divari di genere

Più donne nel digitale, che può fare la Scuola per risolvere il gap

Ostacoli, pregiudizi, discriminazioni tengono le donne lontane dalle professioni ICT. Un gap che rimane netto e investe molteplici ambiti, dall’accesso all’istruzione allo svolgimento di funzioni apicali, con conseguenze su tutto il sistema. E per uscirne bisogna partire dalla Scuola e da nuove politiche sociali

Pubblicato il 23 Ott 2018

Fulvia Teano

Master student in International Security Studies (MISS) and Social Media Manager for CCSIRS

gender gap - diversity - imprese al femminile

Dice la Ue che la disparità di genere causa la perdita di talento, visione, risorse, ricchezza, e nello sviluppo tecnologico ha un impatto anche sull’innovazione. Eppure il gender gap resta evidente su tantissimi livelli, dall’accesso all’istruzione universitaria, all’occupazione alla retribuzione paritaria e allo svolgimento di funzioni apicali.

Per un problema così vasto la soluzione non può certo essere univoca, ma la Scuola può svolgere un ruolo di primo piano soprattutto nell’abbattimento degli stereotipi di genere e quindi favorendo iniziative per la partecipazione delle ragazze allo studio delle STEM. Vediamo come, ma partiamo da un quadro che ci consenta di comprendere meglio la portata del problema.

Il divario di genere è ancora un problema

Nei paesi dell’Occidente sono in molti a pensare che il divario di genere non sia più un problema di grande portata, e che le donne abbiano una sostanziale parità con gli uomini. Fino a un certo punto, questa percezione è plausibile. Confrontando la situazione attuale con quella degli anni ‘50, nella maggior parte dei paesi occidentali i cambiamenti economici e sociali hanno ampliato in modo significativo l’accesso femminile all’istruzione e al mondo del lavoro, anche in quegli ambiti scientifici e tecnologici ritenuti di tradizionale pertinenza maschile. Però, in ogni settore, anche in quelli più innovativi, ad impetuoso sviluppo e con crescenti opportunità occupazionali e retributive, permane un ampio divario da colmare per un’effettiva realizzazione della parità. È proprio questo il caso delle ICT (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) e dei vari indirizzi ad essi connessi, tra cui quello attualmente peculiare della cyber sicurezza.

In questo campo, nonostante ci sia una crescente richiesta di specialisti e di personale con profili digitali, la percentuale europea di iscritti nell’educazione terziaria sta diminuendo, e tra questi ci sono molte meno donne che uomini (Relazione EU, 2018). La disparità di genere nel settore digitale e in particolare nell’industria della cyber sicurezza è un problema di notevole importanza non solo per le donne, ma è una questione di portata generale che si riverbera sulle aziende, sull’economia, e sulle infrastrutture critiche suscettibili agli attacchi, e rappresenta una vulnerabilità che non è possibile ignorare (Garcia e Weingarten, 2015). Le cause e i conseguenti effetti che derivano dalla disparità di genere nel settore digitale sono molteplici, ma è possibile ipotizzare anche alcune proposte per migliorare questa tendenza.

Donne e digitale, un gap permanente

La nascita dell’informatica non ha visto come esclusiva protagonista la figura maschile. Alle sue origini straordinari contributi sono stati prodotti da donne, tra i tanti è notevole il caso delle 6 matematiche che negli anni ‘40 riuscirono a programmare l’ENIAC, il primo computer della storia, senza manuali o insegnanti. Quando, negli anni ‘70 e ‘80 l’informatica fu commercializzata e divenne un settore di lavoro come tanti altri, l’esclusione delle donne si fece più pronunciata (INFOSEC Institute, 2018). Oggi il mondo digitale ha raggiunto livelli di sviluppo rivoluzionari, ma in esso la sotto-rappresentazione femminile permane. Statistiche nel campo dell’educazione terziaria e del lavoro mostrano come le donne siano ancora una minoranza.

Il divario di genere rimane netto, non tanto riguardo le competenze minime di base (non sono in grado di collegarsi ad internet il 14% delle donne contro il 12% dei maschi (Parlamento Europeo, 2018), ma sul piano dell’accesso all’istruzione universitaria, dell’occupazione nel settore, della retribuzione paritaria, degli sviluppi di carriera, dello svolgimento di funzioni apicali. I dati di questo quadro si rilevano da documenti ufficiali dell’Unione europea e Onu e studi volti a identificare i principali fattori e tendenze nella partecipazione delle donne alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le loro dinamiche, e quindi le pratiche che consentano una maggiore presenza delle donne nel mondo digitale.

