della Direttiva impone l’applicazione del cd. three step test.
Infine, in adempimento a ciò che è stabilito dall’art. 7 della Direttiva europea e che ricorre per alcune delle nuove regole introdotte, le disposizioni contrattuali in contrasto a quanto previsto dall’articolo sono state rese inapplicabili (art. 70-ter, comma 9).
Si noti incidentalmente che l’art. 70-quater ha invece recepito i contenuti dell’art. 4 della Direttiva e permette le riproduzioni ed estrazioni in caso si abbia legittimamente accesso ai fini dell’estrazione di testo e dati, ma con l’importante limite che ciò è possibile solo se l’utilizzo delle opere o di altri materiali non è stato espressamente riservato dai titolari del diritto d’autore e dei diritti connessi, nonché dai titolari delle banche dati. Anche qui vale la regola per cui le riproduzioni e le estrazioni possono essere conservate per il tempo necessario ai fini dell’estrazione di testo e di dati (art. 70-quater comma 2). L’ultimo comma aggiunge invece che i livelli di sicurezza per lo svolgimento delle attività di estrazione di testo e dati non sono inferiori a quelli di cui all’articolo precedente.
Attività didattiche digitali e transfrontaliere
La nuova regola per le attività didattiche in ambito digitale di cui all’art. 5 della Direttiva sono state inserite all’interno del nuovo art. 70-bis, introdotto all’art. 1 lettera g) dello schema di decreto legislativo. Pur non riguardando direttamente gli istituti a tutela del patrimonio culturale, la regola ha un impatto decisivo sulla circolazione dei contenuti culturali. Inoltre, riguarda la finalità didattica, che spesso è parte integrante del mandato di tali istituti.
Lo schema opta per quella che appare una formulazione di dettaglio e fortemente incentrata sulla finalità illustrativa, in linea con l’appena precedente art. 70 Lda. La relazione illustrativa che accompagna lo schema si riferisce infatti all’allargamento del perimetro dell’attuale eccezione ai fini di insegnamento per comprendere le attività effettuate con mezzi digitali. L’art. 70-bis comma 1 dichiara liberi il riassunto, la citazione, la riproduzione, la traduzione e l’adattamento di brani o parti di opere ma anche di altri materiali e la loro comunicazione al pubblico, quando effettuati con mezzi digitali, esclusivamente per finalità illustrative ad uso didattico, e nei limiti giustificati dallo scopo non commerciale perseguito. Tali usi devono avvenire sotto la responsabilità di un istituto di istruzione, nei suoi locali, in altro luogo o in un ambiente elettronico sicuro, dove accedono solo il personale docente e gli studenti o alunni.
Dove la norma europea subordinava l’eccezione o limitazione all’indicazione della fonte, compreso il nome dell’autore, tranne quando ciò risulti impossibile, lo schema di decreto legislativo, in linea con ciò che si può leggere all’art. 70 comma 3, rende obbligatoria la menzione del titolo dell’opera, dei nomi di autore, editore e traduttore, per riassunto, citazione, e riproduzione di brani o parti di opere o altri materiali e per la loro comunicazione al pubblico (nuovo art. 70-bis, comma 2).
In base a ciò che era stato stabilito all’art. 9 comma 1 lettera c) della legge delega e in linea con l’art. 5 comma 2 della Direttiva, l’Italia ha deciso di escludere dall’applicazione della eccezione o limitazione il materiale dedicato al mercato dell’istruzione e per spartiti e partiture musicali. L’eccezione o limitazione non si applica solo a condizione che siano disponibili opportune licenze volontarie che rispondano alle necessità e specificità degli istituti di istruzione, e a patto che tali licenze siano facilmente conoscibili e accessibili da parte degli istituti di istruzione (nuovo art. 70-bis, comma 3). Viceversa, nello schema di decreto legislativo non sembra sia stata esercitata la facoltà di stabilire un equo compenso per i titolari dei diritti ai sensi dell’art. 5 comma 4 della Direttiva europea.
In recepimento del comma 3 dell’art. 5 della Direttiva, il comma 4 dell’art. 70-bis regola i profili di applicazione territoriale dell’eccezione: gli utilizzi di cui all’art. 70-bis comma 1 aventi luogo in Italia da parte di un istituto che ha sede in un altro Stato membro si intendono effettuati esclusivamente nel suddetto Stato membro.
