l'analisi

Affrontare le sfide dell’AI dal lato tecnologico e umano: gli esempi virtuosi

Le potenzialità delle Intelligenze artificiali dipendono dalla capacità di osservazione, di critica e di analisi di chi è chiamato a svilupparle e a usarle. Occorre una governance in grado di comprensione mirata e di contestualizzazione puntuale, pena un uso limitato e inadeguate delle IA stesse. Su cosa riflettere e perché

Pubblicato il 08 Feb 2023

Marco Aldinucci

Dip. di Informatica, Università di Torino e CINI HPC-KTT

Barbara Cantalupo

Research Engineer Dipartimento di Informatica - Università degli Studi di Torino

Lea Iaia

Senior Researcher (RTDb) of Management at University of Turin · Dipartimento di Informatica - Università degli Studi di Torino

Marco Pironti

Professor of Innovation Management and Entrepreneurship President of ICxT Innovation Center

intelligenze artificiali

Dalla sua nascita, teorizzata ormai più di sette decenni fa, l’Intelligenza artificiale ha attraversato momenti di maggiore entusiasmo e altri più complessi, chiamati inverni. Lo scenario attuale è completamente diverso da quello passato e, pure non potendo scongiurare il sopraggiungere di un altro inverno, è certamente vero che il tema è diventato più ampio e coinvolge un numero maggiore di tecnologie e attori. 

È pertanto un momento cruciale per ripensare l’approccio alle intelligenze artificiali e alle loro possibili evoluzioni, per incoraggiare lo sviluppo tecnologico e infrastrutturale, ma anche per evitare distorsioni sia a livello imprenditoriale – per consentire cioè a tutte le imprese di sfruttarne i vantaggi – che sociale, per far sì che nessuno sia discriminato o resti indietro.

In Italia non mancano esempi virtuosi su come affrontare le sfide dell’AI sia dal punto di vista tecnologico che del fattore umano.

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Perché ne parliamo proprio oggi?

Le applicazioni dell’IA sono diventate popolari in ambito industriale e sociale solo negli ultimi dieci anni, grazie soprattutto a una branca dell’IA chiamata Machine learning. L’insieme delle tecniche di Ml hanno dimostrato la capacità di risolvere compiti complessi, come la regressione, la classificazione, il clustering e filtraggio di dati, con prestazioni uguali e talvolta superiori a quelle di operatori umani esperti.

Esistono diversi approcci per l’addestramento dei modelli di Ml, fra i quali il cosiddetto apprendimento supervisionato, che consiste nell’addestrare un modello mediante esempi nella forma di possibili input associati ai rispettivi output desiderati, con l’obiettivo di sintetizzare una regola generale che associ un input all’output corretto.

Questo processo è ripetuto per moltissimi esempi, fino alla convergenza del modello ad una configurazione che sia capace di generalizzare in modo appropriato gli esempi, cioè di dare risposte plausibili per input che mai visti.

La radice della grande accelerazione di prestazioni osservata per le tecniche di Ml è la combinazione di diverse innovazioni che hanno permesso di aumentare la capacità di analizzare e generalizzare grandi insiemi di esempi. Fra queste innovazioni:

  • l’incremento dei dati in forma digitale disponibili in tutti gli ambiti applicativi, e quindi degli esempi necessari per il procedimento di apprendimento automatico
  • l’ottimizzazione dei metodi di addestramento dei modelli Ml
  • l’utilizzo di acceleratori per il calcolo parallelo (come le GPU), in grado accelerare in modo eccezionale e a un costo accessibile la velocità nel processare gli esempi e quindi aumentare il numero di esempi che possono essere processati in tempo utile (misurabile in ore, giorni o anche mesi di calcolo).

Come risultato, il Ml e più in generale le tecniche di IA hanno permesso di costruire modelli matematici grazie ai quali i calcolatori elettronici riescono ad affrontare in modo accurato e preciso diversi compiti, come riconoscere oggetti in un’immagine, comprendere richieste espresse in linguaggio naturale e in diverse lingue, monitorare anomalie identificabili come rischi, ovvero riconoscere fenomeni individuando delle tendenze.

