Il videogioco è un medium che potremmo definire completo dal momento che abbraccia una vasta gamma di settori che ne vanno a costituire le singole parti. Un’opera corale quindi, come i film, se vogliamo, ma ancor più carica di diversi settori specifici, che ne plasmano forma e intenti.
Può la musica nei videogiochi trascendere il medium da cui ha origine?
Ho già avuto modo di esplorare la correlazione tra videogioco e arte in un altro articolo e do quindi per scontate informazioni relative a questa diatriba che, ricordo, da tempo anima il settore. Il tema che in questo caso mi preme affrontare è però la concezione della musica presente nei videogiochi come elemento a sé stante: può questa essere estrapolata dal contesto ed esperita perfettamente anche singolarmente?
Prima di raggiungere un verdetto in tal senso, lasciate che sposti il focus e vi ponga qualche domanda apparentemente non correlata: chi non ha mai canticchiato l’iconico tema di Indiana Jones? O quello di Jurassic Park, ma anche Star Wars e tantissimi altri?
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Colonne sonore da leggenda
La potenza generata dall’unione di più medium, a formare un’opera corale, è decisamente memorabile, soprattutto per il grande pubblico. Tra i concerti popolari di cantanti blasonati spiccano da sempre anche quelli del grande John Williams, per fare un esempio di compositori leggendari (in questo caso da Oscar) che hanno lavorato soprattutto per il grande schermo.
Tale presenza nelle grandi arene musicali è pienamente giustificata non solo dal successo che le opere hanno, quindi un aspetto meramente commerciale, ma dalla caratura stessa delle composizioni che assurgono quindi a un livello superiore, spesso riservato esclusivamente alla musica classica.
I film come apripista
I concerti dedicati a soundtrack di film sono ormai tantissimi, realizzati spesso in serie di eventi o singolarmente, come sottolineavo in precedenza; quindi, una presenza data per scontata nei grandi teatri di tutto – o comunque gran parte – del mondo.
Ma si può dire lo stesso dei videogiochi? Prima di esaminare l’evoluzione della concezione globale in tal senso è necessario ancora una volta fare un passo indietro e capire perché si parla comunque di due esperienze necessariamente diverse.
Vedere un film è un’operazione passiva, si acquisiscono le informazioni, e quindi anche la soundtrack, così come intese dai creatori, senza la possibilità di variazioni di alcun tipo. Una visione uguale e standardizzata per tutti, con un inizio, una sezione intermedia e una finale dove c’è quindi un crescendo ben identificabile.
Scrivere musica per videogiochi, una vera sfida
Per i videogiochi non è possibile utilizzare lo stesso metro dal momento che questi hanno sì un inizio e una fine, ma spesso è ciò che c’è in mezzo a far la differenza. In base alla tipologia di videogioco, tale esperienza può quindi variare significativamente da giocatore a giocatore. Il messaggio, dunque, è quello di una maggiore sfida per il compositore a cui è assegnato il compito di scrivere per un videogioco rispetto a un film.
Basti pensare che alcuni giochi possono durare centinaia di ore e hanno una struttura non lineare, per questo motivo il compositore necessita di tante tracce diverse da poter mescolare a piacimento, anche con diversi arrangiamenti, per offrire un risultato finale eccellente e memorabile.
Considerate queste difficoltà e i risultati raggiunti nelle ultime tre decadi, è imperativo considerare in modo altrettanto favorevole le composizioni musicali per i videogiochi, garantendo loro il giusto riconoscimento di eccellenza riservato ai grandi compositori di musica per film.
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Premi e riconoscimenti dell’ambito
Il fatto che le soundtrack di videogiochi vengano ampiamente riconosciute anche da esperti del settore non è un segreto e sono davvero tantissime le premiazioni che di anno in anno vengono portate avanti sia autonomamente sia in seno a eventi più grandi.
Per quanto riguarda le prime è possibile ricordare i Game Audio Awards, che nel 2020 hanno premiato compositori come Piotr Musial (Frostpunk, The Witcher 3: Blood and Wine e Bulletstorm) e Jason Graves (Tomb Raider, Far Cry Primal, Until Dawn, Dead Space).
Mentre per le seconde va assolutamente menzionato l’evento BAFTA Game Awards che dal 2003 premia vari settori del gaming tra cui quello musicale (citandone alcuni: Journey nel 2012, BioShock Infinite nel 2013, Cuphead nel 2017, God of War nel 2018).
Prendendo proprio le parole di Austin Wintory, compositore per Journey: “I videogiocatori esperiscono la musica in modo differente, non solo per il tempo, mediamente più lungo, che passano ascoltando i pezzi del gioco, ma anche perché la musica è studiata per enfatizzare determinati momenti. Questi conferiscono al giocatore un senso di realizzazione che diventa parte cruciale e indimenticabile dell’esperienza”.
La carica emozionale degli arrangiamenti da orchestra
Presentare la musica di videogiochi, anche di vecchia data, così com’è, può comunque rappresentare un problema, rivelandosi in alcuni casi un po’ troppo semplice. Spesso, quindi, i compositori preferiscono rivedere gli arrangiamenti, soprattutto quando le proprie opere diventano popolari, per proporli in modo completamente nuovo, eseguiti quindi da orchestre competenti e di rilevanza internazionale.
Questo è il caso, per esempio, della popolare serie di giochi di ruolo Final Fantasy (giunto al sedicesimo capitolo), forse il più calzante per popolarità anche nel nostro Paese.
Concerti da favola
La serie di concerti chiamata Distant Worlds: Music from Final Fantasy, con le tracce originali composte da Nobuo Uematsu e riarrangiate in chiave orchestrata, ha avuto inizio nel 2007, in Svezia, per poi diffondersi a macchia d’olio in tutto il mondo e naturalmente anche in Italia.
Che la musica dei videogiochi potesse essere di successo lo aveva già intuito Tommy Tallarico, compositore che nel 2005 ha deciso di puntare su una serie di concerti iniziati nella Los Angeles Philharmonic Orchestra: Video Games Live che dal 2005 ha organizzato più di 500 eventi in oltre 40 paesi.
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Musica classica e cultura popolare sono quindi uniti per dare una nuova dimensione e maggior dignità al lavoro di migliaia di professionisti in tutto il mondo che decidono di uscire dagli schemi e diventare compositori di musica per videogiochi.
Il rischio è che si possa pensare che si tratti di composizioni adatte solo agli appassionati più irriducibili ma in verità, anche chi non ha mai toccato un gamepad può restare estremamente colpito dalla delicatezza e poetica malinconia che traspare dalle tracce di NieR: Automata, catturato dal flow ragtime di quelle di Cuphead o estasiato dal lirismo raggiunto nei pezzi di Final Fantasy XIV.
Tutto ciò, senza aver mai necessariamente esperito il medium ludico di riferimento: un risultato assolutamente degno di nota e che ci permette, in ultima analisi, di considerare la musica come elemento in grado di trascendere il videogioco e divenire, di fatto, un trait d’union tra pubblico specializzato e generalista.