«Il mondo dei contenuti concreti ha carattere di gestalt» scriveva Arne Næss promuovendo il progetto di una ecologia profonda, in grado di ripensare il ruolo del soggetto umano nel quadro di una realtà concepita come interazione molteplice fra differenti soggetti biologici e costituenti dell’ambiente naturale, artificiale, simbolico.
Cosa accade nel momento in cui una simile ecologia gestaltica viene ripensata alla luce di un quadro più inclusivo, in cui le interazioni ambientali (il fare e il ricevere, gli assetti senso-motori e le operazioni di comprensione, ristrutturazione, progettazione della realtà) riguardano insieme agenti naturali e dispositivi di AI? Soprattutto: cosa accade nel momento in cui in tale quadro operativo si fa spazio per interazioni capaci di implicare una “creatività” non solo nell’adozione, ma nell’ideazione delle stesse “regole”?
L’informatica ha rotto il potere dell’intelligenza umana: ecco perché parliamo di rivoluzione
Così rappresentato, il “mondo dei contenuti concreti” è evidentemente il mondo della nostra esperienza concreta quotidiana, il mondo delle quotidiane interazioni in cui si sviluppa e si struttura la nostra vita. Il modello concettuale di cui parliamo ci suggerisce dunque di intendere la realtà del nostro mondo come un ambiente relazionale, intendendo con questa espressione un ambiente in cui non esistono “cose separate” – per esempio soggetti umani contrapposti ad oggetti naturali e artificiali – ma relazioni gestaltiche, cioè relazioni configurate, eventi dotati di una forma, di un modo di presentarsi e di una composizione interna. In ragione di ciò potremmo dire che gli elementi della realtà possono appunto essere compresi solo a partire dai tipi di relazione che si costruiscono fra di loro.
Un modello teorico di questo tipo, concepito negli ultimi decenni come approfondimento di un atteggiamento ecologico, esprime indubbiamente una forte critica nei confronti dello sfruttamento della natura da parte dell’essere umano, ed apre invece a una considerazione basata appunto sulla cooperazione, l’interazione fra “agenti” umani, naturali, artificiali all’interno di uno spazio (chimico-fisico, ma anche sociale, culturale, simbolico) in continua trasformazione. Parliamo dunque di sistemi viventi ed elementi che si pongono evidentemente come differenti, ma coinvolti nella stessa opera di costruzione della realtà ed eventualmente minacciati dagli stessi squilibri.
Risulta di estremo interesse a parere di chi scrive il fatto che un modello teorico di questo tipo – dunque il modello di una ecologia profonda, che non si limita a lanciare qualche appello di natura etica, ma si pone come un piano di descrizione della realtà adeguato alla sua effettiva costituzione e trasformazione – proprio per la sua natura relazionale, possa essere utilmente adottato per descrivere un quadro “esteso” quale sempre più risulta essere quello della nostra esperienza, in cui l’interazione che caratterizza il nostro ambiente si caratterizza per la presenza non solo di componenti artificiali, di dispositivi tecnici/tecnologici di vario tipo e di relazioni simboliche (come è noto tutto questo fa parte in ultima analisi di ogni cultura umana, anche delle più arcaiche fra quelle attestate), ma in senso specifico per il ricorso all’intelligenza artificiale, che appunto appare interagire in modo sempre più pervasivo con i più diversi aspetti del nostro mondo quotidiano, delle nostre scelte e preferenze, persino della costruzione di valori o disvalori condivisi ecc.
Gli ambiti in cui si realizza l’interazione “gestaltica”
Forse insomma risulta in ultima analisi poco utile discutere se sia possibile ipotizzare che accanto a una soggettività umana ci sia una soggettività “AI”, per il semplice motivo che quell’idea di un “soggetto sovrano” contrapposto a degli oggetti è in se stessa poco utile descrittivamente, e addirittura rappresenta una scelta teorica distruttiva dal punto di vista delle sue implicazioni operative.
Conviene piuttosto considerare il contributo dell’intelligenza artificiale a una visione relazionale della realtà, ed eventualmente provare ad approfondire il carattere intrinsecamente relazionale dell’intelligenza artificiale.
