Ulteriore proroga per il ricorso allo smart working in forma semplificata, fino al 31 agosto 2022, e quindi si rimanda a settembre la (necessità della) stipula di un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore. A stabilirlo è dettati da una modifica recentemente introdotta al ddl di conversione del famoso dl Riaperture.
Bisognerà quindi ancora attendere per il ritorno del lavoro agile/smart working alla forma “consensuale”, ovvero basato su un accordo condiviso, in maniera spontanea, tra azienda e lavoratore/dipendente.
Le regole speciali previste per la pandemia sono state prorogate infatti fino al 30 giugno dal decreto Covid-19 di marzo; che non proroga però il diritto ai lavoratori fragili a fare lo smart working.
Fermo restando che non ci sarà più la possibilità da parte del (solo) datore di lavoro o chi per esso, di decidere coloro che sono adibiti in smart working e per quanto tempo, dopo giugno quindi tornerà in vigore invece l’accordo individuale tra le parti.
Smart working alla vecchia maniera, prorogato fino al 31 agosto
Insomma, la conclusione dello stato di emergenza non modificherà le attuali regole sullo smart working.
Il decreto covid-19 con smart working in gazzetta ufficiale
L’art. 10 del decreto di fine covid
L’art. 10 del decreto-legge prorogava «…i termini correlati con la stato di emergenza da Covid-19» al 30 giugno 2022. Termine tuttavia prorogato al 31 agosto. Tra questi ci sarebbe dunque la possibilità di ricorrere al lavoro agile senza l’accordo individuale tra datore e lavoratore, e quindi beneficiando ancora di un regime semplificato a 360°.
Il provvedimento, in pratica, estende di tre mesi (art. 90, commi 3 e 4, del D.L. n. 34/2020, convertito dalla legge n. 77/2020), il regime semplificato e protrae, al 30 giugno, i termini di svolgimento del lavoro agile.
Ancora senza accordo
Ci aspettavamo, forse, una semplificazione relativa alla sola mancanza di invio degli accordi individuali, pur dovendoli aver siglati internamente, invece nel decreto di fine covid, il Governo ha prorogato, come scritto, la possibilità di adottare le modalità di smart working fino al 30 giugno, per ogni settore del privato, mentre come noto il pubblico ha già perso lo smart working come modalità standard.
Tuttavia, rimane che:
- i datori di lavoro potranno disporre unilateralmente lo svolgimento del lavoro agile, senza l’esigenza di firmare accordi scritti con ciascun lavoratore, ma con la semplice comunicazione;
- le modalità semplificate di comunicazione al Ministero del lavoro, rimangono quindi vigenti anche oltre il 30 giugno;
- gli accordi con i sindacati continueranno a non essere obbligatori, ma opzionali e dovranno essere rispettati dalle aziende che applicano un CCNL o un accordo di secondo livello che disciplina il lavoro agile.
Qualora le aziende avessero, frattanto, già sottoscritto le intese con i singoli dipendenti le stesse resteranno comunque valide.
Ancora incognite
Ancora incognite quindi sulla gestione dello smart working, anche nel post emergenza.
Tuttavia, un elemento rimane fermo: l’auspicabilità, per un’organizzazione più efficace ed efficiente, comunque di accordi/intese individuali, specie per quelle realtà che hanno adottato in modo strutturato lo smart working.
Ciò vorrebbe dire, tradotto in pratica, ordine, chiarezza, definizione di parametri lavorativi ben precisi, regole chiare, valori e linee guida aziendali tanto preziose quanto funzionali per ciascuna azienda che ne trarrebbe giovamento dal punto di vista ora gestionale ora di “cultura” aziendale
Il nodo lavoratori fragili e lavoro agile
Ulteriore proroga dal 31 marzo 2022 al 30 giugno 2022 approvata in Commissione Affari Sociali alla Camera l’emendamento, fortemente sostenuto dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, in favore dei dipendenti, pubblici e privati cd “fragili” i quali potranno svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile purché compatibile con la prestazione stessa cui sono adibiti.
