Lo scorso 7 dicembre è stato finalmente siglato il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile”, tra il Governo e le Parti sociali.
Si tratta di un protocollo che integra le disposizioni di legge e indirizza i contratti nazionali, territoriali o aziendali in materia di smart working, valorizzando il ruolo della contrattazione collettiva nell’indicazione degli ambiti, dei perimetri e delle materie volte alla definizione degli accordi individuali. Esso ha infatti il precipuo scopo di fornire a imprese e lavoratori del settore privato giuste linee guida con cui regolamentare il lavoro agile o smart working.
I punti chiave del Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile
I punti saldi sono:
- il diritto alla disconnessione, quindi al riposo dei lavoratori;
- il diritto a vedere garantiti alcuni trattamenti già assicurati nel lavoro ordinario;
- il diritto alla sicurezza, nel senso di modalità attraverso le quali garantire la sicurezza dei dati che vengono utilizzati.
Ma analizziamo il protocollo nel dettaglio.
Lo smart working prima e dopo la pandemia: nuovi modelli di lavoro per non tornare indietro
Lavoro agile, cosa cambia per i lavoratori privati
Ciò che principalmente cambierà – non più dal primo gennaio 2022 ma, presumibilmente dal primo aprile, in ragione della proroga dello stato di emergenza, esteso fino al 31 marzo – risiede nella modalità di accedere allo smart working. Non sarà più possibile, infatti, accedervi de plano, come fatto finora nella maggior parte dei casi, senza alcun accordo individuale tra datore di lavoro e dipendente.
I baluardi inderogabili e i punti chiave del protocollo, in sintesi
Da aprile 2022, quindi, o successivamente – se ci saranno altre proroghe dello stato di emergenza – occorrerà dunque tassativamente stipulare un accordo individuale per poter usufruire dello smart working. Questo è uno dei capisaldi non derogabili, idonei ad offrire tutele tanto ai lavoratori, quanto ai datori di lavoro al fine di adattare il più possibile la disciplina legale alle esigenze lavorative effettive, accorciando le distanze tra il lavoro in presenza e quello a distanza.
I punti chiave invece si possono riassumere sostanzialmente in quattro (4):
- addio all’orario determinato;
- basta straordinari;
- più flessibilità “vera”, nel senso di fasce orarie flessibili;
- diritto alla disconnessione.
In pratica, perché il lavoro agile sia reso effettivamente agile, occorre che l’esecuzione del lavoro sia davvero smart: in ogni dove, e quando si vuole; basta raggiungere gli obiettivi prefissati.
Il nuovo smart working alla luce del protocollo
Valutiamo adesso quelli che sono gli elementi essenziali contenuti nel protocollo.
Adesione volontaria
Partendo dall’adesione allo smart working, vi è da dire che essa avviene su base volontaria subordinandola alla sottoscrizione di un accordo individuale, fermo restando il diritto di recesso. L’eventuale rifiuto manifesto da parte del lavoratore di aderire o svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile non integra affatto gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né tanto meno rileva sul piano disciplinare.
Accordo individuale
Arrivando al cuore del nuovo smart working, ecco che il protocollo prevede ex professo la sottoscrizione di un accordo scritto tra il datore di lavoro e il lavoratore, esattamente come stabilito dagli artt. 19 e 21 della L. n. 81/2017 nonché conformemente a quanto previsto, se del caso, dalla contrattazione collettiva.
Diritto di disconnessione
Poiché l’attività lavorativa svolta in modalità agile si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro, la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non deve erogare la prestazione lavorativa deve essere garantita.
La disconnessione pertanto diviene un vero e proprio diritto.
Luogo e strumenti di lavoro
Il lavoratore è libero di individuare il luogo in cui svolgere la propria prestazione in modalità agile, purché lo stesso abbia caratteristiche tali da consentire una regolare esecuzione della prestazione, in condizioni tanto di sicurezza quanto di riservatezza (data protection).
