A fine agosto è previsto il termine della possibilità di adesione alla versione semplificata dello smart working e sempre più aziende stanno lavorando per finalizzare in tempo la nuova policy di smart working per il new normal post emergenziale.
All’interno delle Direzioni HR e dei Comitati direttivi ci si sta interrogando su diversi aspetti: è meglio lavorare sempre in presenza o sempre da remoto? Qual è il giusto mix tra lavoro in presenza e remote work? Sono meglio due giornate da remoto e tre in presenza o viceversa?
Smart working, cambia tutto da settembre: ecco le nuove regole
Un nuovo modello di organizzazione del lavoro
Sono domande legittime, dettate dalla volontà di non trovarsi impreparati al rientro dalle vacanze e di dare risposte e riferimenti certi alle persone e ai team attraverso la formalizzazione di una policy organizzativa inequivocabile. Il rischio però è quello di cadere nella trappola della creazione di un modello eccessivamente rigido, convenzionale e omologato che, a fronte di una falsa sicurezza basata su regole date alle persone e soprattutto ai Manager, pregiudichi il necessario processo di ripensamento delle modalità di lavoro dei team ed evoluzione dei modelli culturali.
Un approccio eccessivamente focalizzato sulla formalizzazione della policy organizzativa da un lato risulta controproducente perché non viene incontro alle specifiche esigenze di ogni team che deve porsi autonomamente delle domande per comprendere il giusto mix tra presenza e remoto, e dall’altro pone il focus più sull’aspetto di procedura e meno sugli strumenti per supportare realmente le persone nel lavoro ibrido.
Ciò che è sicuro sullo Smart “Hybrid” Work che da settembre in poi vedremo applicato è che si tratta di un nuovo modello di organizzazione del lavoro che ancora non si conosce completamente. Siamo all’inizio di una nuova fase evolutiva dello smart working che richiede di non sopravvalutare l’esperienza emergenziale fatta ma, anzi, di ripartire con un rinnovato approccio sperimentale e di apprendimento continuo nell’applicazione di nuove modalità organizzative di lavoro.
Lo smart working ibrido non è un compromesso
Inoltre, l’utilizzo della parola “hybrid” per connotare l’evoluzione dello Smart Working, non deve lasciare pensare che si debba ricorrere a un “compromesso”, magari tra esigenze di conciliazione ed esigenze di business, nell’applicazione della flessibilità lavorativa, ma deve diventare sinonimo di un’esperienza di lavoro davvero arricchente sotto tutti i punti di vista.
Ma quali sono le variabili e le dimensioni culturali e organizzative che un Manager deve considerare per comprendere quale tipologia di esperienza di lavoro ibrida si adatti meglio al proprio team e sulla base di quali considerazioni potrà decidere come ribilanciare la flessibilità organizzativa nel tempo?
Dopo numerosi confronti con aziende e manager che hanno deciso di affrontare questo cambiamento in modo aperto e coraggioso, è stato possibile definire un framework di riferimento per la corretta adozione dello Smart Hybrid Work.
Smart hybrid work maturity model
Il modello di analisi nasce dall’intento di equipaggiare i manager con uno strumento che permetta loro di comprendere come adottare opportunamente il lavoro ibrido nel proprio team. Il suo scopo è precisamente quello di definire dei possibili “sensori” con cui poter determinare il corretto funzionamento del team in modalità ibrida. Ciò consente di valutare non solo una giusta combinazione di giornate di lavoro da remoto o in presenza, ma soprattutto di cogliere caratteristiche, abitudini e dinamiche che potrebbero costituire fattori abilitanti o barriere per lo Smart Hybrid Work nel team.
Il modello individua quindi diverse variabili di analisi lungo cinque dimensioni: Work Profile, Leadership Style, Engagement, Personal Attitude ed Cross-Organizational Relationships.
