Gli algoritmi e i sistemi di intelligenza artificiale in futuro saranno sempre più determinanti durante i processi di selezione del personale. Parliamo, ovviamente, di intelligenza artificiale vera, il cui contributo, nel recruitment, consisterà soprattutto nel miglioramento del procedimento che individua i candidati che meglio rispondono, anche solo in parte, con la richiesta dei cliente (matchmaking).
A differenza dei cosiddetti Applicant Tracking Software (ATS) o sistemi di tracciamento dei candidati, utilizzati oggi da molte aziende per reperire e assumere candidati e che si limitano perlopiù a cercare determinate parole chiave all’interno dei curricula ricevuti dai selezionatori, con l’Intelligenza Artificiale gli strumenti a disposizione dei recruiters si adattano alla dinamicità del mercato e dei profili.
Pensiamo per esempio ai candidati passivi; sono candidati che non sono in ricerca attiva di una nuova opportunità ma che, soprattutto per alcune professioni, rappresentano per le agenzie di selezione una vera opportunità.
L’AI ha il potenziale giusto per sfruttare l’enorme quantità di dati necessari per tale attività. La raccolta dei profili, l’analisi dei dati, la verifica del potenziale, l’incrocio e la percentuale di aderenza (il grado di match).
Vera, il robot recruiter
Vera, per esempio è il robot di Ikea Retail Russia. Ogni anno riceve migliaia di candidature. E’ in grado di intervistare fino a 1500 candidati in una sola giornata, lavora gratis e parla tantissime lingue. All’occorrenza risponde anche alle domande dei candidati; può assumere voce e sembianze maschili e femminili. È il primo tentativo ufficiale di impiego dell’intelligenza artificiale nell’ambito della selezione del personale.
Per chi teme che i robot sostituiranno l’uomo anche nel contesto HR per ora una buona notizia: Vera cura, al momento, solo la fase di screening che dura circa 10 minuti. La fase successiva è gestita da recruiters umani, sono loro che prendono le decisioni finali su chi dovrà essere assunto.
Google, Alexa e Siri sono la vera minaccia per i recruiter
Il vero spauracchio dei recruiters dovrebbero essere, piuttosto, i Big del web come Google, Amazon, Apple e Facebook. La loro potenza di fuoco in fatto di big data consentirà di sfruttare appieno l’Intelligenza Artificiale. Già oggi gli assistenti vocali Google, Alexa e (in parte) Siri stanno indirizzando il mercato verso nuove forme di business che indirizzano prodotti e servizi verso la domotica e l’integrazione con i comandi vocali.
Google per esempio potrebbe essere in futuro il principale competitor delle aziende che oggi si occupano di selezione del personale.
Qualche mese fa ha lanciato la sua piattaforma per assunzioni: Google Hire. Oggi Google sta spopolando sul mercato con il suo assistente vocale.
L’integrazione di questi due elementi genererà la possibilità di chiedere a Google “Google trovami uno sviluppatore Java con due anni di esperienza su Milano” e Google cercherà fra migliaia di sviluppatori il nostro candidato ideale.
Cerchi lavoro? Alexa può trovartelo
E’ il futuro? No, è il presente! Già oggi navigando fra le Skill di Alexa puà capitare di imbattersi in Skill come Job Search, Job Finder, Interview Prep e varie altre: utte skill che forniscono un aiuto al candidato con specifiche domande finalizzate a fornire un supporto professionale di carriera e/o ad incrociare domande e offerte di lavoro.
Nel caso per esempio di Zip Recruiter si può chiedere ad Alexa: “trovami un lavoro.” Alexa ti chiederà una professione, una città e li incrocerà con le offerte in corso. Potrai chiedere di ricevere maggiori informazioni, di candidarti al lavoro, di ricevere i dettagli via e-mail, oppure potrai passare ad un altro lavoro.