Parità di trattamento, pari opportunità, lavoratori fragili e disabili
Ciascun lavoratore agile ha diritto, rispetto ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dei locali aziendali, allo stesso trattamento economico e normativo, anche con riferimento ai premi di risultato, e alle stesse opportunità rispetto ai percorsi di carriera, di iniziative formative e di ogni altra opportunità di specializzazione e progressione della propria professionalità, nonché alle stesse forme di welfare aziendale e di benefit previste dal CCNL di settore.
Formazione (art. 13)
Per garantire a tutti i lavoratori agili pari opportunità nell’utilizzo degli strumenti di lavoro, sono stati previsti percorsi formativi professionalizzanti di cui si dirà più oltre.
Orbene, per garantire a tutti i fruitori del lavoro agile, un arricchimento del proprio “bagaglio professionale”, al fine di diffondere una cultura aziendale orientata alla responsabilizzazione e partecipazione dei lavoratori, «le Parti sociali ritengono necessario prevedere percorsi formativi, finalizzati a incrementare specifiche competenze tecniche, organizzative, digitali, anche per un efficace e sicuro utilizzo degli strumenti di lavoro forniti in dotazione. I percorsi formativi potranno interessare anche i responsabili aziendali ad ogni livello, al fine di acquisire migliori competenze per la gestione dei gruppi di lavoro in modalità agile».
D’altronde, la rapida evoluzione dei sistemi e degli strumenti tecnologici, l’aggiornamento professionale è ritenuto fondamentale per i lavoratori agili.
Solo un’adeguata risposta ai fabbisogni formativi sarà la chiave di volta. Quest’ultima deve dunque essere favorita, anche con eventuali incentivi, idem la formazione continua.
Ma non è tutto. La formazione può costituire per i lavoratori in modalità agile altresì un momento di interazione/scambio in presenza, anche per prevenire situazioni di isolamento, ovvero la sindrome degli “zombie”.
Il nuovo smart working, gli elementi indispensabili
Nel trattare quali sono gli elementi indispensabili del nuovo smart working/lavoro agile, concettualmente, dobbiamo anzitutto considerare la ratio che (ci) ha spinto sin qui.
Se non si capisce infatti il cambio di approccio, difficilmente si potrà attuare in modo efficace questa (nuova) modalità alternativa di svolgere la prestazione lavorativa.
Per capire la ratio del nuovo smart working, dobbiamo ragionare in primis per obiettivi, e poi per performance.
Il lavoro per obiettivi
Lo smart working come noto è diverso dal telelavoro per quanto entrambi abbiano caratteristiche comuni fondate su un modello organizzativo di tipo flessibile, ma significativamente diversi dal momento che il lavoro agile è basato sulla flessibilità spazio-temporale, mentre il telelavoro si basa solo sulla flessibilità oraria.
Da qui, la necessità che lo smart working sia per forza agganciato ad un lavoro per obiettivi.
Smart working, a ben guardare, significa “lavoro intelligente” dal cui elemento, in effetti, dobbiamo prendere le mosse per fare una riflessione meritevole di apprezzamento e non di meno seria sulla rivoluzione in atto nell’organizzazione del lavoro.
D’altra parte, il rinnovamento tecnologico iniziato con l’avvento della pandemia e al quale da quasi due anni stiamo assistendo, è ciò che ci sta consentendo di ragionare in termini di “produttività, efficienza e semplificazione dei processi”.
Produttività, performance e gestione del tempo
É chiaro ed evidente che il rendersi attivi nella gestione del proprio tempo (faccenda seria!) costituisce un requisito indispensabile onde migliorare la propria produttività.
Concentrare le attività è la naturale conseguenza.
Facciamo qualche esempio per esplicitare meglio questo “passaggio”.
Anziché rispondere ad ogni e-mail pervenuta, è meglio (nel senso di più utile) programmare slot di tempo durante la giornata conseguendo così un atteggiamento, con palmare evidenza, proattivo.
Stesso discorso può dirsi per il tempo da bloccare in agenda per le attività che richiedono pensiero e concentrazione come la ricerca, la redazione di atti, o il brainstorming.