Quanto al primo punto, proviamo brevemente e senza alcuna pretesa di completezza a indicare gli ambiti in cui si realizza l’interazione “gestaltica” di cui si diceva:
Qualità vs quantità
Parliamo di una realtà di relazioni che non andranno descritte in primo luogo in termini quantitativi “oggettivi”, e non perché si tratti di una esperienza solo “soggettiva”, ma perché si tratta appunto di correlazioni che creano un ambiente insieme con le “regole” di funzionamento dei diversi agenti ed elementi che ne fanno parte. Torneremo nell’ultima parte delle nostre brevi considerazioni a questa correlazione fra ambiente e regole. Osserviamo intanto che in questo senso:
La forma è sempre relazionale
Le forme sono “costellazioni irriducibili” i cui elementi appunto hanno modalità di comportamento, modalità di esistenza, specificamente descritte dalle forme cui danno luogo; per dirla con Olaf Breidbach, considerando che ogni forma/Gestalt necessariamente si trasforma, diviene via via differente, «una specifica Gestalt determina anche cosa rimane invariante al di sotto delle trasformazioni […]. Dal momento che ogni pattern si trasforma come un intero, tali invarianti a loro volta consistono di relazioni interne alla stessa Gestalt». Per questo potremmo aggiungere che:
Le relazioni gestaltiche si esplicitano in quanto rilevanza per la costruzione, il mantenimento e la trasformazione dello stesso ambiente.
Si tratta dell’aspetto decisivo per intendere il carattere “qualitativo” del discorso. Le interazioni che hanno luogo in un ambiente, in una realtà concretamente sperimentata, muovono per esempio dalla rilevanza biologica della relazione che si viene a creare, e non hanno carattere quantitativo, ma qualitativo: la relazione muove da una aspettativa carica di promesse positive o negative, minacce o attese, impulso all’apertura relazionale o bisogno di chiusura nei confronti della stessa relazione, ecc. La costruzione di una rete di relazioni, il suo mantenimento e le sue trasformazioni sono legate appunto a queste “qualità” colte nella relazione e infine nell’ambiente stesso. In questo senso le relazioni gestaltiche si esplicitano in quanto modalità di percezione, forme di movimento, schemi di comprensione, progettazione e ristrutturazione dell’ambiente.
Altrettanto importante è il fatto che le relazioni gestaltiche possano esplicitarsi per così dire in relazione a “se stesse”, che abbiano cioè un livello riflessivo, che si traduce in relazioni “sociali”, culturali, simboliche; ciò implica un discorso metodologico che è al tempo stesso interno al singolo ambito disciplinare e però anche capace di apertura transdisciplinare (cioè filosofica).
L’intelligenza artificiale come agente che interviene nella costruzione dell’ambiente
In riferimento ai punti qui descritti, non si può fare a meno di rilevare che l’intelligenza artificiale appare estendere la configurazione gestaltica propria dell’ambiente nel suo carattere relazionale proprio perché a differenza di altre tecnologie l’intelligenza artificiale non è meramente uno “strumento” a disposizione di un soggetto che in questo modo possa potenziare il proprio controllo sulla realtà; l’intelligenza artificiale si propone piuttosto come un ulteriore agente che interviene nella costruzione dell’ambiente e dunque della realtà nelle sue varie articolazioni.
Si tratta di un punto evidentemente decisivo per la comprensione del ruolo dell’intelligenza artificiale, e non a caso questa è appunto la componente che da sempre suscita le maggiori attese e attorno alla quale si raccolgono anche i maggiori timori o le fantasie distopiche, da Hal 9000 di Odissea nello spazio sino ai dibattiti di questi mesi su ChatGPT e Dall-E.
Laddove però – sottolineo ancora – l’idea che sia possibile attribuire all’intelligenza artificiale una “soggettività” classica, e dunque la presenza di un “Io” in senso forte, rischia di basarsi in ultima analisi su un paradigma filosoficamente assai compromesso e di costruire su quella base delle attese e delle esigenze assolutamente problematiche, puntare l’accento sul carattere relazionale/ambientale tanto dei “soggetti biologici” (umani e non) quanto dei “soggetti AI” (come forse potremmo provare a definire secondo questa accezione relazionale i dispositivi/programmi basati sull’intelligenza artificiale), significa probabilmente coglierne in modo più adeguato tanto il funzionamento nella nostra realtà, quanto appunto la caratterizzazione intrinseca, cui si potrà riferire il contributo – che definirei davvero innovativo – alla descrizione e alla comprensione di quello che c’è nel nostro mondo, del suo piano ontologico per dirla in termini che rinviano alla proposta formulata da Arne Næss di una “Gestalt Ontology” che si accompagna a una ecologia gestaltica.
Memoria e attenzione relazionale dell’AI
Mi limito a saggiare brevemente due aspetti della questione, forse però decisivi: anzitutto, è senz’altro vero che appare problematico attribuire all’intelligenza artificiale una intenzionalità; l’esclusione di questa caratteristica è spesso apparsa confermare il ruolo puramente strumentale dell’intelligenza artificiale, alla quale verrebbe dunque attribuito un ruolo di servizio nei confronti di una soggettività classica (ed esclusivamente umana, ovviamente), dotata di volontà autoconsapevole, di intenzionalità, e specularmente contrapposta a oggetti sui quali esercitare il proprio giudizio e la propria legislazione.
