Nuovo anno scolastico, nuove tentazioni di condividere sui social le foto dei propri figli. Tentazione pericolosa.
Foto dei minori sui social, la proposta dell’Authority infanzia e adolescenza
Cos’è lo sharenting, a scuola
Si chiama sharenting la tendenza a condividere sui social la vita dei propri figli, un’abitudine che si propaga anche nelle aule che i ragazzi tornano a popolare senza mascherine dopo due anni di pandemia. E non solo per la foto ricordo del primo giorno dell’anno scolastico.
Il fenomeno, già comune in ambito social e familiare, è sempre più diffuso anche fra i banchi di classe, ma nasconde numerosi rischi, ogni volta che non si mette al centro la tutela dei minori.
“Spesso le immagini dei bambini vengono pubblicate online”, commenta Marco Martorana, avvocato, Presidente Assodata, “senza le dovute attenzioni e senza una conoscenza chiara dei rischi che si corrono” ogni qualvolta non si chiede l’autorizzazione ai genitori.
“I problemi sono davvero innumerevoli”, conferma Alessio Pennasilico, Information & Cyber Security Advisor presso P4I, “e la parte tecnologica è risibile rispetto al contesto culturale. Innanzitutto siamo abituati a pensare a Internet come alla Las Vegas per gli statunitensi (ciò che succede nella città californiana rimane lì e non esce da quel contesto). Internet e i social come ‘qualcosa di altro’ rispetto alla realtà quotidiana. Invece non ci rendiamo conto che ciò che succede online ha sempre conseguenze per noi e gli altri. Ci sono scarsa consapevolezza e alta sottovalutazione del rischio”.
Ecco quali sono le problematiche e come risolverle, secondo gli esperti di privacy e cyber sicurezza che abbiamo intervistato.
Lo sharenting a scuola: più rischi che opportunità
I figli dei social, già online dalla fase prenatale, dalla prima ecografia, sono definiti la generazione Alpha. Sono i nati dopo il 2010 e sono i veri nativi digitali, i cui genitori hanno condiviso online i primi vagiti e i primi balletti col pannolino in primo piano, senza preoccuparsi del momento in cui i minori diventeranno adulti, gelosi della propria privacy o timorosi di finire nel mirino del cyber-bullismo.
Lo sharenting (crasi di share + parenting: condividere e genitorialità) si riferisce non tanto a una saltuaria pubblicazione sul web di uno scatto dei bambini, magari in occasioni pubbliche, ma al fenomeno della “vetrinizzazione”, costante ed esibita, dei figli tramite social (Instagram, TikTok eccetera). I rischi sono il furto d’identità, l’adescamento e la pedofilia, la raccolta di informazioni (web scraping), la sostituzione di persona o il tentativo di entrare in rapporti coi minori per finalità non sempre trasparenti o addirittura criminali.
“I rischi dello sharenting sono infatti numerosi”, mette in guardia l’avvocato Martorana, “innanzitutto qualche malintenzionato potrebbe catturare le immagini e usarle in modo non corretto. Ma esistono anche problemi legati a usi impropri di quelle fotografie.
Per esempio qualcuno potrebbe fingere di essere un amico di uno dei genitori e, sfruttando informazioni personali lasciate dagli adulti incautamente sui social, potrebbe captare subdolamente la fiducia del figlio, sapendo che un bambino generalmente non concederebbe fiducia a chiunque. Infatti un minore si sente autorizzato a dare fiducia solo a chi – conoscendo tanti dettagli personali – si presenta come amico di famiglia. Ci sono dunque attività che possono portare alla sostituzione di persona oppure alla raccolta di immagini che estranei potrebbero conservare per motivi oscuri e/o per un tempo indefinito”, avverte Martorana.
I tre fattori di rischio dello sharenting a scuola
“Le persona non hanno consapevolezza e sottovalutano i rischi in merito all’enorme quantità di informazioni che si possono evincere dalle pubblicazioni di foto online”, sottolinea Pennasilico: “Questi problemi non vanno disgiunti dalla cieca fiducia nella tecnologia che nell’immaginario comune viene vista come invincibile e invulnerabile. Questi tre fattori valgono in generale, ma assumono maggiore importanza nel caso dello sharenting, fuori e dentro la scuola”.
“Ci sono rischi concreti oggi e per il futuro. Un rischio riguarda la reputazione: l’incubo di ogni adolescente è l’esposizione dell’album di famiglia alla nuova fidanzatina portata a casa per la prima volta. Se quelle foto finiscono online, fanno ridere forse quando abbiamo cinque anni, ma potrebbero diventare imbarazzanti a 17. Tuttavia, non è solo una questione di imbarazzo: certe immagini o video potrebbero scatenare episodi di cyber-bullismo“.
