Come avviene la scelta? Nei giochi, come nella vita quotidiana, inneschiamo, senza rendercene conto, alberi di scelte, bivi, che, appena diventano passato, assumono la forma di condizionali controfattuali.
Nella logica, simili condizionali (“se avessi fatto così, non sarebbe successo cosà”) sono sempre veri, perché, seguendo solo la sintassi e le tavole di verità, un condizionale è sempre vero se l’antecedente è falso: nei condizionali controfattuali l’antecedente “se avessi fatto così” è falso, proprio perché il soggetto in questione non si è comportato nel modo che sta biasimando con il suo esprimersi.
Tuttavia, il linguaggio non è solo sintassi, invece interviene il sense-making con funzioni-interpretazioni fondate sul contesto e con il non-detto, nascosto come le radici degli alberi. Insomma, il senso emerge da semantica e pragmatica, poste molto al di là della forma, difficili da trasformare in un programma di intelligenza artificiale.
I Game Tree nelle teorie dei giochi
Nelle teorie dei giochi vengono spesso utilizzati i cosiddetti Game Tree: un albero di gioco è un grafico che rappresenta tutti i possibili stati del gioco: i nodi sono gli agenti, i grafi orientati che li collegano sono le azioni, le foglie sono le conseguenze, cioè premi e punizioni. Esistono alberi definiti perfect information: si intendono quei giochi in cui tutte le mosse degli sfidanti sono note e palesi, gli scacchi per esempio. Altri invece possiedono informazioni non note, come il poker, in cui ogni agente fa le sue mosse sulla base di ciò che sa avere in mano, le carte sul tavolo, le scommesse probabilistiche su cosa possono avere gli altri, ma ciò è nascoso. Possono essere inclusi dati sulla conoscenza che si ha degli altri, della loro personalità. Tutto concorre alla migliore strategia che costruisce l’albero del gioco.
Dal momento in cui la soggettività si palesa nei termini decisionali, anche la logica si complica e non esistono più semplici fatti, descrivibili solo nei termini di vero e falso, scomponibili nelle loro parti altrettanto o vere o false con i connettivi logici a darne un significato poi complessivo. Invece fanno capolino le probabilità, le valutazioni in base a diversi parametri di buono e non buono, i mondi possibili e quindi relazioni di accessibilità tra i mondi che traducono empatia e introspezione.
Più un agente è coinvolto con il suo ego e con il sé degli altri, più le scelte logiche si fanno ricche di simboli, operatori modali, tempo, dinamicità e variabili intervenienti. Si complica l’insieme di predicati, includendo, obblighi, possibilità, avverbi temporali e operatori epistemici, e quindi i fatti del mondo (compresi quelli intorno agli agenti) si riducono, per permettere un ragionamento più rapido, che richieda una minore esplosione combinatoria e mondi possibili, nei quali vengono tenuti fuori tutti quegli elementi di cui l’attenzione può farne a meno. Ma allora per decidere come procedere i soggetti hanno già sempre già deciso preventivamente. Se l’obiettivo è decidere cosa andare a mangiare stasera nel dominio non vengono inclusi elementi come il numero di coperte che uso nella notte o quanti mascara ho nel beauty case.
Se includo tali informazioni, un soggetto umano razionale le assume come indizi e comincia a ragionare intorno ad esse, a inserirle in uno schema ermeneutico. Insomma, se vengono date informazioni a un agente, egli le assume come elementi che devono essere considerati, e non residui di un setaccio randomico in cui oltre al grano c’è tanta crusca, terra, sassolini e altre impurità non commestibile. Se un narratore ci racconta che c’è tanta sporcizia nel grano che dovremmo macinare, è perché a livello di trama ci torna utile. Insomma, quando rappresentiamo il mondo lo facciamo sempre nella maniera di un artista che definisce la coreografia più bilanciata, scegliendo tra le mosse meno efficaci, di un poeta che non aggiunge ridondanze al suo testo e di un pittore che fissa la migliore delle linee sulla tela.
Il pensiero sulla complessità e la sua descrizione è sempre una scelta di cosa includere nel dominio, come rilevante ai fini dell’ulteriori scelta. Ma come restringere il dominio, definendo già cosa è rilevante e cosa no, senza mappare tutto e quindi catalogare ogni ente per poi decidere cos’è triviale ai fini del goal?
Insomma, si tratta di un circolo vizioso: per decidere devo già decidere. A livello filosofico si tratta di una impasse: come posso decidere cos’è utile se la scelta avviene su un dominio già ridotto di complessità, in breve su una selezione di elementi preselezionati perché già intesi come utili?
