Il nostro progetto Bridge ha l’obiettivo di aiutare la persona anziana a vivere nella propria abitazione risolvendo, di volta in volta, ogni problema che si presenta.
Due sono gli obiettivi: uno di lungo periodo, che consiste nel cercare di prevedere per prevenire e curare per tempo, e uno di breve periodo, che costruisce la tranquillità reciproca della famiglia, degli amici e delle persone che vivono sole. Attraverso la tecnologia ci si propone di migliorare la percezione di sicurezza delle famiglie e aumentare il livello di sicurezza percepito della persona che vive sola; lo scopo è facilitare la permanenza della persona nel contesto sociale e abitativo in cui vive, a costi contenuti, senza che sia necessario ricorrere alla presenza permanente di una persona esterna.
Come funziona il progetto “Bridge”
La sicurezza è un elemento centrale della tranquillità reciproca. In genere, la famiglia si sente insicura perché pensa che il proprio caro, che vive solo, possa farsi male e che nessuno se ne accorga in tempo, oppure che non si curi di se stesso (mangia? Prende le medicine?). Il risultato di questa condizione di precarietà spinge le famiglie, in genere, ad imporre una badante oppure a costringe una persona della famiglia a curarsi maggiormente della persona. Questo provvedimento è generalmente vissuto dal famigliare in carico come una violenza, come una indesiderata privazione della sua libertà. La tecnologia può fare da mediatrice: attrezzando la casa con sensori che trasmettono costantemente lo stato della casa e della persona alla famiglia, elaborando questi dati e fornendo alle famiglia una serie di messaggi (anche in caso di problemi) e indicazioni su come evolve lo stato del proprio caro, la tensione si allenta e permette di trovare un punto di equilibrio che alleggerisce la condizione psicologica di tutti: per la famiglia significa mantenere attenzione alla propria vita (per esempio, favorisce la conciliazione lavoro-famiglia) per la persona significa conservare la propria indipendenza.
Obiettivo: tranquillità reciproca
Si immagini che l’appartamento dove vive la persona sia attrezzato di sensori invisibilmente innestati nell’ambiente, e che questi trasmettano con continuità “lo stato delle cose” e la “posizione della persona”. Così, la luce della cucina accesa e il movimento della persona che segnala un trasferimento dalla camera alla cucina racconta che va tutto bene. Anche “il frigorifero è chiuso e le medicine sono state prese” dice che va tutto bene… Insomma, questi sensori invisibili permettono di verificare che la persona sta bene tranquillizzando la famiglia.
Questo monitoraggio, però, non solo tranquillizza la famiglia ma ha un effetto positivo anche sulla persona che sente di poter ricevere soccorso quando dovesse servirle.
Curare e compensare gli effetti dell’invecchiamento
In un ambiente sensorizzato è possibile immaginare che, mediante il supporto dell’intelligenza artificiale, si possa “imparare” quali siano le abitudini della persona. In questo modo è possibile rilevare delle anomalie di comportamento. In altre parole, il sistema impara la “normalità” di un individuo in modo da poter dare un segnale nel caso in cui questa situazione venga cambiata. Per esempio, per chi ha l’abitudine di “uscita di casa nel pomeriggio di ogni giorno” non è una anomalia se non lo fa in caso di pioggia oppure se non lo fa saltuariamente; è una sua condizione di vita normale, con una variazione rispetto alla quotidianità che non è preoccupante, ma non è normale “uscita di casa due volte la settimana” oppure “uscita di casa infrequente”: la persona ha una deriva comportamentale che deve essere analizzata, è forse ammalata? Controlliamo! Non lo è, interveniamo comprendendo la ragione e strutturando una compensazione (per esempio, stimolando la socialità e un maggior coinvolgimento della famiglia).