Ma non è tutto. I grandi player sul mercato si stanno muovendo con interesse. Randstad per esempio è si è attivata per offrire percorsi formativi per le nuove professioni che il mercato richiede.
Inoltre stanno spopolando tantissime startup che sfruttano le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale. Alcuni esempi:
Software di scrittura aumentata
Textio. E’ un piattaforma che aiuta i recruiter a scrivere le offerte di lavoro per attrarre il maggior numero di candidati.
Analizza le singole parole per determinare l’attrattiva di un’offerta di lavoro per un possibile candidato ed offre suggerimenti per descrivere meglio l’annuncio. Secondo la startup, in tal modo gli annunci avrebbero rese in media superiori del 25% in termini di riscontro alle offerte.
La piattaforma userebbe i dati di milioni di annunci presenti sul web per capire quali parole influenzano il tasso di risposta dei candidati.
Esempio: nella scrittura di un annuncio c’è differenza fra utilizzare la parola “gestione” e “sviluppo”. Questa seconda sarebbe decisamente più appetibile, secondo il software, e riceverebbe maggiori riscontri.
Decisioni automatizzate
HireVue. E’ una società americana che ha ideato una piattaforma che somministra interviste video ai candidati per poi analizzarne i risultati.
Sarebbe in grado di valutare la capacità di comunicazione, attingendo importanti informazioni dai toni e dalla gestualità.
HireVue sarebbe in grado di analizzare 15mila tratti di una persona (es il linguaggio, i movimenti oculari, la velocità di risposta e il livello di stress).
Gild. E’ una startup americana che sta emergendo in questi ultimi mesi. “La nostra piattaforma utilizza l’apprendimento automatico e l’automazione per rendere l’intero processo di assunzione, dalla ricerca di un candidato all’assunzione, più efficiente” ha dichiarato il CEO di Gild Sheeroy Desai.
Il software analizzerebbe i dati presenti in rete alla ricerca di informazioni non presenti nei curriculum inviati. Non solo: gli algoritmi utilizzati da Gild sfrutterebbero i big data per tenere traccia dell’evoluzione professionale dei vari profili nel database.
Privacy, i paletti del Gdpr
La legislazione (art 22 del GDPR) pone una serie di limiti all’utilizzabilità di tali tecnologie. In primis stabilisce che i candidati hanno il diritto di non essere sottoposti ad una decisione basata esclusivamente su tale tecnologia: “un trattamento automatizzato … che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida significativamente sulla sua persona”. Eventualmente sarà necessario acquisire uno specifico consenso dai candidati.
L’Opinion del Working Party art. 29 n.249 del 2017 ha inoltre previsto una serie ulteriore di paletti, per esempio la necessità di “verificarne la proporzionalità, valutare se il trattamento sia necessario per conseguire una finalità legittima ed esaminare le misure da adottare per garantire che le violazioni dei diritti alla vita privata e alla segretezza delle comunicazioni siano limitate al minimo necessario”.
Andrebbe pertanto effettuata quella che in gergo privacy viene chiamata “valutazione d’impatto sulla protezione dei dati”
I rischi principali e gli ostacoli etici
Il principale rischio connesso all’utilizzo di queste tecnologie è ancora una volta la violazione dei principi etici o meglio la configurazione degli algoritmi che stanno alla base delle decisioni automatizzate.
Sono i principi cardine e le regole fondamentali della selezione (ad esempio il principio di non discriminazione, tutela della privacy etc). In tal senso un contributo potrebbe derivare dall’utilizzo del Blind recruitment.
È una modalità di selezione che garantisce tali principi. Vengono cancellate alcune informazioni dei candidati (es. nome, età, sesso, educazione, razza…) per eliminare ogni potenziale pregiudizio nella scelta.
Tuttavia di base ci sarebbe sempre un difficile ostacolo etico: le macchine “programmate” tramite machine learning nel tempo acquisiscono i medesimi pregiudizi degli esseri umani.