La scelta di Facebook di dare più trasparenza alla pubblicità politica sui social è a sua volta una mossa politica di autoregolamentazione, che ci ricorda quanto i “signori del web” siano al momento sovrani che portano avanti la propria agenda senza un contro potere di bilanciamento.
Come diceva Rodotà, dobbiamo pensare ad una Costituzione per Internet, un “Internet Bill of Rights”, soprattutto nel nuovo scenario dove l’informazione e’ diventata merce e non più un passo intermedio verso la “conoscenza/saggezza”.
Ora vince il più forte, chi controlla i “silos” del cloud, chi riesce a spostare miliardi di dollari con un click, La rete ha aperto l’accesso alla conoscenza a chi ne era escluso, ma, senza una carta dei diritti fondamentali, ha aperto anche il controllo dall’alto dei più forti.
I social network fanno politica? Perché c’è ancora qualcuno che si illude della neutralità delle tecnologie? Ogni tecnologia incorpora dei valori, in questo caso il valore principale e’ quello di “attrarre” milioni di “eyeballs”.
Per la pubblicità, a qualsiasi costo, anche al costo di accettare milioni di dollari in cambio di una bella fetta di bandwidth/mindshare, anche al costo di pubblicare cose che una volta si leggevano solo sulle porte dei bagni delle stazioni.
Una volta chi gestiva le informazioni, es. giornalisti, aveva anche una deontologia professionale, era cosciente che aveva un ruolo fondamentale nella società.
Oggi, di quei giornalisti ne sono rimasti pochi, la maggior parte di coloro che gestiscono informazioni programma algoritmi per massimizzare solo il profitto.