Poche tematiche risultano più divisive della diffusione di piattaforme volte allo svolgimento delle psicoterapie online. Alcuni le considerano una commercializzazione che svaluta l’etica clinica e una forma di sfruttamento del lavoro dei colleghi psicologi; altri vi lavorano senza darne pubblicamente notizia per timore di essere giudicati negativamente e di screditarsi; altri ancora ne valorizzano invece lo spirito di iniziativa imprenditoriale che offre un metodo di cura a persone non in grado di accedere a trattamenti in presenza e opportunità di lavoro ai giovani laureati in Psicologia.
Noi sospendiamo qualsiasi giudizio e sosteniamo che, andando alla radice del problema, le piattaforme vadano di fatto a sopperire in parte ai compiti di cura svolti in passato dalle istituzioni pubbliche in un’epoca di privatizzazione della sanità.
La crescita esponenziale delle piattaforme di psicoterapia online
Negli ultimi anni, soprattutto a iniziare dal lockdown del 2020, constatiamo l’incremento delle sedute di psicoterapia svolte da remoto. Oltre all’attività che ogni clinico svolge per proprio conto senza disdegnare i trattamenti in videochiamata, si sono diffuse le piattaforme espressamente finalizzate alla clinica online.
Le piattaforme più famose
Citiamo giusto qualche nome: si va dall’ormai celebre Unobravo, che da innovativa start up è divenuta un network di livello internazionale, a Serenis, a quelle che si occupano in modo specifico di adolescenza fra cui Associazione Adagio.
Ormai sono note anche ContactU, Psicodigitale, Sygmund e altre ancora. Iniziano a diffondersi le piattaforme specializzate in un certo tipo di orientamento teorico: la psicoterapia cognitivo-comportamentale offerta da InTherapy ne è una dimostrazione emblematica. Ci sembra plausibile che, nei prossimi anni, diversi fra i principali approcci clinici svilupperanno nelle loro istituzioni e nei loro istituti di specializzazione in psicoterapia delle piattaforme deputate ai nuovi trattamenti digitali.
I dati sulle attività delle piattaforme online
I dati relativi all’ammontare di attività di queste nuove piattaforme sono considerevoli. Unobravo riferisce di aver supportato ben 220.000 persone, dal 2019 che è l’anno della sua fondazione a oggi: in alcuni casi si tratta di veri e propri percorsi di psicoterapia, in altri di brevi consulenze, in altri ancora di contatti che si interrompono dopo il primo colloquio. Unobravo è una piattaforma radicata da poco più di un anno anche in Spagna. Ha un team clinico composto da alcuni psichiatri e, soprattutto, da oltre 6.000 psicologi e psicoterapeuti: pare sia il più ampio d’Europa.
Per rendere l’idea del fenomeno, si tratta di un numero all’incirca uguale a quello di tutti gli psicologi iscritti all’albo delle Marche sommato a quelli dell’albo della Liguria.
La selezione del personale delle piattaforme online
Va sottolineata la selezione del personale operata da Unobravo; sul proprio sito riporta come soltanto il 15% dei colleghi che si candidano entra a far parte del team. I dati relativi all’organigramma di Serenis, che si pone espressamente come centro medico, sono altrettanto rilevanti: riferisce di avvalersi di oltre 1.500 professionisti fra i quali non soltanto psicologi, psicoterapeuti e coach ma pure un numero abbastanza ampio di medici psichiatri. Abbiamo contezza di persone che hanno svolto diverse esperienze di psicoterapie online, passando da una piattaforma a un’altra e a un’altra ancora, nel corso di vari cicli di cura.
Il dibattito suscitato dalle piattaforme online: promozione o mercificazione della cultura psicologica?
Tali piattaforme stanno sicuramente contribuendo con il loro attivismo alla promozione di una cultura psicologica secondo la quale l’intraprendere un percorso di psicoterapia si smarca dallo stigma sociale che contrassegnava drammaticamente la follia, per esempio con il berretto a sonagli che forniva il titolo a una commedia teatrale di Pirandello. Talora si contesta il fatto che si tratti di un tipo di clinica organicamente in linea con il sistema di mercato, avviata in una prospettiva commerciale e indirizzata ad aziende oltre ai singoli pazienti, senza quell’afflato sovversivo situato alla base della psicoanalisi.
