Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia assoluta” perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”. Un’altra nuova missione della Memory Squad 11 è di catturare il dottor Mabiis, almeno per discutere con lui il futuro della galassia. L’agente Xina Shaiira, sulle sue tracce, scompare (puntate 64, 65, 66, 67). Li troviamo nella savana. Xina, alcune signore e molte farfalle. Colorate. Parlano delle intenzioni del dottor Mabiis. Della sua voglia di far tornare la galassia indietro di almeno un secolo. Bloccando altre memorie connesse. Il dottor Mabiis abita dentro un immenso baobab. Dentro si discute della vita. Le farfalle portano la discussione fuori. Nella savana. Per parlare degli uomini che da sempre vogliono diventare dio.
La savana velava il bus rosso a due piani, base di copertura della Memory Squad 11. Il vestito di polvere ammorbidiva i finestrini. Gli agenti al piano superiore. L’autista inutile al volante. I passeggeri figuranti al livello terra. Le biciclette appese dietro il bus. Una neve d’Africa. Che brulicava il collo. Le labbra. Le caviglie. “Agenti attenti tutti! Abbiamo lasciato di fretta il baobab perché il dottor Mabiis ci ha… diciamo… fregato ancora una volta!… lo sappiamo… è abile, abilissimo”. La comandante Khaspros affannosava. Era il suo conflitto personale con Annthok Mabiis. Tutti i conflitti sono personali. In tutta la storia dell’umanità. Il bus pisteggiava scaltro la incoincludente savana. I baobab complici. I cespugli distratti . La polvere creatrice dal nulla.
“C’è una segnalazione a ridosso di un lago asciutto. Siamo a un’ora di strada, comandante…” Proliferava Afro Allaa, l’agente navigatore, esperto di mappe e di sopravvivenza della squadra.
“È attiva una camera nera… tipo quelle di secoli fa… è attiva da poche ore… ha sostituito una memoria disconnessa. Ma forse la memoria è ancora funzionante!” entusiasmava Afro Allaa.
“Corriamo agenti!… tentar non nuoce!” scuoteva la comandante Khaspros. Il bus rosso a due piani rissava la terra della savana. La savana scrollava i cespugli dall’abbiocco pomeridiano. Il sole affissato. Il vento assolato. Il silenzio arrabbiato. Il calore rassegnato. Le ali gracchiavano la loro corvitudine. Le zampe tumpavano la loro immensitudine. Le zanne gnammavano la loro sanguitudine.
“È una casa su palafitte… una capanna grande, solida… si pescava dalla finestra, quando c’era l’acqua!” figurava Afro Allaa. Un vecchio schermo librava nell’aria. Nel retro del bus. Nel lato sinistro. Sopra il tavolino apribile. Il bus ondeggia. Il bus cracolla. Il bus barcrolla. Il bus rumorolla.
Saghis Astate lavorava a occhi chiusi. Le dita immerse. Nelle memorie disconnesse. Udiva lontano un pericolo aleggiante. Stringeva le memorie. Nessuno da anni passava di lì. Accarezzava le memorie. Nessuno da anni mangiava di lì. Bagnava le memorie. Nessuno da anni partiva di lì. Asciugava le memorie. Nessuno da anni salutava di lì. Stendeva le memorie. Nessuno da anni ricordava di lì. Le dita affrettavano. Gli occhi stralunavano. Le palpebre sbattevano. Saghis Astate soffocava nel buio. Lo spavento arrivava dalla savana. Viaggiava sopra un bus rosso a due piani. Saghis Astate si piegava. Il pavimento lo accoglieva. La memoria volava. Dalle sue dita nel terrore.
L’agente Afro Allaa assatanò la porta. Affondò nel buio. Affannò l’aria. Tastò una larga memoria galleggiante. La strinse. In pugno.
Saghis Astate si accasciò.
Afro Allaa arretrò nella luce della savana.
Spalancò le dita.
Una foto sbiadita.
Una donna bionda.
Una vita sottile.
Una carabina da caccia.
Un trofeo striato.
Si sbriciolava la memoria.
Nella polvere della savana.
In bianco e nero.
Striata di seppia.
(99-continua)