Le teorie cognitive che descrivono come avviene la scelta
Esistono diverse teorie cognitive che descrivono come avviene la scelta (al di là del fatto che essa avvenga su un mondo pre-compreso e preselezionato), qui di seguito ne descrivo alcune.
I due appraisal di Lazarus
Lazarus parla di due appraisal. Il primo interviene immediatamente per giudicare una via sulla base del goal, se è buona o no. Il secondo appraisal giudica sulla base delle informazioni e sulle risorse. Significa che innanzitutto è la convenienza astratta, poi c’è il caso personale: quanto sono competente? Facciamo un esempio: l’obiettivo è il guadagno, mi capita una proposta di tutoring. Sicuramente può essere vantaggioso, ma quante risorse tempo ho? E quanto sono competente nel mio caso di offrire tutoraggio? Mettiamo che la proposta sia in linea con le mie competenze di umanista (devo insegnare proprio le mie materie, filosofia e storia), ma ho abbastanza tempo da dedicare? Ecco questo è quello che possiamo intendere come valutazione, inizialmente è una valutazione sommaria sulla base dell’obiettivo, poi più analitica sulla base del singolo. Chiaramente questo secondo aspetto può cambiare nel tempo: mi libero di altri impegni e guadagno subito più risorse-tempo allocabili nell’attività di tutoring.
Il modello di Scherer
Secondo il modello di Scherer, invece, un evento viene valutato in sequenza su quattro fasi: individuazione della rilevanza (cioè se l’evento è nuovo e importante rispetto agli obiettivi momentanei dell’individuo), valutazione dell’implicazione (cioè se l’evento favorirà o metterà in pericolo il raggiungimento degli obiettivi da parte dell’individuo), determinazione del potenziale di coping (cioè se l’individuo è in grado di far fronte alle conseguenze previste dell’evento), valutazione del significato normativo (cioè se l’evento è significativo rispetto agli ideali e ai valori dell’individuo). Quest’ultimo aspetto è ciò che intendiamo come Competenza Culturale.
Il modello di valutazione di Roseman
Il modello di valutazione di Roseman [distingue sette dimensioni: inaspettatezza, stato situazionale, stato motivazionale, probabilità, potenziale di controllo, fonte del problema e agenzia. Inaspettatezza è quanto un evento risulta una sorpresa per l’agente. Sono gli exogenous events del planner.
Lo stato situazionale si riferisce al fatto che l’evento sia voluto o non voluto dalla persona. Lo stato motivazionale si riferisce al fatto che se la persona valuta che l’evento ha implicazioni positive o negative sui suoi obiettivi, e la probabilità si riferisce al fatto che la persona pensa che il probabilità si riferisce al fatto che la persona pensi che il verificarsi dell’evento sia solo possibile/probabile o che sia certo. Il potenziale di controllo si riferisce al fatto che la persona pensa di poter affrontare l’evento e la fonte del problema si riferisce al fatto che l’evento è indesiderato dalla persona perché pensa che blocchi il raggiungimento dei suoi obiettivi o a causa di qualche caratteristica intrinseca. Infine, l’agenzia si riferisce alla valutazione della persona in merito alla causa dell’evento (cioè se è stato causato da sé, da qualcun altro o da circostanze al di fuori del controllo di chiunque).
Perché qualcosa deve scorrere
Molte di queste valutazioni avvengono al di fuori della coscienza. Provare un’emozione è oltremodo personale e legato al contesto e a quello che ognuno interpreta scientemente a partire dai feedback corporei interni, esterni, chiamandola con un nome. In molti casi una mimica, un cambiamento endogeno sfugge al controllo cosciente e l’appraisal, la valutazione circa il sentire, resta su un piano automatico, precosciente. E anche questo, a mio parere, ha una precisa ragione evolutiva da proteggere: lasciar scorrere, reagire, sentire senza che ogni dato diventi un fenomeno, sempre presenti a noi stessi, è un modo per sopravvivere. Chi non dimenticasse mai nulla ed elaborasse in ogni istante il Tutto non avrebbe più spazio cognitivo per decidere. Qualcosa deve scorrere. La meditazione, cioè la mindfulness, quindi la mente che attenziona corpo, sentire e quello che immediatamente ci accade, non è eseguita sul posto di lavoro o in una via trafficata, dove siamo colpiti da migliaia di feedback. Al contrario è sempre ritagliata su quello che in IA definiremmo “mondo giocattolo“, un dominio semplificato, in cui simulare la pianificazione robotica e artificiale, senza esplosioni combinatorie. E così ci sediamo su una sedia a sentire il nostro peso, la postura, il respiro. Pochi dati che acquisiscono il senso dell’esserci e del qui ed ora. La consapevolezza in ogni istante e per ogni elemento che ci può colpire, in ambienti complicati e ricchi di stimolazioni, è un’abilità che quasi nessuno di noi riuscirebbe a sostenere a lungo. Ecco la rimozione selettiva. Non tutto è elaborato e qualcosa passa in sordina, in automatico. Per sopravvivere.
