Le priorità

Pizzetti: “Che anno sarà per le politiche digitali in Italia e nella UE”

La sfida che UE e Italia hanno lanciato per essere protagonisti della competizione globale anche nel mondo digitale non riguarda solo l’attività regolatoria, ma anche e soprattutto il tessuto industriale e la sua capacità di sviluppo di nuove tecnologie in grado di dare all’Unione europea un’effettiva sovranità. Le sfide

Pubblicato il 12 Gen 2022

Franco Pizzetti

professore emerito diritto costituzionale all'Università di Torino, ex Garante Privacy

AI appello urgente

È consuetudine che ad ogni inizio di un nuovo anno si rifletta sugli impegni prioritari che attendono una comunità nei dodici mesi che verranno.

A maggior ragione, mentre ancora siamo in mezzo a una epidemia che ha fatto precipitare tutto d’un colpo la nostra generazione nella Digital Age, è giusto che ci chiediamo quali sono le priorità alle quali nei prossimi mesi si dovrà dedicare la massima attenzione sia nell’ambito della UE che dell’Italia rispetto alla disciplina dei dati trattati con modalità digitali. Una domanda tanto più legittima e necessaria, quanto più è lecito sperare che il 2022 possa essere, come prevede la OMS, l’anno della fine della fase pandemica del Covid-19.

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Gli obiettivi Ue per il 2022

Con riguardo alla UE, è utile fare riferimento alla Dichiarazione congiunta su “Policy Objectives and Priorities for 2022 firmata il 17 dicembre 2021 dal Presidente del Parlamento europeo Sassoli, a nome del Parlamento, dal Presidente del Consiglio dell’Unione europea, il primo ministro della Slovenia Janez Janša, a nome del Consiglio, e dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, a nome della Commissione.

Come è noto, infatti, dal 2016, il Parlamento, la Commissione e il Consiglio discutono e concordano in una dichiarazione annuale comune le priorità legislative della UE per l’anno successivo.

Ovviamente, alla Dichiarazione comune è allegato un Documento di lavoro che contiene un elenco di ben 138 proposte legislative che sono considerate principali e prioritarie e che sono suddivise in 6 macro-aree:

  • A European Green Deal”, comprensiva di ben 41 proposte regolatorie, di cui 26 già presenti nella analoga dichiarazione del 2021;
  • A Europe fit for the Digital Age”, che raccoglie 19 proposte regolatorie, tra le quali il Digital Data Act e altre 13 già presentate nel 2021;
  • An Economy that works for People”, che contiene 29 proposte delle quali 19 già richiamate nella analoga Dichiarazione del 2021;
  • A stronger Europe in the World”, che comprende 17 proposte, delle quali 19 già parti dell’allegato del 2021;
  • Promoting our European Way of Life” che raccoglie 24 proposte regolatorie, di cui 18 già presenti lo scorso anno;
  • A New Push for European Democracy”, che raccoglie 18 proposte delle quali 7 già presenti nella Dichiarazione del 2021.

L’analisi della Dichiarazione citata ci dice molte cose.

In primo luogo, ci consente di misurare l’estrema complessità del procedimento legislativo europeo che conduce a ritardi continui e rende difficile fare previsioni realistiche sui tempi, anche laddove sono in ballo temi fondamentali come quelli che la Dichiarazione stessa del 2020 relativa all’arco temporale 2020-2026, e quella del 2021 relativa al 2022, richiamano.

In secondo luogo, ci consente di misurare gli effetti devastanti che ha avuto la pandemia sul procedimento decisionale europeo e sulla Presidenza tedesca, che ha visto la Merkel obbligata a chiudere la sua esperienza in Europa senza aver potuto mettere a pieno frutto l’effetto di dinamismo e di slancio legato al Patto di Aquisgrana e alla nomina della nuova Commissione von der Leyen.

Ancora più cose ci dice però l’elenco degli impegni rinnovati quest’anno rispetto a quelli dello scorso anno e soprattutto il modo col quale essi sono raggruppati in un elenco che proprio grazie ai raggruppamenti che contiene, non è un puro elenco burocratico ma un forte atto politico in sé.

Sul piano della prospettiva futura, infatti, ci dice che i tre vertici attuali dell’Unione Europea hanno chiaro che sempre di più la UE, pur restando prima di tutto un Mercato Unico legato a un robusto Digital Act per poter transitare anche nella Digital Age, sta, anno dopo anno, diventando sempre di più una unione di valori e dunque una comunità non solo legata alla dimensione economica e al mercato, ma segnata anche da tradizioni e valori comuni.

