Uno dei settori che si è adeguato con maggiore successo alla “digital transformation” è quello bancario. I servizi bancari, negli ultimi anni, sono infatti stati oggetto di una profonda innovazione. Si tratta però di una trasformazione non esente da rischi e da disparità tra chi ha la possibilità di usufruire degli strumenti e delle tecnologie digitali e le relative competenze e coloro che non hanno accesso a tale possibilità
Anziani, persone con disabilità motorie e altre categorie svantaggiate, ad esempio, molto spesso non riescono ad accedere ai servizi finanziari e bancari, così come ai servizi della Pubblica Amministrazione, a causa delle misure di sicurezza in vigore (es. autenticazione a due o a più fattori). Tali misure di sicurezza sono necessarie per evitare furti di dati o di denaro, ma per queste categorie di persone, tali misure di sicurezza potrebbero costituire un ostacolo nell’accessibilità al servizio.
La tecnologia attuale offre molteplici soluzioni.
Le banche sui canali digitali: il cliente al centro di una moltitudine di servizi
Il settore bancario e la digital transformation
L’innovazione del settore bancario non ha riguardato solamente le banche “tradizionali”, che hanno attivato servizi online per i loro clienti, ma negli anni sono comparse diverse banche la cui attività si svolge esclusivamente online, senza alcuno sportello fisico sul territorio. Dall’apertura del conto alla sua chiusura, dalla sua gestione alle varie operazioni (controllo del saldo, bonifici bancari, bollette, MAV e RAV, ecc.), tutto viene svolto senza doversi muovere da casa e senza limiti di tempo e senza che sia necessario recarsi presso una sede fisica.
Secondo quanto emerge dal The Global Open Banking Report , sono oltre 60 i Paesi nel mondo che hanno adottato iniziative o pratiche di open banking. In soli tre anni, a partire dal 2018, questo settore è passato da 7 a 43 miliardi di dollari, con un numero di utenti che aumenta di circa il 50% ogni anno e (si presume) arriverà a superare i 130 milioni di utenti nel 2024, di cui oltre 60 milioni solamente in Europa.
In Italia, sempre secondo il Global Open Banking Report, solo il 36% delle banche utilizza i servizi offerti dall’Internet banking; la stragrande maggioranza di esse dichiara che i servizi open banking sono utilizzati da meno del 5% dei clienti. Dati decisamente in controtendenza rispetto agli altri paesi dell’UE.
Le app di mobile banking, per attrarre il maggior numero di utenti, puntano molto sulla semplicità di utilizzo e sulla possibilità di avere sempre a portata di mano tutti i servizi di una filiale bancaria. Grazie alle applicazioni, all’intelligenza artificiale e all’analisi predittiva, infatti, le banche puntano a offrire agli utenti dei servizi sempre più personalizzati, in modo da dare risalto ai loro interessi e alle loro abitudini.
I rischi della digitalizzazione nel settore bancario
Il processo di digitalizzazione, soprattutto nel settore bancario, presenta tuttavia alcuni rischi. Truffe e furti sono ormai molto diffusi, soprattutto perché gli hacker puntano ai dati dei 9,7 milioni di clienti che accedono ai servizi bancari tramite smartphone o tablet. Poiché questa fascia di utenti è quasi raddoppiata in soli 5 anni, è facile capire quante possono essere, per soggetti malintenzionati, le opportunità di guadagno. Basti pensare che oggi un italiano su tre utilizza il proprio smartphone per effettuare operazioni di ogni tipo, compresi acquisti online e operazioni bancarie.
Digital divide, i numeri del problema
Quando parliamo di “digital divide”, o “divario digitale”, ci riferiamo alla disparità che intercorre tra chi ha la possibilità di usufruire degli strumenti e delle tecnologie digitali e le relative competenze e coloro che non hanno accesso a tale possibilità. In una società sempre più dominata dalla tecnologia, questo divario comporta una vera e propria esclusione dalla collettività e porta con sé forti ripercussioni socioeconomiche e culturali. L’effetto di tale disparità rende quindi sempre più netta la disuguaglianza tra chi possiede gli strumenti che garantiscono una corretta fruizione dei servizi on-line, chi possiede competenze digitali adeguate nell’utilizzo dei dispositivi digitali e chi non dispone di tali strumenti o capacità.
