Il dibattito che si sta sviluppando intorno all’adeguatezza della proposta italiana sulla programmazione europea 2014-2020 per supportare lo sviluppo dell’Agenda Digitale italiana rischia di impantanarsi su due logiche di approccio parziali:
- da un lato, chi ritiene che solo con i fondi UE si possano creare le condizioni per lo sviluppo del digitale in Italia e che quindi i quasi 2 miliardi di euro previsti dall’attuale versione di Accordo di Partenariato siano ben al di sotto di quanto effettivamente necessario;
- dall’altro, chi ritiene che si debba abbandonare l’idea che lo sviluppo del digitale debba appoggiarsi prevalentemente su fondi pubblici, e che quindi lo sforzo maggiore debba essere fatto per capire in che modo reperire risorse private incentivate da un ritorno di investimento basato sull’evoluzione digitale del sistema Italia.
Credo che entrambe contengano, invece, ragioni significative da considerare nella definizione di una “politica delle risorse”, e che dovrebbero essere pensate come parti di un approccio più ampio e integrato.
Come ulteriori elementi di riflessione per questo dibattito, si collocano sia la bassa percentuale di fondi effettivamente utilizzati della precedente programmazione europea (Ragosa, il direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale – Agid, ha parlato di un utilizzo di 18 su 58 miliardi), sia la netta indicazione di responsabilità che il Ministero per la Coesione Territoriale ha posto sulla mancanza di una strategia nazionale per il digitale nei confronti (soprattutto) della Presidenza del Consiglio.
In particolare, in una nota del Ministero sul tema dell’Agenda Digitale nella programmazione 2014-2020, si afferma che “In tema di crescita digitale si richiede l’adozione di una Strategia nazionale e regionale per la crescita digitale volta a stimolare la domanda di servizi di ICT, pubblici e privati, accessibili, di qualità e interoperabili, aumentando la diffusione dei servizi tra i cittadini, inclusi i gruppi vulnerabili, le amministrazioni pubbliche, le imprese” e che “Ai tavoli di partenariato della programmazione 2014-20 hanno partecipato rappresentanti del Ministro dello Sviluppo Economico –area Comunicazioni e dell’Agenzia Italia Digitale. Con loro sono state avviate interlocuzioni al fine di avere al più presto un documento strategico nazionale coerente con quanto richiesto dalla condizionalità ex ante di riferimento. Il documento risulta in fase iniziale di predisposizione. Al di là del ruolo operativo dell’Agenzia, si ritiene opportuno un sollecito anche alle strutture responsabili della definizione dell’Agenda digitale italiana: Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dello Sviluppo Economico – Comunicazioni”.
Insomma, anche nella programmazione 2014-2020 il rischio è di presentarsi senza una strategia organica per il sistema Italia, con il risultato probabile di andare verso un’allocazione di fondi non organica, dalla difficile progettazione, dall’incerta efficacia rispetto alle esigenze del Paese, con interventi poco integrati e con un coordinamento a compartimenti stagni. Con la probabilità di non migliorare di molto la “performance di utilizzo” della precedente programmazione.
E poiché si tratta di recuperare rapidamente una situazione che ci vede in grande difficoltà, come hanno ben mostrato le rilevazioni Istat di fine 2013 “Cittadini e tecnologie” e “ICT nelle imprese”, non possiamo permetterci né di acquisire meno risorse di quelle di cui il Paese ha diritto, né di sprecarle per mancanza di obiettivi organici e di coordinamento, ecco che l’appuntamento dell’Accordo di Partenariato e della programmazione europea (la programmazione 2014-2020 ma anche il programma Horizon 2020) diventa una scadenza chiave.
Scadenza chiave che dovrebbe imporre alcune priorità nell’azione di governo:
- definire le linee strategiche sul digitale, dando forma all’Agenda Digitale Italiana, finalmente adempiendo all’obbligo del “decreto Crescita 2.0” di dicembre 2012, sulla base di quanto già definito per settori o in corso di definizione (vedi ad esempio il Piano Nazionale per la Cultura, la Formazione e le Competenze digitali ) e le Agende Digitali regionali;
- reindirizzare di conseguenza l’Accordo di Partenariato rispetto all’Obiettivo Tematico 2 della politica di coesione europea “Migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché l’impiego e la qualità delle medesime”, focalizzato sull’Agenda Digitale, in modo che sia evidente e ben definito il suo carattere di trasversalità in termini di azioni e di fondi assegnati;
- definire di conseguenza un programma nazionale (PON) con adeguate risorse (i 10 miliardi auspicati dall’Agid) dedicato all’Agenda Digitale, sulla base di iniziative di carattere nazionale e raccordando i piani digitali regionali;
- istituire un coordinamento per la razionalizzazione delle risorse di supporto all’Agenda Digitale, che favorisca l’ottimizzazione delle iniziative, il riuso e l’integrazione dei risultati, ma anche la schematizzazione e la pratica attuazione di una partnership pubblico-privato che ponga le aziende nella condizione di essere parte attiva anche nella crescita digitale del sistema Italia, nell’ottica di investimento e non di mero contributo;
- istituire un monitoraggio sistematico e organico (non per settori e a richiesta, come oggi accade) per l’attuazione dell’Agenda Digitale, che obblighi la Presidenza del Consiglio (che ha assunto in prima persona l’incarico sull’Agenda Digitale) non solo a riferire dei risultati sui diversi “assi strategici”, ma anche a confrontarsi con gli indicatori dello Scoreboard dell’Agenda Digitale Europea indicando le azioni poste in essere (e le risorse dedicate) per far sì che l’Italia raggiunga i target europei e superi i valori della media europea, diventando traino e non zavorra del sistema continentale.
Non possiamo continuare a sprecare tempo e opportunità, e questa europea è fondamentale.
La consapevolezza dell’entità del ritardo e del divario, in termini di infrastrutture tecnologiche e applicative, oltre che di politiche e di competenze digitali, non può essere una ragione per accontentarci a puntare ad obiettivi limitati. Il futuro è nella capacità di costruire una visione complessiva e in questa definire concretamente i piani operativi, integrati tra loro e realizzati sulla base della piena valorizzazione delle esperienze e delle competenze del territorio.
Tornando alla nota del Ministero per la Coesione Territoriale, l’Agid può far tanto e sta facendo tanto dal punto di vista operativo, ma è necessario che la Presidenza del Consiglio si assuma fino in fondo le proprie responsabilità politiche sul tema del digitale, superi l’empasse del 2013.
Producendo quel cambio di passo che non è una scelta ma una necessità.