Tra queste tradizioni e questi valori non vanno considerati solo i Diritti fondamentali della Carta di Nizza, ora parte del Trattato di Lisbona, ma l’essere sempre di più la UE una organizzazione basata sui princìpi dello Stato di diritto e sulla rappresentanza democratica delle sue Istituzioni. Conferma tutto questo proprio il pacchetto di proposte del PNRR raccolte sotto la comune etichetta di “A New Push for European Democracy”, che ci dice che la UE che anno dopo anno va prendendo sempre più forma si basa non solo sulla condivisione dei diritti e delle regole ma anche sulla comune base democratica e sulla tutela della libertà di opinione e di informazione. Nel PNRR poi si giunge implicitamente fino a proclamare l’obbiettivo di fondare anche un nuovo e più robusto tessuto di partiti politici a dimensione europea.

In questo quadro diventa ancor più fondamentale l’attenzione dedicata a costruire “A Europe fit for digital Age”. Infatti, come specifica l’attenzione dedicata a “New Push for European Democracy” e alle proposte indicate in questo quadro come prioritarie per il 2022, la UE non guarda alla Digital Age solo come una nuova sfida e dimensione per la costruzione di un robusto Mercato Unico basato sui principi della competizione libera e corretta, ma sottolinea anche la sua consapevolezza che la Digital Age offre nuove opportunità per rafforzare la democrazia e la rappresentanza dei cittadini pur ponendo anche su questo terreno nuove sfide molto impegnative.

Le priorità dell’Italia per il 2022

Le considerazioni svolte ci aiutano anche a definire quali devono essere le priorità dell’Italia per il 2022.

Non vi è dubbio, infatti, che da un lato, ogni sforzo dovrà essere dedicato alla lotta alla pandemia, il che comporterà sempre di più anche la esigenza di reti di trasmissione dei dati e di servizi digitali efficienti e moderni oltre che interconnessi a scala globale. Ma oltre a combattere la pandemia, dovremo avviare un serio e lungimirante sforzo per costruire anche la democrazia della Digital Age.

A questo, del resto, anche la UE dimostra attenzione tant’è che una parte importante del Recovery fund è dedicato anche a promuovere in ogni Stato dell’Unione la amministrazione digitale e la conseguente democrazia della Digital Age.

In questo senso è certo un impegno prioritario del 2022 anche l’utilizzazione dei fondi europei dati all’Italia per il Recovery fund in modo efficiente e rispettando i tempi stabiliti.

È importante dunque tener sempre presente il documento “Piano nazionale di ripresa e resilienza – next generation Italia”, presentato dal Governo Draghi e trasmesso al Parlamento il 25 aprile 2021 e il Portale “Italia domani” sul sito della Funzione Pubblica che riporta le opere e i costi del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza man mano che questo si sviluppa.

Il Piano trasmesso al Parlamento prevede 191,5 miliardi di euro finanziati attraverso il NGEU mentre 30,6 miliardi fanno parte di un Fondo complementare, finanziato a carico del bilancio dello Stato italiano.

Il totale degli investimenti previsti è di 222,1 miliardi di euro e fanno parte del Piano investimento per le parti relative agli ambiti della Pubblica Amministrazione, della Giustizia, della semplificazione normativa e della concorrenza.

Più precisamente, il 27% del Piano è dedicato alla digitalizzazione, il 40% agli investimenti per il green deal, il 10% a investimenti dedicati ad aumentare la coesione sociale. Inoltre, sono previsti investimenti nel settore della cultura e del turismo, considerati come settori chiave per l’Italia.

Digitalizzazione

Nell’ambito della parte dedicata alla digitalizzazione sono ricompresi anche investimenti per la rete a banda larga e ultra-larga e per connessioni veloci in tutto il Paese.

In particolare, per quanto riguarda la rete e le connessioni veloci, si mira a garantire connettività a 1 Gbps a 8,5 milioni di famiglie, a 9.000 istituti scolastici e a 12.000 punti di erogazione del Servizio Sanitario Nazionale.

Si mira, inoltre, a rafforzare le infrastrutture digitali della Pubblica Amministrazione incentivando la costruzione di sistemi cloud dedicati alla PA.

Transizione ecologica

Per quanto riguarda la seconda area di missione, relativa alla “Rivoluzione Verde” e alla “Transizione Ecologica”, sono previsti 68,6 miliardi dedicati agli obbiettivi di migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico. Per questo sono previsti investimenti per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, con particolare attenzione ai rifiuti plastici e con l’obiettivo di garantire il massimo recupero possibile (il 100%) dei rifiuti nel settore tessile.

Una specifica attenzione è dedicata al trasporto pubblico locale, che è preso in considerazione anche sul piano della transizione ecologia grazie a investimenti in acquisto di autobus a bassa emissione e per il rinnovo dei treni regionali con ampia utilizzazione di mezzi a propulsione alternativa.

