Esiste – e il covid-19 ce ne ha dato una nuova dimostrazione – una industria delle fake news e queste rappresentano il grande nemico della credibilità dei media e il motore della post verità. Per combatterle non serve il “soluzionismo”, ma bisogna puntare su percorsi educativi che coinvolgano i ragazzi come gli adulti e gli anziani.
E il giornalismo deve riprendersi il ruolo di “cane da guardia” della democrazia.
L’utilizzo politico delle fake news
Secondo i dati pubblicati dall’Oxford Internet Institute (Bradshaw, Howard, 2018) in 30 paesi sui 48 oggetto dell’indagine, agenzie governative, partiti politici stanno sfruttando le piattaforme social per alterare l’ambiente informativo, veicolare disinformazione e fake news, per promuovere scetticismo e sfiducia con l’obiettivo di polarizzare i processi di formazione del voto, alimentare derive populiste e minare i processi democratici di partecipazione politica.
Quando le fake news non erano ancora considerate un pericolo, la messaggeria breve non era molto diffusa, non esistevano Telegram, Whatsapp, era molto difficile far girare sia i deepfake, cioè i video falsi, che i messaggi audio falsi. Esisteva anche il problema di non avere ancora cablata una parte del Paese, che non è un limite da poco.
Da questa stagione, coincisa più o meno con la presidenza americana di Barack Obama, siamo passati agli show di Donald Trump e alla sua abitudine di considerare ciò che non è di suo gradimento come fake news; alla stagione complottista (con russi e cinesi sul banco degli imputati) fino all’allarme delle organizzazioni governative, che mettono in guardia rispetto all’utilizzo politico delle fake news. Allarme che già ha trovato conferma in una serie di impegni elettorali e referendari indubbiamente condizionati dalle fake news, come la Brexit in Inghilterra, dove le notizie false hanno molto influenzato il voto degli inglesi. È uno spettro che si è materializzato nel nostro Paese anche nella campagna elettorale in vista delle elezioni del 4 marzo 2018, facendo registrare diversi casi eclatanti di bufale.
I danni delle fake news
E la pandemia da Covid 19 ha mostrato il fenomeno in tutta la sua gravità. Il problema principale è che le fake news, immesse nel vortice della nuova comunicazione, hanno un peso, una capacità di produrre danni enormemente più grande che in qualunque altro momento storico. Recentemente, anche il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ne ha sottolineato la gravità. Basti pensare che le notizie false attaccano fondamentalmente tre ambiti della società: la politica, la scienza e l’economia, ed in questi mesi qualcosa di molto serio è successo se, in aprile in Italia, Facebook si è posto il problema di capire come fermare le fake news. È evidente che le fake news destrutturano anche la credibilità dei social network.
Le notizie false e la disinformazione sono caratterizzati da un unico filo conduttore, parlare al proprio pubblico con l’unico obiettivo di rafforzare la propria posizione, l’apparente contrapposizione non è ricerca della dialettica ma semplice rinsaldamento dei legami della community di riferimento. Una concatenazione tra forza e debolezza tipica delle dinamiche che caratterizzano il fluire delle fake news e che ha condotto alla definizione di un set di indicatori denominato esagono che raggruppa 6 caratteristiche che definiscono la loro forza e la persistenza nel sistema mediale e che originano misinformation e disinformation.
- Appeal: sono notizie che incuriosiscono la maggior parte delle persone e hanno una capacità attrattiva, perché riescono a cavalcare l’onda dei temi di attualità e penetrare nell’agenda setting;
- Viralità: riescono a diffondersi con grande efficacia e raggiungere un grande numero di persone. Le fake news hanno una redemption molto alta;
- Velocità: la diffusione delle fake news è rapida e incontrollata;
- Crossmedialità: questa tipologia di notizia è in grado di essere trasversale, ovvero passare da un media all’altro tanto che, in moti casi, la notizia appare su Facebook e successivamente viene ripresa dai media;
- Flusso: le fake news rappresentano un flusso, ovvero sono una serie di informazioni orientate a dimostrare una tesi o veicolare l’opinione pubblica verso una posizione chiara che non rispecchia la realtà;
- Forza: le fake news, anche se smascherate, riescono a lasciare una traccia profonda nella memoria dei lettori e dell’opinione pubblica.(Altinier, Pira: 2018)
Questi indicatori costituiscono un utile supporto per la misurazione dell’impatto delle fake news all’interno di contesti specifici e intervalli di tempo definiti. La rappresentazione utilizzando il grafico radar è particolarmente efficace per mostrare le interconnessioni e l’impatto in funzione di ciascun parametro identificato, sia in termini quantitativi che qualitativi.
Fig. 1. L’esagono delle Fake News
La nuova funzione del giornalismo
Proprio la definizione dell’esagono delle fake news rappresenta il punto di partenza per studiare attraverso un metodo predefinito le loro dinamiche di proliferazione al fine di attivare corretti strumenti di identificazione e blocco dell’industria della disinformazione e della manipolazione. Un percorso necessario e non più rinviabile alla luce di ciò che stiamo vivendo nell’era Covid. Del resto i dati che emergono dalla recente ricerca condotta dall’Osservatorio nazionale sulla comunicazione digitale di PA Social e Istituto Piepoli, evidenzia come secondo cui l’80% degli italiani considera molto utile l’utilizzo di social network e chat per comunicare con le istituzioni e ricevere informazioni e servizi. È sicuramente condivisibile quanto ha dichiarato Francesco Di Costanzo, Presidente di PA Social, secondo il quale “l’emergenza ha acceso un faro enorme sul digitale, sugli strumenti di comunicazione e informazione come social e chat, sulle modalità di lavoro smart la necessità ha creato attenzione su tante tematiche che, purtroppo, non sempre sono state messe al centro dell’agenda e delle politiche del Paese”.
