(dalle puntate precedenti) Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia col Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia assoluta” perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, deve rintracciare il dottor Mabiis, per fagli rimettere in connessione almeno le Memore Vitali. Nell’inseguimento di Mabiis, gli agenti della Memory Squad 11 intercettano una memoria connessa, a Rio, dove si traferiscono. “La memoria è nel carnevale! È nella testa del governatore Sampaio Arantes Dos Santos Vieir. Il governatore è da solo, nella notte di Rio. Passeggia in spiaggia con una farfalla bianca. Discutono su come si “deve vivere”. Il governatore e la farfalla si infilano in un luogo-del-cibo-servito. Sono individuati dalla Memory Squad 11, che irrompe nel locale e circonda un uomo chino su una bistecca. La carne è illegale da secoli. Dalla bistecca esce una farfalla rossa che fugge dal locale. La Farfalla Rossa è in fuga nella città della samba. Fino ad un’immensa discoteca, dove viene raggiunta dagli agenti. Nella bolgia di un milione di danzanti entrano gli agenti della Memory Squad 1 che arrestano gli agenti della Memory Squad 11. Il Primo Tutor e la Tutor del Pianeta si giocano la partita. Dividono la folla, pro la MS 1 e pro MS 11, che si massacrano a vicenda. Il Tutor del Pianeta fa vincere la MS 11. Uno a zero. Ora il gioco si fa planetario. I due tutor, da Giove, con miliardi di giocatori e di avatar. È la 37° Guerra Mondiale. Ancora una volta la Tutor del Pianeta vince. Due a zero. Messit, la Tutor del Pianeta, torna in premio sulla Terra.
“La tutor Messit è di ritorno sulla terra, agenti! È segnalata come portatrice di una memoria connessa!…”
La tutor Messit atterra sul carro della “Terra Promessa”. Negli occhi ancora Giove. Nei piedi già la Terra.
Gli agenti arrembano il carro. La samba risucchiava ogni sgambata. La samba chiudeva ogni interstizio.
Messit, si dissolve dal carro. La samba vibrava. La folla schiumava. Messit sfrenava la samba.
“S’è allontanata! È sparita!… Agenti, se vuole giocare… giochiamo! Fino alla fine! Senza fare prigionieri, come si dice! Lei non ha la memoria!… Lei è la memoria! Lei è da abbattere! Completiamo l’opera del dottor Mabiis… tutto qui! La galassia ci sarà grata!” La comandante Akila Khaspros alterava. Stralunava. Precipitava. Smarriva. Il bianco degli occhi si oscurò maligno. L’agilità di Messit sfibrava la mente di Akila. L’agilità degli altri era un furto alla propria.
Gli agenti si sfociarono nel tunnel. Verso il deserto interno del Brasile. Messit forsennata. Per raggiungere il primo Tutor.
Il Primo Tutor affondò i piedi. Tornato da Giove. Entrò fino al collo. S’immerse. Sapeva muoversi nella sabbia profonda.
“Ogni profeta ha avuto bisogno della sabbia…” Parlava. Eloquiava. La bocca aperta ingoiava la sabbia: “Ogni granello è una memoria.” Il bambino sorrideva. “Ogni granello dimostra dio…” Il bambino sorrideva. “Ogni granello sono io…” Il bambino sorrideva.
“Nulla dimostra nulla… stupido bambino… Dimostrare è la stupida superbia della stupida violenza…” il Primo Tutor si acquattava nella profondità della duna. Come sotto l’onda alta di un oceano possente. Ora accelerava il passo. Fendeva la sabbia. Con sollievo. A cento metri di profondità. Il bimbo dietro. Gli sgambava intorno.
“Ogni granello è dio perché ogni granello è uno di noi…” sgolicchiava il bambino. Il bambino sorrideva.
“Piccolo sei noioso… cose perse… imparate chissà dove… soprattutto chissà quando! Mille anni fa?… O peggio! Ancora cento anni fa! Su miliardi di cadaveri”…” il Primo Tutor misurava il bambino. La distanza. L’altezza. La sabbia scorreva. Fluttuava i capelli. Gonfiava la giacca. Sfilava le scarpe.
“Bimbo sei troppo vecchio… tu sei senza memorie… tu chi sei?… chi sei?” il Primo Tutor distratto. Senza esserci. Senza guardare. Senza intercettare. Senza puntare. Senza sparare.
Afferrò il piccolo braccio. Lo torse. Lo staccò. Senza una goccia di sangue. Il braccio si svuotò della sabbia. Il corpo amputato sputò sabbia. Si afflosciò di sola pelle.
“L’avevo detto… ogni granello di sabbia è dio… ciascun granello è un’esistenza assoluta… togli un granello e il resto dell’universo cambia… nulla è più come prima…” Il Primo Tutor accaniva il dito sul granello che gracchiava le ultime parole. Il piccolo corpo svuotato scompariva fluttuato dalla sabbia.
“Immergiamoci anche noi!” la comandante e gli agenti s’ingoiarono nella sabbia. Fino a duecento metri di profondità. “Vedo una scia davanti a noi! È sicuramente la seconda tutor Messit!”
Messit aveva raggiunto il Primo Tutor. Ansimava. Respirava sabbia a pieni polmoni. “Riposati stupida!”
Messit chinò. Messit le mani sulle ginocchia. Messit nell’attimo del recupero. Gli agenti addosso. “Squartiamola! Distruggiamo la memoria!…” Messit senza scampo.
“Mi devi la vita.” Il Primo Tutor rideva sputando sabbia. “Questa l’ho vinta io! La prossima partita di raggiungo! Ce la giochiamo a Siviglia!”
Il Primo Tutor volava via con Messit fra le braccia. Per la prima volta. Dopo averla inseguita per sempre.
Sotto scorreva l’infinita distesa verde del Sahara.
(83-continua)