SCUOLA DIGITALE

Piano Nazionale Scuola Digitale, ecco i pezzi mancanti

Banda larga e hardware digitale presente a macchia di leopardo. Assenza di figure tecniche di guida. Ad oggi, all’appello del 21esimo secolo manca ancora circa il 90% del personale in servizio

Pubblicato il 17 Feb 2017

Silvia Mazzoni

Dirigente Scolastico I.C. Torgiano-Bettona

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Le azioni formative del Piano Nazionale Scuola Digitale sono finalmente in pieno svolgimento. In tutto lo stivale soggetti diversi all’interno di ciascuna organizzazione scolastica, dal Dirigente al DSGA, dall’Animatore ai ‘misteriosi’ Presìdi di pronto soccorso e via dicendo sono coinvolti in corsi di rilevante consistenza che – almeno in questa fase – hanno standard di qualità (e di impegno richiesto direi) del tutto rispettabili.

A breve anche ulteriori dieci docenti selezionati all’interno di ogni scuola saranno destinatari di formazione specifica, con un taglio – si auspica – ancor più focalizzato sull’applicazione concreta delle tecnologie alla didattica. Va riconosciuto, non è la prima volta che mi capita di scriverlo, che tale dispiegamento di azioni formative sia uno dei più grandi meriti del PNSD, che ha dimostrato il superamento dello stadio in cui al MIUR si riteneva sufficiente, per innovare la scuola italiana, destinare cifre più o meno consistenti all’ esclusivo approvvigionamento di attrezzature e device tecnologici.

Anche nel percorso formativo dei docenti neoassunti la tappa sull’integrazione delle nuove tecnologie è comunque obbligata e non c’è docente in anno di prova che sfugga ad almeno tre ore di esposizione ai più sani principi teorici della necessità di integrazione tra digitale e didattica del 21° secolo. Ne parlo con benevola ironia perché io stessa sono tra i formatori incaricati di somministrare ai neoassunti tali indispensabili pillole di sapere digitale.

Lo faccio con tutta la passione e le competenze di cui dispongo, cercando di far comprendere come al di là degli slogan il digitale è nel mondo in cui viviamo e come la scuola non debba all’improvviso ‘diventare digitale’, ma non possa neanche sottrarsi all’incombenza di fornire ai cittadini di domani gli strumenti indispensabili per gestire un’esistenza dignitosa e possibilmente soddisfacente tra i quali ci sono anche, piaccia o meno, le competenze digitali.

Le tre ore volano via in conversazioni di ottimo livello, in cui mi capita spesso di apprezzare un alto grado di consapevolezza tra docenti neoassunti (che spesso poi tanto ‘neo’ non sono in realtà) rispetto alla necessità di aggiornamento delle proprie pratiche didattiche; nessuna o pochissime resistenze ‘di principio’, nemmeno tra i più – come dire – navigati; molta disponibilità e interesse rispetto alle prospettive teoriche che illustro (SAMR, TPaK…), così come per le poche risorse digitali che ho tempo di mostrare in brevi esempi di utilizzo concreto (Prezi, Kahoot, GoogleEarth, WaybackMachine…).

Il problema è che a questo punto in genere emergono le criticità ancora presenti in moltissime scuole. I pezzi ancora mancanti del quadro generale che si sta giorno per giorno delineando. La connettività a banda larga diffusa ancora a macchia di leopardo; gli strumenti di fruizione collettiva (alias LIM o proiettori) disponibili soltanto in poche aule; i device individuali (per il lavoro 1:1 o almeno in piccoli gruppi) che se sono miraggi alla secondaria di secondo grado sembrano addirittura figure mitologiche nei gradi inferiori. Questo soltanto per rimanere sul piano dell’attrezzatura, dell’hardware. Ma a questo – si dirà giustamente – si sta provvedendo con le risorse a valere sui vari PON, POR, FESR…si tratta soltanto di avere pazienza.

Passando invece alle risorse umane, altrettanto anzi ancor più decisive, i pezzi più importanti che ancora mancano – soprattutto nelle scuole del primo ciclo – hanno a che fare con due profili importantissimi, appena delineati nel PNSD e ancora molto al di là dal materializzarsi in ciascun istituto con il bagaglio di competenze necessarie: il tecnico e l’esperto di tecnologie per la didattica.

In molte realtà occidentali (molto più a occidente di noi direi, ma non soltanto) queste funzioni sono riassunte in una figura ben individuata professionalmente, ovvero l’ICT Coordinator. Egli è (o è stato) di norma un docente, spesso di scuola primaria, quindi con competenze disciplinari e pedagogiche a tutto tondo, con una solida base di competenza informatica, che assume questo ruolo e smette di insegnare (a volte solo temporaneamente) per dedicarsi a tempo pieno a supportare l’intero corpo docente nella scelta, familiarizzazione e implementazione dei più appropriati strumenti e contenuti digitali per ciascun ambito disciplinare o percorso didattico trasversale che si voglia realizzare in classe. Se necessario l’ICT Coordinator – spesso insieme a un team di tecnici – provvede alla manutenzione quotidiana e tempestiva del ‘parco macchine’ della scuola e anche alla pianificazione di nuovi acquisti tecnologici, qualora le circostanze lo permettano.

Ma la funzione di gran lunga più importante è senz’altro quella di rappresentare per tutti gli insegnanti una figura di riferimento, sempre aggiornata e sempre disponibile, in grado di accompagnare neofiti e più esperti nell’esplorazione del mare magnum delle app, dei software, degli OER, dei learning objects che ogni giorno spuntano nel panorama del digitale per la didattica. E’ un campo sterminato e in continuo divenire nel quale molti docenti nostrani, che pure avrebbero la volontà di cimentarsi in modalità innovative che includano le tecnologie, spesso non sanno orientarsi.

Al di fuori del contesto formativo, che siano tre ore o trenta, nella realtà della quotidiana progettazione didattica, moltissimi docenti si ritrovano soli, col timore di sperimentare ‘senza rete’ e senza guida in situ una strategia innovativa che potrebbe causare loro molte difficoltà, per la quale non sanno nemmeno dove andare a reperire il giusto dispositivo digitale, un nuovo tool di cui non conoscono davvero tutte le potenzialità, un’app che potrebbe piantarli in asso. La figura del nostro Animatore Digitale, che già non è nata come replica dell’ICT Coordinator di cui sopra, non potrà mai, nemmeno nei casi più ottimistici, ricoprire questa funzione, non fosse altro che per il fatto di essere comunque tenuto alla docenza. Una volta concluso il lungo e qualificante percorso formativo nel quale (per fortuna) sono attualmente immersi, anche ai più volenterosi Animatori mancheranno il tempo, le energie, il dono dell’ubiquità.

C’è davvero da sperare che l’imponente piano di formazione attivato anche dal PNSD produca a lungo termine il risultato di un innalzamento generalizzato delle competenze digitali e didattiche del personale scolastico. Resta il fatto che a oggi – con organici che constano di almeno 120/150 unità per istituzione autonoma – se tutto va bene si trovano all’inizio del proprio percorso di formazione e aggiornamento una quindicina di persone. All’appello del 21esimo secolo manca ancora circa il 90% del personale in servizio.

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