Politecnico di Milano

Smart city, come catturare gli 85 miliardi dell’Europa (Horizon 2020)

Bisogna rivedere le competenze e i sistemi di utilizzo delle risorse. In ballo ci sono grossi vantaggi per il sistema Paese. E l’occasione da non perdere dei nuovi finanziamenti europei 2014-2020

Pubblicato il 04 Nov 2015

Alessandro Perego

Politecnico di Milano

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Per fare una analisi critica sul tema Smart City non si può non partire da cosa intendiamo con questa espressione, ormai iper-utilizzata. Si tratta di un concetto ampio, che racchiude in sé una concezione della realtà urbana che travalica i confini tecnologici e che – in una visione estesa che spazia dalla mobilità all’efficienza energetica, dall’eGovernment alla partecipazione attiva dei cittadini – si pone come obiettivo l’innalzamento degli standard di sostenibilità, vivibilità e dinamismo economico delle città del futuro. Nonostante il concetto di Smart City travalichi la dimensione tecnologica, però, non possiamo non essere chiari su un punto: le tecnologie digitali giocano un ruolo chiave nella realizzazione delle città intelligenti. Tra queste il paradigma dell’Internet of Things sta acquisendo sempre più chiaramente una posizione di rilievo, con ambiti di applicazione molto variegati: dalla Gestione della viabilità al Trasporto pubblico, dalla Raccolta rifiuti alla Sicurezza, dal Monitoraggio ambientale al Monitoraggio del territorio, fino all’Infotainment e servizi turistici.

Il 70% dei comuni italiani con popolazione superiore ai 40.000 abitanti ha avviato almeno un progetto Smart City negli ultimi 3 anni ma questo dato – apparentemente molto positivo – non ci deve trarre in inganno. Le città italiane (e non solo) sono ancora lontane dal poter essere definire realmente “smart”: la maggior parte delle iniziative si trova ancora in fase sperimentale, solo nel 30% dei casi sono inserite in un programma Smart City strutturato volto a migliorare la vivibilità, sostenibilità e il dinamismo economico delle nostre città. Le ragioni di questa situazione sono molteplici, ma – come mostrano i risultati dell’Osservatorio Internet of Things- sono riconducibili a due elementi principali: la mancanza di risorse economiche e la mancanza di competenze adeguate.

Partiamo dal primo punto. Senza dubbio la capacità di spesa dei comuni italiani si è ridotta negli ultimi anni, ma bisogna riuscire a passare dal concetto di “spesa” a quello di “investimento”. Non è una questione meramente terminologica: è necessario ri-partire dai benefici concreti, in termini di efficienza, miglioramento dei servizi esistenti e ideazione di servizi completamente nuovi. Le tecnologie digitali sono un elemento abilitante essenziale per il raggiungimento di questi benefici, che in diversi casi portano anche a risparmi monetizzabili. Ad esempio, abbiamo stimato che una adozione pervasiva a livello di sistema paese di soluzioni Internet of Things per l’illuminazione pubblica, la gestione dei rifiuti e la mobilità urbana consentirebbe a cittadini, pubbliche amministrazioni e aziende di risparmiare complessivamente 4,2 miliardi di euro all’anno. Oltre ad agire sui benefici, è importante lavorare bene anche sui costi per la realizzazione di progetti Smart City, sfruttando le sinergie. Parlando di progetti che utilizzano le tecnologie Internet of Things, questo si traduce nel mettere a fattor comune l’infrastruttura di comunicazione tra più applicazioni in ottica Smart Urban Infrastructure (SUI). Tutto questo deve andare di pari passo alla definizione di opportuni modelli di finanziamento, che non passino solo da bandi ministeriali o europei (che comunque vanno sfruttati al meglio visto che le risorse in gioco sono importanti: l’UE ha stanziato oltre 85 miliardi di euro tra il 2014 e il 2020, principalmente nell’ambito del programma Horizon 2020).

Passiamo ora al tema delle competenze: in questo caso bisogna agire su due fronti. Da un lato servono indicazioni chiare fornite a livello centrale: fino ad oggi abbiamo assistito a ministeri che andavano avanti ciascuno per la propria strada e più in generale è mancata una chiara strategia dei governi sul tema Smart City. I tentativi fatti per cercare di mettere “ordine” e riutilizzare le conoscenze già sviluppate non hanno portato finora a risultati concreti e mancano ancora delle linee guida chiare. Il tema Smart City però a nostro avviso non può essere gestito unicamente dal centro, pena l’immobilismo dell’intero sistema. E’ compito importantissimo delle Pubbliche Amministrazioni Locali partire dalla conoscenza profonda del territorio e delle sue esigenze per declinare nel modo più opportuno la strategia Smart City. I comuni stessi però denunciano ancora la mancanza di competenze adeguate per selezionare e gestire i progetti Smart City. Serve fare sistema sia tra comuni diversi, in modo da ridurre i costi ed evitare duplicazioni di attività, sia all’interno del comune stesso, sviluppando un programma Smart City che consenta di inquadrare più iniziative all’interno di un disegno coerente. Prendiamo come esempio la mobilità. L’approccio attuale è quello di sviluppare tanti progetti verticali volti a migliorare singoli aspetti: il trasporto pubblico, fornendo dati sui tempi di attesa dei mezzi; la definizione dei percorsi, dando indicazioni sul livello di traffico in tempo reale; la ricerca dei parcheggi, segnalando la disponibilità degli stalli. Un approccio integrato alla mobilità richiede di fare un passo in più, creando un sistema di infomobilità multi-modale che consideri tutti i mezzi di trasporto (auto, treni, bus, metro, biciclette) e agevoli i cittadini nella definizione della combinazione di mezzi più adatta alle specifiche esigenze e preferenze.

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