In adempimento a ciò che è stabilito dall’art. 7 in merito alle disposizioni comuni della Direttiva europea, le disposizioni contrattuali in contrasto a quanto previsto dall’articolo sono state rese inapplicabili (nuovo art. 70-bis, comma 5).
Si ricorda che per i soggetti cui all’art. 70-bis trova applicazione il nuovo art. 70-sexies, illustrato nel paragrafo precedente.
Conservazione del patrimonio culturale
L’art. 6 della Direttiva europea rappresenta la disposizione chiave per permettere la conservazione del patrimonio culturale da parte degli istituti di tutela. Diviene possibile per gli istituti di tutela del patrimonio culturale realizzare copie delle opere o materiali presenti in modo permanente nelle loro raccolte in qualsiasi formato e supporto. Ne risulta quindi favorita anche la digitalizzazione.
Il recepimento dell’art. 6 è prospettato con l’introduzione, con l’art. 1 lettera e) dello schema del decreto legislativo, di un nuovo comma 2-bis all’art. 68 Lda già dedicato alle libere riproduzioni, anche da parte di biblioteche, musei o archivi. In particolare, secondo la disciplina del comma 2 dell’art. 68 era già da ritenersi libera la fotocopia di opere esistenti nelle biblioteche accessibili al pubblico o in quelle scolastiche, nei musei pubblici o negli archivi pubblici, effettuata da tali istituti per i propri servizi, senza alcun vantaggio economico o commerciale diretto o indiretto.
Per la definizione di istituti di tutela del patrimonio culturale l’articolo fa riferimento all’art. 70-ter comma 3 e quindi alla nozione estesa di cui si è detto nel paragrafo precedente.
È interessante notare che dove il legislatore europeo obbliga gli Stati membri a disporre di una eccezione o limitazione, lo schema di decreto legislativo sembra riconoscere agli istituti di tutela del patrimonio culturale un diritto di riprodurre e realizzare copie di opere o altri materiali protetti in qualsiasi formato e su qualsiasi supporto, qualora essi siano presenti in modo permanente nelle loro raccolte.
Ciò è ribadito dall’ultimo periodo della disposizione, dove le pattuizioni aventi ad oggetto limitazioni o esclusioni di tale diritto si dicono nulle, in adempimento a ciò che è stabilito dall’art. 7 in merito alle disposizioni comuni della Direttiva europea, che definisce le disposizioni contrattuali inapplicabili in presenza di un contrasto con l’eccezione di cui all’art. 6.
Opere e altri materiali fuori commercio
Le regole introdotte sulle opere fuori commercio dagli artt. 8 all’11 rappresentano una novità importante all’interno della Direttiva europea perché aprono la possibilità che gli istituti di tutela del patrimonio culturale diano nuova vita alle opere e ai materiali non disponibili tramite i consueti canali di commercio. Per la loro complessità, questo meccanismo meriterebbe un approfondimento separato. Seguono perciò solo alcuni brevi cenni alla disciplina del nuovo Titolo II-quinquies, intitolato “Utilizzi di opere e altri materiali fuori commercio”, introdotto all’art. 1 lettera m) dello schema di decreto legislativo.
L’art. 102-undecies indica le modalità che l’istituto di tutela del patrimonio culturale, protagonista della nuova regola, deve seguire per accertare che l’opera o altri materiali siano fuori commercio (si vedano in particolare i commi 2, 3, 4). Posto che sono previste alcune esclusioni per certi insiemi di opere (art. 102-undecies commi 5 e 6), il comma 1 dell’art. 102-undecies spiega poi che la natura fuori commercio dell’opera o di altri materiali è legata ad una presunzione in buona fede dell’indisponibilità al pubblico tramite i consueti canali commerciali all’interno dell’Unione europea, in qualsiasi versione o supporto di memorizzazione. In linea con il comma 5 dell’art. 8 della Direttiva, l’Italia ha previsto una presunzione per le opere non disponibili nei canali commerciali da almeno dieci anni. Lo schema di decreto legislativo aggiunge che il Ministro della Cultura può individuare ulteriori requisiti specifici, in ottemperanza a ciò che era stato stabilito dall’art. 9 comma 1 lettera e) della legge delega.