Quanto descritto porta a prevedere uno sviluppo esponenziale e progressivamente pervasivo dell’IA, con importanti risvolti sul modo di vivere, lavorare, interagire e, addirittura, di pensare e creare delle persone, delle imprese, delle istituzioni nonché dei più ampi ecosistemi, economie, rivoluzionando equilibri e meccanismi di creazione di valore nel tempo.

Pmi, il ruolo dell’IA

L’IA può gestire la complessità dell’impresa, dalle più semplici funzioni di automazione dei processi all’elaborazione di più complesse previsioni, fornendo una qualità superiore, una maggiore efficienza e risultati migliori nell’elaborazione delle informazioni rispetto alla semplice elaborazione degli analisti. Le informazioni che l’IA mette a disposizione delle imprese, infatti, consentirebbero ai manager di aumentarne la capacità di leggere e interpretare i dati.

Tuttavia, investire e implementare una nuova tecnologia non è mai sufficiente al fine di determinare una migliore performance, poiché è necessario un ripensamento radicale di come le imprese possono essere strutturate per sfruttare le opportunità che l’IA offre.

Il successo è una prerogativa delle imprese in grado di integrare tecnologie e capacità manageriali e organizzative che ne supportino la continua trasformazione in nuove idee, ovvero in prodotti e servizi da portare nel mercato . Le criticità collegate a tale aspetto attengono, da un lato, al divario che nasce tra la crescita esponenziale delle prestazioni tecnologiche (quindi dalla curva di evoluzione tecnologica) e, dall’altro lato, alla velocità ridotta con cui le innovazioni vengono adottate e assorbite, ovvero fatte proprie da parte di aziende e altre organizzazioni.

Quest’ultima è collegata alla capacità di assorbimento richiesta dall’IA, associata al raggiungimento di una comprensione di base che permetta al management di utilizzarle proficuamente.

Nonostante il potenziale dell’IA, le Pmi che caratterizzano la conformazione imprenditoriale italiana spesso non posseggono le risorse necessarie per poterla implementare nei propri processi produttivi. La causa può risiedere nell’assenza di capitale e, più sovente, nella impossibilità di trovare le competenze idonee per comprendere il ruolo che l’IA può avere nell’impresa, nella dinamica uomo-macchina.

Dall’Intelligenza artificiale all’Intelligenza aumentata

Se l’Intelligenza artificiale sarà realmente un dirompente fenomeno economico, sociale, ambientale e non una mera tecnologia, dipenderà dai punti di osservazione e di interpretazione perché tante dovranno essere le prospettive di analisi, anche critiche, che bisognerà adottare per leggere correttamente e sistemicamente cosa stiamo vivendo e soprattutto cosa ci attende.

Bisognerà declinare le Intelligenze artificiali al plurale, poiché partire dalla comprensione dei diversi obiettivi e delle tecniche computazionali cui fanno riferimento ne consente una valorizzazione più olistica e human-centered.

In tale prospettiva, non ci si concentra esclusivamente sulla contrapposizione del carattere artificiale al naturale (o ancora meglio umano), ma si enfatizza la capacità delle IA di posizionare l’uomo al centro del proprio divenire, anche tecnologico, e aumentarne talune capacità e potenzialità̀.

Per chi scrive, il compito delle IA è la complementarietà tra tecnologia ed essere umano e questa, a sua volta, corrobora il legame tra i due attori conducendo così a un’ulteriore evoluzione del concetto stesso di IA, ovvero l’intelligenza aumentata. Quest’ultima è un costrutto ancora in fase di definizione nella letteratura accademica per via della sua complessità ed evoluzione, è considerata lo step successivo nello sviluppo della ricerca sull’IA.