Altrimenti, lo stop and go risulterebbe deleterio, dal momento che ogni interruzione altro non fa che disperdere concentrazione, dovendo ricominciare ogni volta dall’inizio.
Certo, non si tratta di regole magiche e fors’anche nemmeno universali, ognuno ha un suo “orologio interno”, forma mentis, ecc.
La giornata “tipo” e l’arte del saper delegare
La giornata lavorativa svolta in modalità agile caratterizzandosi per l’assenza di un preciso orario di lavoro e per l’autonomia nello svolgimento della prestazione, impone la conoscenza delle cosiddette “tre fasi di produttività” che si hanno nel corso di una giornata, date dal “picco, calo e rimbalzo”; secondo alcuni studi, durante le ore che precedono il picco – di solito intorno a mezzodì – si è più concentrati, il che lo rende un momento perfetto per i compiti analitici. Nel calo che rappresenta il punto più basso, potrebbe convenire concentrarsi su compiti più creativi. Sul rimbalzo, infine, come dice il termine, si può ritornare a svolgere attività che richiedono prestazioni (più) performanti, sempre in relazione al proprio settore/funzione/ruolo.
Se imparare a gestire il tempo di lavoro, ci consente di (imparare a) ragionare concretamente in termini di lavoro e di misurazione della prestazione lavorativa, così è altrettanto l’arte di saper delegare.
Il risultato naturale di una corretta gestione dei tempi di lavoro porta con sé:
- attenzione alle persone e al loro senso di responsabilità e di collaborazione reciproca;
- padronanza nella capacità di delegare, abilità essenziale che rende (o dovrebbe rendere) tutti più produttivi.
Smart working: il quadro normativo
Prima di dettagliare i singoli punti, è il caso di fare una breve ricognizione normativa.
La legge 81/2017 e le deroghe per lo stato emergenziale
Partiamo dal dato normativo pre-pandemia, e cioè la legge 81/2017, la famosa legge istitutiva della modalità agile. Partiamo da questa, anche per capire se davvero sarà l’inizio di una nuova era.
Detta legge, come noto, nell’ultimo anno e mezzo è stata derogata più e più volte per renderla adeguata alle esigenze derivanti dallo stato emergenziale.
Se ricordiamo, e come senz’altro ricorderemo, il ricorso allo smart working — impropriamente definito — era tra le prime misure per contrastare il diffondersi repentino del virus, accanto a quelle più invasive che ci riportano indietro con la mente al primo, e poi secondo lockdown.
Lo smart working era infatti l’unica modalità, in quei tempi e non meno in quelli di adesso con la ripresa del virus trainata dalla variante omicron, atta a garantire la prosecuzione del lavoro.
La successione di decreti-legge al tempo di pandemia
Nel settore privato, infatti, il primo passo verso la diffusione del lavoro agile è stato fatto con il D.L. 6/2020; successivamente, con il D.L. 18/2020, meglio conosciuto come Decreto Cura Italia, dichiarandolo “obbligatorio”, ove e quando possibile.
Poi, l’art. 90 del D.L. 34/2020, al comma IV, prevedeva: “Non oltre il 31 dicembre 2020, la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può essere applicata dai datori di lavoro privati a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti.”
Così, succedeva il D.L. 52/2021 che ha prorogato il termine del 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021.
Stante il profluvio dei testi normativi da un anno e mezzo a questa parte, un dato era chiaro ed immutato di volta in volta: in fase emergenziale si poteva ricorrere all’applicazione del lavoro agile senza stipulare alcun accordo, per il solo fatto dell’ombrello Covid.
Anche la modalità con cui il datore di lavoro deve comunicare il numero di dipendenti in smart working, in costanza di pandemia, subiva un’importante variazione: se prima l’azienda doveva infatti inviare l’accordo tra le parti, corredato di alcuni dati come la tipologia di lavoro agile, se a tempo determinato o indeterminato, e non di meno la sua durata – il tutto supportato da un progetto – da quando governa il Covid, al datore di lavoro basta effettuare una mera comunicazione attraverso una procedura semplificata, e nulla di più.
