La frontiera

Quantum computing: dove siamo davvero al di là degli annunci

La tecnologia del quantum computing deve ancora maturare e l’avvento dei computer quantistici non è così imminente come si crede. Cos’è il quantum volume, gli standard del quantum assembly, la differenza con i computer tradizionali

Pubblicato il 04 Mag 2022

Antonio Cisternino

Università di Pisa

quantum computing

I progressi fatti nel quantum computing e gli importanti annunci da parte di big tech come IBM o Google contribuiscono ad alzare le aspettative su una tecnologia che rende disponibili le proprietà controintuitive del mondo quantistico per effettuare calcoli impossibili su un computer tradizionale.

Ma, sebbene i quantum computer sianouna realtà, lo stato dell’arte non è quello che si intravede nei comunicati: è un futuro più lontano.

Supercalcolo e quantum computing: il futuro della ricerca computazionale è ibrido

Nel 2019, sia la NASA che Google hanno annunciato di aver raggiunto la “quantum supremacy”, ovvero la risoluzione di un particolare compito da parte di un computer quantistico più rapidamente di un supercomputer tradizionale. Annunci che contribuiscono ad alimentare aspettative su risultati raggiungibili nel futuro immediato: ma la realtà è che i computer quantistici potrebbero realizzarle più tardi del previsto.

È difficile fare previsioni: scoperte positive o negative potrebbero condizionare il cammino verso i computer quantistici, che Gartner stimava l’anno scorso come lungo almeno 10 anni.

È già successo in passato: le reti neurali sono state sviluppate nel corso di decenni con numerose battute d’arresto dovute a scoperte di limiti nei modelli dell’epoca, che hanno richiesto anni di ricerca per essere superati.

È lecito chiedersi quindi se sia il caso di cercare di capire oggi il quantum computing oppure semplicemente mettersi in panchina ed aspettare la maturazione della tecnologia.

Quantum computing: un bignami

È difficile introdurre il quantum computing, perché il mondo quantico è quanto di più controintuitivo e distante dalla nostra esperienza ci sia.

Il quantum computing è una tecnologia che, se pienamente realizzata, potrebbe cambiare radicalmente il panorama del calcolo automatico. Un esempio: nel 1994, Peter Shor ha dimostrato teoricamente che un quantum computer potrebbe fattorizzare, ovvero scomporre un numero in fattori primi, in modo efficace qualsiasi cifra. Poiché sulla fattorizzazione si basa la crittografia RSA, sono evidenti le conseguenze per dati sensibili come la firma elettronica o per la comunicazione sicura sul web.

Nel mondo della fisica quantistica, il principio di indeterminazione di Heisenberg ci informa che conoscere la posizione di una particella ci impedisce di conoscerne la velocità e viceversa, rendendo così impossibile una diretta osservazione del mondo microscopico in cui si verificano effetti in apparenza molto buffi.

Dico in apparenza, poiché in assenza di un’esperienza dei nostri sensi, l’unica via per esplorare questo mondo straordinario è quella della matematica e dell’osservazione indiretta. Ma è difficile dare un’interpretazione intuitiva di equazioni matematiche, nonostante questi modelli consentano oggi di spiegare il comportamento dei sistemi alla base di buona parte dei miracoli dell’elettronica che utilizziamo.

Un quantum computer è composto di quantum bit, qubit per gli amici, elementi che richiamano i più tradizionali bit ma che, a differenza loro, possono attraversare più stati dei semplici 0 e 1.

Una rappresentazione classica del qubit è la sfera di Bloch che si vede in figura. I gate quantistici possono spostare lo stato del qubit come un raggio all’interno della sfera che ha |0> al polo nord e |1> al polo sud.

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Un qubit si comporta come un bit normale mantenendo lo stato fino a quando non viene messo in “sovrapposizione”: in questo particolare stato quantico, il qubit assume simultaneamente i valori |0> e |1> ma quando si osserva magicamente si osserva solo uno dei due valori, ma ripetendo le osservazioni si osserverà in circa la metà dei casi un valore e nella restante metà l’altro.

Questa capacità di un qubit di rappresentare simultaneamente due valori è la marcia in più che ha un computer quantistico: si possono effettuare calcoli vagliando in parallelo più opzioni simultaneamente piuttosto che provare una alla volta le varie alternative.

Un’altra magia quantica è il cosiddetto “entanglement” ovvero la possibilità di “accoppiare” due o più qubit in modo che il cambio di stato di uno influenzi istantaneamente anche quelli degli altri. L’entanglement è un fenomeno che non è affetto dalla distanza e due atomi accoppiati mantengono la propria relazione anche a distanze cosmiche.

