In Italia ci sono circa 8000 comuni, di questi oltre la metà sono considerati piccoli e piccolissimi comuni. In questi luoghi la scuola costituisce un collegamento funzionale al territorio, un punto di riferimento per le famiglie e gli studenti. In realtà così piccole il rischio è lo spopolamento: la chiusura delle scuole è il primo effetto di questo fenomeno.
Per far fronte a questi problemi e garantire a tutti gli studenti il diritto alla studio sono stati istituiti i Centri Scolastici Digitali (art. 11 legge 221 del 2012). Si tratta di plessi scolastici “funzionalmente legati alle istituzioni scolastiche di riferimento, mediante l’utilizzo di nuove tecnologie” che hanno l’obiettivo di assicurare pari opportunità formative e di socializzazione agli studenti che vivono in situazioni di isolamento geografico (dislocate sia nelle isole minori, sia nei comuni montani) e che spesso fanno un’esperienza scolastica diversa dai loro coetanei che abitano in città. Ad oggi sono solo cinque le regioni (Abruzzo, Liguria, Molise, Umbria, Basilicata) che hanno espresso l’interesse ad aprire la scuola al territorio – con il supporto del Miur – nella forma dei Centri Scolastici Digitali.
Le scuole che si trovano dislocate nei comuni montani e nelle piccole isole devono fronteggiare molteplici problemi sia di ordine organizzativo che didattico: il mantenimento dei punti di erogazione del servizio; il continuo dimensionamento delle scuole e l’aumento del numero massimo di allievi nelle pluriclassi; la riduzione dell’assegnazione dell’organico unitamente ad un alto turnover degli insegnanti – causato dalla lontananza dalle loro famiglie e dalle difficoltà logistiche e di trasporto – con conseguente interruzione della continuità didattica. Questi problemi costituiscono un ostacolo oggettivo al conseguimento di “economie di scala” per il mantenimento delle sedi scolastiche e dell’offerta formativa nelle zone isolate sia montane che marittime.
Le tecnologie digitali a cui fa riferimento la norma consentono di avviare la sperimentazione di modelli di scuole a distanza organizzate in reti, attraverso lo sviluppo di una didattica mirata che favorisca l’apprendimento e, conseguentemente, permetta il radicamento sul territorio delle famiglie, non costringendole più a spostarsi nei grandi centri dove l’offerta formativa è garantita, ampia e costante.
Il percorso di Indire (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) nell’ambito della didattica a distanza è stato quello di accompagnare i progetti di sperimentazione che le scuole situate in località isolate hanno avviato – come ad esempio Marettimo e Lampedusa, o la rete di istituti dell’Appennino toscano (progetto Errequadro) e quella delle scuole della Liguria con capofila l’Istituto Comprensivo di Sassello (Savona) – osservando le metodologie che gli insegnanti di queste particolari realtà utilizzano.
Costruire un modello di scuola a distanza significa aprire la classe, abbatterne i muri per trasformare l’isolamento da limite geografico ad opportunità di apprendimento, sia per gli studenti che per i docenti.
Occorre sottolineare come le scelte tecnologiche seguono il modello didattico, basato sulla collaborazione e teso al potenziamento delle conoscenze e delle competenze dei discenti. Saper usare e disporre di un’ampia dotazione tecnologica, infatti, non è condizione sufficiente per “fare scuola a distanza”: centrali sono i momenti di formazione metodologica dedicati ai docenti, volti a evidenziare come ogni singolo strumento tecnologico possa assumere un preciso ruolo nello scenario didattico in cui viene utilizzato.
Dall’accompagnamento e dall’osservazione avviate in questi anni sono emersi due scenari (attivati prevalentemente da scuole secondarie di primo grado):
La didattica condivisa
Questo scenario prevede l’uso quotidiano della videoconferenza tra due o più classi appartenenti a istituzioni scolastiche diverse. Nelle piccole scuole il numero ridotto di studenti fa sì che questi siano raggruppati nelle cosiddette “pluriclassi”; in tale contesto, la lezione condivisa favorisce lo scambio di esperienze e garantisce tutti gli insegnamenti disciplinari.
Le possibilità d’uso contemplano, ad esempio, collegamenti in classe tra studenti di altre scuole, con alunni impossibilitati ad essere in aula, incontri a distanza con esperti disciplinari e/o tutor.
Le tecnologie si rivelano elemento portante e la didattica viene ri-strutturata con metodologie come la flipped classroom, l’uso di webquest in rete e di specifiche forme di valutazione.
