Perché l’identità digitale Spid è paralizzata e come risolvere

Nonostante il Bonus per i diciottenni, ancora Spid non decolla. Diverse le ragioni di contesto, tra cui la lentezza dei service provider pubblici, la diffidenza dei privati, le carenze di competenze digitali. Per questo sono necessari obiettivi ambiziosi e una regia complessiva

Pubblicato il 14 Nov 2016

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La settimana del 6-12 novembre è quella in cui, secondo i dati forniti da Google Trends, c’è stata la maggiore ricerca (con Google) su web del termine “Spid” in Italia.

Questo è anche il periodo di maggiore diffusione di Spid, con poco più di sessantamila identità rilasciate negli ultimi sessanta giorni, alla data attuale del 12 novembre sono in tutto 161mila. Certamente è anche l’effetto del “Bonus diciottenni”, che si evidenzia nella massiccia presenza di domande specifiche sull’utilizzo del Bonus nel gruppo Spid su Facebook gestito da AgID.

Un fenomeno che, se l’analisi è corretta, mostra un certo dinamismo della diffusione, ma agganciato in gran parte a una “killer application” specifica, e non tanto a un processo ormai avviato.

I numeri, tra l’altro, sono ancora molto al di sotto delle previsioni iniziali (a marzo si ipotizzavano ben tre milioni di nuove identità rilasciate e tre milioni di identità digitali “transitate” dal sistema dei pin). Sono dei numeri che non possono soddisfarci. E in una situazione di questo genere le notizie sui problemi di sicurezza rispetto al processo seguito per il rilascio delle identità (da parte di alcuni Identity Provider) non fa che rendere ancora più problematica l’auspicabile spinta verso quello che è stato lanciato come il “pin unico”. In un Paese che non ha posto come prioritario il programma sulla digital security nazionale, inserendolo nella strategia Crescita Digitale ma confinandolo all’ambito pubblico e con risorse limitate, ecco che il tema della sicurezza rischia di essere un pesante ostacolo da rimuovere. Come se non bastassero già, a rallentare Spid, la penuria di servizi digitali disponibili e la carenza molto significativa delle competenze digitali degli italiani.

E poiché Spid è la chiave di accesso per la realizzazione della “casa digitale del cittadino”, alla base dell’idea di ItaliaLogin, e comunque di qualsiasi impostazione organica dei servizi (pubblici) digitali verso il cittadino, ecco che il suo “mancato decollo” non può che preoccuparci. Impedendoci di restare alla finestra a guardare.

La diffusione di Spid, infrastruttura immateriale su cui si basa buona parte dell’impostazione sul fronte della “cittadinanza digitale” del modello dell’architettura IT per le pubbliche amministrazioni, rimane il tema centrale di questi mesi. Così, definire e monitorare l’attuazione della strategia di diffusione è pertanto fondamentale, e su questo tema è utile mantenere un’attenzione costante da parte di operatori e osservatori, cittadini e associazioni, pubbliche amministrazioni e imprese, perché l’obiettivo è certamente comune e quindi tutti i punti di vista sono importanti.

Riprendendo un’analisi fatta qualche mese fa, credo sia utile operare il monitoraggio su tre principali filoni:

  • l’approccio degli Identity Provider;
  • l’incremento dei service provider su Spid (pubblici e privati) e la significatività e usabilità dei servizi rilasciati;
  • la diffusione di servizi di facilitazione e supporto all’utilizzo dei servizi digitali (tramite Spid).

Identity Provider

La spinta promozionale è stata fin qui abbastanza bassa. Certamente gioverà l’ingresso di ulteriori provider (se ne prevede un quinto a breve), ma l’impressione è che non ci sia stata la campagna promozionale che ci si attendeva. Una campagna che non poteva, certamente, che coniugarsi con gli sviluppi dei servizi e accompagnare la conoscenza dei servizi digitali accessibili con Spid, ma che poteva costruire quel livello di attenzione necessario per destare interesse in una popolazione, come quella italiana, poco abituata a utilizzare i servizi digitali in generale, e ancor meno quelli pubblici. Il che richiede una strategia di diffusione forte e pervasiva.

Il fatto poi che non tutti gli IdP abbiano previsto modalità semplificate di autenticazione (es. riconoscimento a domicilio), il ritardo nella partenza della Carta d’Identità Elettronica (CIE), la mancanza di chiarezza sul quadro complessivo composto da CIE, CNS e Spid ha fatto il resto, costituendo un contesto quasi di deterrenza e scarsamente attrattivo.

L’evidenza, infine, di problemi di sicurezza su alcuni processi di riconoscimento non fa che evidenziare la necessità di cambiare approccio commerciale, considerando la sicurezza un “must” e ricercando la semplificazione nel rilascio delle identità su altri fronti: come il recupero identità pregresse o semplicemente il riuso dei dati degli utenti autenticati sui diversi portali delle amministrazioni.

