esempi e indicazioni

Politiche per l’innovazione, le misure che hanno funzionato finora

L’innovazione non va temuta, ma governata con legislazioni ad hoc e interventi mirati alla formazione di studenti e lavoratori. Ecco con quali modelli e misure si può gestire la transizione a vantaggio dei cittadini. Su tutto, fondamentali gli investimenti in ricerca

Pubblicato il 18 Giu 2018

Giacomo Bandini

Competere

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Non dobbiamo temere l’innovazione e la trasformazione digitale perché possono portare benefici enormi se il loro potenziale verrà sfruttato pienamente nei processi produttivi e nei settori che verranno coinvolti, in particolare la manifattura e le lifescience technologies. Nonostante, infatti, permangano alcuni nodi problematici, come quelli dell’educazione, dell’occupazione e dell’accesso ai Big Data, le prospettive non sono apocalittiche come alcuni cercano di insinuare.

Governare il cambiamento

La politica e le istituzioni possono governare il cambiamento e armonizzarlo con i propri obiettivi di sviluppo e crescita. Idee, visioni e suggestioni non mancano. La voglia di cooperare sul piano internazionale neppure.

Una dimostrazione di ciò è il Summit, tenutosi lo scorso 17 maggio a Milano, presso Palazzo Pirelli, dal titolo “Shaping Policies for Tomorrow’s Innovations”. L’evento è stato organizzato dalla Global Trade and Innovation Alliance (GTIPA), un’organizzazione formata da un gruppo di più di 20 think tank provenienti da tutto il mondo, insieme a Competere e I-com (Istituto per la competitività). L’obiettivo comune: confrontare best practice e proporre alle istituzioni, alcune delle quali presenti, idee, visioni e suggestioni per affrontare le sfide del futuro.

Industria 4.0, politiche e raccomandazioni

I temi dell’automazione e della digitalizzazione dei processi e dei servizi sono stati centrali nelle riflessioni esposte da parte di tutti i relatori. In particolare, la prima parte dei lavori è stata dedicata all’industria 4.0, alle specifiche politiche che sono state portate avanti e alle raccomandazioni per i prossimi passi verso il pieno sviluppo di questo nuovo paradigma industriale che è destinato a cambiare profondamente il modo di fare impresa.

L’impatto del cambiamento digitale sull’occupazione

Negli ultimi 25 anni, infatti, il calo drastico della produttività e l’invecchiamento della popolazione globale ha spinto sia il settore pubblico sia quello privato a riportare l’attenzione sugli investimenti in ricerca e sviluppo. Non solo, sono aumentate le problematiche, nonché i timori, legati all’occupazione. Quale sarà l’impatto dell’automatizzazione e della robotizzazione sui posti di lavoro? La risposta non può essere univoca. Ogni paese, a seconda della struttura del proprio mercato del lavoro e delle proprie caratteristiche in termini di sviluppo, educazione, industrializzazione, assorbirà in modo diverso il cambiamento tecnologico e digitale nei prossimi anni.

Modelli e misure per governare la transizione

Per questo motivo è assai arduo fornire indicazioni estremamente specifiche sulle politiche da adottare. Tuttavia, vi sono dei modelli da poter perseguire e adottare a seconda delle specificità nazionali o macro-regionali. Partendo dal concetto che l’innovazione non è mai di per sé un fattore negativo e che è possibile adottare per tempo delle misure che permettano di governare questa nuova transizione verso la Quarta Rivoluzione Industriale, il primo passo consiste nel sostenere con politiche governative la fase di R&D. Gli Stati che innovano di più sono anche quelli che spendono maggiormente per la ricerca e lo sviluppo, mediamente intorno al 3% del budget pubblico (ad esempio Corea del Sud (4.23%), Israele (4.25%), Giappone (3.29%), Germania (2.93%), USA (2.79%)).

I casi di successo

I casi di maggior successo presentati sono stati quello statunitense, dove è stato rafforzato il rapporto tra pubblico e privato attraverso agenzie governative preposte al raggiungimento di questo obiettivo come il Digital Manufacturing & Design Innovation Institute (DMDII), e quello Coreano dove il tax credit elevato (costantemente superiore al 5% in ogni settore) ha permesso un aumento sensibile degli investimenti in innovazione da parte degli operatori d’impresa negli ultimi 10 anni.

Scambio di competenze e partnership pubblico-privato

In secondo luogo, è necessario agevolare la diffusione della conoscenza, riducendo le barriere allo scambio di know-how e agevolando le partnership tra istituzioni e settore privato. Una maggiore circolazione e concorrenza sul piano dell’innovazione serve anche ad impedire che le PMI rimangano isolate rispetto ai player di grandi dimensioni. In questo senso bisogna tenere conto di una legislazione ad hoc che agevoli l’interscambio di dati sempre maggiore, soprattutto per quanto riguarda i flussi cross-border e gli accordi commerciali internazionali.