L’ambiente di apprendimento allargato
Altro scenario è l’“ambiente di apprendimento allargato” dove una o più classi lavorano a un progetto disciplinare comune e organizzano incontri periodici tra docenti, studenti e/o esperti che possono fare uso di videoconferenze o di altri setting tecnologici.
In questo caso la didattica a distanza non è destinata a sostituire la prassi consueta, diventa piuttosto una metodologia complementare all’insegnamento “tradizionale”, offrendo il vantaggio di ottimizzare risorse e servizi professionali per le scuole e consentendo maggiori opportunità di interazione tra docenti, studenti e loro familiari.
L’elemento di congiunzione tra gli ambienti fisici (le classi/scuole che entrano in collegamento tra loro) è uno spazio comune online che viene utilizzato per la collaborazione, la gestione, la condivisione e lo scambio di strumenti e contenuti didattici; per un ottimale raggiungimento di questi obiettivi è però necessaria una linea dedicata (doppio canale) che consenta di lavorare in maniera stabile e continuativa con gli strumenti di comunicazione sincrona e la videoconferenza. In entrambi gli scenari la connettività dovrà prevedere una cablatura diffusa in tutti i plessi della scuola con una rete wireless ed una rete dedicata.
Se poi la scelta della scuola si orienta verso l’uso frequente della videoconferenza, basato sulla “lezione condivisa”, la rete disponibile dovrà avere caratteristiche tecniche tali da supportare tutti gli standard di qualità audio/video più recenti, affinché il collegamento in videoconferenza possa garantire un’effettiva collaborazione. Si dovrà creare un sistema “in parallelo”, dove tutto ciò che è audio e video passerà attraverso il sistema di videoconferenza, mentre l’interazione sugli applicativi passerà attraverso il computer della lavagna interattiva multimediale (LIM). Alla videoconferenza può essere affiancata una piattaforma per il lavoro online come follow up all’interazione in presenza. Tale piattaforma può essere un sistema più o meno complesso di classe virtuale o anche solo un sistema di condivisione dei file.
Se si opterà per lo scenario basato sulla progettazione condivisa, e quindi su un “ambiente di apprendimento allargato”, il setting tecnologico sarà, per così dire, “più leggero” del precedente e anche decisamente più vario. Sarà possibile ricorrere alla videoconferenze anche attraverso software gratuiti come Skype, Google Hangouts, ecc.; oppure lavorare con interazioni asincrone, utilizzando piattaforme di formazione con classi virtuali e/o semplici repository online per la condivisione di risorse e contenuti didattici. Strumenti di collaborazione come wiki o simili, sistemi di messaggistica come Whatsapp e forum possono arricchire ulteriormente l’ambiente di apprendimento.
Dunque risulta assai importante una buona combinazione tra comunicazione sincrona e asincrona, tra momenti di lavoro collaborativo e autonomo da parte degli studenti.
Questi due possibili scenari – didattica condivisa e ambiente di apprendimento allargato – permettono di:
- assicurare l’accesso a un’istruzione di qualità al di là della collocazione geografica della scuola (superando quindi i disagi dovuti a particolari condizioni morfologiche del territorio) e agli studenti che si trovassero nell’impossibilità di esser presenti in aula;
- arricchire l’ambiente di apprendimento con occasioni di didattica condivisa e di socializzazione;
- superare l’isolamento degli insegnanti;
- fare un buon uso delle tecnologie per la collaborazione e lo sviluppo di abilità cognitive e sociali;
- mantenere aperte le piccole scuole a rischio di chiusura grazie a un uso intelligente delle tecnologie;
- rompere l’isolamento e allargare l’ambiente sociale di apprendimento.
Indire intende promuovere così la creazione di una rete sinergica tra le scuole che hanno già messo in atto e sperimentato attività didattiche a distanza e, al contempo, fornire supporto formativo a quelle interessate ad intraprendere tali percorsi. L’obiettivo è fare di queste scuole un punto di riferimento per il territorio, un volano per l’innovazione locale.
–
Questo è il primo articolo di Indire sulle scuole remote. Un prossimo tratterà le tecnologie utilizzate in questi scenari.
–
Bibliografia
Martin M., “Seeing is believing: the role of videoconferencing in distance learning, in British Journal of Educational Technology, Vol. 36 n.3 2005, pag. 397-405
Rivoltella P. C., Fare didattica con gli EAS, Editrice La Scuola, Brescia, 2013
Videoconferencing in English schools: one technology, many pedagogies?, in Technology, Pedagogy and Education, Ott. 2010, pag. 315-326