Non solo privacy
Tuttavia si possono verificare anche scenari più inquietanti. “Queste immagini potrebbero perfino subire un data scraping, da parte di chi raccoglie informazioni, le conserva, esfiltra dati. Inoltre, queste foto potrebbero essere imbarazzanti o creare situazioni di disagio: forse non ora, ma in futuro. A livello strategico-militare, dobbiamo pensare che oggi è un bambino colui che diventerà il futuro Presidente degli Stati Uniti fra oltre trent’anni. Ma se i suoi genitori hanno fatto sharenting, potrebbero mettere il figlio in grave imbarazzo o addirittura in situazioni ricattabili, una volta eletto”.
I pericoli legati ai metadati
I metadati e le informazioni contenute in una foto sono numerose. “Nello sharenting dell’immagine di un bambino che entra a scuola, nel primo giorno dell’anno scolastico, sto offrendo ad altri una serie di dettagli rilevanti: se il bambino è moro o biondo, qual è la scuola, in che classe è, al nome del bambino è facile risalire al cognome, basta vedere chi effettua lo sharenting”.
Inoltre “c’è tutto un set di informazioni – come data, ora, geo-localizzazione, dispositivo eccetera – che una volta richiedevano a un malintenzionato settimane di appostamenti per ottenerlo”. Invece ora sono i genitori a dare in pasto queste informazioni a uno sconosciuto, che potrà scoprire “altri dettagli dai social, come il nome del cane, gli hobby eccetera. Se domani in segreteria a scuola si presentasse un estraneo che si fingesse nostro parente e confermasse tanti dettagli personali, potrebbe, in alcuni casi, riuscire a prelevare un bambino, senza avere la delega firmata”.
La scuola senza autorizzazione non dovrebbe mai fare uscire un bambino senza autorizzazione firmata dai genitori, “ma sarebbe sufficiente il tentativo per metterci in allarme. I pericoli sono dunque numerosi. E, dopo un episodio simile, i genitori potrebbero prendere provvedimenti drastici, mettendo i figli sotto una campana di vetro, con un impatto sulla psicologia dei figli”.
Inoltre, “non possiamo dare per scontato che una foto inviata in un gruppo rimanga confinata lì: la piattaforma potrebbe cambiare in futuro le policy di accesso, rendendo visibile a tutti ciò che era precedentemente protetto. Altre volte device e piattaforme sono a rischio vulnerabilità. Dunque un hacker malevolo potrebbe violare la privacy delle foto (anche quelle non condivise), sfruttando falle nei dispositivi digitali, per rendere pubblico anche ciò che era super privato”.
Però c’è sharenting e sharenting. “Possiamo infatti tollerare che l’associazione sportiva pubblichi la foto dei figli a una partita o a una premiazione”. Come genitori possiamo dunque fare uno strappo alle regole, pur mantenendo sempre alta la consapevolezza dei rischi.
Soluzioni e consigli per arginare il fenomeno
“Le soluzioni a queste problematiche non sono affatto semplici”, suggerisce Martorana: “Il primo giorno di scuola i genitori dovrebbero evitare di inquadrare i figli di altri nella foto che verrà condivisa sui social. Il motivo è che i genitori di altri non hanno concesso l’autorizzazione allo sharenting a scuola. Inoltre, non è facile decidere chi può concedere l’autorizzazione: non basta l’autorizzazione di un solo genitore, ma servono quelle di entrambi; per esempio, i nonni non posso pubblicare foto senza l’autorizzazione dei genitori. In Olanda c’è già un caso di un nonno sanzionato perché i genitori del nipote non volevano che l’immagine fosse resa pubblica“.
“Per affrontare le soluzioni, innanzitutto occorre capire chi è il soggetto che può concedere l’autorizzazione alla pubblicazione delle foto, a scuola o in altri ambiti. Nelle famiglie allargate o no di oggi, i confini fra lecito e illecito non sono affatto così pacifici. A volte le problematiche emergono dopo, quando il bambino diventa adolescente. I minori temono il cyber-bullismo. Infine altre volte le foto sono pubblicate da giornalisti, dalla scuola, dalla squadra sportiva: anche in questi casi, è necessario richiedere l’autorizzazione. Esistono accortezze di cui tenere sempre conto quando parliamo di minori e del contesto in cui avviene la pubblicazione”, conclude Martorana.
“I consigli da dare ai genitori sono semplici”, sottolinea Pennasilico: “tutti scattiamo tantissime foto ai nostri figli. Tuttavia le immagini restano in un contesto privato. Quando i figli avranno la maggiore età, saranno loro a decidere che tipo di immagini vorranno dare di sé stessi al mondo. Lo stabiliranno, in autonomia, quando avranno l’età adatta per farlo”.
“Oggi, da genitore, non posso improntare io l’immagine dei figli. Non posso decidere io al posto loro. Il nostro ruolo è di educare i figli come genitore. Dunque, lasciamo che siano i figli a prendere le proprie decisioni sulla loro immagine”.