I millennials probabilmente si ricorderanno dei film di Street Fighter, Mortal Kombat e Super Mario, usciti negli anni ’90, quando i videogiochi avevano cominciato la loro ascesa verso la popolarità. I videogiochi si sono sempre ispirati ai film, ma stranamente è sempre stato difficile portarli al cinema. Questo perché il videogioco è un prodotto interattivo, dove la storia e i personaggi sono subordinati al gameplay, una caratteristica che, sempre negli anni ’90, veniva chiamata “giocabilità” dalle poche testate italiane del settore.
La colonna sonora esce dal videogioco e va in concerto: il nuovo trend culturale
Oltretutto, molti videogiochi degli anni ’90 avevano storie abbozzate e personaggi forse troppo sopra le righe, per poter diventare materiale valido per un buon film. Forse l’unico dei tre sopraccitati a risultare perlomeno godibile è Mortal Kombat, in quanto riesce a seguire il bizzarro design del gioco, tra l’altro a sua volta ispirato a “Grosso Guaio in China Town” di John Carpenter.
Di film non proprio riusciti basati sui videogame ce ne sono anche altri, come ad esempio il pessimo Doom, l’intera serie di Resident Evil e altre pellicole date in pasto al pubblico, senza risultare mai memorabili.
La trasformazione di cinema e videogiochi ha rimescolato le carte
Ora però, le cose sono decisamente diverse. Il cinema e i videogiochi sono cambiati radicalmente: il primo ha visto una frammentazione del prodotto film nelle serie TV, che spesso non sono altro che lunghe pellicole divise in episodi. Il secondo invece si è evoluto, diventando un’industria capace di generare incredibili profitti, dove i giochi più famosi hanno una qualità tecnica altissima. Basta pensare a Red Dead Redemption 2, Cyberpunk 2077 o The Last Of Us 2.
E proprio questi due, sono riusciti a trovare il loro spazio nel cinema, sotto forma di serie TV. Ovviamente, non sono stati i primi, bisogna infatti citare l’ottima serie di Castlevania curata da Warren Ellis, così come la serie Arcane, basata sul famoso MOBA League of Legends. Va detto che la serie Castlevania non ha potuto in nessun modo contribuire al successo della serie di videogiochi, rimasta arenata al reboot Lords of Shadows, buono, ma non indimenticabile.
Per quanto riguarda Arcane, nonostante la sua qualità, era comunque ispirata a un titolo poco accessibile ed estremamente competitivo, con una comunità decisamente poco accogliente verso i nuovi giocatori.
Passando a titoli più casual e moderni, anche The Witcher è stato portato su Netflix. Nonostante l’incredibile successo di The Witcher 3 di CD Projekt RED, la serie non ha portato a casa i risultati sperati, a causa di un ritmo generale piuttosto blando, scenografie e costumi spesso posticci, il tutto culminato in una seconda stagione facilmente dimenticabile.
Con Cyberpunk 2077, sempre dello studio polacco, le cose sono andate diversamente. Dopo un lancio piuttosto disastroso, specialmente su console, Cyberpunk 2077 si è lentamente risollevato, mostrandosi un titolo molto valido, nonostante le ovvie mancanze e una storia forse troppo lineare per un RPG.
Le vendite del gioco sono aumentate nel 2022, grazie a nuove patch che andavano a migliorare l’esperienza, sia per l’uscita della serie TV Cyberpunk: Edgerunners, curata dallo studio Trigger, famoso per il suo stile esplosivo, già mostrato in Kill la Kill.
Edgerunners e The Last Of Us
Grazie alla qualità delle animazioni e a una storia in linea con la lore del gioco di ruolo e del videogame, Edgerunners è stato un successo tale, da convincere i nuovi giocatori ad acquistare la loro copia di Cyberpunk 2077, per sperimentare personalmente la vita a Night City.
Ed ecco che la serie TV sui videogiochi vede il suo primo grande successo: godibile anche da chi non ha mai giocato a Cyberpunk 2077 e allo stesso tempo un modo innovativo di fare marketing per il proprio prodotto. Con l’uscita della serie, inoltre, CD Projekt RED ha creato dei nuovi contenuti di gioco basati su di essa, come la possibilità di ritrovare la giacca del protagonista David Martinez.
