Il solo modo che abbiamo per proteggere i minori online, sui social ma non solo, è aumentare l’educazione digitale in seno alle due principali agenzie educative, famiglia e scuola. Un obiettivo non più rimandabile.
E non perché la tragedia di Palermo sia stata collegata a un social, TikTok. Non ci sono prove di un vero ruolo del social in merito, infatti, ma non abbiamo bisogno di questa conferma per invocare un intervento di scuola e famiglia. Bastano e avanzano le presenti e passate evidenze secondo cui i minori, spesso anche bambini, sono abitualmente lasciati incontrollati nel gestire i nuovi strumenti digitali.
I social e app chat più usate dai minori
Le prime cose che il genitore e gli insegnanti devono conoscere, per rafforzare il proprio ruolo al riguardo, sono quindi gli strumenti usati dai minori in Italia.
Le app di chat più diffuse tra i ragazzi
Fra le app, la più diffusa in assoluto, fra i ragazzi resta WhatsApp attraverso la quale comunicano, messaggiano, si scambiano foto, audio e video. Per registrarsi e utilizzare questo sistema in Europa occorre avere almeno 16 anni. Negli incontri formativi che da diversi anni tengo all’interno delle scuole (incontrando i ragazzi a partire dalla quarta primaria) una buona percentuale di ragazzini a dieci anni è dotata di smartphone con installato WhatsApp e attivo il gruppo della classe. Oggi ragazzi delle scuole medie in particolare sono su Telegram, una piattaforma di comunicazione che decisamente può essere utile per veicolare e reperire informazioni senza necessariamente fornire il proprio numero di cellulare. I genitori dovrebbero stare però molto attenti a verificare i contenuti che transitano sui gruppi/canali ai quali i ragazzi accedono, su entrambe le piattaforme.
I social più frequentati dai ragazzi: i problemi privacy
Fra i social maggiormente frequentati dai ragazzi, TikTok la fa da padrone seguito a ruota da Instagram. Per quel che riguarda le impostazioni privacy e sicurezza basiche si sono fatti miglioramenti rispetto al passato. Un primo problema è la creazione di account social con la collaborazione dei genitori nonostante vi siano regole che indicano come termine per entrare il compimento del quattordicesimo anno (fino a tre anni fa era 13 anni). In tal modo si passa il messaggio ai ragazzi che su Internet si possa mentire circa la propria età e trasgredire quindi la legge in vigore. Un secondo problema è il fatto di attivare un account pubblico aperto a chiunque anziché privato, con la conseguenza che chiunque potrebbe diventare follower e visionare i contenuti postati dal minore. Un problema che hanno poi i ragazzi è che incautamente creano troppi account sullo stesso social. Basta dimenticare la password e anziché cercare di recuperarla preferiscono aprirne un nuovo profilo social dimenticandosi che qualcuno potrebbe appropriarsene fingendo di essere loro.
Le linee guida della Società Italiana di Pediatria per l’utilizzo tecnologia bambini
In senso generale, poi è utile conoscere alcuni paletti raccomandati dagli esperti, come quelli della Società Italiana di Pediatria.
- No a smartphone e tablet prima dei 2 anni di età
- No a smartphone e tablet per almeno un’ora prima di andare a dormire
- No a smartphone e tablet durante i pasti
- Dai 2 ai 5 anni il tempo limite giornaliero è di 1 ora
- Dai 5 agli 8 anni il tempo limite giornaliero è di 2 ore
Un buon genitore, il giorno stesso in cui decide di consegnare al proprio figlio di un dispositivo tecnologico (console, smartphone, o altro) dovrebbe essere consapevole circa le principali potenzialità, le criticità e i pericoli che si possono incontrare.
Trovate qui un approfondimento maggiore circa consigli chiave per garantire la massima sicurezza ai bambini online.
Qui invece un riepilogo di ciò che occorre mettere in atto sul profilo del minore su Tik Tok per garantire una maggiore sicurezza online.
