Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia assoluta” perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”. Dopo cento missioni troviamo gli agenti in un savana. L’agente Stefano Magli crede di aver intercettato delle memorie ancora attive in Arib, compagno di Esta.
Le dita di Stefano Magli scossero la testa di Arib, azzannate intorno alle tempie. I capelli ondeggiavano. Rilasciavano. Le memorie.
“Le tue memorie connesse Arib! I tuoi stupidi sentimenti!…” Stefano Magli lo insultava. Stordito dalla propria avidità. Le dita agguantavano il nulla. Stefano Magli roboava:
“Non c’è nulla! Nulla… nulla… neppure quella fantastica invenzione, somma di ogni egoismo che per millenni hanno chiamato amore…”
Esta divincolava. Correva. Fugava la tenda della casetta rifugio. Arib appiedava. Nella città antica. Esta la pancia vuota. Esta la pancia piena. Esta vicolava. Arib selciava. Esta sorrideva. Arib aggrotava. Esta cercava un’entrata. Arib il silenzio. Esta il caldo. Arib il giaciglio. Esta la penombra. Arib l’acqua. I vicoli si alleavano con Arib ed Esta.
Afro Allaa, l’agente navigatore esperto di mappe e di sopravvivenza: “Sono all’angolo! A sinistra!”
Arib scartava. Esta accasciava. Allaa agguantava. Arib sgusciava. Esta supplicava. Allaa inferociva. Arib annaspava. Esta madidava.
La via si piegava stretta. I palazzi si gonfiavano larghi. Le finestre si affollavano chiare. Le porte si aprivano di attimi.
La piazzetta danzava al matrimonio gradasso. Lo sposo ondeggiava. Le spose svelavano. L’orchestra assiepava. I violini accumulavano. I sapori accavallavano. I cristalli sorseggiavano. I dolci apparentavano. Arib si accodava. Estaa si estasiava. Allaa si invischiava.
La fuga irrorava. Mozzava i desideri. Sbiancava le ginocchia. Pullulava i passi. Le stradine affasciate. Abbiancate. Annevate. Aggelate. Assilenti di passi morbidi. Le memorie invernavano la città millenaria. Nella savana torrida. Le ultime memorie arrancavano i fiocchi. I passi feroci sfioravano le prede.
Arib riacciuffato. Esta appigliata. Allaa cieco di neve. Affittita dalle ultime memorie.
Un altro slargo. La voce in ogni angolo. “Cittadini della galassia! Alla vecchia maniera! Nessuna memoria vi bombarda!… Sono io qui, davanti a voi! Vero! Reale! Toccatemi!… signora mi tocchi il braccio… sente? sono io! Sono vivo! Sono in carne ed ossa! Senza memorie non ho più neppure un alias…” Arib si mischiava. Esta si appoggiava. Allaa li perdeva. La folla li affumava.
Ad ogni muro. Ogni spianata. Ogni corso. Ogni incrocio. Le divise da lontano. Dominavano le piazze. Stringevano le città. Rulavano le leggi. Circuivano le mura. Le muraglie dei bisbigli sono più alte si quelle dei proclami . Le memorie preventive azzerate. Ritornava Barabba.
La fuga dipanava. Arib sguinzagliava lo sguardo. Esta silenziava il dolore. Annunciava lo spirito. Consentiva il supplizio.
Esta i vetri di un immenso bar. Arib all’entrata. Esta ai tavoli in fondo. Arib al banco.
Le birre schiumavano. I piatti accoglievano. Le panche assiepavano. Arib si piegava. Esta pregava. Allaa snocciolava gli agenti della squadra nella disperazione delle tracce perdute. Di Arib e di Esta.
Il bar affollava le gioie e i dolori. Le memorie mancanti non supplivano più gli amori e gli odi. Anche una carezza era venduta alla cassa. Ma ora era solo un residuo caso di prostituzione.
(101-continua)