Il punto di vista gestaltico e ambientale prima espresso cambia però non poco le cose, relativizza il ruolo dell’intenzionalità, e per esempio ci può portare a chiederci se piuttosto l’intelligenza artificiale non sia caratterizzata da quella che potremmo provare a definire in senso descrittivo e non psicologico come memoria ed attenzione relazionale, prestazione a partire dalla quale la possibilità di processare una quantità enorme di dati mettendoli in circolo nell’ambiente relazionale non vale tanto come “imitazione” di una facoltà tipica dell’essere umano o comunque di un organismo vivente, ma costituisce in senso proprio un contributo peculiare alla costruzione, al mantenimento e alla trasformazione dell’ambiente relazionale. Si tratterebbe, secondo il punto di vista che qui si propone, di un contributo in ultima analisi irriducibile, non riferibile all’attività di altri elementi dello stesso ambiente relazionale. L’essere umano, in questo senso, si pone a tutti gli effetti in dialogo con l’intelligenza artificiale all’interno del contesto ambientale relazionale, all’interno dell’irriducibilità della specifica Gestalt.
Le GAN e il carattere relazionale dell’ambiente gestaltico
Non meno rilevante risulta in questa prospettiva il secondo elemento che ci proponiamo di saggiare: si è già detto che una delle caratteristiche più importanti sviluppate dalle relazioni gestaltiche che stiamo considerando è la possibilità che la configurazione/Gestalt sia non solo “messa in forma”, sperimentata, ma che in essa si sviluppi una riflessività, per la quale la forma acquisti una dimensione simbolica e la relazionalità stessa si sviluppi come discorso di metodo che verte per così dire sul modo di stare nella relazione. È probabilmente per questo che la filosofia e l’estetica (penso agli ottimi studi, in Italia, di Alice Barale) dedicano oggi particolare attenzione alle reti generative avversarie (GAN) su cui si basano molte fra le attuali configurazioni emergenti dell’intelligenza artificiale. Si tratta notoriamente di reti composte da un generatore e un discriminatore che operano letteralmente “l’uno contro l’altro” in ragione di una architettura di base che Michael Castelle definisce come «una caratteristica struttura interattiva e duale». Ciò significa appunto che la generazione di immagini visive, di forme sonore o di discorsi verbali cui esse danno luogo è frutto della loro intrinseca relazionalità.
Potremmo anche dire pertanto che il carattere relazionale dell’ambiente gestaltico viene “introiettato” dalle GAN, nelle quali dunque – senza bisogno di perdersi a ipotizzare una “consapevolezza umana” del tutto fuori luogo – si sviluppa in senso proprio una dimensione di riflessività che rinvia al carattere relazionale dell’ambiente gestaltico, una sorta di relazionalità al quadrato, se vogliamo, che sta alla base del modo di funzionare proprio delle GAN, e ne costituisce il contributo alla relazione complessiva all’interno dell’ambiente gestaltico.
L’interazione uomo/macchina alla base di un ripensamento complessivo del nostro ambiente
Per essere ancora più chiari: l’interazione uomo/macchina che si realizza ad esempio negli interventi “artistici” o artistico/ludici possibili con Dall-E, anziché esser vista come un “non ancora” che dia luogo a commenti più o meno improntati al pathos dell’unicità umana e/o dell’ormai prossimo infrangersi di questo mito (“la macchina non ha ancora imparato a pensare da sola”; “la macchina non esautora mai il ruolo insostituibile dell’essere umano”; “la macchina non ha esperienza corporea”; ecc.), appare forse assai più prosaicamente – ma forse anche in modo tale da marcare davvero un inedito nella nostra realtà – come una ristrutturazione e un ripensamento complessivo del nostro ambiente e delle forme che in esso possono aver luogo: dell’ecologia e dell’ontologia gestaltica al tempo stesso, appunto.
In questo senso il tema sarebbe quello del fare uso (penso alla riflessione sul concetto di uso da Wittgenstein a Paolo Virno) di un ambiente gestaltico. Tema che qui posso solo sfiorare, ma che evidentemente si declina a partire dalla prossimità fra gli elementi ambientali, dall’individuare non tanto le proprietà essenziali di un determinato soggetto/oggetto, ma piuttosto una appropriatezza nelle modalità di approccio relazionale che sarà evidentemente sempre in divenire e andrà considerata su una molteplicità di piani di discorso, da quello funzionale, a quello delle risorse, sino al piano delle scelte etiche. Così considerate, le regole di funzionamento, le regole relazionali, sarebbero da intendere meno come un set di istruzioni determinate che non come un “insieme mobile” di possibilità di interazione.
