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Puglia, la metodologia Living Lab come supporto alla social innovation

Sono sempre più ricercate soluzioni tecnologiche in grado di catturare e valorizzare le esperienze formative informali, quali social learning e condivisione del sapere, learning on the job ma anche coaching e mentoring. Esigenze di questo tipo declinate su differenti tipologie di utenti sono emerse attraverso la sperimentazione condotta in Regione Puglia con il programma Living Labs

Pubblicato il 08 Dic 2016

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I contesti lavorativi di oggi e i differenti approcci al tema della formazione professionale richiedono un cambio di paradigma rispetto alle più classiche metodologie di sostegno e aggiornamento sperimentate negli ultimi anni.

Per far fronte al maggiore tasso di competitività e alle richieste di professionalità sempre più complete e multisettoriali in grado di misurarsi con le sfide che un mercato ormai globale impone, il supporto tecnologico riveste un ruolo fondamentale favorendo l’implementazione di metodologie didattiche e servizi digitali di elevata fruibilità riferibili ad esempio alle piattaforme di Cloud Computing.

Sono infatti sempre più ricercate sia in ambito pubblico e sia in ambito privato nuove soluzioni tecnologiche in grado di catturare e valorizzare le esperienze formative informali, quali social learning e condivisione del sapere, learning on the job ma anche coaching e mentoring. Esigenze di questo tipo declinate su differenti tipologie di utenti sono emerse attraverso la sperimentazione condotta in Regione Puglia con il programma Living Labs.

Nel modello di Living Labs, promossi dalla Regione Puglia e attuati con InnovaPuglia, si prova a favorire la creazione di ambienti di innovazione aperta, in situazioni di vita reale, nei quali il coinvolgimento attivo degli utenti finali insieme alle imprese, università e pubblica amministrazione, permette di realizzare percorsi di co-creazione di nuovi servizi, prodotti e infrastrutture sociali. La sperimentazione Living Labs ha conosciuto un radicamento in precise istanze di carattere e interesse non solo individuale ma collettivo, grazie alla raccolta e al censimento preventivo di fabbisogni che provenivano da Enti pubblici, Associazioni no profit, Scuole, Musei, etc. operanti nel territorio regionale, per i quali veniva richiesto attraverso specifici progetti finanziati con bandi R&I regionali di sviluppare nuovi prototipi e servizi per i quali i proponenti e i partecipanti adottavano l’approccio all’innovazione guidata dagli utenti.

Nel dominio “Education & Training” identificato all’interno degli otto temi di riferimento Living Labs sono emersi alcuni fabbisogni in ambito formazione professionale tra i quali:

la necessità di far fruire servizi di formazione sul posto di lavoro (learning on the job) grazie all’uso di internet, intranet, interactive desktop, videoconferencing, etc.;

il bisogno di garantire formazione in remoto grazie all’utilizzo di strumenti web based di e-learning;

la possibilità di avere strumenti per la gestione delle risorse umane di reclutamento, selezione, valutazione, sviluppo, comunicazione interna, amministrazione;

il favorire l’adozione di sistemi premianti;

la possibilità di effettuare il monitoraggio e valutazione di docenti e discenti;

la capacità di adottare nuovi format didattici interattivi e multimediali che sfruttino le tecnologie dell’interazione come la realtà virtuale e la realtà aumentata.

Alla luce di tali fabbisogni, sono stati sviluppati servizi e piattaforme all’interno dei Living Lab pugliesi, che rispondono ai paradigmi di:

Social learning e Innovative learning

Interactive learning, New Media e Robotics

Adaptive Learning

La metodologia consente infatti al cittadino di partecipare al processo innovativo assumendo comportamenti prossemici (che avvicinano fisicamente) ed insieme “by proxy” (relazionalmente virtuali) nel senso di utilizzare la tecnologia come mediatore comunicativo e quindi direttamente partecipativo attraverso modalità non necessariamente verbali, in questo considerate “prossemiche”, e al tempo stesso “aumentate” rispetto alla virtualità (by proxy) delle stesse relazioni, senza utilizzare la tecnologia solo come surroga risolutiva ai limiti dell’individuo. Sostanzialmente la tecnologia all’interno dei living lab ha una funzione prossemica in quanto ridisegna gli spazi relazionali e al tempo stesso amplia le possibilità relazionali in funzione delle distanze tra i players del gioco cooperativo alla base dell’approccio living lab. Tale visione metodologica introduce fattori motivazionali che trasformano l’individuo in agente del sistema definito dal meccanismo living lab.

Il cittadino che scarica l’app per segnalare una problematica di viabilità per disabili o per segnalare un rischio idrogeologico, il cittadino che partecipa alla piattaforma di cittadinanza attiva del Comune o che funge da sensore per problematiche ambientali di natura odorigena, non è solo un individuo responsabile ma è un agente di un sistema civico in cui la motivazione del capitale umano (cittadini, imprenditori, ricercatori, amministratori pubblici) deriva dalla comune utilità (il più delle volte coincidente con il bene comune) degli stakeholders coinvolti nella costruzione di una comunità di pratica dal punto di vista socio-economico o di una “smart community” dal punto di vista socio-tecnologico.

Nel suo complesso, l’intervento “Apulian ICT Living Labs” ha attivato con un contributo pubblico di 25 milioni di euro 75 progetti che hanno coinvolto 193 imprese, 40 enti di ricerca, 154 organizzazioni utenti e 40 comuni, che hanno interagito secondo il meccanismo della quadrupla elica.

Nel ciclo 2014-2020 la Puglia sta estendendo il modello dei Living Lab dalla dimensione digitale a tutte le key enabling technologies. Con una dotazione di 10 ml di euro, gli “InnoLabs” saranno progetti in cui il valore aggiunto si rifletterà su:

– fabbisogni e “communities” correlabili alle sfide sociali della smart specialization strategy

– soluzioni legate non solo all’ICT ma ad innovazioni tecnologiche di vario tipo e allo stato dell’arte, utili a risolvere le necessità manifestate

– modelli di business improntati all’approccio Open Innovation 2.0 in cui tutti i players risultano fruitori di utilità

– impatto sociale delle soluzioni tecnologiche, in termini di riduzione delle diseguaglianze per ciò che riguarda alcuni aspetti della qualità della vita e quindi con particolare attenzione al ruolo del cittadino.

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