Ecco che la definizione del protocollo tra il ministro Orlando e le Parti sociali interviene per sostituire l’attuale disciplina ed integrarla con la L. 81/2017 pur sempre sulla base delle esigenze lavorative e di vita, anche in favore del cd “work life balance”, emerso vieppiù con un utilizzo ampio dello smart working.
Protocollo e Legge 81/2017, le disposizioni confermate e quelle innovate
Tra le disposizioni confermate notiamo come il lavoratore e il datore di lavoro debbano concordare la sede di lavoro, salva altra individuazione per opera della contrattazione collettiva, e purché non si tratti di luoghi ritenuti non idonei ai fini della sicurezza delle informazioni e vieppiù della protezione dei dati.
Al lavoratore (non in presenza) devono, anzitutto, essere garantiti gli standard di cui alla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, così come già stabilito dalla Legge 81/2017.
Poi sono state altresì confermate le disposizioni in ordine alla parità di trattamento tra lavoratori agili e in presenza, rispetto a temi come: i) formazione continua; ii) copertura INAIL contro gli infortuni sul lavoro e la malattia professionale.
Tra le novità, vediamo come tale copertura assicurativa debba essere estesa anche all’uso degli strumenti tecnologici che l’azienda è tenuta a fornire, salvo diversa pattuizione tra le parti.
Non solo, sono entrati in giuoco anche gli strumenti economici di welfare aziendali tali da favorire elementi/valori come la genitorialità, l’inclusione e una più concreta conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, di cui si è scritto poc’anzi.
La struttura e il contenuto del Protocollo lavoro agile per i privati
Una premessa e sedici articoli, ecco la struttura del nuovo protocollo.
Nella “Premessa” è interessante notare come l’attuale fase storica abbia determinato grandi trasformazioni con un significativo impatto sull’organizzazione del lavoro.
Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile
I principi generali
All’art. 1 si legge come il protocollo fissi «il quadro di riferimento, condiviso tra le Parti sociali, per la definizione dello svolgimento del lavoro in modalità agile esprimendo pertanto linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale nel rispetto della disciplina legale di cui alla legge 22 maggio 2017, n. 81 e degli accordi collettivi in essere, tutto ciò affidando alla contrattazione collettiva quanto necessario all’attuazione nei diversi e specifici contesti produttivi».
Vediamo adesso gli aspetti più operativi.
Il contenuto dell’accordo
All’art. 2 del protocollo è disciplinato l’accordo individuale prevedendo:
- la durata dell’accordo, che può essere a termine o a tempo indeterminato;
- l’alternanza tra i periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali;
- i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali;
- gli aspetti relativi all’esecuzione della prestazione lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e alle condotte che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari nel rispetto della disciplina prevista nei contratti collettivi;
- gli strumenti di lavoro;
- i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione
- le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nel rispetto di quanto previsto sia dall’art. 4 della L. n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), sia dalla normativa in materia di protezione dei dati personali;
- l’attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile;
- le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali. In presenza di un giustificato motivo, sia il datore sia il lavoratore possono recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato oppure senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato.
Come si aderisce al lavoro agile: lato lavoratori
L’adesione al lavoro agile avviene, come detto, su base volontaria ed è subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale, fermo restando il diritto di recesso.
Ora, ci occupiamo di commentare le nuove regole recentemente sdoganate, prima lato lavoratore e poi lato datore di lavoro, volendo fornire una guida operativa a vantaggio di ambo le parti.
Oltre a quanto già esposto, ora ci preoccupiamo di sviscerare punto per punto.
Addio all’orario di lavoro preciso
La giornata lavorativa svolta in modalità agile, attese le previsioni di legge e di contratto collettivo, si caratterizza per l’assenza di un preciso vincolo di orario nello svolgimento dell’attività lavorativa, nonché per l’autonomia nello svolgimento della prestazione.
Sì ai permessi, ma no agli straordinari
Si possono chiedere i permessi orari previsti dai contratti collettivi e quelli previsti dalla Legge 104, ma non sono previsti straordinari, a meno questo che non sia esplicitamente previsto dai contratti collettivi.
