In un sondaggio pubblicato da EU Kids nel 2020 e realizzato in 19 Paesi, è stato rilevato che in Italia il 23% dei bambini tra i 9 e gli 11 anni, e il 63% dei preadolescenti tra i 12 e i 14 anni visitano un social network su base quotidiana. La percentuale sale fino al 79% per i ragazzi tra i 15 e i 16 anni.
La pandemia è stata la prima artefice di questo processo. Non potendo vedersi di persona, uscire, avere quel minimo di relazioni sociali fondamentali per il sano sviluppo di bambini e adolescenti, la connessione è stata la panacea di tutti i mali.
Internet addiction, quali sono le malattie connesse alla dipendenza da internet
Oltre a consentire al mondo degli adulti di continuare a lavorare ed ai giovani di poter studiare, ha anche accorciato le distanze, abbattuto le barriere favorendo il mantenimento delle relazioni. Il fenomeno però è sfuggito di mano e ora i ragazzini proseguono con un utilizzo smodato e incontrollato di questi strumenti.
I danni della mancanza di educazione
Da una prima analisi dagli incontri avvenuti a inizio anno scolastico, posso dire che la matrice comune resta la mancanza di educazione e conseguentemente di consapevolezza digitale. Concretamente, in parole povere, i ragazzi si muovono meglio degli adulti con i normali strumenti tecnologici a partire dallo smartphone e dal tablet, ma solo per quel che riguarda la rapidità di esecuzione. Quello che manca oggi è una formazione basica circa il mondo digitale a partire dai fondamentali. Viene fornito ai ragazzi lo smartphone a 10 anni senza neppure darne le indicazioni all’uso. Nella maggior parte delle scuole italiane non esistono ancora percorsi formativi o progetti ciclici che comprendano il digitale a partire dalla scuola primaria. I genitori dal canto loro, laddove manca cultura digitale, non hanno le conoscenze e a volte la voglia di trasferire concetti importanti legati al digitale né di dare le opportune regole.
Al volo una fotografia statistica stilata circa l’utilizzo del digitale basata sull’interazione con circa 400 ragazzi che ho avuto modo di incontrare personalmente tra il 16 e il 20 settembre:
- Smartphone: il 100% lo possiede. Di questi un buon 40% ha un’iPhone in dotazione.
- WhatsApp: il 99% lo utilizza. Di questi un buon 60% non ha attivato la verifica in due passaggi per proteggere il proprio account.
- Password: la maggior parte ha più di una casella di posta e più di due account sui social ai quali è iscritto. Il 98% ha configurato una password non efficace. Solo il 10% ha attivato il 2FA o verifica in due passaggi che dir si voglia. Se parliamo di livello autenticazione con APP solo il 5%. Il 30% utilizza la medesima password per i diversi servizi web utilizzati.
- Social:
- 90% è presente su Instagram e di questi un buon 20% ha un profilo pubblico.
- 89% è presente su TikTok e di questi un 10% ha il profilo pubblico.
- 30% è su Telegram
- 20% è su Twitter
- Consapevolezza digitale: manca una consapevolezza reale circa i rischi di natura personale e legale che si corrono nella condivisione dei contenuti sul web a partire dalle problematiche legate alla violazione della privacy per immagini/video condivisi piuttosto che i rischi legati al “Sexting” e alla “Diffamazione online”.
Potenziali rischi per la famiglia digitale
La “nomofobia”, termine anglofono che designa la paura incontrollata di rimanere sconnessi dalla rete di telefonia mobile, possiamo dire ormai sia diventata la normalità. Si comunica da tempo più con lo smartphone che di persona e questo avviene non solo per i nativi digitali o Generazione Z che dir si voglia, bensì anche per il mondo degli adulti.
Lo smartphone possiamo definirlo ormai da tempo l’oggetto tecnologico più utilizzato al mondo in primis perché è il nostro collegamento in tempo reale con tutti, a partire dalla nostra famiglia.
Mentre in passato definivo il “mouse” il nostro sesto dito, oggi possiamo definire questo oggetto un’estensione del nostro corpo e della nostra mente. Dispositivo tecnologico potentissimo che potrebbe risultare, se non utilizzato e gestito bene, molto pericoloso.
Visto ruolo che giocano nella vita di ciascuno di noi, i moderni devices che possediamo non meritano forse lo stesso livello di protezione che garantiamo al nostro cervello e al nostro corpo?