Novità in arrivo un po’ più in là sullo smart working
L’emendamento al decreto Sostegni ter, forse al momento sospeso, ad opera del ministro del Lavoro Orlando, in attuazione delle indicazioni contenute nel protocollo firmato dalle parti sociali lo scorso 7 dicembre, stabilirebbe che il datore di lavoro sia tenuto a comunicare, per via telematica, i soli «nominativi di lavoratori e la data di inizio e cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile» e non gli annessi singoli accordi.
Secondo le fonti istituzionali, presso la Commissione Bilancio procede l’esame del ddl di conversione del citato decreto-legge n. 4/2022 (Sostegni ter) il quale, pena la cadenza, dovrà essere tassativamente convertito entro il 28 marzo pv.
Tra le novità parrebbe esserci la integrale sostituzione dell’art. 23, I comma, della Legge 81/2017 rendendo così strutturale la procedura (di comunicazione) semplificata dello smart working al Ministero del lavoro, già in essere e che ha caratterizzato tutto il periodo di pandemia.
Le novità che giungeranno in autunno
La novità, di cui all’emendamento in disamina, più eclatante riguarderà la modifica sostanziale dell’art. 23 della legge in materia di lavoro agile (l. 81/2017). Se ricordiamo bene, il testo primigenio di detta norma, impone che l’accordo individuale sia oggetto di una comunicazione obbligatoria, né più e né meno di come avviene nell’ipotesi di instaurazione del rapporto di lavoro al Centro per l’impiego.
Il testo al vaglio degli addetti al lavoro, vorrà invece che il datore di lavoro sia tenuto a comunicare al Ministero del lavoro telematicamente soltanto:
- i nominativi dei lavoratori
- la data di inizio e fine delle prestazioni di lavoro in modalità agile.
Sarebbe poi prevista un’interoperabilità sui dati inseriti, con l’INAIL per gli adempimenti di propria spettanza.
Ma non è tutto. Un’ulteriore novità riguarderà la previsione di un regime sanzionatorio in caso di mancata (omessa) comunicazione. In particolare, il datore di lavoro che violerà la norma in questione rinnovellata, sarà punito con una sanzione amministrativa dai100,00 a 500,00 euro, per ogni lavoratore interessato da questa modalità alternativa nell’esecuzione, del suo lavoro, ma non dichiarato.
La ratio legis
L’intento di questo tanto atteso intervento di legge sarebbe quello di semplificare alle aziende l’obbligo di comunicazione dell’adesione allo smart working.
Ma il problema è sempre lo stesso: i tempi stretti, a ridosso della scadenza.
Il fatto è tuttavia che in mancanza di un approdo normativo in tal senso, torneranno in vigore le vecchie norme, dal prossimo 1 di aprile, e un ritorno al passato non sarebbe certo indolore per le organizzazioni, specie per quelle meno strutturate, in quanto a dimensioni, e che non avevano mai sperimentato lo smart working, prima della situazione pandemica.
Smart working 2.0, le nuove regole che ci aspetteranno
Osiamo sdoganare un cd “smart working 2.0” essendo arrivati a un punto di svolta, ove lo smart working o meglio il lavoro agile necessità di un restyling rispetto alla legge 81/2017 presa e adattata con la situazione emergenziale. Diciamocelo, lo smart working è stato visto e vissuto essenzialmente come una “misura di emergenza”, e con quanto per conseguenza. Ma la ratio della disciplina, a pandemia pressoché finita, possiamo dirlo: è tutta un’altra cosa basandosi su principi esattamente contrari a quello a cui il Covid ci ha costretto a stare in casa. Ancora una volta, ribadiamo che lo smart working/lavoro agile in quanto tale può essere svolto ovunque, e a qualunque ora; essendo orientato più al risultato che all’attività in sé.
Come, concettualmente, cambierà
Nell’ascoltare un interessante intervista al Prof. Pasqualino Albi, il noto consigliere giuridico del Ministro del Lavoro nonché presidente del gruppo di studio Lavoro agile, siamo giunti alla conclusione che sarà decisamente «…improbabile un ritorno secco alla situazione pre-pandemica».
Con ciò, aggiungiamo, che evidentemente tale modalità di lavoro è destinata a cambiare se non altro nella “forma” in cui è stata conosciuta, finora.