In caso di assenze legittime (malattia, ferie, permessi retribuiti o infortuni), il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è obbligato a rispondere.
Salvo lo stipendio
Ciascun lavoratore agile, rispetto ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni all’interno dei locali aziendali, ha diritto allo stesso trattamento giuridico-economico. Lo svolgimento della prestazione in smart working non deve per nulla incidere sugli elementi contrattuali in essere quali livello, mansioni, inquadramento professionale e retribuzione del lavoratore.
Non solo ha diritto allo stesso trattamento, ma anche ai premi di risultato, così come alle stesse opportunità rispetto ai percorsi di carriera, di iniziative formative e di ogni altra opportunità di specializzazione e progressione della propria professionalità, oltre alle stesse forme di welfare aziendale e di benefit previste dalla contrattazione collettiva.
No al licenziamento in caso di rifiuto
Se il lavoratore rifiuta di aderire allo smart working, non perde il posto di lavoro, per nessun motivo.
La tutela contro gli infortuni sul lavoro
Il lavoratore agile ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali, esattamente come un lavoratore non agile.
Le parti sociali, peraltro, si sono impegnate a facilitare l’accesso al lavoro agile per i lavoratori in condizioni di fragilità e di disabilità.
Le nuove regole dello smart working – lato datore di lavoro
Ribaltando il ragionamento, il datore di lavoro è anzitutto tenuto a stipulare l’accordo individuale.
A fornire poi la strumentazione tecnologica e informatica necessaria allo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, provvedendo altresì alle spese di manutenzione e sostituzione, fatto salvo l’addebito al lavoratore in caso di comportamenti negligenti.
Strumenti di lavoro (art.5)
Il datore di lavoro di norma fornisce la strumentazione tecnologica e informatica necessaria allo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, al fine di assicurare al lavoratore la disponibilità di strumenti idonei all’esecuzione della prestazione lavorativa e sicuri per l’accesso ai sistemi aziendali.
Le spese di manutenzione e di sostituzione della strumentazione fornita dal datore di lavoro, necessaria per l’attività prestata dal dipendente in modalità agile, sono a carico del datore di lavoro stesso che ne resta proprietario.
In caso di guasto, furto o smarrimento delle attrezzature e in ogni caso di impossibilità sopravvenuta a svolgere l’attività lavorativa, il dipendente è tenuto ad avvisare tempestivamente il proprio responsabile e, se del caso, attivare la procedura aziendale per la gestione del data breach. Laddove venga accertato un comportamento negligente da parte del lavoratore cui conseguano danni alle attrezzature fornite, quest’ultimo ne risponde. Qualora persista l’impossibilità a riprendere l’attività lavorativa in modalità agile in tempi ragionevoli, il dipendente e il datore di lavoro devono concordare le modalità di completamento della prestazione lavorativa, ivi compreso il rientro presso i locali aziendali.
Salute e sicurezza sul lavoro (art. 6)
Il datore di lavoro, per parte sua, è tenuto ad essere in linea con una rigorosa conformità normativa composta dalla disciplina in materia di salute e sicurezza, e privacy.
«Il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e fornisce tempestivamente a tale lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza aziendale o territoriale, in occasione delle modifiche delle modalità inerenti allo svolgimento del lavoro agile rilevanti ai fini di salute e sicurezza e, comunque, con cadenza almeno annuale, l’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Rimane fermo l’obbligo per i lavoratori di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione di lavoro agile.
La prestazione effettuata in modalità di lavoro agile deve essere svolta esclusivamente in ambienti idonei, ai sensi della normativa vigente in tema di salute e sicurezza e per ragione dell’esigenza di riservatezza dei dati trattati.
Si fa rinvio alla contrattazione collettiva nazionale e di secondo livello, ai sensi dell’art. 51 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, per quanto riguarda le modalità applicative del d.lgs. n. 81/2008 e s.m.i. in materia di lavoro agile.»
Il datore di lavoro deve garantire, inoltre, la copertura assicurativa INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, anche derivanti dall’uso dei videoterminali, nonché la tutela contro l’infortunio in itinere, secondo quanto previsto dalla legge.