L’intelligenza aumentata

L’intelligenza aumentata si ricollega a un approccio progettuale e un’implementazione dell’IA che non sostituisce ma migliora l’intelligenza umana. L’uomo fa parte del sistema di IA e grazie a ciò si crea un rapporto che espande le capacità umane di elaborazione delle informazioni in una dimensione che si colloca nel mezzo tra la realtà e la virtualità. Secondo Matthew Sadiku del Roy G. Perry College of Engineering (Texas) l’intelligenza aumentata segue un ciclo di cinque fasi, così articolato:

  • Understanding: i dati vengono utilizzati per accrescere i sistemi che li esaminano ed estrapolano significato
  • Interpretation: nuovi dati vengono confrontati dal sistema con dati preesistenti in modo da interpretarli
  • Reasoning: il sistema crea “output” o “risultati” per il nuovo set di dati
  • Learn: l’output al punto precedente viene esaminato dagli esseri umani, che danno un feedback al sistema, consentendogli di adattarsi
  • Assure: la sicurezza e la conformità delle soluzioni elaborate sono garantite utilizzando la tecnologia blockchain o IA.

Le sinergie derivanti dalla collaborazione tra macchine e uomo richiedono il supporto proveniente invero da ulteriori attività che riguardano la selezione di talenti con un profilo di competenze linguistiche e tecniche di dominio, la definizione di una governance adeguata sull’automazione e sulle persone, la definizione di un management che assicuri una adozione agevole delle nuove modalità di lavoro e potenziamento delle competenze.

In ultimo, non per importanza, le organizzazioni che intendono implementare l’intelligenza aumentata dovrebbero considerare due aspetti rilevanti:

  • che tecnologia e processi abbiano un input umano continuo
  • che esistano degli algoritmi white-box che spieghino il mal funzionamento di alcuni processi.

Al riconoscimento di schemi e all’adattamento di curve (ovvero la ricerca di una relazione che spieghi un insieme esistente di punti dati) offerta dall’IA si contrappone la capacità unica dell’uomo di essere creativo e innovativo. Le IA  non sono in grado di assolvere tale compito poiché non potranno mai sostituirsi completamente all’uomo a causa dei conflitti etici legati ai possibili bias che verrebbero a crearsi.

Una semplice e significativa equazione proposta da Sadiku identifica immediatamente il concetto di intelligenza aumentata come: Augmented Intelligence = Human + Computer

Eppure, secondo chi scrive, tale lettura non considera l’evoluzione delle capacità, delle competenze, delle conoscenze, delle tecniche e delle tecnologie che contribuiscono alla trasformazione delle IA così  come all’aumento delle potenzialità dell’uomo in un circolo virtuoso e sostenibile, che qui si amplia proponendo una nuova chiave di interpretazione. Infatti, il valore globale dell’intelligenza aumentata include sia la capacità umana di utilizzare in modo avanzato le aumentate capacità fornite dalle IA sia la capacità dell’AI di continuare a consolidare in modo artificiale le nuove conoscenze acquisite, utilizzando proprio il combinato di capacità artificiali e umane.

Explainable AI: come andare oltre la black box degli algoritmi

Attivare un circolo virtuoso per l’IA

Considerato che le IA consentirebbero alle organizzazioni di conseguire prestazioni elevate e fino a ora sconosciute, tanto da essere considerate le tecnologie principali a livello strategico, è altresì vero che le Pmi che compongono il nostro tessuto imprenditoriale nazionale potrebbero ricavare innumerevoli benefici dall’implementazione di tali tecnologie soltanto qualora riuscissero a superarne le criticità.

Difatti, le Pmi non sempre dispongono delle risorse – non soltanto economiche e finanziarie, ma soprattutto umane – per poter accedere e adottare tale tecnologia. Allo stesso modo, la ricerca applicata fa un gran lavoro per poter supportare lo sviluppo e l’innovazione delle IA, ma tale ruolo non può essere assolto in autonomia.

Oggetto di dibattito, dunque, diventa non l’ambito strettamente tecnologico dell’IA, ma quale governance e soprattutto management si rendono necessari per compensare il rischio che le tecnologie emergenti non tengano conto delle reali capacità dell’uomo di adottarle in maniera consapevole, dell’etica e del valore (non solo economico) in grado di garantire un circolo virtuoso per uno sviluppo eco-sistemicamente sostenibile nel lungo periodo.