Il nuovo smart working sarà più dinamico di quello vissuto in questi due anni, concepito essenzialmente come il lavoro svolto da casa, in una situazione di sostanziale isolamento, prolungato, talvolta, per tempo. Non a caso, in più di un’occasione non abbiamo mancato di dire che sarebbe stato più corretto definirlo “home working” o “remote working”, viste le modalità; ben lontane dal vero smart working: in un prato piuttosto che in un bar.
Per non parlare dei vincoli di orario più o meno imposti, a secondo del contratto di lavoro.
Il lavoro agile di cui alla più volte citata legge 81/2017, si caratterizza tipicamente per l’alternanza tra lavoro in presenza e da remoto.
Ad oggi, non v’è ancora un “modello predefinito” valevole per tutti, anche perché sono ancora in atto le valutazioni apprese dall’esperienza maturata in questo biennio da Covid-19, nei luoghi di lavoro volendo cogliere le esigenze emerse proprio sul campo.
Dalla relazione del Gruppo di studio Lavoro agile e del Protocollo Nazionale sul Lavoro in modalità Agile è emerso come la ridefinizione delle regole non possa avvenire senza tener presente che «i processi di trasformazione del lavoro non sono ancora del tutto delineati». Il confronto con le parti sociali è (stato) essenziale quale terreno ideale del dialogo sociale. Si è giunti infatti, lo ricordiamo, a inizio dicembre, ad un protocollo condiviso non ancora applicato, vista la ripresa della pandemia.
Forse, oggi quando si inizia a palesare un ritorno alla normalità, queste linee di indirizzo potranno rappresentare il quadro di riferimento per la contrattazione collettiva, ma anche un input alla gestione aziendale del lavoro agile.
Cosa cambierà per le aziende, da luglio
Per le aziende, e qui ci occupiamo solo del fronte privato, dovrà cambiare l’approccio oltre che le procedure sempre semplificate ma con qualche adempimento in più, come la predisposizione di un accordo individuale.
Senza dubbio, la situazione contingente, ha di fatto aperto nuovi spazi per modelli organizzativi ben più elastici e dinamici tali da favorire tanto la produttività quanto un’effettiva conciliazione fra vita e lavoro, la “cd work-life balance”, di cui si legge spesso.
A chi si applicherà il “nuovo” smart working
Occupiamoci ora a chi si applicherà questo “nuovo” smart working nel senso cioè: quali categorie di lavoratori potranno continuare a beneficiare dello smart working.
La risposta è semplice e senza equivoci: «tutti i lavoratori che svolgono mansioni compatibili con lo smart working» a dirlo chiaramente è il prof. Albi.
Quindi, se possono accedervi “…tutti i lavoratori…” significa non solo i lavoratori dipendenti, ma anche i collaboratori (agenti, liberi professionisti, insomma il vasto mondo delle “partite ive”) il che cambia sia guardando alla pletora dei soggetti beneficiari, lato forza lavoro, che lato datoriale dovendosi porre il problema di se e come comunicare e quindi accordare tale modalità agile.
Onori e oneri, insomma.
L’accordo individuale sarà obbligatorio
Le aziende non dovranno farsi trovare impreparate sul tema. Mentre, infatti, i lavori parlamentari avranno tutto il tempo per proseguire, se da un lato le imprese potranno tirare un sospiro di sollievo ben potendo continuare a beneficiare delle procedure comunicative del lavoro agile più snelle rispetto a quelle operative pre-pandemiche; dall’altro le stesse non potranno più esimersi dal sostanziale e più significativo cambiamento che vede l’obbligo della stipula di un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore.
In pratica, il nodo centrale del nuovo — tanto atteso — smart working è dato dalla stesura di tale atto potendo far riferimento alle policy aziendali concordate con i sindacati o in base alle linee guida ministeriali di cui al protocollo di dicembre 2021.
Come stipulare l’accordo
L’accordo dovrà avere di massima:
- la durata, a termine o a tempo indeterminato;
- l’alternanza tra i periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali;
- i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali;
- gli aspetti relativi all’esecuzione della prestazione lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e alle condotte che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari nel rispetto della disciplina prevista nei contratti collettivi;
- gli strumenti di lavoro;
- i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione;
- le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, pur nel rispetto dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori e della normativa in materia di protezione dei dati personali;
- l’attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile;
- le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.