Diritti sindacali (art. 8), pari opportunità (artt. 9-10) e welfare aziendale (art. 11)
Ancora, da lato datoriale, occorre che «Lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile non modifica il sistema dei diritti e delle libertà sindacali individuali e collettive definiti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Le Parti sociali si impegnano a individuare le modalità di fruizione di tali diritti, quali, per esempio, l’esercizio da remoto dei medesimi diritti e delle libertà sindacali spettanti ai dipendenti che prestano la loro attività nelle sedi aziendali, fermo restando la possibilità, per il lavoratore agile, di esercitare tali diritti anche in presenza».
Circa le pari opportunità, richiamando l’art. 20, l. n. 81/2017, «lo svolgimento della prestazione in modalità agile non deve incidere sugli elementi contrattuali in essere quali livello, mansioni, inquadramento professionale e retribuzione del lavoratore. Ciascun lavoratore agile ha infatti diritto, rispetto ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dei locali aziendali, allo stesso trattamento economico e normativo complessivamente applicato, anche con riferimento ai premi di risultato riconosciuti dalla contrattazione collettiva di secondo livello, e alle stesse opportunità rispetto ai percorsi di carriera, di iniziative formative e di ogni altra opportunità di specializzazione e progressione della propria professionalità, nonché alle stesse forme di welfare aziendale e di benefit previste dalla contrattazione collettiva e dalla bilateralità».
Sul benessere aziendale, infine, nel protocollo si legge chiaramente che «le Parti sociali, a fronte dei cambiamenti che l’estensione del lavoro agile può determinare nelle dinamiche personali di ciascun dipendente, si impegnano a sviluppare nell’ambito degli strumenti di welfare aziendale e di bilateralità, un più ampio e concreto supporto anche in ambito di genitorialità, inclusione e conciliazione vita-lavoro, anche mediante misure di carattere economico e/o strumenti di welfare che supportino l’attività di lavoro in modalità agile da parte del lavoratore».
Smart working nel privato, focus e ricadute su privacy e sicurezza delle informazioni
Analizziamo ora le ricadute in materia di privacy e sicurezza delle informazioni.
Il datore di lavoro è tenuto a fornire, per iscritto, al lavoratore in modalità agile tutte le informazioni adeguate sui controlli che possono essere effettuati sul trattamento dei dati personali, come previsto dalla normativa vigente.
Protezione dei dati personali e riservatezza (art. 12)
Il lavoratore anche in modalità agile, ai fini privacy, è un autorizzato. In quanto tale, il datore di lavoro (in qualità di titolare del trattamento) ha l’obbligo, come da istruzioni ricevute, a trattare i dati personali ai quali accede per motivi professionali.
In virtù di ciò e in ogni caso, il lavoratore (agile) è altresì tenuto alla riservatezza sui dati e sulle informazioni aziendali in proprio possesso, ovvero disponibili sul sistema informativo aziendale.
Il datore di lavoro, per parte sua, adotta tutte le misure tecnico-organizzative necessarie e adeguate al fine di garantire la protezione dei dati personali dei lavoratori agili da un lato e, dall’altro di quelli trattati dai medesimi.
Ancora, il datore di lavoro informa il lavoratore (in modalità) agile circa i trattamenti dei dati personali che lo riguardano, anche nel rispetto di quanto disposto dall’art. 4 della L. 300/70 cd Statuto dei Lavoratori.