Sono previste, inoltre, misure per il rinnovo, al fine di incrementare l’efficienza energetica, di circa 50.000 edifici l’anno mentre fondi specifici sono dedicati alle reti idriche e alla riduzione del dissesto ecologico.

Una terza missione, anche questa molto importante, riguarda la “Mobilità Sostenibile” alla quale sono dedicati 31,4 miliardi. Il piano prevede investimenti importanti nella alta velocità e nella modernizzazione delle linee ferroviarie regionali. Attenzione specifica è dedicata anche al sistema portuale e alla catena logistica.

Istruzione e ricerca

Una quarta Missione riguarda “Istruzione e Ricerca”, con l’impegno di 31,9 miliardi di euro, compreso 1 miliardo del Fondo statale del Tesoro italiano. L’obiettivo è investire in asili nido, nelle scuole materne, nei servizi di educazione e cura per l’infanzia Inoltre, fondi sono previsti per il risanamento strutturale degli edifici scolastici nella misura di circa 2.400.000 meri quadri.

Si prevedono inoltre fondi per programmi di dottorato e di corsi di laurea finalizzati ad accrescere le competenze digitali con la previsione di circa 3.000 posti nuovi di dottorato.

È previsto il sostegno e l’incremento della istruzione professionalizzante e della filiera della ricerca e del trasferimento tecnologico.

Circa 22 miliardi, di cui 2,6 a carico del Fondo statale, sono previsti per incentivare la partecipazione al mercato del lavoro e per favorire l’inclusione sociale, compresa la previsione di un nuovo Fondo Impresa Donna. Si prevedono inoltre fondi per la disabilità e investimenti infrastrutturali per le Zone Economiche Speciali, con interventi di rigenerazione urbana per le periferie delle città metropolitane.

Salute

Nell’ambito della “Missione Salute” sono stanziati 18,5 miliardi di cui 15,6 della UE e 2,9 del Fondo italiano. Gli obbiettivi perseguiti riguardano la incentivazione dei servizi sanitari sul territorio modernizzando e digitalizzando il sistema sanitario.

Per incentivare l’assistenza di prossimità sul territorio è prevista la attivazione di 1.288 Case di Comunità e 381 Ospedali di Comunità. Si potenzia l’assistenza domiciliare e la telemedicina, nonché l’assistenza remota con l’attivazione di 602 Centrali Operative Territoriali.

È previsto l’investimento in 3.133 nuove grandi attrezzature in ambito sanitario e nelle infrastrutture ospedaliere.

Fondamentale e centrale è anche il fatto che il Piano rafforzi l’infrastruttura tecnologica per la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati, compreso il Fascicolo Sanitario Elettronico.

Sono previste, inoltre, riforme importanti sia per l’attuazione del Piano che per la modernizzazione del Paese. Tra queste riforme un posto centrale lo ha la riforma della Pubblica Amministrazione che riguarda anche la digitalizzazione delle competenze dei dipendenti pubblici e la creazione di una piattaforma unica di reclutamento di monitoraggio della capacità amministrativa.

Un secondo settore centrale riguarda la riforma della Giustizia che mira a ridurre la durata dei processi e l’arretrato giudiziario.

Crescita economica e produttività

Sono previste, poi, riforme di semplificazione per la concessione di permessi e autorizzazioni, compresa la riforma del Codice degli appalti e riforme a tutela della concorrenza.

Ovviamente il PNRR dovrebbe avere anche un forte impatto sulla crescita economica e la produttività aumentando il PIL di circa 3,6 punti entro il 2026 e incrementando l’occupazione di 3,2 punti percentuali.

2 miliardi sono dedicati al Mezzogiorno, per una quota del 40% degli importi ripartibili sulla base di criteri territoriali. 8,8 miliardi sono dedicati a interventi di inclusione e coesione al Sud, pari al 39% del totale degli investimenti dedicati a tale scopo e 14,6 miliardi per investimenti in istruzione e ricerca al Sud.

Secondo il Governo, l’impatto complessivo del PNRR sul PIL nazionale è stimato in 16 punti percentuali entro il 2026 mentre per il Sud tale impatto è previsto in 2 punti percentuali.

Per quanto riguarda le donne, sono previste misure di sostegno all’imprenditoria femminile e per incrementare le competenze tecnico-scientifiche delle studentesse. Per favorire le pari opportunità si preverranno incentivi particolari per le imprese che metteranno in essere progetti per l’assunzione di donne.

Per quanto riguarda infine la governance del Piano, essa poggia prevalentemente sulla responsabilità diretta dei Ministeri e delle amministrazioni locali alle quali è affidata la gestione di 87 miliardi di euro.