È importante avere ben chiaro quale è il tempo massimo che possiamo concedere ai bambini nell’utilizzo delle tecnologie. Questo evitando di arrivare a far diventare tablet e smart tv la nuova babysitter virtuale. Riporto al riguardo la frase del noto psichiatra/psicoterapeuta Federico Tonioni che tempo fa affermava: “Sa cosa mi dicono alcuni genitori quando vengono da me? Mio figlio con uno schermo davanti non si vede e non si sente. Sa cosa significa? Che i propri figli non si pensano e non si conoscono. E quando sono più grandi si è costretti a controllarli perdendo la loro fiducia”.
Opportunità e rischi della rete
Ma conoscere le regole non basta.
Nel 2006 ebbi l’occasione di organizzare con Lions, Polizia Postale e Microsoft il primo convegno nazionale dal titolo “Internet e Minori: opportunità e rischi”, che vide la partecipazione del Direttore Generale servizi Polizia Postale e Comunicazione di allora, Domenico Vulpiani. Fra quanto era emerso durante il convegno, mi colpirono alcune affermazioni ancor oggi valide e che ci tengo a riportare attualizzandole:
- I ragazzi non ascoltano le “pappardelle teoretiche” degli adulti loro vicini (genitori e insegnanti) ma seguono i modelli. Inteso che se un genitore predica bene ma razzola male è indubbio che difficilmente il figlio potrà osservare le indicazioni e le regole indicate dallo stesso. Attualizzando questo concetto un suggerimento che vorrei passare ai genitori è: evitate di usare costantemente lo smartphone quando siete insieme ai vostri figli per chattare, telefonare o controllare i like sui post social.
- Nella scuola italiana quello che manca è una formazione costante trasversale su tutti i docenti a partire dagli educatori della scuola per l’infanzia che includa tematiche legate ad “alfabetizzazione e cultura digitale” con una particolare cura al come insegnare ai ragazzi ad avere un sano “spirito critico” nei confronti del mare magnum informativo presente in Rete. La formazione deve prevedere un aggiornamento quantomeno annuale che includa concetti di cybersecurity, privacy e reputazione digitale.
- I genitori prendono scarsamente in considerazione l’importanza della conoscenza del digitale in quanto i figli si muovono meglio di loro inconsapevoli del fatto che “muoversi bene”, essere “smanettoni” non necessariamente significa essere alfabetizzati digitalmente e consapevoli circa il come prevenire ed evitare i rischi che la Rete presenta oggi. Fondamentale, da questo punto di vista tenersi aggiornati, e impostare tutto ciò che serve nella prima fascia di età per tutelare i propri figli. Dialogare con loro, confrontarsi, dando regole sul come comportarsi nel mondo real-digitale. Sapere chi sono i loro influencer o youtuber preferiti cercando di verificarne le eventuali criticità derivanti dall’ascolto degli stessi con uno sguardo sia ai contenuti che al linguaggio utilizzato dagli stessi. Quali sono i contatti con i quali comunicano nei sistemi di messaggistica utilizzati monitorandone i contenuti che passano in chat, quantomeno nella prima fase di utilizzo. Quali i videogames utilizzano verificando se adatti alla loro fascia di età attraverso il portale PEGI.
- Per tutelare il mondo dei minori, ma non solo, occorrerebbe prevedere che gli strumenti tecnologici, il software di sistema e applicativo (per intenderci sistemi operativi quali ad esempio Windows/Android e le app) siano dotati di security by design e privacy by design. Questo significherebbe avere una sicurezza decisamente maggiore contro furto identità, doxing, truffe e così via.
- I bambini che sono spinti ad andare oltre i loro limiti solitamente sono coloro che hanno una bassa autostima. «Dimostrare che sono attraverso ciò che faccio» Il genitore deve valorizzare il valore dei ragazzi indipendentemente da performance e risultati. Importante, affinché fatti del genere non accadano nuovamente, insegnare anche ai genitori a dare regole innescando una trattativa con i loro figli aiutandoli ad acquisire il senso del limite. A compromesso raggiunto cresciamo anche noi genitori.