Nel campo dell’educazione terziaria nell’ICT in Europa risulta una disparità di 1 donna ogni 4 uomini (Relazione EU, 2018). La Figura 1, tratta da questo Relazione, mostra le varie disparità tra i laureati sulla base del sesso e del paese di provenienza. Inoltre, è stata riportata una diminuzione nel numero di donne che intraprendono una carriera universitaria nell’ICT in comparazione al 2011 (Relazione EU, 2018).

Figura 1: Laureati in ICT nel 2015 sulla base del sesso e del paese di provenienza

Donne, ICT e cyber sicurezza

Nel campo delle professioni ICT risulta una crescita positiva del settore in generale, e quindi dell’impiego di entrambi i sessi, ma con un notevole incremento soprattutto per gli uomini. La Relazione dell’Unione europea (2018) riporta che la quota degli uomini che lavorano nel settore è 3.1 volte più elevata della quota delle donne. Le donne rappresentano solo il 16.7% di tutti i lavoratori nelle occupazioni digitali, come evidenziato nella Figura 2. In sintesi, per ogni 1000 donne laureate nell’Unione europea, solo 24 sono laureate in campi di studio collegati all’ICT. Di queste, solo 6 trovano lavoro nel settore. Per gli uomini invece, su ogni 1000 laureati, 92 hanno completato studi collegati all’ICT, e 49 hanno trovato uno sbocco professionale coerente (EU Report, 2018). Nel campo della cybersicurezza, la situazione è anche peggiore. Uno studio del 2017 ((ISC)2, 2017) mostra che le donne formano solo l’11% della relativa forza lavoro mondiale.

Figura 2: Specialisti ICT che lavorano (percentuale della popolazione dei 15 anni in su)

Anche sul piano retributivo, risulta che gli analisti nel campo della sicurezza guadagnano, in media, 100.157 dollari, mentre le corrispondenti di sesso femminile guadagnano solo 77.347 dollari (DataUSA in INFOSEC Institute, 2018). E sempre in base alla stessa fonte, gli uomini rispetto alle donne hanno 9 volte più probabilità di accesso a posizioni dirigenziali, come anche mostrato dalle Figura 3.

Figura 3: Distribuzione sulla base del sesso della forza lavoro nel campo della cybersicurezza, in base alle posizioni organizzative a livello mondiale

Cause ed effetti della disparità

Come mai tanta disparità? Il fatto è che nonostante ci sia una sempre maggiore consapevolezza e numerose iniziative a riguardo, le donne continuano ad incontrare ostacoli nell’approccio con il settore digitale. Si tratta di pregiudizi (cosa è appropriato e quali attitudini sono proprie e di quale genere) che affondano le radici nel passato e vengono assimilati fin dall’infanzia. Sono questi che si materializzano in vere e proprie discriminazioni (vedi disparità salariali e di carriera, condizioni non favorevole dell’ambiente di lavoro). Il tutto prende forma nel cosiddetto “soffitto di cristallo”, dall’espressione inglese glass ceiling, che indica “l’insieme di barriere sociali, culturali e psicologiche che si frappone come un ostacolo insormontabile, ma all’apparenza invisibile, al conseguimento della parità dei diritti e alla concreta possibilità di fare carriera nel campo del lavoro per categorie storicamente soggette a discriminazioni” (definizione tratta dal vocabolario Treccani, 2012).

Nella concreta pratica di lavoro ci sono due aspetti in cui il divario si è allargato: in positivo, le donne risultano più motivate degli uomini nel dare il miglior rendimento lavorativo, ma invece, in negativo, le donne hanno la percezione di poter proporre il proprio contributo nel lavoro con minor efficacia e possibilità di successo (European Commission, 2018). Si innesca così un circolo vizioso tra cause ed effetti, da una parte il condizionamento di pregiudizi, la frustrazione per disagio nell’ambiente lavorativo oltre che difficili opportunità di carriera e ingiusta retribuzione; dall’altro lato il calo relativo di iscritti nel settore e le disparità di impiego nel settore.