Perché governare le IA

In generale, la necessità di una governance nasce in contesti complessi caratterizzati dalla presenza di molteplici attori che entrano in relazione tra loro con diversi obiettivi, risorse e tempistiche, influenzando il raggiungimento di un equilibrio dinamico. L’Intelligenza artificiale impatta su tutte queste componenti, poiché:

  • rivoluziona le dinamiche degli attori coinvolti, creando nuovi soggetti, decretando il fallimento o la non sostenibilità e sopravvivenza di altri, cambiando ruoli e strumenti di persone, imprese e istituzioni
  • modifica le modalità relazionali e di interazione tra gli attori, ne stravolge il timing, le risorse necessarie, le competenze richieste e i media utilizzati
  • genera nuovi equilibri, non più limitati a obiettivi di natura economica e finanziaria ma ampliandosi ad una sostenibilità ambientale, sociale e circolare.

In una prospettiva che contempli l’intelligenza aumentata, l’esigenza di governare tale rivoluzione è ampiamente visibile. Se l’obiettivo delle IA è risolvere problemi e gestire le attività dapprima assegnate agli esseri umani perseguendo i principi di velocità, razionalità, efficienza e scalabilità, l’intelligenza aumentata si pone obiettivi ben più complessi. Quest’ultima, infatti, mira a integrare sinergicamente idee, creatività, progettualità e azioni umane amplificando, come già espresso, le potenzialità dell’uomo, che grazie ad essa può avvalersi di risorse che nella quantità e qualità (si pensi ai dati) non sarebbe in grado di gestire razionalmente e in autonomia.

La complessità dello scenario continua ad aumentare focalizzandosi sull’evoluzione degli attori coinvolti (con processi sempre più evidenti e rilevanti di convergenza tra settori economici), la contaminazione dei saperi e delle competenze, nonché la ridefinizione dei ruoli. Si pensi, per esempio, al cliente che diventa parte del processo di design, di produzione, di distribuzione o di riuso o al cittadino che diventa parte attiva e partecipativa delle scelte di governo locale, centrale o sovranazionale.

Il focus della governance non è la tecnologia, ma la capacità dell’uomo di intercettare, metabolizzare e usare tutte le potenzialità che le nuove tecnologie emergenti sono in grado di offrire.

Perché gestire le IA

I classici momenti manageriali (pianificazione, organizzazione, esecuzione, direzione e controllo) stanno mostrando tutti i loro limiti nella loro accezione più tradizionale legata a mercati stabili, continui, con obiettivi definiti e sistematici, risorse quantificate e determinate.

La trasformazione digitale sta lasciando sempre minori punti di riferimento certi e predefiniti, determinando spesso strategie di impresa non chiare, non correttamente comunicate all’interno e all’esterno delle organizzazioni e non supportate da risorse disponibili adeguate.

La funzione manageriale diventa sempre più magmatica, multidisciplinare, eclettica e dinamica se si considera che:

  • la selezione delle risorse umane verte sempre più sulle capacità di apprendimento e adattamento piuttosto che sulle competenze delle persone, imponendo un ripensamento di modelli di formazione non solo ex ante ma anche e soprattutto in itinere
  • le organizzazioni tendono sempre più a modelli fluidi, che richiedono nuovi modelli di delega e di valutazione per obiettivi
  • i contesti organizzativi diverranno sempre più “aperti”, in cui il confine tra chi e cosa è “dentro le mura” e cosa è “fuori le mura” è labile, fluido e dinamico. Le nuove leve di vantaggio competitivo saranno determinate dalle capacità non più di proteggersi, ma da quelle di condivisione, collaborazione e cooperazione
  • la cultura dell’efficienza legata all’ottimizzazione di processi standardizzati lascerà il campo alla cultura dell’innovazione. Ciò sposterà progressivamente l’attenzione dalla mera soluzione del problema alla capacità di proporre nuove sfide
  • nella pratica manageriale soltanto ciò che è misurabile esiste ed è migliorabile. Tuttavia, in azienda esistono diversi elementi e fattori non visibili. Il contributo delle IA in tali ambiti può essere rappresentato dalla identificazione e formalizzazione di fenomeni non visibili da un occhio umano e razionale (per esempio, la predictive maintenance permette di intervenire in maniera programmata, prevenendo un disservizio) ma soprattutto di fornire strumenti e tecniche per misurare in maniera attendibile, veloce e affidabile ciò che in passato non era possibile identificare (per esempio, la business intelligence basata su data analytics).