Tuttavia, se siamo sui posti di lavoro sempre più spesso verrà imposto un sistema intelligente di controllo emotivo, come una sedia intelligente che sente e analizza ogni micromovimento, ogni cambio di battito cardiaco e ossigenazione, se ci viene imposto un telefono i cui microfoni sono smart e ci osserva sempre una videocamera che in tempo reale ci porta a dover attenzionare la mimica, pena la perdita di lavoro o una strigliata? Sarebbe come se avessimo a che fare con una relazione tossica ma con le cose, le quali non ci danno scampo su nulla e sono sempre pronte a cogliere qualunque reazione personale e a usarla contro di noi, facendoci o love bombing o come biasimo.
Internet of Narcissism
Per sopravvivere in questo ambiente connesso e controllante, saremmo costretti a iper-controllarci a nostra volta, ma siccome le risorse attentive non sono illimitate, dovremmo rinunciare a qualcosa. Possibile che per dedicarci totalmente all’introspezione, siccome il sé dell’altro sarebbe colto dall’IA, ricevendo feedback real-time, possiamo rinunciare a usare empatia, non occupandoci più di comprendere l’altro (altro che visori e invetramento!). Così come potremmo automatizzare i contenuti, abbandonando la comprensione di essi e quindi l’ultimo scampolo di creatività (anche quando vendiamo al telefono la promozione tal dei tali, benché alienante, potevamo ancora rendere il contatto blandamente creativo).
Rammarico, sollievo, credenza
Torniamo ai controfatti, e al problema di essere sempre veri, nonostante semanticamente siano falsi. Esistono diverse emozioni che si riferiscono a eventi che negano le nostre aspettative e si accompagnano a quei condizionali che la logica fatica a cogliere.
Rammarico. Gli esperti della decisione economica hanno indagato a lungo quest’emozione, definendola come lo stato d’animo quando si realizza che la situazione avrebbe potuto essere diversa. Insomma è quando il passato è già avvenuto, quindi si sa che nessun mondo possibile potrebbe essere diverso da come stanno consapevolmente le cose, ma si continua a ragionare sulle situazioni alternative a questa.
Anche il sollievo nasce dallo stesso ragionamento: esiste un mondo attuale e si ragiona sui mondi possibili, molto peggiori rispetto a quello attuale, scatenando in noi il piacere di aver scelto il male minore.
Credere, a differenza di sapere, lascia aperte sul futuro, grazie all’ignoranza intorno a un fatto, diverse possibilità alternative, tutte o vere o false a seconda del mondo in cui ragioniamo. Pertanto nel nostro mondo si sceglie se credere a qualcosa o al suo opposto, sulla base della valutazione che abbiamo operato, che comprende anche ciò a cui siamo disposti di credere, quindi elementi prettamente psicologici, non razionali freddi. Dal momento in cui la credenza diventa sapere, l’evidenza assume la forma della certezza e nel non avere scampo per alternative probabili. Tuttavia in questa situazione si può tornare nei nodi che appartengono ancora al passato e lì si possono soppesare le foglie (le conseguenze degli alberi dei giochi) che fino a un momento prima erano ancora tutte probabili, esprimendo una valutazione emotiva (regret, disappointment o relief ed elation) e cognitiva controfattuale, esprimendo la seguente asserzione: “Se fosse stato diverso da come effettivamente è, sarebbe stato meglio o peggio”.
Il valore pragmatico dei controfatti
I controfatti hanno poi un valore pragmatico, avendo una conseguenza sulle scelte future. Se vengono prodotti, come si è detto, hanno un peso utile, altrimenti non avrebbero meritato l’attenzione: vergogna, colpa, tristezza possono condizionare ulteriori comportamenti, così come premi e punizioni intervengono a modificare i pesi delle associazioni e delle procedure messe in atto, per non scegliere più quell’ azione (in seguito al pentimento esperito) o per riconfermarla in futuro (per l’entusiasmo di aver scelto meglio rispetto agli altri mondi possibili). Ma solo i controfatti per i quali ha un valore provare regret o relief; per tutti gli altri è giusto rappresentino delle foglie autunnali.