Rapporto in-salute

Sanità: agli italiani piace digitale, ma le strutture sono indietro



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Di fronte alle sfide post-pandemiche e ai vincoli economici, emerge la necessità di rinnovare il SSN italiano. La digitalizzazione è vista come chiave per migliorare l’accesso alle cure, ridurre le attese e ottimizzare il rapporto con i medici. Un’indagine I-Com evidenzia un forte desiderio di integrazione di servizi digitali, telemedicina e rinnovamento tecnologico

Pubblicato il 7 nov 2024

Thomas Osborn

Istituto per la Competitività, I-Com



Arriva la piattaforma nazionale di telemedicina_ ecco cos'è

Davanti alle novità legate alla ripresa post-pandemica, agli investimenti del PNRR ormai prossimi alla scadenza e all’emergere di nuove esigenze di salute sempre più variabili e variegate, è sempre più forte l’esigenza di stimolare un dibattito lungo e approfondito circa lo stato di salute del nostro sistema di cure in modo da favorire un aggiornamento – e, dove necessario, un ripensamento – dei paradigmi di cura e organizzativi su cui è fondato, in modo da renderlo sempre più solido e pronto alle sfide del presente e del futuro.

Non si può infatti più eludere l’“elefante nella stanza”, che vede da una parte l’imprescindibilità della sostenibilità economica e sociale e dall’altra la necessità di rilanciare l’accesso a cure e terapie, anche tramite una sempre maggiore integrazione con dati e servizi digitali, nonché un ripensamento circa le strutture e la forza lavoro del settore.

L’obiettivo? Garantire un SSN che, partendo dai suoi principi fondatori, sappia sempre più riflettere le nuove esigenze e le nuove percezioni di una popolazione che, come dimostrano anche i risultati della Survey dell’Istituto per la Competitività (I-Com) pubblicati nell’ultimo rapporto IN-Salute presentato il 16 ottobre a Roma, è fortemente mutata nell’ultimo mezzo secolo.

L’80% degli italiani chiede più servizi digitali nella sanità

Nell’indagare le preferenze e le opinioni degli italiani relativamente all’accesso alle cure e allo stato di salute del SSN, il considerevole desiderio di una maggiore integrazione con nuovi servizi digitali è sicuramente tra le novità di maggiore rilievo. La digitalizzazione, e le sue applicazioni nelle varie tecnologie adottate in salute, viene infatti percepita come processo abilitante per raggiungere cure e terapie non solo dalla maggiore efficacia medica, ma soprattutto dalla maggiore efficienza in termini di semplificazione organizzativa e procedurale, di risparmio economico, e di accesso fisico alle cure.

Dall’indagine I-Com, si rileva infatti come ben 4 italiani su 5 siano dell’idea che per migliorare il sistema sanitario/welfaristico italianooccorra più integrazione dei servizi digitali nella sanità, con il 58% dei rispondenti che si dichiara assolutamente d’accordo e il 22% d’accordo, mentre solo il 4% ha dubbi o contrarietà a tali strumenti innovativi, dichiarandosi non d’accordo o contrario.

È particolarmente interessante notare come tale apertura al digitale, che gode di un consenso inimmaginabile negli anni pre-pandemici, non sia riconducibile solo alle generazioni più giovani – di natura più aperte a strumenti e servizi telematici e online – ma a tutta la popolazione intervistata, indipendentemente dalla classe d’età e dalla provenienza geografica.

Telemedicina, FSE e sistemi di prenotazioni online tra le priorità

L’indagine ha poi approfondito quali potessero essere i servizi digitali ritenuti prioritari e più utili dagli italiani. I risultati evidenziano come complessivamente il digitale stia diventando una componente sempre più integrata nel settore sanitario, e i pazienti, anch’essi sempre più abituati alle tecnologie, non solo vedono in questa integrazione una chiave per migliorare il loro rapporto con il SSN ma mostrano inoltre un alto grado di comprensione e consapevolezza sulle specifiche potenzialità dei vari strumenti.