I soggetti che sentono maggiormente l’effetto di questa disparità sono soprattutto gli anziani; le donne non occupate o in particolari condizioni; gli immigrati, i disabili e le persone con un basso livello di istruzione che presentano difficoltà nell’utilizzo di strumenti informatici e dispositivi elettronici. A seconda delle categorie coinvolte, ci si rende conto che il digital divide genera varie tipologie di discriminazione: intergenerazionale, di genere, linguistico-culturale ed economica.
Da quanto emerge dai dati raccolti a livello globale e presentati nel report “Global digital divide” del 2020, gli utenti che utilizzano internet sono circa 4,66 miliardi (più della metà della popolazione mondiale), mentre la restante parte (circa il 41%) non ha modo di poter accedere a una connessione internet e non è dunque in grado di disporre di nessuno dei servizi e delle attività che sono ormai date per scontate e considerate vitali nella nostra società. Ciò è emerso con forza soprattutto nel periodo del lockdown, durante il quale si è delineata la necessità di sviluppare ed evolvere la tecnologia digitale in modo da poter soddisfare i bisogni della popolazione, facendo fronte a tutte le difficoltà derivanti dalle limitazioni dovute allo scoppio della pandemia.
Secondo i dati del DESI 2021, fra i 27 Paesi membri dell’UE, l’Italia si colloca al ventesimo posto per quanto riguarda la diffusione e la fruizione dei servizi offerti dalla rete. Va segnalato che vi è stato un miglioramento rispetto all’anno precedente, in cui l’Italia si era posizionata al venticinquesimo posto.
Banking online: tecnologie che consentono di superare le barriere
Se invece guardiamo alle tecnologie che consentono di superare le barriere che impediscono a molte categorie di persone di accedere ai servizi del settore bancario, tra queste vi è, ad esempio, l’autenticazione ad immissione vocale. È tuttavia necessario verificare la sicurezza di questo metodo di autenticazione, in quanto potrebbero verificarsi furti dei dati personali (biometrici) e delle credenziali bancarie.
L’impronta vocale di una persona è, ai sensi del Regolamento generale per la protezione dei dati (GDPR) “dato biometrico”. Ossia, una caratteristica fisiologica o comportamentale che rende identificato o identificabile un determinato individuo, come ad esempio l’impronta digitale, l’iride, il volto, il DNA, oppure caratteristiche comportamentali quali la firma o lo stile di battitura.
I vantaggi della biometria vocale
Anche se la sicurezza di telestrumenti di autenticazione deve essere ancora verificata, la biometria vocale presenta un vantaggio notevole: nessun dato viene memorizzato o conservato sui dispositivi mobili, a differenza delle altre forme di autenticazione biometrica, come quella facciale, che richiede di scattare una foto o effettuare una registrazione. Questo perché la voce viene “trasformata” in un codice numerico. Inoltre, la voce umana è molto più complessa da imitare, rispetto ad esempio a un’impronta digitale. L’applicazione o il software riconosce la voce dell’utente acquisendo, in una prima fase, una quantità sufficiente di dati per procedere al tracciamento di una impronta vocale, imparando con il tempo a identificare correttamente gli utenti.
L’identificazione delle persone tramite l’immissione vocale consente di accertare o rafforzare la verifica d’identità degli utenti che accedono a sistemi e dati, riducendo il ricorso a password o ad altri sistemi meno sicuri, più complessi da gestire per determinate categorie di utenti. Anche se vi sono degli aspetti pratici che necessitano di ulteriori approfondimenti e migliorie (come, ad esempio, il rumore di fondo che può distorcere le registrazioni o malattie comuni che possono alterare la voce e disturbare l’autenticazione) è interessante immaginare quali innovazioni potrebbe portare l’evoluzione di tale tecnologia nel tempo, implementandola nei vari assistenti vocali già in commercio.