Sarebbe sbagliato tralasciare il fatto che qualcuno fra i colleghi volti a criticare con veemenza tali piattaforme si è in precedenza candidato per lavorarci senza venire selezionato. Alcune iniziative delle piattaforme online hanno effettivamente una prospettiva marcatamente posizionata sul mercato; si pensi, per esempio, alla collaborazione di Unobravo con il noto centro commerciale Lidl per proporre sconti sulle cifre delle prime sedute. L’interrogativo che ci si pone concerne il rischio di trasformare la clinica in una sorta di interazione mercificata nella quale il valore della parola, al cuore di ogni seduta, e dell’affetto a essa correlato venga degradato e scambiato insieme ai dilaganti oggetti di consumo.
Sopperire a una parte delle carenze istituzionali
La diffusione esponenziale delle sedute svolte tramite le piattaforme online, a seguito della compilazione di un questionario relativo ai propri sintomi e alle proprie aspettative, deriva dalla digitalizzazione del mondo, dalla crescente fiducia nei confronti degli oggetti digitali e dal boom dei trattamenti svolti da remoto nel corso del lockdown che ha definitivamente sdoganato questa forma della pratica clinica. Deriva, tuttavia, principalmente da un fattore politico: la dismissione delle istituzioni pubbliche che implica carenza di personale e liste d’attesa molto lunghe per potervi fruire di un percorso di psicoterapia. Va inoltre sottolineato come spesso i percorsi offerti nelle istituzioni sono brevi, circoscritti a dei cicli di poche sedute (di solito 8-10): questi sono talvolta di grande aiuto ma lasciano in svariati casi insolute delle problematiche, dei sintomi, delle questioni cruciali per esseri umani che soffrono molto. Queste persone traggono beneficio allora dalla continuità e regolarità delle psicoterapie svolte davanti a uno schermo.
Fino a pochi anni or sono, la domanda di cura si indirizzava anzitutto alle istituzioni pubbliche oppure a quelle del privato sociale, specie se di ispirazione cattolica. Vi erano aspettative nei confronti del contesto pubblico, al quale tutti potevano rivolgersi se non altro per ricevere un primo aiuto e al quale veniva attribuita una certa eticità. Non che non vi sia più questo aspetto ma l’accoglienza incontrata spesso non si rivela sufficiente. L’istituzione, con la propria organizzazione e con le proprie regole, faceva da elemento terzo fra il paziente e il clinico; attualmente, l’elemento terzo è costituito dalla piattaforma che procura i pazienti e pone delle regole come quelle relative al primo colloquio gratuito, alla cifra delle sedute, al darsi del tu. Quando un collega non si sente soddisfatto dal doversi attenere a tali regole, si organizza per lavorare altrove così come avveniva e ancora avviene quando ci si dimette da un’istituzione per avere maggiore autonomia professionale.
Col digitale i giovani si avvicinano alla psicoterapia
Unobravo riesce a intercettare i settori della popolazione più giovani: oltre un 80% dei propri pazienti si collocano nel range fra i 18 e i 39 anni; se a questi sommiamo quelli ancora in età adolescenziale, ci accorgiamo della giovane età di quasi tutti coloro che si rivolgono a Unobravo. Anche i pazienti di Serenis si caratterizzano in gran parte come giovani e si situano per circa il 75% fra i 18 e i 40 anni. Come abbiamo ampiamente sostenuto nel nostro libro “Bucare lo schermo. Psicoanalisi e oggetti digitali”, le sedute in videochiamata vengono richieste infatti da persone che avvertono una sorta di transfert positivo nei confronti degli strumenti informatici, mentre non ne hanno altrettanta a proposito delle istituzioni; fra queste persone vi sono soprattutto giovani nativi digitali, che hanno maggior dimestichezza con tali device. Si rivolgono a queste piattaforme e compilano il questionario preliminare con un’attitudine analoga a quella con la quale cercano sesso e amore online, sulle app di incontri. Le pazienti donne sono prevalenti, nella misura di un 65% dei casi ma tale dato appare sostanzialmente in linea con quanto avviene offline poiché la disponibilità all’ascolto da parte dei clinici ha sempre suscitato l’interesse delle donne: del resto, la psicoanalisi è nata quando Freud ha iniziato ad ascoltare il discorso delle sue giovani pazienti isteriche.