L’art. 102-duodecies permette all’istituto di tutela del patrimonio culturale, a seguito dell’accertamento e allegandone documentazione, di richiedere all’organismo di gestione collettiva rappresentativo dei titolari dei diritti per la tipologia di opera o di diritto una licenza non esclusiva e a fini non commerciali per riprodurre, distribuire, comunicare o mettere a disposizione del pubblico l’opera o il materiale. Quando possibile, viene concordato anche l’ambito di applicazione territoriale della licenza.
Gli obblighi e le regole che riguardano gli organismi di gestione collettiva per il rilascio della licenza, che segue l’accertamento dell’adeguatezza della verifica sulla disponibilità delle opere o degli altri materiali sui canali commerciali, sono specificati agli artt. 102-duodecies e 102-terdecies. I necessari adempimenti comprendono anche la comunicazione della richiesta di licenza al Ministero della Cultura e la pubblicazione da parte di quest’ultimo sul proprio sito istituzionale. Ciò si pone in linea con la lettera g) del comma 1 dell’art. 9 della legge delega, che ha stabilito di prevedere ulteriori misure di pubblicità a favore dei titolari dei diritti.
Il rilascio della licenza avviene trascorsi 30 giorni dalla pubblicazione, in mancanza di opposizione dei titolari dei diritti. È prevista a questo punto la comunicazione, insieme ad altre informazioni relative all’opera o altro materiale oggetto della licenza, al portale unico europeo gestito dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale. Quest’ultimo provvede a sua volta ad una pubblicazione, decorsi sei mesi dalla quale è possibile utilizzare l’opera licenziata.
In particolare, l’art. 102-duodecies distingue il caso in cui l’organismo di gestione collettiva abbia ricevuto mandato o meno per la gestione delle opere o altri materiali. Il comma 3 regola il meccanismo per i casi in cui il titolare dei diritti non abbia conferito mandato ad alcun organismo di gestione collettiva. In tali circostanze il rilascio della licenza compete all’organismo che a livello nazionale è sufficientemente rappresentativo dei titolari dei diritti.
Il successivo comma 4 dell’art. 102-duodecies realizza poi l’eccezione e limitazione di cui gli Stati membri dispongono ai sensi all’art. 8 comma 2 della Direttiva, come limitata dalle condizioni dell’art. 8 comma 3. L’eccezione è dedicata ai casi in cui non vi siano organismi di gestione collettiva sufficientemente rappresentativi dei titolari di diritti e l’Italia ha individuato il caso delle banche dati e programmi per elaboratore. In questi casi, gli istituti di tutela del patrimonio culturale hanno la facoltà di riprodurre e comunicare al pubblico le opere o altri materiali, ma anche estrarre, tradurre, adattare, adeguare e modificare le opere o altri materiali che siano fuori commercio e presenti in modo permanente nelle loro collezioni, per consentirne la messa a disposizione a fini non commerciali. Oltre alle norme per l’applicazione territoriale di questo meccanismo (su cui si veda il comma 5), vanno tenute presenti ulteriori importanti condizioni: il nome dell’autore o di qualsiasi altro titolari di diritti individuabile deve essere indicato, salvo ciò sia impossibile, e i siti web tramite cui le opere o altri materiali vengono messi a disposizione devono essere non commerciali.
In base all’art. 102-quaterdecies, dedicato ai titolari dei diritti, è possibile escludere in qualunque momento le opere o gli altri materiali dal meccanismo di concessione delle licenze di cui all’art. 102-duodecies, ivi incluso il comma 4. In particolare, il comma 2 prevede che in caso di revoca si applichino i meccanismi di pubblicità di cui all’art. 102-terdecies, aderendo a ciò che è stato stabilito alla lettera d) dell’art. 9 comma della legge delega.
Seguono l’art. 102-quinquiesdecies sui profili di applicazione territoriale di tali meccanismi all’interno dell’Unione europea, che recepisce l’art. 9 comma 1 della Direttiva europea, e l’art. 102-septiesdecies sul ruolo del Ministero della cultura per promuovere il dialogo tra organismi rappresentativi degli utilizzatori e titolari dei diritti, per favorire il meccanismo di concessione delle licenze illustrato e garantire le misure di salvaguardia dei titolari dei diritti.