Dal punto di vista organizzativo e funzionale non sarà sufficiente individuare un cosiddetto Chief Artificial Intelligence Manager, ma comprendere principi e criteri che definiscano le capacità, le competenze e i requisiti più ampi che deve possedere una vera e propria organizzazione estesa in grado di aumentare le proprie potenzialità, efficacia ed efficienza, utilizzando le intelligenze artificiali e rimettendo le persone al centro.

Il principale vantaggio competitivo risiederà nel come le nuove tecnologie consentiranno di sviluppare l’intelligenza emotiva. La nuova era dell’intelligenza artificiale emotiva dovrà, infatti, ricostruire contesti non artificiosamente intelligenti, ma che tengano conto di emozioni, stati d’animo, empatia. In altre parole, un’umanizzazione delle tecnologie.

L’impatto del management sulle IA assume ben più ampia valenza se si considera necessariamente la sua condizione di sostenibilità, dai modelli di business che devono adeguarsi ai nuovi modelli che l’evoluzione tecnologica richiederà. Anche se la valutazione di sostenibilità si applica alle imprese inserite in un processo di circolarità, l’adozione sempre più pervasiva delle IA nelle organizzazioni affretterà la compatibilità e sinergia con le regole e i principi dell’economia circolare. Oggi aspetto distintivo, domani (non troppo lontano) condizione di sopravvivenza nel mercato.

Non si tratterà solo di management d’impresa, ma di un processo co-evolutivo di management dei sistemi complessi per l’impatto sugli ecosistemi, sia come evoluzione di quelli esistenti e sia di creazione di quelli emergenti.

Un approccio inclusivo e sistemico alle IA

Quanto finora descritto dimostra che le IA vanno affrontate come un complesso e complesso tema di governance e soprattutto di management, con un approccio inclusivo e sistemico.

Comprendere tale passaggio, interrogandosi sulle infrastrutture tecnologiche e umane che possano indirizzare e guidare l’evoluzione delle intelligenze artificiali e aumentate, è di fondamentale importanza, poiché le IA potranno diventare una reale innovazione se in esse non si cercherà un carattere di resilienza ma di evoluzione sostenibile, rigenerativa, collaborativa e diffusa.

Le IA non dovranno riportare i sistemi ai vecchi equilibri, ma dare la forza all’uomo di definire nuovi obiettivi e condizioni di equilibrio determinando innovativi processi eco-evolutivi per le persone, per le imprese, le istituzioni e, a macro-livello, per gli ecosistemi, le economie, gli equilibri e i meccanismi di creazione di valore nel tempo.

Tra gli esempi notevoli di infrastrutture tecnologiche abilitanti per la ricerca in IA sul territorio italiano si distinguono HPC4AI (High-Performance Computing for Artificial Intelligence) e ICSC (Centro Nazionale di Ricerca in HPC, Big Data e Quantum Computing).

Esempi di diversa scala e con diversi obiettivi, ma con un comune tratto di innovazione nell’ambito del supporto e della gestione dei progetti IA in molti e diversi ambiti: c​​apire il DNA, creare farmaci personalizzati, studiare l’evoluzione del clima, sintetizzare materiali meno inquinanti, sfruttare meglio le fonti energetiche.