Questa considerazione ci guida verso l’ultimo passo della nostra breve ricognizione: possiamo descrivere il fare uso di un ambiente gestaltico come l’eseguire in esso dei gesti capaci di attivare le procedure relazionali più appropriate alla situazione. Questa semplice considerazione ci guida direttamente verso uno dei temi più frequentati nel dibattito sull’intelligenza artificiale, specialmente in relazione all’arte, ma non solo: in ogni caso il discorso estetico/artistico può servire qui da momento di anticipazione/sperimentazione di un problema più diversificato.
Ai e creatività
Mi riferisco alla questione della creatività in riferimento all’intelligenza artificiale, dalle analisi di Margaret Boden in avanti. Ed anzitutto: esiste? È in generale possibile parlarne, oppure ci troviamo in ultima analisi di fronte una ricombinazione dei dati forniti al sistema, eventualmente per noi imprevista solo perché siamo empiricamente incapaci di processare mentalmente la stessa mole di dati della macchina?
Anche qui forse l’assetto ambientale/relazionale proposto può fornire un punto di vista almeno parzialmente differente, appunto in relazione ai concetti pocanzi introdotti di uso e di gesto.
Pensiamo dunque al gesto come “attivazione” di determinate procedure relazionali appropriate alla situazione determinata: a grandissime linee potremmo configurare tre modalità differenti.
Potremmo cioè immaginare un set di istruzioni “rigide” che il determinato gesto meramente applica alla situazione in oggetto: quando premo col mouse il pulsante ‘corsivo’ del mio programma di videoscrittura, il programma applica una regola precisa consentendomi appunto di scrivere applica in corsivo. Si tratta evidentemente di una risposta non dotata di creatività.
Potremmo poi immaginare una creatività a bassa intensità, per così dire, nel momento in cui invece il gesto non si limita ad applicare una regola fissa, ma piuttosto – come ci siamo espressi più su – attiva una procedura, andando alla ricerca della risposta più adatta alla specificità della situazione relazionale.
Credo che ci siano ormai pochi dubbi sul fatto che le reti basate sull’elaborazione antagonista (GAN) abbiano in questo senso accesso a un tale tipo di “creatività”.
Conclusioni
È però possibile immaginare che il gesto non abbia solo la funzione di attivare un certo comportamento all’interno dell’ambiente gestaltico (certo contribuendo alla ridefinizione della stessa Gestalt, alla sua progressiva modificazione/adattamento), ma che per così dire rappresenti rispetto a quell’ambiente uno scarto, un modo di “andare altrove”, che implica l’accesso a nuove e differenti modalità procedurali, che implichi una trasformazione “drammatica” della Gestalt relazionale. Potremmo parlare in questo caso di creatività ad alta intensità, creatività in cui il gesto investe appunto la Gestalt in quanto tale.
Credo, conclusivamente, che questa soglia ulteriore rimanga una vera frontiera di estremo interesse, non certo per pensare un modo di esautorare l’umano, ma per ripensare il modo in cui l’intelligenza umana e l’intelligenza artificiale cooperano e si relazionano nella realtà, per ripensare gli orizzonti che via via vi si configurano, e chiaramente le scelte che siamo e saremo chiamati ad operarvi.
Bibliografia
A. Barale (a cura di), Arte e intelligenza artificiale, Jaca Book, Milano 2020
M.A. Boden, La mente creativa, Mondadori, Milano 1995
O. Breidbach, J. Jost, On the gestalt concept, in “Theory in Biosciences”, 125, 2006
M. Castelle, La vita sociale delle reti antagoniste generative (GAN), in A. Barale (a cura di), Arte e intelligenza artificiale, Jaca Book, Milano 2020
E. Garroni, Creatività, Quodlibet, Macerata 2009
M. Mazzeo, Il bambino e l’operaio. Wittgenstein filosofo dell’uso, Quodlibet, Macerata 2016
A. Næss, Ecology, community and lifestyle. Outline of an Ecosophy, Cambridge U.P., Cambridge 1989
A. Næss, The Selected Works of Arne Næss, a cura di H. Glasser, A. Drengson, 10 voll., Springer, Dordrecht 2005
A. Næss, Reflections on Gestalt Ontology, in “The Trumpeter”, 21, 1, 2005
A. Næss, Siamo l’aria che respiriamo. Saggi di ecologia profonda, Piano B 2021
J. von Uexküll, Ambienti animali e ambienti umani, Quodlibet, Macerata 2010
P. Virno, L’idea di mondo, Quodlibet, Macerata 2015