“L’Italia è uno dei pochissimi paesi in Europa in cui la declinazione nazionale dell’Agenda digitale non contiene un capitolo sulla cultura e dove le industrie culturali non sono chiamate a un confronto sulla definizione delle politiche sull’argomento. È una differenza nel confronto internazionale di cui non si comprende la ragione”. A denunciare l’ennesimo “gap” italiano è Marco Polillo, presidente di Confindustria Cultura.
“A quanto pare, alle dichiarazioni sulla centralità della cultura, anche come fattore determinante per la crescita, non seguono i fatti. Eppure – puntualizza il numero uno di Confindustria Cultura – si tratta di dichiarazioni molto impegnative: al richiamo fatto dal Presidente del Consiglio al momento dell’insediamento è seguita la proposta molto interessante – che ha avuto una eco insufficiente, a mio avviso – del Governatore della Banca d’Italia che nelle sue Considerazioni finali di quest’anno ha ricordato come la Commissione europea si è impegnata a valutare le modalità per consentire ai bilanci pubblici nazionali di deviare temporaneamente dagli obiettivi di medio termine per finanziare, sotto specifiche condizioni, progetti di investimento. E ha proposto che in Italia ciò si possa declinare in rapporto agli investimenti per la cultura e per l’ambiente. Mi sembra impossibile che considerazioni di questa portata siano ancora avulse dal dibattito sull’Agenda digitale, dal momento che – per le industrie culturali – oggi gli investimenti sono in primo luogo in direzione del digitale. Come si fa a continuare a non vedere il collegamento?”.
Numerosi, secondo Polillo, i temi legati alla cultura che dovrebbero essere affrontati per dare slancio e attuazione all’Agenda digitale italiana a partire dal diritto d’autore. “I tempi infiniti, specie in rapporto a quelli turbolenti dell’innovazione tecnologica, con cui ci si sta muovendo in questo ambito – e penso in particolar modo a quelli con cui l’Agcom è costretta a lavorare, suo malgrado, per l’emanazione del Regolamento in materia – ci stanno facendo accumulare un ritardo nello sviluppo di ulteriori politiche altrettanto necessarie”. “Dovremo infatti affrontare il tema della valorizzazione dei diritti d’autore, come base per la creazione di un mercato legale dei contenuti culturali. Sono temi su cui in altri paesi ci si sta esercitando da tempo”.
A tal proposito Polillo cita i casi Francia e Regno Unito: in Francia – ricorda – è stata approvata lo scorso anno una legge che ha come obiettivo la rivitalizzazione in digitale da parte di editori e aggregatori digitali dei libri fuori commercio nelle edizioni a stampa. “È nata quest’anno l’iniziativa “Relire” (Registre des Livres Indisponibles en Réédition Électronique) che combina la creazione di una infrastruttura digitale informativa che abilita forme nuove di gestione dei diritti d’autore e contributi pubblici alla digitalizzazione, in forma di credito agevolato e supporto logistico organizzativo. Il tutto per stimolare gli investimenti privati nel settore in un quadro di mercato ben definito”, puntualizza il numero uno di Confindustria Cultura.
Nel Regno Unito, invece, il tema della gestione delle informazioni sui diritti d’autore è finito sotto i riflettori ed è stato di recente lanciato il Copyright Hub, uno strumento web per facilitare la gestione dei diritti negli ambiti più diversi facilitando l’incontro tra domanda e offerta per l’utilizzo e il riuso di contenuti protetti dal diritto d’autore. “Di nuovo, gli investimenti pubblici nella creazione di infrastrutture digitali sono progettati per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di diritti e stimolare per questa via gli investimenti privati, alla ricerca di quel moltiplicatore degli investimenti che deve essere al centro degli obiettivi in questo ambito per far fruttare le limitate risorse disponibili”, sottolinea Polillo.
All’ordine del giorno c’è anche il tema degli incentivi diretti agli investimenti nel digitale, “per aiutare le imprese in questa fase di transizione, tanto più difficile nelle attuali condizioni di contrazione della domanda”, dice Polillo. “Le industrie culturali – continua – stanno dimostrando una notevole capacità innovativa, ma rischiano di uscire sconfitte nel confronto internazionale laddove le politiche di sostegno realizzate nel nostro paese non siano almeno dello stesso livello di quelle degli altri paesi concorrenti, in un mercato sempre più globale”.
Il presidente di Confindustria Cultura evidenzia anche “il forte problema di domanda interna”. “Non è possibile pensare di stimolare la domanda con adeguate politiche fiscali, analogamente a quanto si sta facendo in altri settori che hanno analoghi problemi di contrazione della domanda?”, chiede puntualizzando che fino ad oggi “le politiche sono andate nella direzione opposta: penso per esempio al decreto sui cosiddetti eco-bonus, il cui finanziamento è stato trovato – tra l’altro – anche in un aumento dell’Iva proprio sui prodotti digitali, quando allegati a libri e periodici. Un esempio di incoerenza, al quale speriamo ancora sia posto rimedio in Parlamento, che però la dice lunga sulla mancanza di comprensione dell’attuale contesto produttivo e di mercato del nostro settore”.
Fra l’altro Polillo punta i riflettori anche e soprattutto sul valore “economico” della cultura: “Quando si parla di valore aggiunto e occupazione, o di piccole e medie imprese, guardare alle industrie culturali è essenziale. È frustrante che nella società della conoscenza – per richiamare un’altra formula molto diffusa – associare il termine “cultura” al suo valore economico sia così difficile. Eppure i diversi segmenti dell’industria culturale, dai libri agli audiovisivi, dalla musica ai videogiochi, al cinema, ecc. vedono impegnate oltre 17mila imprese, che danno lavoro complessivamente a circa 300mila persone per un valore aggiunto pari a circa 16 miliardi di euro. Per di più in questo ambito si possono individuare ulteriori potenzialità di crescita mentre, al contrario, si rischia il declino se in questa fase non ci saranno sufficienti investimenti”. Fra l’altro Polillo ricorda che nonostante il tempo perso dalla politica le imprese del comparto continuano a investire. Nei sei mesi trascorsi dall’approvazione del Decreto Crescita 2.0 sono state pubblicate – sottolinea Polillo dati alla mano – circa 30mila novità in e-book da oltre 2000 imprese, distribuite da una decina di diverse piattaforme online.