HPC4AI: Un living lab per le IA

Un esempio di come affrontare le sfide dell’AI sia dal punto di vista tecnologico che del fattore umano è rappresentato dal progetto HPC4AI nato nel 2018 da un’iniziativa congiunta tra l’Università di Torino e il Politecnico di Torino. Il progetto, finanziato con 4,5 milioni di euro grazie al bando competitivo grandi infrastrutture EU POR-FESR 2014-2020 e con il cofinanziamento dei due Atenei, è nato con l’obiettivo di realizzare una federazione di infrastrutture di calcolo ad alte prestazioni per scopi di ricerca finalizzate ad applicazioni per l’analisi dei dati, sia nell’ambito dell’intelligenza artificiale che dei Big data.

La componente dell’Università di Torino, HPC4AI@UniTO, ha assorbito i due terzi del finanziamento e ha portato alla realizzazione di un data center funzionale allo sviluppo di nuove applicazioni di intelligenza artificiale, in grado di anticipare i trend su questo fronte in un contesto di laboratorio e con un’infrastruttura all’avanguardia.

HPC4AI@UniTO si propone come un living lab (Open access) per docenti e studenti, mettendo a disposizione dei ricercatori di diversi domini scientifici una ingente potenza di calcolo al servizio dei metodi delle IA, che possa essere utilizzata facilmente mediante gli strumenti del cloud computing. Al tempo stesso si propone di collaborare con le realtà imprenditoriali del territorio per aumentare la loro capacità di innovare su tecnologie e applicazioni basate sui dati, offrendo accesso a risorse di calcolo e storage in tutto lo spettro dei modelli di servizio cloud, inclusi i servizi sperimentali.

Dal punto di vista infrastrutturale, la prima versione di HPC4AI@UniTO è stata completata a fine 2019, ma grazie al fatto che l’infrastruttura si autofinanzia, oggi è quasi raddoppiata in dimensione e conta oltre 11.000 core con oltre 120 GPU specializzate per workload di IA.

Il laboratorio ruota intorno ad un green data centre da 250kW, con un’efficienza energetica allo stato dell’arte (circa il 95% contro il 65-70% della media). La progettazione ha richiesto mesi di lavoro e lo sviluppo di nuove soluzioni per il contenimento del consumo energetico e del rumore, ma il risultato è che il data center costituisce il vero cuore pulsante del laboratorio, posizionato in una teca di vetro al centro del dipartimento di informatica dell’Università di Torino visibile a tutti a dimostrazione che il cloud non è in un posto indefinito, ma nel mezzo della azione della ricerca.

La piattaforma di calcolo si compone di sistemi modulari cloud-HPC, in cui ciascuno modulo è ottimizzato secondo le proprie specificità e poi integrato con la controparte. In particolare, si tratta di due isole cloud-HPC, uno di produzione e di sviluppo, in modo da poter mettere a disposizione degli utenti un’isola di risorse ad alta affidabilità e sicurezza, attualmente con zero incidenti “system-down” in tre anni, e un’isola completamente a disposizione dei ricercatori per sviluppare e sperimentare nuove soluzioni, strumenti e componenti hardware.

Al momento su HPC4AI@iTO sono operativi oltre 60 progetti di ricerca accademica e industriale, di cui almeno 10 finanziati da bandi Horizon 2020, con una media di 180 macchine virtuali attive. Molti progetti sono di ambito medico e usano tecniche di Deep learning con centinaia di Terabyte di dati provenienti da trial delle cliniche universitarie di Torino.

Grazie a un finanziamento competitivo del ministero dello Sviluppo economico di 14,5 milioni di euro, presto verrà aperto un nuovo laboratorio, HPC4AI-Compute Continuum, in cui la ricerca sarà focalizzata su federated learning e analisi del dato, ovvero dove viene prodotto, concentrandoci sulla riservatezza, una caratteristica fondamentale dei dataset di valore (medici, strategici, eccetera).

ICSC: il Centro Nazionale HPC, Big Data e Quantum Computing

Un esempio virtuoso di come rispondere alle necessità infrastrutturali emergenti delle applicazioni IA è rappresentata dal Centro Nazionale HPCBigData e Quantum Computing, nato nell’estate 2022 assieme ai cinque Centri nazionali per la ricerca in filiera previsti dalla Componente “dalla ricerca al business” della Missione “Istruzione e Ricerca” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) grazie a 1,6 miliardi di euro.