Service Provider

Il rilascio con Spid del SUAP (Sportello Unico Attività Produttive), e che ha permesso a 3300 comuni di essere inseriti tra le amministrazioni aderenti, è ancora l’elemento che indice in modo preponderante. Le amministrazioni attive, oltre quelle su cui incide il SUAP, sono poco più di 400 (anche se i numeri sul sito dedicato sono più bassi di quelli esposti nella pagina del monitoraggio). Sono registrabili, però, dei costanti ingressi di nuove amministrazioni, e un sempre più diffuso approccio alla creazione di piattaforme trasversali di servizio che si preoccupano di sollevare i singoli (piccoli) comuni dal realizzarne una specifica. Piattaforme di questo genere sono disponibili per il Friuli Venezia Giulia, per la Toscana, ma anche per i comuni dell’area vasta di Lecce. È un approccio da favorire e da spingere anche attraverso uno sforzo di raccordo che AgID può fare di supporto a organismi come Anci e alle Regioni. Con un’evoluzione che è coerente con l’indirizzo di spinta dele amministrazioni verso il modello delle “API”.

Siamo però ancora, sul fronte delle amministrazioni locali, ancora a un impegno da avanguardie, con poche correlazioni. In altri termini, si ha la percezione che una strategia di accompagnamento non sia significativamente presente e che invece sarebbe più che necessaria. Non solo per definire dei percorsi di riferimento per ciascuna amministrazione, ma anche per prevedere uno scambio sistematico di esperienze “in progress”.

Manca, purtroppo, ancora, tutto il settore privato. E, in generale, sarebbe bene che la strategia diffusione nazionale accelerasse interventi di coinvolgimento, facilitazione e accompagnamento anche per i privati nel rilascio di servizi su Spid. In particolare dal settore bancario (quello che più facilmente potrebbe integrare con Spid i propri servizi e far transitare i propri utenti) ci si attende a breve, in questo quadro, un approccio più attivo, anche in considerazione del fatto che la leva di Spid (e in generale dell’evoluzione del livello di consapevolezza digitale) può essere cruciale per la diffusione ampia dell’home banking (dove l’Italia in ambito europeo mantiene una posizione di retroguardia).

Servizi di facilitazione digitale

Uno dei problemi maggiori è, però, l’attrazione dei cittadini. Attrazione che ha due facce: verso i “consapevoli digitali” e verso gli “analfabeti digitali”.

Per i primi, contano i benefici (la presenza di servizi) e la semplicità nel passaggio dai pin che possiedono (e sono milioni, ad esempio per l’Agenzia delle Entrate o l’INPS) a Spid. Bisogna qui al più presto definire modalità semplificate e una strategia omogenea per la transizione dei milioni di italiani già autenticati ai servizi digitali pubblici. E non aspettare che ciascuna amministrazione trovi la propria ricetta. I risultati sono evidenti.

Per i secondi, il tema è chiaramente centrato sullo sviluppo di un’adeguata cultura e consapevolezza digitale degli italiani, che si può affrontare solo in modo organico, su tutte le fasce d’età (non solo a scuola) e in modo capillare e pervasivo. Un percorso che credo sia utile sviluppare è quello indicato dalle Linee Guida – Indicazioni Strategiche e Operative realizzate da AgID nel 2014, basato in particolare sulle esperienze dell’Emilia Romagna, della Toscana e del Veneto, e che prevede la costituzione sul territorio di punti capillari di facilitazione digitale. Anche Roma sta andando in questa direzione, con l’istituzione dei punti Roma Facile. Il nuovo testo del CAD attribuisce una responsabilità specifica alle amministrazioni sull’alfabetizzazione digitale. Ed è sempre più urgente una politica nazionale di supporto e spinta organica per attuare pervasivamente questo approccio di “presìdi permanenti di facilitazione”.

Sarebbe opportuno che il programma Spid prevedesse la definizione (da parte del Commissario Piacentini, probabilmente) di una governance forte e complessiva, non limitata ai soli aspetti tecnici e normativi, ma che includesse il tema, fondamentale, della diffusione, vista come specchio di un’evoluzione verso una maggiore facilità di esercizio della cittadinanza e della vita socio-economica della popolazione, ma anche presupposto di crescita per le imprese.

Per questa ragione credo che, a livello nazionale, sia necessario definire obiettivi ambiziosi e organizzarsi adeguatamente per raggiungerli. Indicare come obiettivi 2018 del programma Spid il 15% dei cittadini, il 5% delle imprese, 3000 service provider pubblici, come indica la nuova versione della Strategia Crescita Digitale, non va, temo, in questa direzione.

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