Il Ministero dell’economia e delle finanze monitora e controlla il processo di attuazione delle riforme e degli vestimenti e funge da punto di contatto unico con la Commissione europea.

L’attuazione del PNRR vero banco di prova del Governo

Ci si è soffermati molto sul PNRR previsto dal Governo italiano perché il piano messo a punto e approvato dalla UE non comporta solo risorse molto ingenti ma anche perché esso, pur prevedendo investimenti in strutture e riforme di settori tradizionali, è fortemente incentrato sulla digitalizzazione.

Anche le riforme della PA, dell’Istruzione, della Sanità e dell’Occupazione, nonché quelle che riguardano la PA, la Giustizia e la Istruzione come apparati comportano sempre ingenti investimenti in infrastrutture digitali.

Dunque, è innegabile che il PNRR non è solo una grande occasione per l’Italia di ammodernare la sua amministrazione, la sua scuola, la sua sanità e la sua giustizia, ma anche una occasione unica per operare una reale ed efficace transizione digitale.

In questo senso, sono certamente centrali, nell’ambito dell’apparato governativo, gli incarichi attribuiti al Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale Vittorio Colao, al Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, al Ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, oltre che ai Ministri della pubblica amministrazione, Renato Brunetta, della Giustizia, Marta Cartabia, e dell’istruzione Patrizio Bianchi. Un ruolo importante hanno anche il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile Enrico Giovannini e, soprattutto, il Ministro dell’economia e delle finanze, Daniele Franco.

Ovviamente, nell’ottica qui seguita, non basta affatto la presentazione del PNRR e l’approvazione sostenuta dalla Commissione Europea per considerare esaurito il compito del Governo e dell’Italia.

In questo senso, si comprende bene perché le dichiarazioni del Presidente Draghi e del Ministro Cingolani di considerare esaurito il loro compito con la presentazione dei progetti del PNRR e la conseguente approvazione della UE ha lasciato tanto stupiti.

È del tutto pacifico, infatti, che quello che conta, e il vero banco di prova per il Governo e per il Paese, è costituito dall’attuazione del PNRR, sia per la parte relativa alle riforme amministrative, sia, e ancora di più, per la parte relativa agli investimenti infrastrutturali e, soprattutto, a quelli nel settore digitale.

È sul successo di questa seconda fase, infatti, che il Paese Italia sarà misurato ed è, soprattutto, sul successo di questa seconda fase che sarà possibile fondare la effettiva digitalizzazione dell’Italia e il suo essenziale adeguamento alla Digital Age.

Ecco, dunque, la vera priorità nazionale che dobbiamo mettere al centro del 2022, consapevoli che l’Italia, insieme alla UE, ha lanciato a sé stessa e al contesto globale una sfida di enorme rilievo: quella di dimostrare di esser pronta alla Digital Economy e di poter e voler governare anche nella Digitale Age una partita importante per la competizione economica e lo sviluppo civile e morale del Paese e dell’Unione.

La sfida per il tessuto industriale europeo

La sfida che la UE e l’Italia hanno lanciato per poter essere partecipi e protagonisti della competizione e dello sviluppo economico globale anche nel mondo digitale non riguarda solo l’attività regolatoria, pur imponente, che la UE ha messo in campo e che, stando alla Dichiarazione congiunta dei tre vertici UE per il 2022 terrà campo anche il prossimo anno.

La sfida riguarda anche e soprattutto il tessuto industriale europeo e la sua capacità di adeguarsi all’evoluzione digitale partecipando anche allo sviluppo di nuove tecnologie capaci non solo di innovare ma anche di dare all’Unione europea un’effettiva sovranità digitale sul piano tecnologico.

In questo senso, diventa particolarmente importante tenere alta l’attenzione sul modo col quale il PNRR italiano sarà attuato e sulle scelte che faranno i Ministri responsabili.

Guai, infatti, se badassimo solo a riformare i nostri apparati amministrativi e le nostre professionalità digitali ma non ottenessimo anche il risultato di stimolare e promuovere l’industria digitale italiana concorrendo, così, concretamente anche allo sviluppo del sistema tecnologico europeo.

Non può esservi dunque dubbio alcuno che le nostre priorità per il 2022 sono prevalentemente nel settore digitale e soprattutto nel sistema economico e produttivo nazionale nel moderno digitale.

Su questo l’Italia sarà misurata, così come lo sarà la Unione Europea.

A noi, cittadini italiani ed europei, il dovere di vigilare non solo affinché i fondi richiamati siano spesi bene e in modo efficiente ma anche che grazie ad essi il sistema produttivo e tecnologico digitale dell’Italia e dell’Europa facciano un decisivo passo avanti come richiede appunto la competizione industriale nella Digitale Age.

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