Dopo Edgerunners, tocca al The Last Of Us, uno dei giochi che più si avvicina al cinema a livello stilistico e narrativo. Naughty Dog e Sony, forti del successo di The Last of Us: Parte 2 e del discusso remake del primo capitolo, pubblicizzano la serie a tappeto per destare l’interesse anche di chi non ha mai preso un joypad in mano.
La produzione della serie viene affidata all’autore di Chernobyl Greg Mazin e a Neil Druckmann, co-presidente degli stessi Naughty Dog e sceneggiatore\direttore di The Last of Us: Parte 2. Per vestire i panni di Joel viene assunto il bravissimo Pedro Pascal, mentre per interpretare Ellie, la giovane e talentuosa Bella Ramsey.
Ma i videogiochi possono essere “arte”? Ai posteri l’ardua sentenza
I presupposti quindi per un prodotto di successo ci sono tutti, ed in effetti la serie TV si sta rivelando, episodio dopo episodio, decisamente valida. Con una narrativa fedele al gioco, ma con diversi twist interessanti capaci di approfondire alcuni personaggi comprimari, la serie di The Last Of Us ha catturato l’attenzione del pubblico non giocante e degli stessi gamer.
Come si può facilmente immaginare, i maggiori detrattori della serie appartengono al gruppo dei fan sfegatati del titolo, poco contenti di come è stata gestita la (bellissima, a parere di chi scrive) terza puntata. La serie TV di The Last Of Us si sta rivelando uno dei migliori prodotti televisivi degli ultimi anni, diventando un nuovo modo per espandere il mondo dei videogiochi. Non è un caso che Sony stia già preparando serie dedicate ad altri due titoli di punta della sua scuderia: Horizon: Zero Dawn e God of War.
C’è da dire però che trama e ambientazione di The Last Of sono decisamente più tradizionali, in quanto seguono canoni dell’horror post apocalittico, mettendo però l’accento sulle relazioni tra i vari personaggi e mostrando le varie facce dell’umanità, di fronte ad una possibile estinzione. Sarà curioso vedere se la stessa operazione funzionerà con il mondo fantasy-norreno di God of War.
Ora, dopo i fumetti, saranno i videogiochi la nuova gallina dalle uova d’oro di Hollywood? James Gunn della DC ha parlato recentemente di voler creare un universo condiviso tra film e videogame, con storie e personaggi che si intrecciano per creare un’unica singola narrativa. A parere di alcuni game designer, questo sarebbe uno scenario da incubo per la produzione dei giochi. Ed in effetti, cosa succederebbe se i videogiochi tripla A dovessero adattarsi sempre alla loro controparte televisiva o cinematografica?
Il dover necessariamente creare una storia, un mondo e dei personaggi trasponibili in una pellicola o serie TV, potrebbero tarpare le ali agli sviluppatori e eliminare possibili idee troppo fantasiose o originali. Sony non è l’unico distributore nel campo del gaming, ma i suoi titoli tripla A stanno praticamente dominando il settore del gaming a livello mainstream.
Conclusioni
Con Ubisoft in cattivissime acque e Microsoft che ancora non ha alcuna esclusiva valida (Halo: Infinite è stato un flop, purtroppo), Sony ha praticamente la strada spianata per permettere ai suoi studi di dominare il mercato e di potenziare le vendite dei videogame con serie TV o film dedicati ai suoi prodotti.
Il lato positivo ovviamente c’è ed è anche importante, in quanto la serie di The Last of Us, Cyberpunk: Edgerunner e le altre in programma da parte di Sony, sono basate su giochi single player, godibili anche da chi magari non è un giocatore esperto. Questo potrà portare alla creazione di titoli con una forte componente single player che andrà lentamente ad eliminare i fallimentari gaas o i titoli multiplayer free to play che si rivelano spesso delle delusioni. Non è un caso infatti che dall’inizio del 2023, diversi Gaas abbiano chiuso i battenti. Di conseguenza, più persone si avvicineranno ai giochi tripla A e a prodotti di alto livello qualitativo, cosa che non potrà fare altro che giovare al settore.