La scuola rilanci la sfida delle tecnologie: uno smartphone per gli “svogliati”
D’altronde, il nostro smartphone è molto più che un semplice telefono. Conosce più cose intime lui sulla nostra persona del nostro migliore amico e forse anche dei propri genitori. Nessun tipo di dispositivo tecnologico nel corso della storia umana, neppure il nostro cervello, ha mai contenuto informazioni confrontabili per qualità o quantità rispetto al nostro smartphone: ‘sa’ con chi parli, quando ci parli, cosa dici, dove sei stato, cosa compri, conosce foto e video personali, le password di accesso a tutti i servizi utilizzati in Rete, dati sensibili e biometrici, gli spostamenti fatti durante il giorno (geolocalizzazione), tutta la cronologia delle conversazioni che facciamo su WhatsApp e analoghi. Possiede l’elenco dei tuoi contatti presenti in rubrica fra cui i tuoi parenti e amici, l’agenda della tua attività giornaliera e tutta la posta elettronica ricevuta e inoltrata. E tutto questo per anni.
I social che agevolano l’anonimato
Alcuni social che agevolano l’anonimato sono: Tellonym, Omegle, Connect2.me. Suggerisco ai genitori di accertarsi della presenza degli stessi sui dispositivi dei loro figli facendo presente i rischi che si corrono (in particolare atti legati alla sfera del cyberbullismo in particolare la pratica del doxing).
I rischi presenti nel mondo digitale laddove trovano terreno fertile possono portare a conseguenze inimmaginabili nel mondo reale. È dunque bene evitarli e la miglior cura resta come sempre la prevenzione.
Un noto esperto in cybersecurity anni fa scrisse da qualche parte sul Web: se vuoi ridurre al minimo il rischio che qualcuno possa carpire sul tuo smartphone un dato personale e sensibile (ad esempio la password del registro elettronico se trattasi di un docente oppure i dati di accesso all’app che utilizzi per fare i pagamenti bancari) su quel cellulare deve essere presente solo quell’app. Questo per fare capire che oggi le precauzioni non sono mai troppe e vanno sempre prese facendo una buona e sana valutazione dei rischi in base all’uso che ne faccio e dunque ai dati che faccio transitare su quel dispositivo.
La paranoia nel mondo della cybersicurezza è un pregio. Ricordiamocelo, tutti.
L’importanza della formazione mirata
È iniziato il nuovo anno scolastico e come da un po’ di anni a questa parte, vengo chiamato per fare formazione mirata sui ragazzi di prima superiore presso un istituto scolastico del bresciano.
Non più di due classi alla volta per dar modo di interagire meglio con i ragazzi, portando avanti contenuti oggi fondamentali nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza digitale, la percezione è che sia fondamentale in ogni scuola italiana a partire dalla quarta primaria portare questi contenuti sui ragazzi.
Così facendo si avrebbe la possibilità di avere un trasferimento di informazioni e dunque competenze basiche digitali anche all’interno di ciascuna delle loro famiglie.
Indicazioni utili per ragazzi e famiglie digitali
Non mi stancherò mai di dirlo: l’esempio genitoriale è basilare. Nel mondo digitale un figlio che vede il proprio genitore utilizzare costantemente i social e pubblicare immagini dei figli (sharenting) senza porsi il problema, sarà portato a fare altrettanto un domani nei confronti di terze persone. E ovviamente pubblicherà oltremodo informazioni personali (in primis selfie e video) che lo riguardano.
Molti genitori, e ne ho avuto conferma dai ragazzi che ho incontrato i giorni scorsi, pubblicano costantemente le foto dei figli a partire da Facebook che insieme a Instagram resta il loro social di riferimento. Stanno dunque regalando a potenziali sconosciuti (oggi circa 5 miliardi e mezzo di utenti che hanno accesso a Internet) la vita personale e privata dei loro figli che a loro volta faranno altrettanto entrando sui social prima dell’età prevista (in Italia da un punto di vista legale l’età minima per dare il consenso digitale, e dunque entrare sui social ricordo essere 14 anni). Un domani la loro identità digitale e la loro reputazione digitale potrebbe essere messa a rischio semplicemente perché tutto è stato messo a nudo e in chiaro all’interno del mare magnum di internet.
I consigli per genitori e ragazzi
Pochi consigli, ma buoni, che mi sento di indicare in particolare ai genitori e ai ragazzi adolescenti sono i seguenti:
- Seguite un breve ma efficace percorso formativo che vi indichi la strada giusta da seguire per arrivare a limitare al massimo i rischi che si presentano nel mondo digitale (in ogni scuola almeno un progetto di Educazione alla Cittadinanza Digitale prevede non solo l’incontro sui ragazzi ma anche su Genitori e Docenti).