Tra questi ICSC, il Centro Nazionale di Ricerca in High-Performance Computing, Big Data e Quantum Computing conta 51 membri fondatori distribuiti su tutto il territorio nazionale, provenienti dai settori pubblico e privato, dal mondo della ricerca scientifica e dell’industria.

I Centri nazionali sono aggregazioni di università, di enti e organismi pubblici e privati di ricerca, di imprese presenti e distribuite sull’intero territorio nazionale e sono organizzati con una struttura di governance di tipo Hub&Spoke, con l’Hub deputato a svolgere attività di gestione e coordinamento mentre gli Spoke si occupano della ricerca.

ICSC conterà su un finanziamento proveniente da fondi Next Generation EU nell’ambito della Missione Istruzione e Ricerca del Pnrr coordinata dal ministero dell’Università e della ricerca (MUR), pari a 320 milioni di euro, di cui il 41% sarà investito al Sud. In particolare, del finanziamento complessivo, oltre 100 milioni di euro saranno dedicati al personale, un investimento che viene considerato prioritario, con una partecipazione femminile di almeno il 40% e con quasi 16 milioni di euro riservati all’alta formazione e alla carriera dei giovani.

ICSC aggrega  le comunità scientifiche italiane di eccellenza in dieci diversi ambiti, sarà strutturato su due colonne portanti di eguale rilevanza, le infrastrutture e le aree tematiche, e sarà organizzato secondo il modello Hub&Spoke. Il Centro prevede anche il coinvolgimento delle aziende italiane per costruire una sinergia tra le comunità scientifiche e il mondo industriale, a beneficio sia del sistema della ricerca sia del sistema produttivo.

L’Hub avrà la responsabilità di validare e gestire i programmi di ricerca, le cui attività verranno elaborate e realizzate dagli Spoke e dalle realtà a essi affiliate, anche attraverso bandi aperti a istituzioni di ricerca e aziende. Gli Spoke saranno dieci, due di questi avranno una natura fortemente fondazionale (Future HPC e Quantum Computing), mentre otto saranno concentrati sulle applicazioni HPC.

Specificamente, lo Spoke FutureHPC aprirà due laboratori nazionali sulle tecnologie hardware (presso Università di Bologna) e software (presso l’Università degli Studi di Torino). Quest’ultimo, chiamato “Software & Integration lab” (SWI), sorgerà presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino e servirà da contamination lab, cioè da spazio di co-working dove le quindici Università dello Spoke FutureHPC lavoreranno insieme alle 8 grandi aziende per sviluppare le tecnologie abilitanti del futuro e per formare esperti in ambito cloud-HPC e AI-HPC con una chiara visione dello stato dell’arte della ricerca nel settore e delle esigenze in ambito industriale. Fra le aziende coinvolte nel laboratorio SWI: Eni, Intesa SanPaolo, Leonardo Company, Unipol, Thales Alenia, Autostrade, Fincantieri e Sogei.

Il Centro svolgerà attività di Ricerca e Sviluppo, a livello nazionale e internazionale, a favore dell’innovazione nel campo delle simulazioni, del calcolo e dell’analisi dei dati ad alte prestazioni. Queste attività saranno svolte a partire da una infrastruttura d’avanguardia a livello internazionale per l’High Performance Computing e la gestione dei Big data, capace di mettere a sistema le risorse e di promuovere e integrare le tecnologie emergenti.

Nei prossimi anni ICSC implementerà soluzioni che porteranno a una velocità di rete superiore a 1 Terabit/secondo, e metterà a disposizione degli utenti una infrastruttura cloud tale da consentire la gestione di attività alla frontiera nella ricerca scientifica e nello sviluppo industriale. Il nuovo Centro Nazionale di supercalcolo si focalizzerà da una parte sul mantenimento e il potenziamento dell’infrastruttura HPC e Big data italiana, e dall’altra sullo sviluppo di metodi e applicazioni numeriche avanzati e di strumenti software, per integrare il calcolo, la simulazione, la raccolta e l’analisi di dati di interesse per il sistema della ricerca e per il sistema produttivo e sociale, anche attraverso approcci cloud e distribuiti.