Intercettare il cambio di abitudini e analizzarlo
Nello stesso modo si potrebbe interpretare “consumo d’acqua della doccia è zero” oppure la “poltrona è usata con una frequenza sempre maggiore” oppure ancora “il passo diventa sempre più incerto”. In alcuni casi non ci sono problemi, ma i segnali devono essere analizzati: potrebbe essere necessario un intervento. “La doccia non è più utilizzata” potrebbe essere causata da una caduta, inconfessata, senza conseguenze: non fa la doccia e si lava in altri modi pur di non confessare il problema e rischiare una badante. Questo messaggio, indipendentemente dalle ragioni, deve essere preso in esame: è un “cambiamento comportamentale”, una deriva, che ha bisogno di essere compresa e, se possibile, “compensata”. Le compensazioni che possono essere di vario tipo: ripensare la piano doccia (pavimentazione antisdrucciolo) e garantire la presenza saltuaria di un supporto eterno. Il messaggio è di tranquillità “…non sei sola, stai tranquilla. Fai la doccia io sono qui nel caso di bisogno!”.
La tecnologia per migliorare i rapporti umani
Il fatto rilevante è che si riesca ad intercettare il cambiamento, spesso lento e graduale, e che esista un interlocutore sociale che si prenda in carico l’analisi del cambiamento, che lo interpreti, che lo approfondisca e, alla fine, che programmi un intervento di compensazione.
Da non dimenticare, però, che la tecnologia è solo uno strumento, una commodity, ma che non sostituisce il contatto umano. Le relazioni sociali sono fondamentali e deve essere valorizzate. In sostanza, usiamo la tecnologia per vivere meglio i nostri rapporti umani.
I servizi digitali sono parte integrante della nostra vita e si innestano nella nostra quotidianità con lo scopo di renderla più sicura, confortevole e appagante. La tematica della Digital Life è uno dei punti chiave della smart society e riguarda le applicazioni “intelligenti”, anche con capacità di previsione, che sono a supporto della nostra vita dovunque siamo e qualunque cosa stiamo facendo. Tra i molti aspetti che sono oggetto di interesse e studio di questo tema, quello del benessere, inteso come soddisfacimento di una parte dei bisogni evidenziati dalla piramide di Maslow, è un tema a cui la tecnologia e la ricerca rivolge la sua attenzione. Un esempio è quello relativo al bisogno di sicurezza delle persone e delle loro famiglie.
Un aspetto fondamentale, che la ricerca deve considerare, è la centralità della persona. La parola d’ordine è partire dal bisogno della persona e trovare un modo per soddisfarlo.
Sicurezza e autonomia degli anziani, ecco la tecnologia che li aiuta
Le due anime della centralità della persona
La centralità della persona richiede che il progetto abbia due anime: una sociale ed una scientifica. Quella sociale, fatta da psicologi, assistenti sociali e sociologi, identifica i servizi, gli strumenti e il progetto che meglio si adattano alla realtà della persona mentre quella scientifica mette a disposizione, se richiesti e/o necessari, tutti gli strumenti il cui compito è dare supporto e complementare il progetto sociale.
Il nostro ruolo è quello di proporre un supporto tecnologico per le richieste che derivano dal contesto sociale.
Ma cosa spinge la ricerca a focalizzare la propria attenzione verso gli anziani e alle loro famiglie? Quello che stimola la ricerca in questo contesto è l’utilità sociale che può avere, nel futuro, una nuova idea e i servizi che ne derivano. È evidente che l’insieme delle iniziative per la sicurezza e il benessere degli anziani non sarà quello di oggi perché l’invecchiamento della popolazione imporrà un aumento non sostenibile di richieste finanziarie che graveranno sui conti pubblici e sulle famiglie.
La questione privacy
La questione della privacy è importante tanto quanto il rispetto del bisogno di poter attuare il proprio progetto di vita. Ma il problema è così rilevante? Forse, quello che dovremmo considerare con maggior attenzione è il servizio ricevuto. Insomma, a patto di rendere accessibile i dati solo a coloro che forniscono il servizio, siamo proprio sicuri che la privacy sia il problema?
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