L’avvio dell’attività clinica e la ricerca di pazienti
L’avvio dell’attività clinica implica per psicologi e psicoterapeuti il problema del trovare dei pazienti. Fino a pochi decenni or sono, questo ostacolo veniva valicato reperendo un lavoro in istituzione, di solito a seguito di un concorso pubblico. Dunque si iniziava a lavorare in un ospedale, in un consultorio, in psichiatria, in un Servizio per le Tossicodipendenze; dopo qualche anno di esperienza, si avviavano i propri studi privati. L’estremo rarefarsi di bandi di concorso in ambito istituzionale determina dunque la necessità di un certo spirito imprenditoriale.
Un metodo sta nel crearsi un sito Internet e nel pubblicizzarlo con modalità promozionali fra i quali degli account sui social più in voga che rimandino al proprio sito e l’indicizzarsi sui motori di ricerca. Un’altra via sta nell’appoggiarsi agli elenchi psicologi più quotati per procacciarsi pazienti. Un ulteriore metodo è appunto quello di trovare lavoro in una piattaforma, come in passato lo si cercava e trovava nelle istituzioni. Certamente non a caso, Unobravo presenta nel proprio team clinico operatori dall’età media di 36 anni e con un tempo medio di iscrizione all’Albo degli Psicologi di 8 anni. Serenis propone uno staff leggermente meno giovane, se non altro in termini di anni di iscrizione all’Albo degli Psicologi: il tempo medio è di 12 anni. Serenis si avvale anche di psichiatri e di coach. Sottolinea inoltre una cospicua presenza nel proprio team di colleghi di consolidata esperienza in quanto circa il 30% dei loro terapeuti ha più di 15 anni di pratica clinica alle spalle.
Dal lato dei giovani clinici, non si trascuri il fatto che lavorare per conto di una delle piattaforme online permette di economizzare: implica risparmiare sull’affitto o addirittura sull’acquisto di uno studio, sull’arredamento delle stanze, non espone al rischio d’impresa. Consente inoltre di ottimizzare i tempi potendo lavorare comodamente da casa propria negli spazi lasciati liberi da altre attività.
Probabilmente, la maggior parte dei giovani clinici che operano nelle piattaforme si dimetterebbero subito se venisse loro offerto un contratto di lavoro a tempo indeterminato in un’istituzione pubblica. Non tutti operano online per passione; molte volte questa diventa una necessità.
Conclusioni
Non si può tornare all’epoca precedente la pandemia. Non si può impedire il progresso tecnico-scientifico e arrestare l’utilizzo di queste modalità di trattamento. Gli ordini professionali dovrebbero semmai regolamentare eventuali pieghe commerciali delle sedute online.
Si tratta in special modo di incrementare le conoscenze teoriche, le competenze pratiche e i momenti di confronto fra colleghi come supervisioni e intervisioni a proposito dei casi clinici seguiti online o in modalità ibrida. Dunque è cruciale avviare gruppi di lavoro, convegni e giornate di studio sull’argomento portando alla luce la pratica delle sedute online senza farla rimanere sotto silenzio. Per questo, i corsi di studio universitari e quelli degli istituti di specializzazione in psicoterapia dovrebbero includere una parte cospicua di momenti di insegnamento a proposito della nuova clinica digitale. Indispensabile rimane il percorso soggettivo che svolge un clinico: per questo si ritorna al punto fondamentale che è quello dell’esperienza analitica personale.