Piano telelavoro, non rispettata la norma sulla trasparenza

Pubblicato il 05 Mag 2014

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Mentre si avvia il percorso per la Riforma della PA in cui un punto è esplicitamente “gli Open Data come strumento di trasparenza”, sarebbe bene che almeno i Ministeri adempiessero senza tentennamenti agli obblighi che già hanno.

Un caso merita, tra gli altri, oggi attenzione: la mancata pubblicazione sui siti web istituzionali del “Piano per l’utilizzo del telelavoro” e del suo stato di utilizzo, come richiesto esplicitamente dall’art. 9, comma 7 della legge 17 dicembre 2012, n. 221 di conversione del “Decreto Crescita 2.0”. Qui si distinguono per l’assenza la stessa Presidenza del Consiglio e quasi tutti i ministeri, con qualche eccezione, come quella del Mise. Mancata pubblicazione che per legge è (dovrebbe essere) soggetta a sanzione.

Come evidenzia anche l’analisi del Mise, e relativa soltanto ai “telelavoratori a domicilio”, il vantaggio anche in termini di costi è evidente. Come hanno recentemente evidenziato sia l’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano sia Federmanager, se si promuovesse in modo più ampio il lavoro in mobilità, il “lavoro agile”, anche intervenendo sull’attuale normativa sul telelavoro, si otterrebbero risparmi quantificabili in miliardi di euro, oltre che favorire il raggiungimento di molti degli obiettivi della Riforma della PA su cui si sta muovendo il Governo (conciliazione tempi di vita e lavoro, riorganizzazione degli spazi, riorganizzazione dei processi e spinta alla loro digitalizzazione).

Perché la “rivoluzione governativa” della PA non parte anche da qui?

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