Work profile
La prima di queste cinque dimensioni propone un’analisi delle attività lavorative condotte dalle persone del team per comprendere il livello di predisposizione rispetto all’adozione del lavoro da remoto. L’analisi può essere realizzata utilizzando il modello dell’Activity Based Working, con l’obiettivo principale di mappare quali attività si prestano meglio ad essere svolte in presenza e quali invece da remoto. In particolare, secondo questo modello è possibile classificare le attività lavorative secondo quattro categorie fondamentali:
- Attività di Concentrazione, che richiedono focus e precisione (elaborare presentazioni, report, spreadsheet o lavorare su applicativi specifici) o lo svolgimento di task generici e routinari individuali (es. scrittura o lettura mail);
- Attività di Collaborazione, quali riunioni, lavoro in team, videocall di gruppo e tutte quelle attività svolte con una forte frequenza di interazione con i colleghi per creare un output o prendere decisioni;
- Attività di Comunicazione, vale a dire telefonate, videocall one-to-one o brevi colloqui che hanno tipicamente come obiettivo la condivisione delle informazioni e l’allineamento reciproco, ma anche attività di front-end verso partner commerciali e clienti finali;
- Attività Creative, che fanno riferimento nello specifico allo sviluppo di nuove idee (es. nuovi prodotti, servizi, innovazione) ma anche alle attività di socializzazione e networking.
Determinando il tempo dedicato mediamente nel team a ciascuna di queste quattro categorie di attività, si può identificare un profilo lavorativo che contraddistingue il team e valutare le condizioni migliori per le persone in cui lavorare. Ciò consente di fatto di stilare una checklist delle attività da svolgere preferibilmente da remoto e di quelle da svolgere preferibilmente in presenza, per garantirne al contempo efficienza ed efficacia.
Leadership style
È chiaro oggi però che il successo di un modello ibrido non può dipendere soltanto dall’organizzazione delle attività tra remoto e ufficio ma anche e soprattutto dal modello di leadership espresso dai Manager: perché un team riesca realmente ad operare in modo armonico, devono sussistere le condizioni per un contesto culturale che favorisca allo stesso tempo elementi chiave come la cooperazione, l’intesa reciproca, l’ascolto, l’orientamento agli obiettivi.
In questo senso, la seconda dimensione del modello di analisi punta proprio a sondare il livello di maturità dei modelli di leadership rispetto a quattro principi di Smart Leadership:
- Sense of Community, inteso come la capacità di un manager di creare e alimentare un senso di coesione e fiducia tra le persone che consenta l’adozione di comportamenti collaborativi anche da remoto, promuovendo un senso di appartenenza all’organizzazione e ai valori aziendali;
- Empowerment, da intendersi sia nella capacità di responsabilizzazione delle persone verso obiettivi personali e aziendali, sia nell’orientamento al raggiungimento dei risultati e alla crescita professionale abilitata dal Continuous Feedback;
- People Care, ovvero il saper ascoltare e comunicare in modo efficace con i propri collaboratori, comprendendone esigenze e necessità e dimostrando un atteggiamento inclusivo e flessibile, lasciando autonomia nel coniugare al meglio la performance lavorativa con la sfera personale;
- Virtuality, vale a dire la capacità di bilanciare l’utilizzo di tecnologie digitali e altre modalità di interazione, scegliendo di volta in volta il metodo e gli strumenti più efficaci rispetto agli obiettivi e ai task da svolgere.
Seguendo i principi di Smart Leadership, i manager possono quindi comprendere quali sono i punti di forza e di miglioramento del proprio stile di Leadership e identificare azioni correttive per gestire al meglio il team in una modalità ibrida.
Engagement
La rilevanza dell’Engagement nel contesto dello Smart Hybrid Work è testimoniata dalle evidenze emerse negli ultimi due anni, che da una parte hanno mostrato come periodi di lavoro da remoto prolungati causino riduzioni considerevoli nei livelli di motivazione delle persone, dall’altra hanno messo in luce le difficoltà dei manager nel cogliere segnali deboli di riduzione di ingaggio o, peggio, di burnout.
In questo senso, è immediato cogliere un nesso nei dati pubblicati a maggio 2022 dall’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano: solo il 14% delle persone afferma di sentirsi pienamente ingaggiate nel proprio lavoro; parallelamente la percentuale di lavoratori che ha cambiato o sta considerando di cambiare lavoro nei prossimi mesi tocca quota 45%.