Tra i servizi digitali ritenuti più utili, il 68% degli intervistati ha indicato l’adozione su larga scala di applicazioni per la prenotazione di visite e appuntamenti, evidenziando il desiderio di integrare l’attuale sistema dei CUP, considerato limitato. Alla base di tale richiesta vi è innegabilmente una forte insofferenza per le lunghe attese che ancora gravano sul SSN e sull’accesso a cure e terapie. Difatti, solo l’8% degli intervistati riesce a prenotare una prestazione sanitaria e a riceverla entro dieci giorni, il 17% entro un mese, il 24% entro sei mesi, mentre addirittura il 21% segnala attese superiori ai sei mesi. Non meraviglia come, al contempo, in un contesto in cui un intervistato su due si trova ad aspettare 6 o più mesi, sia proprio il nodo delle lunghe attese a spingere gli italiani a ricorrere alle cure private: circa l’80% ha indicato questa come la motivazione primaria per il ricorso alla sanità privata, mentre circa il 18% ha dichiarato di aver rinunciato alle cure nel corso della propria vita a causa di attese troppo lunghe.

Oltre a nuovi e più efficienti sistemi di prenotazione e di accesso alle cure, il 37% del campione richiede una maggiore accessibilità e facilità d’uso del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), con maggiore sensibilizzazione sui vantaggi del suo utilizzo e un’interfaccia più intuitiva con funzionalità più vicine alle reali esigenze degli utenti, affinché lo strumento diventi davvero un vantaggio concreto. Se, infatti, da una parte sembra esserci una diffusa consapevolezza circa l’utilità di fornire i propri dati sanitari in formati digitali, dall’altra si pretende che questo processo sia accompagnato da trasparenza, sicurezza, e soprattutto servizi percepiti come utili anche per l’utente e non solo per l’organizzazione sanitaria. Il 28% dei rispondenti indica, infatti, anche la necessità di condivisione di big data se utile per favorire un maggiore coordinamento tra farmacie e i medici di medicina generale.

Tra le priorità di investimento, figura anche la telemedicina, vista come essenziale per velocizzare il contatto con specialisti e medici e per favorire la transizione a sistemi di cura e terapie più agevoli e di prossimità. Il 36% degli intervistati, infatti, ritiene fondamentale il suo sviluppo.

Nonostante l’intelligenza artificiale sia riconosciuta come il futuro – tra gli altri settori – anche della medicina, soprattutto nella diagnostica, molti cittadini vedono ritengono oggi di dover dare priorità al miglioramento dei servizi di base, che potrebbero avere un impatto diretto e tangibile sul loro rapporto quotidiano con la sanità. La richiesta più diffusa è quindi rivolta a quei servizi che possano semplificare e accelerare l’accesso alle cure, rendendo il processo meno oneroso in termini di tempo. Inoltre, il 30% vorrebbe applicazioni che permettano la consegna a domicilio di farmaci da banco, rendendo il processo ancora più pratico e immediato.

I servizi digitali possono migliorare anche il rapporto con i medici di base

Tra le varie applicazioni dei servizi digitali una considerevole attenzione è stata data ai potenziali che questi potrebbero apportare ai medici di medicina generale e al loro rapporto con i pazienti e le comunità territoriali in cui operano. Tra le proposte emerse dalle risposte, particolare attenzione è infatti stata destinata alla necessità di miglioramento e potenziamento del ruolo del medico di medicina generale (MMG) mediante una riduzione del numero di pazienti per medico (indicata come priorità dal 47% dei rispondenti), maggiori responsabilità nella gestione terapeutica, e la loro integrazione con i servizi e gli operatori del SSN. Inoltre, grandi aspettative sono riposte nell’integrazione di nuove tecnologie e servizi digitali anche nel comparto dei MMG: il 40% indica tra le soluzioni l’adozione di sistemi digitali di prenotazione, mentre il 30% vorrebbe servizi o applicazioni di messaggistica per agevolare i contatti con i medici o gli studi/centri in cui operano. Infine, anche per i MMG si riconoscono grandi potenzialità per la telemedicina e il teleconsulto, con più di una risposta su tre che la indica come soluzione per rendere le cure o i consulti più efficienti e rapidi.

Negli ospedali macchinari obsoleti e poca ICT

A fronte di tali percezioni e desideri da parte dei cittadini italiani, non si possono ignorare le reali condizioni in cui versano ospedali e strutture sanitarie dal punto di vista della dotazione tecnologica e di dispositivi medici. Il quadro riportato del Rapporto fa riferimento alla realtà pre-pandemica, in cui non vi erano ancora stati introdotti gli ingenti finanziamenti e progetti del PNRR in materia di innovazione e rinnovamento delle apparecchiature, ma è tuttavia utile per avere contezza dello scenario di partenza. Innanzitutto, si evidenzia come la dotazione pro-capite delle apparecchiature e dei macchinari medici del Servizio Sanitario Italiano sia in linea con i principali Paesi Europei, in particolare per quanto riguarda la tomografia assiale e la mammografia. Meno positivo il contesto relativo ai macchinari nel settore radioterapia: confrontando la dotazione italiana con quella della Francia, che è leader europeo per numero di macchinari, si evidenzia uno svantaggio netto per il nostro Paese.