Un quantum computer combinando con opportuni gate è in grado di trasformare lo stato dei qubit in modo da effettuare la computazione per cui è stato programmato. L’osservazione dello stato dei qubit consente di misurare il risultato, anche se è bene ricordare che si tratta di una misurazione statistica che osserva la distribuzione tra stati |0> e stati |1> del qubit.

Perché servono frigoriferi eccezionali e cos’è il quantum volume

Gli ultimi trent’anni sono serviti a realizzare fisicamente i qubit: tra le varie tecnologie impiegate troviamo l’impiego di frigoriferi eccezionali, per garantire le proprietà dei superconduttori necessarie ad innescare gli stati quantici. Si tratta di frigoriferi capaci di mantenere la temperatura di pochi millesimi di grado (Kelvin) al di sopra dello zero assoluto.

La realizzazione fisica dei qubit è un procedimento complesso ed è molto difficile assicurare che i qubit mantengano la coerenza del proprio stato. La correzione di errori quantici è stata studiata dagli scienziati a partire dalla metà degli anni ’90, utilizzando sistemi analoghi a quanto già si fa nell’elettronica dei sistemi tradizionali.

Purtroppo, il processo di perdita di coerenza dei qubit si complica al crescere del numero di qubit collegati insieme in un quantum computer: quanti più qubit vogliamo avere tanto più sarà complesso avere la correzione di errore necessaria.

Il “quantum volume” è una misura sintetica della capacità di calcolo di un computer quantistico, combinando il numero di qubit con il numero massimo di passi che possono essere eseguiti dal computer senza perdere la coerenza e quindi l’affidabilità nel calcolo.

Il progresso del quantum volume nel tempo è evidente:

Ma dalla tabella è altrettanto evidente come il numero di qubit sia ancora piuttosto modesto e insufficiente per scopi realmente pratici.

Quantum computing: cos’è il quantum assembly e gli standard de facto

Nonostante la capacità computazionale dei quantum computer sia ancora limitata, si stanno affermando dei gate standard per la manipolazione dei qubit: OpenQASM, un linguaggio assembly per quantum computer promosso da IBM, sta rapidamente divenendo uno standard de facto.

Adesso è possibile immaginare la scrittura di programmi per quantum computer che si limitino a generare operazioni del quantum assembly. I produttori di quantum computer saranno poi responsabili per la traduzione nella propria implementazione degli operatori.

L’esistenza di un assembly non implica che sappiamo come scrivere dei compilatori che convertono programmi come ce li immaginiamo in programmi quantum.

Avviare progetti pilota sul Quantum computing è anche un modo per capire questa nuova tecnologia per essere preparati quando il quantum volume sarà sufficiente per affrontare problemi reali.

Quantum computing: la differenza con i computer tradizionali

Ci si può chiedere se il quantum computer sia più “potente” dei computer tradizionali, ma la risposta è poco scontata: la capacità di calcolo dei quantum computer è la stessa dei computer tradizionali, ovverosia le funzioni matematiche calcolate sono le stesse, ma un quantum computer è potenzialmente molto più veloce nell’esecuzione di un algoritmo.

Per cercare di capire la differenza, basti pensare che molti dei problemi che oggi affrontiamo come trovare il percorso ottimale su una mappa, oppure l’ottimizzazione di un processo, richiedono l’uso di sofisticate euristiche per approssimare la soluzione ottimale, poiché il tempo necessario per calcolarla sarebbe troppo lungo anche per input molto piccoli.

Un quantum computer potrebbe calcolare le soluzioni ottimali in un tempo analogo a quello che oggi impiega il calcolo della soluzione approssimata da un’euristica.

In alcuni casi, questa velocità può essere anche fonte di problemi: la crittografia a chiave pubblica è basata sull’uso di funzioni matematiche che sono “difficili” da invertire, come ad esempio la fattorizzazione di un numero in numeri primi. La disponibilità di computer quantistici con un adeguato numero di qubit potrebbe consentire di ottenere la chiave privata da una chiave pubblica RSA, vanificando buona parte della sicurezza in rete.

Per fortuna sono noti algoritmi crittografici a chiave pubblica “quantum resistant”: il browser Chrome nel 2016 ha annunciato di aver cominciato la sperimentazione di uno di questi al suo interno.

Conclusioni

La tecnologia però esiste e funziona, e maturerà nel tempo. Il funzionamento controintuitivo dei qubit richiede però studi approfonditi: è utile cominciare ad investire oggi nella sperimentazione per comprendere come un quantum computer possa contribuire ad affrontare i propri problemi.

Sicuramente tener d’occhio il progetto Qiskit può aiutare a stare al passo con gli sviluppi, giocando con simulatori disponibili online per essere preparati all’avvento dell’era dei Quantum computer al momento opportuno.

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