Sul diritto dei cittadini a intervenire nella vita politica attraverso i referendum, il Governo italiano si sta distinguendo per la sua doppia arroganza: non rispetta le proprie leggi né si confronta con cittadini e organizzazioni che ne chiedono conto.
Piattaforma di raccolta firme digitali sui referendum, un diritto negato
Stiamo parlando della mancata applicazione della legge 30 dicembre 2020, n. 178, che prevedeva l’entrata in funzione dal primo gennaio 2022 di una piattaforma pubblica per raccogliere firme digitali sui referendum.
L’urgenza di istituire questa piattaforma arriva da lontano, e in particolare dalla storica decisione del Comitato diritti umani dell’Onu che nel 2019, nel caso Staderini-De Lucia vs Italy, che aveva rilevato delle irragionevoli restrizioni nelle modalità di raccolta firme cartacea previste dalla legge italiana sui referendum: con moduli da compilare, documenti, timbri, burocrazie, e soprattutto la presenza ai tavoli di raccolta firma degli “autenticatori”, molto spesso eletti locali che si rendono disponibili soltanto per il proprio schieramento, o avvocati e notai che corrispondono a un costo per i comitati promotori.
Procedure che hanno reso l’attivazione della partecipazione appannaggio di grandi partiti e sindacati, oltre ad ostacolare la partecipazione di persone con mobilità ridotta.
Per rientrare nell’obbligo internazionale, il Parlamento aveva quindi approvato l’istituzione della piattaforma di raccolta firme sui referendum, per abbattere gli ostacoli e consentire alle persone di sottoscrivere attraverso il digitale referendum e proposte di legge di iniziativa popolare.
Ebbene, a distanza di un anno e mezzo dalla scadenza di legge, la piattaforma non è ancora stata realizzata, nonostante il governo precedente avesse approvato un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 settembre 2022 che ne disciplina il funzionamento.
L’assenza di una piattaforma pubblica e gratuita, ostacolo alla democrazia diretta
L’Associazione Luca Coscioni e il movimento paneuropeo di iniziativa popolare Eumans non hanno mai smesso di chiedere conto del ritardo in corso, attraverso appelli online, mobilitazioni di piazza, e continue richieste di incontro. Il silenzio ottenuto in cambio è il riflesso dell’arroganza mostrata finora dalle istituzioni.
La realizzazione della piattaforma rappresenterebbe il completamento di quanto conquistato nel 2021. Nell’estate di due anni fa, infatti, grazie al combinato disposto della decisione ONU, alla pressione pubblica dell’Associazione Luca Coscioni e a un emendamento concordato da Staderini e Marco Gentili con il Ministro Colao e presentato in Parlamento da Riccardo Magi, si è ottenuta la possibilità di firmare con SPID referendum e iniziative popolari: una conquista che ha permesso di raccogliere in quell’estate 387.921 firme digitali sul quesito dell’eutanasia legale (in aggiunta alle oltre 800mila cartacee), e ben 630mila firme sul quesito per l’autocoltiovazione della cannabis. Anche se la Corte costituzionale ha poi falcidiato i due quesiti impedendo il voto popolare, l’esperienza del 2021 ha rappresentato, anche grazie al digitale, la prima occasione di deposito di un referendum popolare negli ultimi 12 anni (a ben guardare, gli ultimi referendum che si sono tenuti dopo il 2011 sono stati di iniziativa governativa o regionale, mai popolare).
Ai sensi della legge, tuttavia, la possibilità di promuovere iniziative popolari attraverso piattaforme private è soltanto transitoria, finché non sarà in funzione la piattaforma pubblica e gratuita. Senza quest’ultima è evidente che si disincentiva l’applicazione della democrazia diretta.
Perché si disincentiva la promozione dei referendum
Peccato però che ad oggi, in assenza di una piattaforma pubblica e gratuita, il costo di ogni firma (circa 1 euro l’una) ricada sui comitati promotori: un ostacolo economico all’attivazione della democrazia non da poco, se si pensa che in caso di bocciatura dei referendum non è previsto rimborso. Un motivo in più per considerare l’assenza della piattaforma pubblica un vero e proprio disincentivo a promuovere referendum.
Ad oggi, bisogna constatare che nonostante oltre 53mila firme su un appello pubblico che chiedeva la realizzazione della piattaforma, nonostante una manifestazione nello scorso marzo che ha visto mobilitate oltre venti organizzazioni civiche, nonostante le lettere inviate al Sottosegretario all’Innovazione Tecnologica Alessio Butti e al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, competenti per l’entrata in funzione, nessuna risposta è arrivata.
Le fumose giustificazioni del Governo
Ecco perché l’Associazione Luca Coscioni si è mobilitata con azioni legali, promuovendo con l’avvocato Massimo Clara una diffida al Governo. Di tutta risposta, è arrivata una nota evasiva della Presidenza del Consiglio che giustificava i ritardi in quanto “dovuti alla necessità di adottare correttivi tecnologici indispensabili al funzionamento della piattaforma nel rispetto della normativa vigente”.
A fronte della fumosità della giustificazione del Governo, la risposta di tutto il fronte civico che si è mobilitato per l’entrata in funzione della piattaforma sarà invece tutt’altro che evasiva. Nuove azioni legali, politiche e divulgative non si faranno attendere per chiedere semplicemente il rispetto di una legge esistente, quel che dovrebbe essere il fondamento di uno stato democratico.
Il 15 settembre, infatti, in occasione della Giornata Internazionale della democrazia, l’Associazione Luca Coscioni ed Eumans stanno chiamando a raccolta cittadini e organizzazioni della società civile che hanno a cuore questa urgenza di violazione dello Stato di diritto, per mettere in piedi una nuova mobilitazione e un seminario, nell’obiettivo di illustrare da un punto di visto tecnico e giuridico le ragioni dell’insussistenza del ritardo del Governo nella realizzazione della piattaforma.
Che la ricorrenza possa finalmente dare una sveglia alle istituzioni e aiutarle a rispettare la legge?