ICSC coinvolgerà e promuoverà le migliori competenze interdisciplinari delle scienze e dell’ingegneria, permettendo innovazioni sostanziali e sostenibili in campi che vanno dalla ricerca di base alle scienze computazionali e sperimentali per il clima, l’ambiente, lo spazio, dallo studio della materia e della vita alla medicina, dalle tecnologie dei materiali ai sistemi e ai dispositivi per l’informazione. Il Centro sosterrà l’alta formazione e promuoverà lo sviluppo di politiche per la gestione responsabile dei dati in prospettiva di open data e open science, coniugando profili di regolamentazione, standardizzazione e compliance. ICSC sarà un’infrastruttura cloud/HPC condivisa e aperta, e rappresenterà un asset strategico unico per l’Italia, ma anche per la comunità internazionale.

Il Centro Nazionale ICSC è entrato in piena attività dal 1° settembre 2022. Gli Spoke e i loro affiliati saranno impegnati a regime, ossia a partire dal 2026, a sostenere sul proprio budget ordinario alcune misure finanziate in fase di start-up dai fondi Pnrr 2022-2025 e a finanziare il Centro con un contributo annuale a partire dal 2022.

Il Centro intende assolvere al suo ruolo strategico moltiplicando le opportunità per partner e stakeholder, massimizzando l’impatto socioeconomico in un contesto competitivo, implementando qualcosa che oggi non esiste, senza sovrapporsi o competere con i singoli istituti di ricerca già presenti, ma creando invece valore aggiunto per i propri partner e per la società. E la chiave del successo dell’iniziativa risiede nella capacità di creare queste condizioni già nella fase di start-up.

La nostra è la società dei dati. Negli anni più recenti, la sempre maggiore digitalizzazione di pressoché ogni attività umana ha prodotto e messo a disposizione un’immensa quantità di dati e di informazioni e, nel futuro prossimo, questa tendenza andrà sempre più incrementandosi e producendo, già nei prossimi anni, moli di dati senza precedenti. Archiviare, ordinare, condividere, processare e interpretare questi dati, i cosiddetti Big data, è diventata la grande impresa di oggi per rendere competitivo il Paese, sia nella ricerca scientifica sia nel sistema produttivo, così da essere in grado di affrontare le sfide presenti e future su questioni chiave per la nostra società e il nostro pianeta, come la salvaguardia dell’ambiente, la tutela della salute personale e pubblica, la realizzazione di smart city, lo sviluppo sostenibile.

La gestione dei Big data è quindi una priorità, per la quale sono necessarie ingenti risorse di calcolo, lo sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative, come i computer quantistici, e di algoritmi e modelli matematici e statistici sempre più avanzati. In questo contesto, il supercalcolo, le simulazioni numeriche, l’intelligenza artificiale, il machine learning e le tecnologie di frontiera sono strumenti essenziali per incentivare sviluppi e scoperte sia del mondo industriale sia del mondo della ricerca scientifica e, di conseguenza, per la crescita economica e culturale della nostra società.

ICSC ambisce a diventare un ecosistema attrattivo a livello internazionale, rafforzando la competitività italiana e contribuendo alla leadership dell’Europa nel settore. Questo è lo scenario nel quale nasce il Centro Nazionale HPC, Big Data e Quantum Computing, con il triplice scopo di costruire un’infrastruttura di supercalcolo italiana, di aggregare le risorse di ricerca e di innovazione nei settori maggiormente strategici per il Paese, e di posizionarsi come la piattaforma nazionale a supporto di iniziative scientifiche e industriali.

Bibliografia

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UNITO news, «PNRR: nasce il Centro Nazionale di Supercalcolo», luglio 2022, https:// www.unito.it.

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