A poche settimane dall’assegnazione del Nobel per la Letteratura 2023 al norvegese Jon Fosse, mi viene in mente che una riflessione sull’evoluzione della parola, in seguito all’esplosione dell’utilizzo di ChatGpt, non sia del tutto fuori luogo. Perché l’assegnazione nel 2023 del Nobel ad un minimalista del linguaggio, nella cui motivazione si legge “Per la sua drammaturgia e la sua prosa innovative che danno voce all’indicibile” merita, secondo me, un certo approfondimento.
Jon Fosse e l’arte del linguaggio minimalista
Considerato uno dei più importanti scrittori contemporanei al mondo, tradotto in oltre 40 lingue, Jon Fosse viene ritenuto dai più l’erede legittimo di Eugène Ionesco e Samuel Beckett (Nobel per la Letteratura 1969 “Per la sua scrittura, che – nelle nuove forme per il romanzo ed il dramma – nell’abbandono dell’uomo acquista la sua altezza”) per la sua predilezione all’uso di un linguaggio liberato dalle stringenti regole della sintassi, e aperto all’esplorazione di semantiche evocative. Autore dell’immobilità e del silenzio, dell’isolamento e del misticismo, Fosse riduce l’uso della parola all’essenziale per permettere al non detto di evocare atmosfere, relazioni, possibili risoluzioni.
Se ogni testo può essere considerato, come diceva Umberto Eco, una macchina pigra che necessita della collaborazione del lettore per acquisire un significato, in Fosse la ricerca di tale collaborazione, da molti punti di vista, è massima.
Le sue opere teatrali sono difficili da mettere in scena appunto per questo. Perché le indicazioni scenografiche e di contesto sono molto scarne e mettono in difficoltà i registi che sono chiamati a riempire dei vuoti il cui compito però è essenziale per la resa dell’opera. Gran parte del suo successo o insuccesso in terra straniera, deriva proprio da questo. Dal modo in cui è stato rappresentato.
Scrive Fosse:
“Il silenzio, dunque, è forse la cosa migliore con la quale possiamo circondare ciò che conosciamo meglio. Forse è anche silenzioso in sé, come il non detto nel detto. In questo caso è illuminante che quello che sappiamo più profondamente non è cosa da portar fuori e spiegare, è troppo silenzioso per questo, cioè semplicemente è solo qualcosa che sappiamo, ma come lo sappiamo e perché lo si deve sapere non è tanto interessante. Probabilmente la cosa migliore, scrivendo, è lasciarla così, senza definirla*”.
Personaggi per lo più anonimi (L’uno, l’altro, l’adulto, la signora, il giovane, il bambino, ecc.), situazioni ripetitive ed ancorate ad una finestra temporale molto breve, passato e futuro che si scambiano di posto, ciò che è decisivo in Fosse avviene “nelle pause tra le parole. In quello che non viene detto, nei movimenti muti che formano un proprio linguaggio accanto o immediatamente sotto i dialoghi rarefatti**”. Per comprenderlo, dunque, bisogna essere allenati a riconoscere, nelle parole e tra le parole, il potere della retorica, del simbolismo, della musicalità del ritmo dato da un uso della punteggiatura tutto personale (Ricordo al lettore che la sua ultima fatica letteraria, la Settologia, è un lavoro di 1200 pagine divise in 7 volumi, privi di punti). Tutti elementi che sono parte integrante della costruzioni di un qualsivoglia significato.
ChatGpt e l’uso del linguaggio: un confronto
Cosa c’entra ChatGpt con tutto questo? C’entra nella misura in cui ci abitua ad usare il linguaggio esattamente nella maniera opposta. Affinché ci restituisca un testo soddisfacente, infatti, ChatGPT richiede da noi la scelta di un linguaggio chiaro e di evitare frasi complesse, ambigue o vaghe. ChatGPT sebbene sia in grado di riconoscere alcune figure retoriche, la sua capacità di farlo dipende dalla frequenza con cui queste figure retoriche sono state utilizzate nei dati di addestramento. Alcune figure retoriche comuni, come la metafora, la similitudine, l’iperbole e l’analogia, possono essere riconosciute se sono state ampiamente presenti nei testi con cui è stato allenato.
Tuttavia, ChatGPT non riconosce figure retoriche complesse e le interpreta in modo letterale o fornisce risposte basate su modelli di linguaggio statisticamente comuni piuttosto che comprendere il significato retorico.
Se dialogare con ChatGPT diventa una professione
Dialogare con ChatGpt sta diventando ormai una professione, nel senso che è necessario essere formati per imparare il suo linguaggio e trarre il maggior beneficio possibile dall’interazione con la macchina, cosa che costringe a rivedere se non completamente, sicuramente in larga misura, il nostro utilizzo del linguaggio, che potrebbe avere delle conseguenze anche nel quotidiano, a lungo termine. Sappiamo benissimo, infatti, che il linguaggio verbale è dinamico e in costante evoluzione. Cambia per riflettere le mutevoli condizioni sociali, culturali e storiche, così come per adattarsi alle nuove esigenze di comunicazione e agli sviluppi tecnologici, e all’abitudine.
Se a questo aggiungiamo che secondo l’ultimo rapporto annuale dell’Istituto nazionale di statistica***, il 60,7% degli italiani non ha letto alcun libro nel 2022, se non per faccende professionali o per forzati motivi di studio, personalmente il rischio di formare generazioni disabituate a manipolare ed interpretare un testo complesso lo vedo incombente.
La necessità di preservare la manipolazione della parola nell’era dell’IA
Se vogliamo sperare e riteniamo che sia un valore, come io lo ritengo fortemente, che autori come Fosse abbiano chance per vincere Nobel anche nel prossimo futuro, è fondamentale che manteniamo o stimoliamo una educazione alla manipolazione della parola sin dalle sue fondamenta. L’intelligenza artificiale in questo campo ritengo che debba radicalizzare la nostra posizione. Da un lato costringere ad una alfabetizzazione necessaria ed avanzata per il controllo dello strumento, dall’altro un recupero approfondito delle radici degli strumenti naturali della nostra conoscenza. Dunque, la parola. Dunque, la poesia come massima espressione di un dialogo intimo ed emotivo.
Bibliografia
*J. Fosse in Zern (2012:73)
** Zern (2012:40)
*** Noi Italia 2023 – https://www.istat.it/it/archivio/286033
J.Fosse, Io è un altro. Settologia, voll.3-5, La Nave di Teseo, 2023
J.Fosse, L’altro nome. Settologia, voll.1-2, La Nave di Teseo, 2021
J.Fosse, Mattino e sera, La Nave di Teseo, 2019
J.Fosse, Tre drammi, Titivillus editore, Corazzano (Pi), 2012
J.Fosse, Melancholia, Fandango Libri, 2009
J.Fosse, Teatro, Editoria & Spettacolo, 2006
F.Perrelli (a cura di), Jon Fosse. Saggi gnostici, Cue Press, Imola (Bo), 2018
L.Zern, Quel buio luminoso. Sulla drammaturgia di Jon Fosse, Titivillus editore, Corazzano (Pi), 2012