Figura 1 – Infografica statistica G Data progetto “Cyberbullismo, zero in condotta”
Le domande dei genitori
Per andare più sul pratico e specifico, di seguito alcune delle domande poste dai genitori durante i miei incontri formativi a tema “Educazione Digitale” e prevenzione “Cyberbullismo” e “Pericoli del Web” sui genitori, con le risposte che si ritengono più adeguate.
- Quale ritiene possa essere l’età giusta per concedere lo smartphone a mio figlio?
Non prima dei 12 anni. Nel caso sia stato dato prima aver cura di utilizzare un parental control o filtro famiglia (es. family link) che consenta di controllare la casella di posta elettronica, elemento base della propria identità digitale, e monitorare
- Ho dato il cellulare a mio figlio già alla prima comunione. Ora utilizza WhatsApp ma vorrei sapere se c’è un modo per controllarlo.
Premesso che è importante non controllare di nascosto ciò che fa il proprio figlio online bensì stabilire dall’inizio un controllo informato, per controllare ciò che transita su WhatsApp è possibile accedervi tramite la funzione “web.whatsapp.com” collegandosi dal proprio computer scansionando dallo smartphone del ragazzo i QRCODE che appare.
- Quali sono le migliori app e servizi web di parental control che consentono di proteggere mio figlio?
Solitamente suggerisco su tutti fra quelli gratuiti Family Link di Google mentre a pagamento “Qustodio”. Sono applicazioni che consentono di monitorare tutto ciò che il bambino fa sul suo dispositivo, con un servizio di aggiornamento sulla sua attività mediante notifiche. Per poter fare un confronto e scegliere il parental control più adatto alle nostre esigenze suggerisco di visionare il sito ilfiltro.it.
- Se installo il parental control posso dimenticarmi di seguire mio figlio quando videogioca, naviga o chatta online?
No. Sicuramente fino a 13-14 anni il parental control aiuta a proteggere i bambini dalla visione di contenuti inadatti, di entrare in contatto con falsi profili o estranei, di regolamentare meglio i tempi di utilizzo e di utilizzare videogiochi o app solo confermate dal genitore mediante una password solo da lui conosciuta. Detto questo non ci si può esimere dall’educare i propri figli affiancandoli e dialogando costantemente con loro.
- A quale età suggerisce di concedere l’entrata sul social a mio figlio?
Stando alle indicazioni del Gdpr l’età minima dovrebbe essere 14 anni. Nel caso in cui si voglia farli entrare prima dell’età consentita lo si può fare con un account gestito dal genitore ed entrando all’interno dello stesso solo dopo aver impostato privacy e sicurezza al massimo livello. La foto profilo sarà di fantasia e non del minore. Accesso condiviso con possibilità di controllo e monitoraggio attività svolta sul social.
- Cosa posso fare per evitare che mi venga hackerato l’account dei miei social o della mia casella di posta elettronica?
Creare una password efficace (minimo 14 caratteri alfanumerici con caratteri speciali) non riconducibile a dati personali e differenziata per ciascuno dei servizi utilizzati, attivazione verifica in due passaggi collegato all’app Google Authenticator installata sul proprio smartphone.
- Nel caso in cui qualcuno carpisca i miei dati personali e apra un account fingendo di essere me, una volta che mi accorgo dell’accaduto che posso fare?
Segnalare al social affinché blocchi il falso profilo in tempi rapidi. A seguire denuncia dell’accaduto presso gli uffici della Polizia Postale. Importante generare gli “screenshot” come prova dell’accaduto.
- Come posso controllare le informazioni che riguardano i miei figli finiscono in Rete?
Attivare il servizio “Google Alert” con servizio di notifica via mail ogni qualvolta esce sul web un contenuto con all’interno il nome di mio figlio.
Conclusioni
Una buona e sana educazione al digitale con un approccio differenziato sui minori a seconda della fascia d’età in ogni scuola italiana è fondamentale per gestire questa tematica vastissima che andrebbe seguita, per quel che riguarda i genitori e gli educatori già dai primi anni della scuola dell’infanzia.