Gli adempimenti privacy/GDPR
Spetta al datore di lavoro/titolare del trattamento:
- fornire al lavoratore agile le istruzioni e l’indicazione delle misure di sicurezza che lo stesso è tenuto ad osservare onde garantire la protezione, segretezza e riservatezza delle informazioni che egli tratta per scopi professionali o attinenti al suo ruolo/funzione;
- l’aggiornamento del registro del trattamento dei dati connessi alle attività svolte anche in modalità agile. Al fine di verificare che gli strumenti utilizzati per questa modalità alternativa siano conformi ai principi di privacy by design e by default, si consiglia caldamente di eseguire una valutazione d’impatto (DPIA) dei trattamenti;
- promuovere l’adozione di policy aziendali fondate sui concetti di security by design, prevedendo la gestione dei data breach e l’implementazione delle misure di sicurezza adeguate (come, ad esempio, crittografia, VPN, piani di backup, protezione malware, ecc.);
- favorire iniziative di formazione e sensibilizzazione dei lavoratori sia sull’utilizzo, custodia e protezione degli strumenti impiegati per rendere la prestazione, tanto sulle cautele comportamentali da adottare, quanto sullo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità smart, ivi compresa la gestione dei data breach.
Lo smart working e la posizione dei sindacati
Grazie al dialogo sociale e per via della convergenza di opinioni differenti si è raggiunto, come si scriveva in principio, anche con grande e manifesta soddisfazione, un buon rectius ottimo risultato, quale punto di partenza per una vera contrattazione, in materia.
Alcune dichiarazioni di noti esponenti Cisl – Uil – Cgil
Il segretario generale Cisl, Luigi Sbarra, nel ritenere che un accordo triangolare tra governo, sindacato e impresa sia (stata) la via maestra, afferma che “…il vero lavoro agile richiede il ritorno a soluzioni pienamente negoziate, adattive, capaci di dare vantaggi al lavoratore, alla sua azienda e alla collettività con soluzioni organizzative nuove, improntate su un metodo di valutazione per obiettivi, sulla valorizzazione dell’autonomia della persona che lavora. Opportunità che dobbiamo saper cogliere attraverso le relazioni industriali“.
Per la segretaria confederale Uil, Tiziana Bocchi, pur non essendo necessaria una modifica legislativa, al momento, è tuttavia importante “…la stessa contrattazione (quale) la fonte primaria per la definizione dei diritti e tutele per le lavoratrici e i lavoratori che operano attraverso questa modalità di lavoro. Nel merito sarà necessario garantire l’alternanza tra la prestazione eseguita all’interno dei locali aziendali e quella svolta in modalità agile, nonché affermare esplicitamente il diritto alla disconnessione concretamente esigibile al fine di evitare abusi“. Dando un chiaro segno, quindi, sull’importanza/consacrazione del diritto alla disconnessione.
Secondo, infine, la segretaria confederale Cgil, Tania Scacchetti, è condiviso “…l’indice dei temi proposti, dall’alternanza tra prestazione da remoto e in presenza, al tema degli orari di lavoro e della disconnessione, alla dotazione della strumentazione tecnologica, al rafforzamento della disciplina sulla salute e sicurezza, alla formazione.” Con la conseguenza che la trasformazione in atto, per taluni ambiti e settori decisamente strutturale, aggiunge “non va minimizzata, ma governata per i possibili riflessi che può avere sul benessere organizzativo e sulla sostenibilità ambientale”.
Le Parti sociali, in ultima analisi, convengono financo sulla opportunità – per non dire necessità – di adottare un codice deontologico e di buona condotta ai fini del trattamento dati personali dei lavoratori agili, da sottoporre ovviamente al preventivo giudizio di conformità da parte dell’Autorità Garante privacy.
Dubbi e perplessità
Veniamo ad alcuni dubbi e talune perplessità che già possono evidenziarsi.
Anzitutto, quelle sollevate da parte datoriale la quale, in forza del potere direttivo che la stessa fisiologicamente esercita, ritiene che tali previsioni e responsabilità annesse determinino una chiara ed evidente “sottrazione” alla vigilanza e al controllo del datore, dal momento che il lavoro in modalità agile è per sua intrinseca natura sfuggente al potere direttivo.
Diritti e tutele per i lavoratori
Il lavoratore che presta la propria opera in smart working, si legge nel protocollo, deve avere gli stessi diritti e tutele dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni, esclusivamente all’interno dei locali aziendali (premi di risultato, fringe benefits).
Non solo, ma anche dovranno essere assicurate le stesse opportunità rispetto alla formazione, alle progressioni e ai percorsi di carriera. Sarà realmente fattibile?