Divario di genere: gli effetti su tutto il sistema

Questo scenario complessivo ha effetti negativi non solo sulle donne, ma sulla generalità del sistema. Infatti, la disparità di genere causa la perdita di talento, visione, risorse, ricchezza, e nello sviluppo tecnologico ha un impatto anche sull’innovazione (Relazione EU, 2018). È stato calcolato che nell’Unione Europea la perdita della produttività annua delle donne che lasciano i loro lavori nel settore digitale per diventare inattive corrisponde a circa 16.2 miliardi di euro. Benefici indiretti nell’avere un team diversificato sono complessi da dimostrare, ma vi sono prove che la diversità, in particolare in industrie basate principalmente sulla conoscenza come l’ICT, migliori la performance e l’innovazione (Relazione EU, 2018). Inoltre, la tecnologia riflette i valori di coloro che la sviluppano, e delle informazioni su cui lavorano. È chiaro che una maggiore presenza di donne nei gruppi di lavoro aiuterebbe ad evidenziare le distorsioni del settore, a identificare e promuovere iniziative di soluzione o quantomeno a prevenirle (Relazione EU, 2018).

Come migliorare la situazione

Per un avvio a una soluzione dei molteplici problemi fin qui evidenziati, l’approccio non può che essere olistico, basato cioè su interventi coordinati, che dovrebbero investire innanzitutto la sfera educativa e formativa. Per abbattere gli stereotipi di genere che la comunicazione e anche i nuovi media continuano a veicolare, va attivata in primo luogo la scuola. Occorrono progetti mirati ad affermare la cultura del rispetto e il valore delle diversità mediante un’adeguata formazione, prima dei docenti e quindi degli studenti, dai bambini dell’istruzione primaria ai ragazzi della secondaria. Accanto a questa azione formativa, sul piano delle discipline, andrebbe promossa con specifiche iniziative la partecipazione delle ragazze allo studio delle STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e ridotto il gap nell’uso delle nuove tecnologia. Si potrebbe far leva, inoltre su alcune attitudini proprie delle donne e richieste dei processi di innovazione tecnologica come, soft skill e capacità di problem solving. Si faciliterebbe così l’accesso a nuove modalità di lavoro flessibili, smart working e coworking, particolarmente adatte alle donne in alcune fasi della loro vita (Relazione EU, 2018).

Un secondo livello fondamentale di intervento è quello dell’organizzazione del lavoro e delle politiche legislative e sociali adatte a favorire la parità di genere nell’accesso e all’interno del mondo del lavoro. Gli interventi necessari sono molti. Il metodo di reclutamento deve essere trasparente, basato sul merito, senza più o meno subdole discriminazioni e con retribuzione paritaria. Servizi per l’infanzia garantiti, congedi parentali, adeguata flessibilità degli orari e dei tempi di lavoro potrebbero favorire la maternità e l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, senza impatto sulla carriera e/o riflessi sulla retribuzione (INFOSEC Institute, 2018). Queste proposte ed altre rientrano nel vasto contributo di studi e risoluzioni delle istituzioni internazionali (dall’Onu alla Commissione europea). Alcune di esse sono presenti nella legislazione di molti paesi, ma quasi tutte sono ben lontane dall’aver trovato effettiva applicazione e riscontro nella realtà. In conclusione, il superamento delle barriere culturali a sociali tra uomini e donne deve continuare ad essere un obiettivo di primaria importanza, e non solo per l’emancipazione femminile, ma per un reale progresso dell’intera società.

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Bibliografia

Treccani (2012), Soffitto di cristallo, Neologismi [disponibile su: http://www.treccani.it/vocabolario/soffitto-di-cristallo_res-c2f62b11-89ec-11e8-a7cb-00271042e8d9_%28Neologismi%29/]

Garcia, M., & Weingarten, E. (2015). “Decrypting the Cybersecurity Gender Gap”. New America, December.

Commissione Europea (2018, 8 Marzo), Increase in gender gap in the digital sector – Study on Women in the Digital Age [disponibile su: https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/increase-gender-gap-digital-sector-study-women-digital-age]

Parlamento Europeo (2018, Marzo), “Gender equality in the EU’s digital and media sector”, Briefing [disponibile su: http://www.europarl.europa.eu/cmsdata/139421/EPRS-briefing-614695-Women-and-the-media-FINAL.pdf]

INFOSEC Institute (2018, 25 Maggio), Closing the Gender Gap: Women in Cybersecurity [disponibile su: https://resources.infosecinstitute.com/closing-the-gender-gap-women-in-cybersecurity/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+infosecResources+%28InfoSec+Resources%29]

Relazione EU (2018), Women in the Digital Age, uno studio preparato da Iclaves, SL per la Commissione Europea [disponibile su: http://ec.europa.eu/newsroom/dae/document.cfm?doc_id=50224]

(ISC)2 (2017), The 2017 global information security workforce study: women in cybersecurity, A Frost & Sullivan White Paper [disponibile su: https://iamcybersafe.org/wp-content/uploads/2017/03/WomensReport.pdf]

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