- Aggiornatevi costantemente. Nel mio piccolo ho una pagina Facebook e a breve aprirò un canale Telegram che consente di rimanere aggiornati in particolare sul come fare prevenzione e sul come intervenire a seconda di ciò che può accaderti sul Web.
- Buon senso: prima di confermare qualunque messaggio testuale, una foto, un video che state inoltrando
- Sicurezza digitale e privacy: verificate sempre il livello di protezione dei dispositivi tecnologici che acquistate a partire dalla configurazione della sicurezza e della privacy. Aggiornate sempre sistema operativo e app ogniqualvolta è disponibile senza attendere troppo. Leggete la privacy policy prima di installare qualunque APP o registrarsi a qualunque sito web di vostro interesse.
- APP: tenete sui vostri dispositivi solo quelle strettamente necessarie e fate attenzione a livello privacy a quali funzioni accedono (microfono-webcam-localizzazione etc).
- Canali di comunicazione: wifi, localizzazione, NFC, Bluetooth e connessione nelle vicinanze (Airdrop su Iphone) attivateli solo alla bisogna.
- Identità digitale: attivate sempre la verifica in due passaggi (2fa) possibilmente con app quali Google Authenticator o analoghi laddove ci sia la possibilità di farlo. Utilizzate anche la biometria come sistema di protezione ulteriore (impronta digitale o altro). Tenete un registro cartaeo delle password a disposizione condiviso in famiglia (all’occorrenza avere rapidamente a disposizione il pin dello smartphone o la password di accesso alla casella di posta o social del proprio figlio o parente stretto in quel momento indisponibile, può essere rilevante).
- Malware (impropriamente definiti Virus): installate un buon antivirus a pagamento nel mondo Android e evitate di aprire link e allegati ricevuti via email o altro, se questi non erano attesi. Non utilizzate pendrive per passare documenti o altro con i vostri colleghi di lavoro/amici ma sfruttate meglio il cloud (Gdrive-Icloud o altro).
- Phishing: non “abboccate” a inviti ricevuti via email di cambio password perché qualcuno ha tentato di accedere al vostro account. Se proprio volete farlo accedete direttamente tramite la vostra app ma mai seguire i link ricevuti.
- Backup: iniziate a scaricare i dati dalle piattaforme social in modo da averli a disposizione qualunque cosa possa accadere un domani. Eseguite un salvataggio dei dati presenti sui vostri dispositivi da un lato sul cloud e dall’altro su un disco fisso esterno.
- Distrazione digitale: a partire dalle notifiche la principale causa degli errori che commettiamo nel mondo digitale e non solo. Dunque, cominciamo col disattivare quelle per cui potremmo tranquillamente farne a meno.
- Disinformazione digitale: prima di diffondere notizie false e/o infondate approfondiamo con una semplice “googlata”. La superficialità da parte degli utenti sul Web è la principale causa della diffusione di notizie fale in Rete.
Conclusioni
Recentemente il Garante della Privacy si è fatto promotore del Manifesto di Pietrarsa. Un documento di indirizzo che attesta l’impegno volto in tre direzioni principali: educazione, consapevolezza, trasparenza. Tra i primi aderenti, oltre al Garante stesso, la Polizia Postale, la Guardia di Finanza, l’Università Roma Tre, Meta, Sky, Mediaset, Google e Fondazione Telefono Azzurro.
In primis le aziende presenti sul digitale debbono garantire una maggiore trasparenza evidenziando in modo chiaro e facilmente comprensibile l’uso che ne faranno dei nostri dati personali.
Diventa dunque essenziale l’alfabetizzazione, l’educazione e la consapevolezza digitale. A partire dai bambini perché sono piccoli e non possono averle, nei ragazzi perché pur essendo nativi digitali se nessuno ha mai trasferito loro determinati contenuti non possono essere pronti a gestire in modo sano e corretto un mondo ricco di opportunità ma anche di pericoli, arrivando infine agli adulti che sono i primi spesso a non rendersi conto di quello che corre dietro uno schermo. A tal proposito dalla prossima settimana inizio un corso di alfabetizzazione e educazione digitale online rivolto alla popolazione della Regione Marche.
La soluzione non è proibire alle nuove generazioni l’utilizzo del digitale. Errato è demonizzare, corretto è educare all’uso sano, sicuro, legale e consapevole del mezzo entrando nel mondo digitale nei tempi e nei modi giusti, impostando già da subito correttamente la propria identità digitale.