La terza dimensione del modello richiede ai Manager di porre maggiore attenzione nella valutazione e nel monitoraggio dei livelli di Engagement del proprio team attraverso la progettazione di frequenti momenti di confronto. A questo proposito è possibile fare riferimento al modello di Schaufeli e Bakker, che permette di definire l’Engagement secondo tre dimensioni:
- Vigor, ovvero l’energia investita dalle persone nel loro lavoro e la loro resilienza mentale, che si esprime come capacità e volontà di non farsi scoraggiare dalle difficoltà;
- Dedication, vale a dire il significato e l’importanza che le persone attribuiscono al loro lavoro insieme all’entusiasmo, all’ispirazione, all’orgoglio e al senso di sfida che ne deriva;
- Absorption, intesa come la concentrazione e l’assorbimento delle persone nel loro lavoro, che si traduce in una capacità di sopportare la fatica e realizzare extra-sforzi.
Personal attitude
Se con Leadership Style il modello analizza la predisposizione dei Manager dal punto di vista degli stili di leadership, la quarta dimensione va invece ad approfondire la percezione delle singole persone rispetto all’esperienza lavorativa in un contesto ibrido, portando la lente di ingrandimento sulle caratteristiche della personalità delle persone che possono influenzare la loro propensione a organizzare e vivere il lavoro ibrido.
Per costruire un quadro di queste caratteristiche, possiamo fare riferimento al cosiddetto modello Big Five, che in psicologia concepisce la personalità degli individui come una combinazione di cinque tratti o attitudini:
- Estroversione, ovvero la predisposizione dell’individuo alle relazioni interpersonali o in altre parole, il benessere che una persona trae dalle relazioni sociali e dal contatto con gli altri;
- Amicalità, che riflette le differenze individuali nella preoccupazione generale per l’armonia sociale; questo tratto indica fino a che punto l’individuo è capace di mettersi nei panni dell’altro e di agire in accordo alle proprie emozioni e preoccupazioni;
- Coscienziosità, ossia la tendenza a mostrare autodisciplina, ad agire secondo il senso del dovere e a lottare per ottenere risultati contro le misure o le aspettative esterne; è legata al modo in cui le persone controllano, regolano e dirigono i loro impulsi;
- Stabilità emotiva, vale a dire l’inclinazione naturale a provare emozioni positive e ad interpretare stimoli e situazioni avverse con temperamento, ottimismo e proattività; questo tratto indica quanto le persone tendono ad essere calme, imperturbate a fronte di difficoltà;
- Apertura mentale, che indica fino a che punto l’individuo si sforza nella ricerca attiva di nuove esperienze e apprezza le attività fuori dalla routine; in altre parole, è legato alla tolleranza e al desiderio di esplorare situazioni non familiari.
Cross-organizational relationships
La quinta ed ultima dimensione del modello orienta invece il focus sul confine tra il team e l’ecosistema organizzativo, prendendo in considerazione le Cross-Organizational Relationships. Per concepire opportunamente lo Smart Hybrid Work, i Manager devono infatti portare la loro attenzione anche all’equilibrio tra il proprio team e le altre strutture organizzative, esaminando le interazioni ed individuando eventuali criticità.
Per fare questo, occorre innanzitutto avere chiaro il quadro delle interazioni più importanti tra il team e le altre aree aziendali. Per ognuna di esse devono essere valutate frequenza e rilevanza, andando di conseguenza ad identificare le modalità di interazione più opportune (i.e. in presenza o da remoto) che ne preservino l’efficacia della relazione.
In conclusione, il modello a 5 dimensioni Smart Hybrid Working Maturity Model consente in definitiva ai Manager di verificare l’aderenza ai principi dello Smart Hybrid Work, nonché di trarre conclusioni preliminari sull’impatto potenziale di un modello di lavoro ibrido sul proprio team. La rilevanza di tale approccio si giustifica proprio nello scenario di New Normal che stiamo attraversando e che attraverseremo, dove l’offerta di Remote Work rappresenterà sempre di più un fattore di attrattività per le aziende. In questo contesto però, la priorità per i manager non dovrà essere quella di implementare modelli di organizzazione che massimizzano le giornate di lavoro da remoto. Piuttosto, occorrerà avanzare la comprensione delle condizioni che facilitano la gestione di un team ibrido ed ingaggiare le persone in un percorso che porti a trovare un equilibrio proprio del team, in un’ottica di evoluzione e miglioramento continuo.