Formare studenti e lavoratori

L’educazione rimane un fattore fondamentale che non deve essere visto come mero inseguimento dei trend di mercato. Formare gli studenti ed i lavoratori ad operare con gli strumenti digitali deve essere funzionale a rendere le conoscenze più flessibili e capaci di adattarsi ai cambiamenti futuri sia nel mercato del lavoro sia nella produzione di beni e servizi. Le stime di skill mismatch sono variabili a seconda di chi le fornisce, ma è emerso che anche i paesi più avanzati e tecnologicamente all’avanguardia riscontrano difficoltà da affrontare con urgenza per evitare un totale scollamento tra mondo del lavoro ed educazione scolastica e universitaria.

Riqualificare e reinserire i lavoratori

Infine, il welfare. È necessario implementare programmi di sostegno per quelle quote di lavoratori, diverse da paese a paese, che rischiano di rimanere esclusi dal mercato in seguito ai rapidi cambiamenti richiesti dall’innovazione industriale e dei servizi. Non si tratterebbe di salvaguardare posti di lavoro, bensì di concentrarsi sulle persone permettendo loro, con politiche attive, di potersi riqualificare e reinserirsi nei meccanismi occupazionali.

Convergenza tra ICT e biotecnologie nel settore lifescience

La seconda parte dei lavori del Summit è stata dedicata alla convergenza tra ICT e biotecnologie nell’innovazione del settore lifescience. Con un invecchiamento progressivo della popolazione mondiale e l’aumentare delle prospettive di vita, la ricerca scientifica dell’ultimo decennio si è concentrata a ritmi elevati sulle terapie personalizzate e sui prodotti farmaceutici specializzati nella cura delle malattie legate all’anzianità. Sono 7000 i farmaci e le terapie attualmente in fase di sviluppo e revisione da parte delle istituzioni preposte alla loro approvazione e si concentrano soprattutto sul trattamento di Alzheimer, cancro, neurologia e malattie cardiovascolari.

Le 5P della lifescience

La convergenza con il settore ICT ha permesso la sperimentazione e l’introduzione di nuove cure specializzate. L’utilizzo dei big data ha rivoluzionato le modalità di fare ricerca e ha rafforzato la cooperazione intersettoriale per soddisfare a pieno le 5P della lifescience:

  • Preventiva, attraverso un uso intensificato dei Big Data e di interventi farmacologici e non farmacologici evidence-based
  • Predittiva, con il Machine Learning è possibile prevedere eventi ed esternalità risparmiando sui costi di interventi e terapie
  • Prescrittiva, gli interventi saranno guidati da algoritmi basati sulle evidenze cliniche, i dati e precedenti sperimentazioni
  • Personalizzata, qualsiasi intervento può essere personalizzato anche grazie all’utilizzo di database sull’intera popolazione che registrano diagnosi, terapie e casistiche specifiche
  • Precisa, qualsiasi azione verrà monitorata continuamente e se ne potrà ricavare una mole infinita di dati per migliorare ulteriormente la precisione degli interventi.

Mancanza di replicabilità dei risultati

Nonostante l’apertura di nuove strade per la ricerca medica e farmaceutica, persistono alcune problematiche che devono essere sottoposte all’attenzione delle amministrazioni e del legislatore. Esse afferiscono in special modo agli Open Data. Si riscontra infatti nel settore della ricerca in medicina e farmacologia la mancanza di replicabilità della maggior parte dei risultati ottenuti. Oltre il 90% delle ricerche, secondo il think tank The Lisbon Council, non sono replicabili e l’85% degli sforzi negli studi biomedici non hanno esiti concretamente applicabili. Allo stesso modo, l’80% delle sperimentazioni sui farmaci si ferma all’ultimo stadio, poco prima dello sviluppo finale.

Barriere burocratiche e mancanza di fondi alla ricerca

Come è possibile? I fattori sono diversi e variano dal mancato accesso ai dati dovuto a barriere di tipo burocratico (ad esempio eccessivi tempi richiesti per la revisione e la presentazione dei documenti legati ad una specifica sperimentazione) alla mancanza di adeguati fondi per la ricerca. Anche il rapporto costi/benefici è penalizzante sia per il ricercatore, in termini di visibilità, sia per il privato, in termini economici, temporali e di applicabilità dei risultati ottenuti, impegnati nel sostenere tali sforzi.

Come agevolare la ricerca

Quale deve essere l’atteggiamento delle istituzioni verso il mercato della ricerca nelle lifescience? La regolamentazione andrebbe semplificata in modo da agevolare i ricercatori nella presentazione dei risultati e nelle varie fasi necessarie allo sviluppo di nuove terapie e nuovi farmaci. Al contempo si permetterebbe ai privati di aumentare gli investimenti e rendere disponibile una maggiore mole di dati utilizzabili e replicabili anche in altre attività di ricerca. Inoltre settore pubblico e privato dovrebbero essere messi nelle condizioni di cooperare verso un maggiore accesso ai dati che è oggi una delle maggiori cause per quanto concerne l’avanzamento dell’innovazione biomedica e farmaceutica.

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