Oggi, ogni scuola deve poter scegliere liberamente il consulente, l’azienda, l’associazione nella quale nutre maggior fiducia lavorando nell’ottica di un progetto ciclico annuale che affronti contenuti importanti sul digitale quali:
- Codice di comportamento in rete (netiquette)
- Cyberbullismo (conoscerlo per evitarlo)
- Sicurezza dei dati e dei dispositivi
- Social media e sistemi di messaggistica (guida all’uso corretto)
- Protezione dati personali
- Tutela identità e reputazione digitale
- Informazioni in Rete: evitare le fake news alimentando lo spirito critico
Questi argomenti devono essere affrontati con i ragazzi a partire dalla scuola primaria mentre per quel che riguarda i genitori e i docenti l’ideale sarebbe partire già dalla scuola dell’infanzia.
La Polizia Postale già svolge da diversi anni questo tipo di attività all’interno delle scuole, incontrando i ragazzi e facendo un ottimo lavoro con progetti formativi che coinvolgono anche gestori delle piattaforme e/o importanti associazioni quali Unicef, Moige etc.
Un suggerimento finale a tutti i genitori è quello di non condividere le foto dei propri figli sul social sul quale si è presenti con un profilo personale per una serie di motivi. Oltreché fornire a perfetti sconosciuti potenzialmente malintenzionati indicazioni preziose quali dove vive o quali posti frequenta vostro figlio, viene regalato alla Rete (potenzialmente quattro miliardi di persone iperconnesse) un album digitale di migliaia di foto e video che gli faranno compagnia tutta la vita. Infine, si passa il messaggio al proprio figlio, avendolo fatto noi con lui, che altrettanto possa fare con i suoi amici dimenticandosi completamente della normativa privacy che prevede la pubblicazione o l’invio a terzi su sistemi di messaggistica di foto che riguardano altri minori solo ed esclusivamente previo consenso da parte dei genitori degli stessi.
All’occorrenza le due istituzioni pubbliche oggi impegnate maggiormente a tutelare la cyber-navigazione dei cittadini digitali, con una particolare attenzione sul mondo dei minori, sono:
Privacy online, si può fare di più
Ovviamente, Scuola e genitori svolgono un ruolo in un contesto più ampio. C’è da dire che se guardiamo alle impostazioni privacy di default dei principali social, passi avanti negli ultimi anni ne sono stati fatti, questo anche grazie a quello che probabilmente è il miglior regolamento su scala mondiale (Gdpr) per la protezione e la tutela dei dati personali.
Ma probabilmente si può fare di più, soprattutto se pensiamo che il decreto italiano sul Gdpr (101/2018) prevede che sia 14 anni l’età minima per esprimere il consenso al trattamento dei propri dati (laddove l’art. 8 del Regolamento Ue stabilisce che per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento dei dati è lecito a partire dai 16 anni) eppure sono tantissimi i ragazzini minori di 13 anni presenti sui social.
Motivo che ha spinto il Garante Privacy al noto intervento.
TikTok e minori, Scorza (Garante Privacy): “La base giuridica del provvedimento e le conseguenze”
Tra i miglioramenti possibili, ad esempio, gli algoritmi che gestiscono le dinamiche all’interno dei social potrebbero essere settati in maniera tale che i contenuti dannosi vengano scovati in tempi rapidi e dunque isolati. Cosa che i social già fanno, ma a quanto pare non bene abbastanza.
Parliamo, ovviamente, non solo di TikTok ma di tutto il mondo dei social media (ci facciamo rientrare chiaramente anche YouTube). In tempi non recenti, ricordo il suicidio per episodi gravi di cyberbullismo, con aggressione e derisione su piattaforme social che garantivano un “falso anonimato”. Sul banco degli inputati in quel caso finirono social quali Ask e ThisCrush.
Altro miglioramento possibile: nel suo articolo Stefano Quintarelli ci illustra come Tik Tok e altri social potrebbero arrivare a identificare l’età certa dei suoi iscritti tramite token SPID o carta di credito, arrivando dunque a escludere l’iscrizione dei bambini.