Nowcasting meteorologico

Pioverà fra un’ora? Così l’AI migliora le previsioni meteo a brevissimo termine

Di recente DeepMind (la società di ricerca di Google) ha rilasciato un nuovo modello generativo, il DGMR, che permette di prevedere con accuratezza le precipitazioni nelle due ore successive. Ecco come funziona e quali sono le prospettive del nowcasting in un mondo sempre più assetato

Pubblicato il 06 Dic 2021

Ernesto Damiani

Senior Director of Robotics and Intelligent Systems Institute at Khalifa University

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L’area applicativa della meteorologia nota come “nowcasting” si riferisce ai modelli usati per le previsioni del tempo a breve e brevissimo termine, con un orizzonte temporale che va da pochi minuti ad alcune ore. Si tratta di un ambito d’interesse per molti settori industriali e dei servizi, come l’organizzazione di grandi eventi, la pianificazione del traffico aereo, la gestione dei disastri naturali, ma soprattutto per l’agricoltura e la conservazione del patrimonio idrico.

Se, però, fino a poco tempo fa, la possibilità di definire modelli generativi efficaci per i fenomeni atmosferici era considerata con educato scetticismo da molti meteorologi, di recente DeepMind (la società di ricerca di Google) ha rilasciato un nuovo modello generativo, il DGMR (Deep Generative Model of Rainfall), che ha prodotto esempi di notevole qualità, permettendo di addestrare un modello in grado di prevedere con accuratezza le precipitazioni nelle due ore successive. L’approccio ha raccolto l’approvazione dei meteorologi del servizio di previsioni del Regno Unito.

Gli scenari che si aprono sono interessanti, per molti motivi.

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Previsioni del tempo: le difficoltà dei modelli simulativi

Fino a pochi anni fa, problemi di questo tipo erano appannaggio di modelli simulativi, in cui lo stato di una regione volumetrica dell’atmosfera (pressione, temperatura, gas disciolti, contenuto in vapore acqueo) veniva rilevato in forma numerica e poi dato in pasto a equazioni differenziali per determinarne l’evoluzione futura. Il principale problema delle simulazioni, oltre al carico computazionale necessario per risolvere le equazioni a varie scale temporali e spaziali, è la definizione di uno score che permetta di associare allo stato di una regione atmosferica una grandezza d’interesse (ad esempio, la presenza di precipitazioni o la loro probabilità). L’alternativa alla simulazione, ovvero l’utilizzo di modelli di apprendimento computazionale (machine learning), da addestrare sottoponendo loro delle coppie di stati presenti/condizioni previste, incontrava però molte difficoltà.

Anzitutto, non è facile misurare l’evoluzione temporale di matrici tridimensionali di parametri atmosferici con la risoluzione adeguata. La misurazione diretta attraverso sensori è costosa e può venire messa in opera solo in casi particolari, come lo studio dei tornado. La misurazione indiretta, attraverso onde elettromagnetiche (i cosiddetti «meteo-radar », echi di segnali emessi da terra o dai satelliti), tende comunque a sotto rappresentare le situazioni rare, che sono quelle di maggior interesse ai fini delle previsioni. Anche se queste difficoltà di acquisizione dati non impediscono di addestrare un modello di machine learning, ne limitano molto le capacità di generalizzazione, ovvero di prevedere il futuro partendo da uno stato mai visto prima.

Lo scetticismo sui modelli generativi

Di solito, il problema della scarsità di dati rappresentativi si affronta definendo un modello generativo (ad esempio un autoencoder o una Generative Adversarial Network) in grado di apprendere dagli esempi disponibili la distribuzione di probabilità delle coppie formate da stati presenti dell’atmosfera e condizioni metereologiche, e poi generare a volontà nuove coppie, che sono immaginarie ma statisticamente indistinguibili da quelle reali – e quindi ottime per addestrare un modello di previsione.

A volte, però, non si riesce a definire modelli generativi efficaci. Questa difficoltà dipende dalla natura del fenomeno da apprendere. I fenomeni «non stazionari», in cui i parametri della distribuzione di probabilità da apprendere variano nel tempo, sono difficili da modellare; quelli «non parametrici», dove la distribuzione di probabilità dei valori non può essere descritta con una formula chiusa sintetica, lo sono ancora di più. I questi casi, gli esempi prodotti dal modello generativo possono non riflettere la correttamente la variabilità del fenomeno, o addirittura collassare a pochi valori tutti uguali, inutilizzabili per addestrare il modello di previsione.

L’idea alla base del successo dell’applicazione dei modelli generativi alle previsioni meteo

L’idea che ha portato a questo successo è semplice: invece di definire un modello generativo per un fenomeno statisticamente “difficile” – ovvero con distribuzione non parametrica, come le coppie stato atmosferico-condizione metereologica, i ricercatori DeepMind hanno provato a generare coppie (o meglio, sequenze) di stati atmosferici rappresentati attraverso gli echi dei meteo-radar. Il loro modello generativo produce brevi «filmati radar» che associano stati atmosferici (rappresentati come echi radar) futuri a stati passati. La distribuzione di queste coppie è approssimabile da una distribuzione parametrica multi-gaussiana e quindi si presta a essere appresa da una rete GAN. Resta la difficoltà di associare allo stato previsto una condizione macroscopica come la pioggia, che può essere però affrontata avvalendosi delle tecniche di scoring da sempre usate per i simulatori.

L’utilizzo dei modelli generativi invece dei classici simulatori usati per la previsione numerica del tempo (Numerical Weather Prediction o NWP) ha un grande vantaggio: sposta il carico computazionale dal momento della previsione (come avviene con i simulatori) al momento dell’addestramento del modello generativo, che può essere fatto in un altro momento. Questo garantisce la sostenibilità, anche energetica, dell’adozione del nowcasting metereologico su larga scala.

Le prospettive del nowcasting in un mondo assetato

È difficile esagerare le prospettive che il nowcasting generalizzato può offrire in un mondo sempre più assetato come il nostro. L’acqua è una risorsa preziosa e, quando scarseggia, è essenziale monitorare e prevedere il verificarsi attuale e futuro di nubi che possono essere stimolate a rilasciare precipitazioni.

Nonostante decenni di tentativi, e nonostante i risultati incoraggianti degli esperimenti di laboratorio e dei modelli numerici, la prova che l’inseminazione delle nuvole possa generare precipitazioni aggiuntive è tutt’altro che conclusiva. I recenti sviluppi nella modellazione numerica hanno portato alla diffusione di tecniche per guidare l’azione di inserimento di materiale di semina in prossimità delle nuvole.

Il programma di ricerca degli Emirati Arabi Uniti per il miglioramento della pioggia (UAEREP) è un’iniziativa di ricerca internazionale progettata per far progredire la scienza e la tecnologia in questo ambito. Alla Khalifa University di Abu Dhabi, usiamo l’approccio generativo per migliorare significativamente non solo la previsione delle precipitazioni, ma anche la previsione dell’accumulo di nubi «seminabili».

La copertura dei satelliti offre oggi nuove opportunità per l’analisi congiunta degli echi meteo-radar terrestri e delle immagini satellitari. Saranno necessari ulteriori progressi nello sviluppo di modelli generativi multispettrali, ma la prospettiva di un mondo dove il tempo sia previsto e controllato in modo capillare sembra sempre più vicina.

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