Gli aspetti più drammatici riguardano invece il grado di adeguatezza tecnologica del parco installato del SSN: secondo gli ultimi dati disponibili, circa il 50% dei macchinari a disposizione al 2019 aveva oltrepassato ampiamente il periodo di adeguatezza tecnologica, e necessitava pertanto di revisione o sostituzione. Non a caso, anche la Corte dei Conti ha denunciato tale situazione, indicando che servirebbe un investimento di €32 miliardi di per mettere a punto la dotazione tecnologica del SSN. Di questi, oltre €1,5 miliardi andrebbero allocati per apparecchiature elettromedicali di alta e media tecnologia. Le categorie di macchinari più colpite da vetustà sono le tomografie computerizzate (TAC), le risonanze magnetiche nucleari (RMN), gli angiografi, le mammografie e i ventilatori polmonari. Questi ultimi, di importanza assoluta nel corso dell’emergenza pandemica, versavano nel 2019 in una condizione particolarmente grave, poiché circa il 50% delle unità superava i 10 anni di attività. Da qui, e a ragione degli effetti della pandemia di Covid-19, nasce l’attenzione particolare anche per il rinnovamento dei reparti di terapia intensiva: secondo le linee guida e gli investimenti del PNRR, il numero di posti letto dovrebbe aumentare di addirittura il 70% rispetto al periodo pre-pandemico (almeno +3500 posti letto) entro dicembre 2026.

Per quanto riguarda la digitalizzazione e gli investimenti in ICT, invece, con il PNRR è previsto un processo radicale di informatizzazione dei processi delle strutture ospedaliere. Nello specifico, il sub-investimento 1.1.1 è dedicato ai Dipartimenti di emergenza e accettazione (DEA): ognuno dei 280 DEA interessati dovrebbe predisporre, entro la fine del 2025, di mezzi tecnologici (hardware e software) adatti allo scopo, e di un Centro Elaborazione Dati (DPC) per la gestione del flusso di informazioni provenienti dai reparti. Grazie al sub-investimento 1.1.2, un miliardo di euro circa sarà invece destinato al rinnovamento delle attrezzature ospedaliere ad alto contenuto tecnologico, con il target di vederne 3.100 operative entro il 2024, salvo la possibilità di ulteriori modifiche al Piano.

Rinnovarsi e rilanciarsi, la cura per il SSN è lunga ma necessaria

Con il Servizio Sanitario Italiano (SSN) ormai prossimo al mezzo secolo di storia, il nostro sistema di cure è oggi più che mai davanti a un bivio esistenziale: rinnovarsi, ripensando la propria struttura e riadattandola alle esigenze e alle caratteristiche della società odierna, o lasciarsi andare a una deriva che sembra allontanarlo sempre più dalle forme e dalle modalità che l’hanno reso, negli anni, una delle istituzione più apprezzate e distintive del nostro Paese. Tutti i governi degli ultimi anni hanno dovuto fare i conti con la “coperta corta”, e al contempo non sono mancati i tentativi di riforma e tanti i decreti che hanno, tuttavia, spesso provato ad affrontare specifici aspetti e non una riorganizzazione complessiva.

La natura stessa del SSN rende infatti centrale il tema di come l’organizzazione e l’erogazione di prestazioni da parte dello stesso debbano, idealmente, costantemente aggiornarsi e integrarsi con nuovi servizi e tecnologie, in modo da continuare a garantire reale accessibilità ed equità delle cure. Tali processi non sono solo necessari per garantire adeguati livelli di qualità delle cure e una buona capillarità delle stesse lungo tutto l’articolato territorio nazionale, ma anche per far fronte ai sempre più esigenti vincoli finanziari ed economici ai quali il sistema sanitario è sottoposto.

In un contesto in cui le persone sono sempre più impegnate tra lavoro e vita privata, occorre essere consapevoli che il rapporto con il sistema sanitario si è trasformato: ciò che un tempo veniva considerato un momento centrale è ora percepito come un servizio da ottimizzare, rendendolo il più rapido e fluido possibile per migliorare la qualità della vita quotidiana. Questa evoluzione sottolinea come la modernizzazione del SSN, attraverso una digitalizzazione più efficace, sia vista non solo come una necessità, ma come una richiesta urgente da parte dei tanti cittadini che ancora mostrano grande fiducia della salute pubblica.

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