Il futuro della comunicazione istituzionale, d’impresa e anche sociale è molto legato ai social network Facebook, Instagram, Twitter, LinkedIn, YouTube, TikTok o in chat come WhatsApp, Telegram, Messenger. che sono già diventati strumenti di lavoro e per acquisire o condividere conoscenza e informazione.
La società mediatizzata nella quale la pluralità dei media e delle fonti d’informazione aveva contribuito all’affermarsi delle società democratiche, attraverso la funzione principale del sistema giornalistico di veicolazione dei fatti e di controllo del potere si è trasformata in una società che mostra tutti i segni di un profondo sfaldamento, nella quale i valori cardine della democrazia sembrano fortemente minacciati.
E’ indispensabile che il giornalismo riacquisti il suo ruolo di “Cane da guardia della democrazia” con un’opera costante di smentita delle fake news. In questa battaglia “diventa fondamentale il fact checking, il controllo delle fonti un tempo rigorosa regola dei media tradizionali”, scrive Wolfgang Blau, direttore delle strategie digitali della testata britannica The Guardian, il quale sostiene che “Adesso che così tanti cittadini consumano notizie attraverso i social media, compito sociale del giornalista consiste anche nello smontare false voci, una volta che superino una certa soglia di visibilità”. Per raggiungere questo obiettivo è necessario che le testate giornalistiche costruiscano a poco a poco una propria comunità di lettori individuando, attraverso network di professionisti, temi sensibili per l’opinione pubblica e puntando sulla qualità dei contenuti e l’utilizzo di format innovativi da declinare con diversi strumenti: carta stampata, tv, radio e web”. Si tratta ovviamente di un percorso lungo e costoso ma soltanto l’autorevolezza così conquistata può difendere la democrazia dal qualunquismo e dalla propaganda.
Ciò che constatiamo è che i cittadini in questi mesi si sono sentiti disorientati. Senza punti di riferimento certi. Basti pensare al caos creatosi quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump per un attimo si è sostituito ad un altro”dottore” molto ascoltato, Dottor Google, dichiarando: “Vedo che il disinfettante lo distrugge in un minuto. Un minuto. Non c’è un modo di fare qualcosa di simile, iniettandolo? Sarebbe interessante verificarlo. Non sono un dottore sono qui per illustrare delle idee”. Nelle ore successive sono circolate notizie di tutti i tipi in Italia. Come ad esempio che dietro la sparata del Presidente Usa ci fosse un predicatore e che addirittura oltre 100 persone avessero provato a iniettarsi del disinfettante.
Conclusioni
È del tutto evidente che la pandemia ha stravolto le nostre vite e ha sconvolto gli equilibri che pensavamo fossero stabili. Il mondo globalizzato, e ormai travolto dalla tecnologia, non ha saputo trovare altra soluzione se non ricorrere al soluzionismo come lo definisce Evgeny Morozov, il quale sostiene che c’è un colpevole anche di quanto ci sta accadendo: “l’ideologia apparentemente post-ideologica del soluzionismo”. Chi adotta il soluzionismo utilizza misure, in teoria pragmatiche, ma che mantengono la macchina del capitalismo globale. “Oggi siamo tutti soluzionisti: il covid-19 sta allo stato soluzionista come l’11 settembre sta allo stato di sorveglianza. Tuttavia le minacce che pone alla democrazia sono più sottili, e quindi più insidiose. Si è molto parlato di come Cina, Corea del Sud e Singapore, con il loro approccio verticistico alla crisi del covid-19, abbiano usato applicazioni, droni e sensori per dire ai cittadini cosa possono e non possono fare. Gli autoproclamati difensori del capitalismo democratico in occidente, come prevedibile, si sono affrettate a rimproverarle. Una simile retorica non può che finire con una app-ificazione della politica”. Così l’emergenza sanitaria del secolo viene ridotta a discussioni “pragmatiche” sulla progettazione di erogatori di sapone e lavandini”. Secondo Morozov esistono cittadini-consumatori, aziende e governi. “In mezzo non c’è molto altro: né sindacati, né associazioni di cittadini, né movimenti sociali, né istituzioni collettive tenute insieme da sentimenti di solidarietà”.
Ma il soluzionismo apre ad un’altra pericolosa tendenza che stiamo vivendo. La tecnologia è stata la risposta dei Governi a Covid 19, una tecnologia della sopravvivenza che rischia di rendere ancora più fragile la società e le stesse istituzioni e governi che in questi mesi hanno spesso mostrato la propria incapacità a comunicare e gestire la crisi anche da un punto di vista emotivo. E per combattere l’industria delle fake news non possiamo costruire debolezze e insicurezze ma dobbiamo creare percorsi per un’educazione di base, costruire processi di sensibilizzazione in grado di coinvolgere sia i ragazzi che gli anziani, i quali hanno scoperto tablet, smartphone, skype, e spiegare loro come si fa per verificare se una notizia è falsa o vera. L’unica legge che funziona è quella dell’intelligenza, della consapevolezza, del saper gestire emotivamente le cose.
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Bibliografia
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Berger, P.L., Luckmann, T. (1966), The Social Construction o Reality, Garden City, New York, Doubleday (trad. It. (1969) La realtà come costruzione sociale,Bologna, Il Mulino).
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Pira F. Altinier A. (2018), Giornalismi. La difficile convivenza con fake news e misinformation, Limena (PD), Libreriauniverisitaria.it