Sulla reale data di inizio che dovrebbe coincidere con la fine dell’emergenza sanitaria, e cioè – presumibilmente – dal 1° aprile 2022, sarà invero possibile?
E questi sono soltanto alcuni degli interrogativi che dovremmo porci, analizzando i temi in questione: sarebbe il caso di dire … “meditate gente, meditate!”
Gli insegnamenti della pandemia
Potremmo scriverci un libro, e, forse qualcuno ci ha già anche pensato.
Ma di fatto quali sono insegnamenti ci ha trasmesso la pandemia?
Dovendo tralasciare considerazioni, magari anche più interessanti sul piano logico-dialettico, stando al tema in questione, possiamo dire che proprio da un’attenta analisi di quelle che si sono rivelate essere le difficoltà più strutturali del lavoro in modalità agile, abbiamo potuto comprendere non solo, da un lato le differenze strutturali tra il telelavoro e lo smart working (ex artt. 18-23 L. n. 81/2017 come integrato dalla normativa Covid), ma anche e soprattutto dall’altro in che modo e fino a che punto detta modalità di svolgimento del lavoro (svolto un po’ a e da casa e un po’ al lavoro) sarà uno tra gli strumento di transizione più importanti vs la nuova organizzazione del lavoro.
Cosa cambia per lo smart working con la proroga dello stato di emergenza al marzo 2022
Il CdM in data 14 dicembre 2021 ha fatto un ulteriore comunicato con il quale ha dichiarato la proroga dello stato di emergenza, «…su proposta del Presidente Mario Draghi e del Ministro della salute Roberto Speranza, ha approvato un decreto-legge che prevede la proroga dello stato di emergenza nazionale e delle misure per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 fino al 31 marzo 2022».
Quali gli effetti della proroga
Gli effetti della proroga, con tutta evidenza, ricadono in primis sullo smart working, consentendo di fatto ai lavoratori tutti di ricorrere al lavoro da remoto, per le vie brevi senza fare alcunché; esattamente come avvenuto finora.
In altri termini, la proroga di fatto continua a derogare agli accordi sindacali o individuali con l’azienda.
Non scatterebbe più, quindi, al 1° gennaio 2022, l’obbligo di sottoscrizione di accordi individuali, come previsto/voluto dal protocollo in questione.
D’altronde, il protocollo stesso, ad un’attenta lettura, stabilisce proprio all’art. 1, comma II, che “la modalità di lavoro da casa sarà fruibile su base volontaria attraverso la sottoscrizione di un accordo individuale che preveda il diritto di recesso non vige in periodo di proroga dello stato di emergenza”.
Operativamente
Dal punto di vista operativo, sarà possibile fino al 31 marzo 2022 non (dover) ricorrere ad alcun accordo individuale di smart working così come richiesto ex lege (art. 18, della l. n. 81/2017).
Il datore di lavoro, specie del settore privato, potrà continuare a comunicare i nominativi dei lavoratori adibiti in smart working e la rispettiva data di cessazione della prestazione di lavoro in tale modalità (agile) al ministero del lavoro, per via telematica, con una procedura (mera comunicazione) massiva.
L’obbligo di informativa al lavoratore ed al RLS (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza), potrà dirsi assolto per via telematica facendo uso della documentazione disponibile sul sito internet INAIL, come si è convenuto finora.
Tanto rumore per nulla, dunque?
Forse no! Ma un dato è certo: per vedere applicati i nuovi standard, dovremo aspettare la primavera del 2022, quando chissà che non si ritorni davvero alla, tanto attesa, normalità.
L’inizio di una nuova era (si spera)
Concludiamo con qualche brevissima pennellata sul futuro.
Dalla sigla del protocollo in avanti, cruciale dunque sarà il ruolo della contrattazione collettiva. Tutto fa pensare ad un fattivo e significativo aumento di tutele, specie con riferimento alla gig economy: partita che è appena cominciata, garantendo – come ha dichiarato il ministro Orlando – “…nessun impatto negativo sul business delle piattaforme”. Stiamo a vedere.