Merita soffermarsi sul fatto che le nuove disposizioni sulle opere fuori commercio si pongono a necessario complemento delle regole già parte dell’acquis comunitario sulle opere orfane, chiarendo anche la distinzione tra le due categorie che spesso si affiancano o coincidono nell’operato quotidiano degli istituti di tutela del patrimonio culturale.
Nello specifico, l’art. 102-sexiesdecies è stato introdotto per regolare il caso in cui un’opera risulti al contempo orfana e fuori commercio, sancendo l’applicazione delle norme sulle opere fuori commercio. Tale norma risponde al rilievo dell’art. 9 comma 1 lettera f) della legge delega, e segue, secondo la relazione illustrativa, l’opportunità di optare per l’applicazione della disciplina delle opere fuori commercio per consentire maggiore tutela ai titolari dei diritti e per gli istituti del patrimonio culturale.
Si può notare anche che l’art. 1 lettera f) dello schema di decreto abroga il comma 12 dell’art. 69-quater Lda riguardante le opere orfane. Questo articolo negava potessero essere incluse, fra queste, le opere in commercio. Secondo la relazione illustrativa, l’obiettivo è uniformare così il dato normativo con il dato reale, confermando che anche opere in commercio possono essere opere orfane.
Opere delle arti visive di dominio pubblico
La possibilità di riprodurre le opere visive in pubblico dominio, di cui all’art. 14 della Direttiva, rappresenta uno dei contenuti più innovativi della riforma europea e accoglie le istanze per favorire la circolazione dei contenuti culturali in ambiente digitale.
All’art. 1 lettera a) lo schema di decreto legislativo introduce nella Lda l’art. 32-quater. In perfetta adesione alla disposizione europea, il nuovo articolo afferma che alla scadenza della durata di protezione di un’opera delle arti visive il materiale derivante da un atto di riproduzione di tale opera non è soggetto al diritto d’autore o ai diritti connessi, a meno che non costituisca un’opera originale.
Per la definizione delle opere delle arti visive l’art. 32-quater fa riferimento alle opere “anche” come individuate all’art. 2 Lda. Quest’ultima disposizione non utilizza la definizione di opere delle arti visive ma richiama, al numero 4, le opere d’arte figurativa. Il riferimento non sembra pertanto risolvere in modo definitivo i dubbi che riguardano l’individuazione dell’ambito di applicazione dell’art. 14 della nuova Direttiva, già oggetto di discussione. Sembra probabile che la nozione di opere delle arti visive adottata possa continuare ad includere diverse categorie di opere, anche al di là delle opere d’arte figurativa.
Pur in assenza di alcun riferimento specifico, nell’escludere che il materiale derivante dall’atto di riproduzione sia soggetto al diritto d’autore o a diritti connessi, a meno che non si tratti di un’opera originale, la norma esclude la protezione delle opere non originali tramite diritti connessi. Nel contesto italiano, così come in quello tedesco, ciò investe la disciplina delle fotografie non originali di cui agli artt. 87 e seguenti della Lda, costruita sull’art. 6 della Direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi. In particolar modo sembra doversi escludere l’applicazione dell’art. 88 Lda secondo cui spetta al fotografo il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia.
Il nuovo art. 32-quater fa infine salva l’applicazione delle disposizioni in materia di riproduzione dei beni culturali e così facendo disattende gli auspici di molti all’interno del mondo della cultura. Il contrasto della nuova norma europea con le disposizioni di cui al cd. Codice Urbani, Codice dei beni culturali e del paesaggio, D. Lgs. 22 gennaio 2004, era stato ampiamente discusso già durante la fase di consultazione con le realtà del settore per l’emanazione della legge delega.
Anche gli studiosi della materia hanno nel tempo sottolineato l’opportunità di portare avanti, parallelamente alla implementazione dell’art. 14 della Direttiva all’interno della Lda, un intervento per permettere di riprodurre anche i beni culturali prescindendo dai vincoli di cui alla Sezione II del Codice Urbani, dedicata all’“Uso dei beni culturali”. Anche dopo la novella del comma 3-bis dell’art. 108 avvenuta tra il 2014 e il 2017 e la nuova disciplina delle attività senza scopo di lucro, tali regole impedirebbero le riproduzioni a fini commerciali.
