Quali politiche per una economia basata sui dati: dall’Europa una lezione per l’Italia

La Commissione Europea ha proposto una serie di politiche per spingere i Paesi verso un’economia basata sui dati. Ne ha bisogno anche l’Italia. Lo sa bene il Commissario Piacentini, a cui ora si può consigliare un approccio simile a quello usato dalla Commissione Europea. Ci sono ancora molti nodi da sciogliere

Pubblicato il 13 Gen 2017

Luca Gastaldi

Direttore dell'Osservatorio Agenda Digitale e dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano

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Il 10 gennaio la Commissione Europea ha proposto una serie di politiche per accelerare il percorso degli Stati membri verso un’economia maggiormente basata sui dati, la cosiddetta “data economy”. I dati sono infatti il carburante dell’economia moderna e rappresentano una risorsa che sta rapidamente diventando centrale nei meccanismi di creazione di valore in ogni settore. L’accesso a grandi mole di dati e la capacità di combinare dati diversi tra di loro sono prerequisiti imprescindibili di tutte le iniziative di attuazione dell’Agenda Digitale nei vari Paesi europei.

Il mercato europeo relativo alla vendita e all’acquisto di dati valeva già 55 miliardi di euro nel 2015. Con una crescita di circa il 7% l’anno, arriverà a valere oltre 80 miliardi di euro nel 2020. Questa è tuttavia solo una piccola parte del valore abilitato dallo scambio e dall’utilizzo di dati. La Commissione ha stimato che un’efficace gestione di dati potrebbe generare nel 2020 un’economia di oltre 640 miliardi di euro, pari a più del 3% del PIL europeo.

La Commissione sta lavorando per concretizzare tutto questo potenziale, favorendo una maggiore circolazione di dati e un loro efficace utilizzo all’interno di tutta l’Unione Europea. Le politiche che sono state varate il 10 gennaio guardano con spirito critico ai regolamenti nazionali sullo scambio di dati e offrono suggerimenti per conciliare la difesa della privacy con la rimozione di restrizioni ingiustificate alla condivisione di dati. La Commissione ha fatto chiarezza sugli aspetti legali connessi all’accesso e al trasferimento di dati oltre che alla loro portabilità e affidabilità. Ha chiarito le linee di lavoro su cui si focalizzerà nei prossimi mesi e lanciato due consultazioni pubbliche per raccogliere evidenze e pareri atti a identificare le prossime misure legislative da varare.

Anche l’Italia ha bisogno di politiche per scambiare e utilizzare maggiormente e meglio i tanti dati prodotti ogni giorno dai suoi cittadini, dalle sue imprese e dalle sue Pubbliche Amministrazioni (PA). Lo ha ben presente il Commissario Piacentini, che ha enfatizzato l’importanza dei dati sia nel manifesto del team di trasformazione digitale del Paese che presiede a Palazzo Chigi che nel programma di lavoro su cui si concentrerà nei due anni del suo mandato.

Suggerisco al Commissario di adottare un approccio simile a quello usato dalla Commissione Europea. Nella gestione dei dati – soprattutto di quelli pubblici – serve prima di tutto fare chiarezza su quanto è consentito fare e quanto invece non lo è. Le linee guida emesse dall’AgID a fine 2016 vanno proprio in questa direzione, ma ci sono ancora molti nodi da sciogliere. È necessario poi guardare con spirito critico alle tante iniziative di raccolta e valorizzazione dei dati presenti sul nostro territorio. Sono tante ma purtroppo non sono ancora raccordate tra loro. Bisogna portare a fattor comune le buone pratiche, promuovendo gli approcci che si sono dimostrati più efficaci, lavorando per rendere le basi di dati interoperabili tra loro e accompagnando enti pubblici e privati nella progressiva valorizzazione dei loro patrimoni informativi. Devono essere avviati dei meccanismi con cui raccogliere pareri dagli esperti di data management, in modo da definire insieme a essi le priorità da perseguire. Serve, più in generale, un approccio inclusivo in grado di rispondere alle molteplici istanze di cittadini, imprese e PA.

Il lavoro da fare è tanto ma i benefici ottenibili lo ripagherebbero ampiamente. Per attuare l’Agenda Digitale italiana, così come quella europea, è necessaria un’efficace gestione dei dati. Un Paese che non investe con decisione in questo fronte rischia di vanificare ogni altro sforzo di crescita digitale.

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