Va ricordato che le istanze a favore di una maggiore libertà di riproduzione dei beni culturali erano confluite in alcuni ordini del giorno in sede di emanazione della legge delega, toccando anche il tema della cd. libertà di panorama. Per libertà di panorama si intende l’eccezione o limitazione per l’utilizzo di opere, quali opere di architettura o di scultura, collocate stabilmente in luoghi pubblici, di cui all’art. 5 comma 3 lettera h) della Direttiva InfoSoc, rimasta inattuata in Italia. Anche alla luce del rinnovato interesse provocato dall’implementazione dell’art. 14 della Direttiva, oggi si contano alcune importanti iniziative del Parlamento italiano sul tema. Un primo riferimento è alla Risoluzione di maggio 2020 riguardante misure in sostegno della cultura e dello spettacolo a contrasto degli effetti dell’epidemia Covid-19. La più recente Risoluzione di giugno 2021 raccoglie invece diverse risoluzioni precedentemente presentate sull’argomento e insiste non solo sulla libertà di panorama, ma anche sull’implementazione dell’art. 14 della Direttiva e la necessità di valutare l’opportunità di un coordinamento con la disciplina del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Nel complesso, supponendo che lo schema di decreto legislativo non cambi sul punto, ci sono elementi per auspicare che altre riforme possano rendere efficace l’applicazione della norma europea, la quale promuove la circolazione delle immagini del patrimonio culturale in ambiente digitale, anche per fini commerciali.
Altre regole per l’industria culturale e creativa
Meritano una considerazione a margine anche altre disposizioni dello schema di decreto legislativo per avere piena contezza dell’impatto della nuova Direttiva sull’industria culturale e creativa, considerando quindi settori diversi dalla tutela del patrimonio culturale. Seguono brevi cenni a queste disposizioni, rimandandone tuttavia l’approfondimento ad altra sede.
Un primo riferimento è alle criticate norme sulle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo online, di cui all’art. 15 della Direttiva. L’art. 1 lettera b) dello schema di decreto legislativo ha introdotto il nuovo art. 43-bis, che conta 16 commi. A proposito dell’altrettanto discusso art. 17 della nuova Direttiva sull’utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi di condivisione di contenuti online, invece, lo schema di decreto legislativo italiano presenta all’art. 1 lettera l) un nuovo Titolo II-quater. Vale la pena di notare che l’art. 102-nonies, che introduce le eccezioni e limitazioni ad hoc per gli utenti dei servizi di condivisione di contenuti online, è destinato ad avere una portata significativa, soprattutto alla luce delle recenti conclusioni dell’Avvocato Generale sull’azione promossa dalla Repubblica di Polonia.
È opportuno menzionare che si contano nello schema di decreto legislativo diverse norme che rafforzano la posizione degli autori e artisti interpreti ed esecutori, anche con riguardo alla tutela negoziale. Tra queste vi è sicuramente l’art. 107 Lda, come modificato alla lettera n) dell’art. 1 dello schema di decreto legislativo. Per recepire l’art. 18 della Direttiva riguardante la remunerazione adeguata e proporzionata dei titolari dei diritti nel caso in cui concedano in licenza o trasferiscano i propri diritti è introdotto un nuovo comma 2.
Con riguardo a tale principio, sono state anche portate avanti alcune modifiche di adeguamento e coordinamento della materia (come quelle agli artt. 46 e 46-bis Lda, di cui alla lettera c) e d) dell’art. 1 dello schema o all’art. 84, di cui alla lettera i) dell’art. 1 dello schema) e recepite le altre regole che lo rendono effettivo (per le quali si vedano, ad esempio, le disposizioni introdotte dalla lettera o) e p) dell’art. 1 dello schema di decreto legislativo).
Merita speciale considerazione l’art. 22 della Direttiva, recepito alla lettera o) dell’art. 1 dello schema di decreto legislativo con l’introduzione del nuovo art. 110-septies. L’articolo riguarda il diritto di revoca e porta con sé il potenziale di migliorare la condizione degli autori e degli artisti interpreti o esecutori in caso di mancato sfruttamento dell’opera.
Infine, un ultimo esempio sono le modifiche portate dall’art. 1 lettera h) dello schema di decreto legislativo all’art. 80 Lda, che riguarda gli artisti interpreti ed artisti esecutori. Si aggiungono direttori del doppiaggio e doppiatori in questa categoria, per rispondere, come si legge nella relazione illustrativa, all’esigenza di tutelare e rendere effettivo il diritto d’autore e i diritti connessi.