La perdurante procedura semplificata
Secondo le chiare intenzioni del Governo cristallizzate nell’emendamento sopra annunciato, lo smart working sarà mantenuto, nella procedura, semplificato.
Rammentiamo, al riguardo, che per tutto il periodo emergenziale è stata data la possibilità alle imprese di attivare il lavoro agile, senza stipulare alcun accordo individuale, patendosi l’azienda limitare a comunicare in formato telematico, e soprattutto in modalità massiva, al Ministero del lavoro, i nominativi dei lavoratori, la data di inizio e di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, secondo la documentazione e sull’applicativo informatico, resi disponibili dallo stesso Ministero.
Nulla di più.
Le aziende più virtuose nel senso, intendiamoci, di essere già abituate a ricorrere a questa forma rectius modalità di lavoro (agile) anche pre-pandemia e per scelta di sistema, hanno verosimilmente previsto, da tempo, un qualche accordo. Si tratta di tutte quelle realtà multinazionali che hanno deciso di intraprendere la strada (di non ritorno) dello smart working, strutturandolo in maniera robusta.
Operativamente, pro-azienda
Dal punto di vista operativo, vogliamo rassicurare le aziende ribadendo che quando sarà in vigore l’obbligo dell’accordo di lavoro agile non andrà allegato alla comunicazione inviata al ministero del Lavoro, ma dovrà essere siglato secondo le indicazioni di cui al Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile di intesa raggiunta con riferimento al settore privato, lo scorso 7 dicembre 2021 e nel rispetto delle discipline contrattuali in essere e applicabili all’atto della sottoscrizione dell’accordo di smart working.
Bonus smart working e diritto alla disconnessione
In commissione Lavoro è stato raggiunto, proprio in questi giorni l’accordo sul testo unificato mirando a superare l’Accordo individuale quale unica fonte di regole e organizzazione della modalità agile di esecuzione del lavoro, valorizzando la contrattazione collettiva.
Incentivi alle imprese
Il testo della commissione lavoro prevede inoltre incentivi alle aziende che adottano lavoro agile, come sconto 1% sulle assicurazioni Inail. Il testo deve ancora arrivare in Aula.
Diritto disconnessione
A corredo di ciò, dovremmo anche attenderci l’arrivo di altri bonus a pioggia sul diritto alla disconnessione, cuore pulsante dello smart working 2.0 istituendo in pratica «un credito di imposta per l’acquisto di strumenti e di software destinati al personale. Il lavoratore potrà sganciarsi da pc e smartphone fuori dall’orario di attività senza incorrere in sanzioni. Contrattazione collettiva la bussola. Intanto nel Sostegni Ter regolata la figura del nomad digital worker» ovvero del cd “nomade digitale”.
Lo smart working nei suoi possibili scenari futuri
Da ultimo ma non ultimo, pensiamo sia utile dipingere quelli che potrebbero essere gli scenari futuri in materia, per quanto posticipati di qualche mese.
Posto che, tornare indietro di due anni come materialmente non è possibile, sarebbe altresì un “peccato” perdere quelle poche opportunità che la situazione emergenziale ci ha concesso. Una di queste, e lo si sostiene da tempo, risiede proprio nello smart working: è un dato ormai indiscusso. Certo, la famosa sindrome, da qualcuno addotta, degli “zombie” resta in agguato nella misura in cui, forse, si abusi di questa modalità… agile.
Con ragionevolezza, si può affermare che strutturare una/due volte alla settimana il lavoro in smart working purché esso sia compatibile con la mansione affidata, sia più che fattibile e conveniente non potendo altro che diventare un’opportunità volta a rivoluzionare il mondo del lavoro.
Dal punto di vista squisitamente normativo, lo scopo è proprio quello di superare l’attuale legge in vigore (Legge 22 maggio 2017, n.181).
Ai “box”, delle fonti
Prima di concludere vogliamo, ritenendolo opportuno e cosa gradita, fare un breve elenco indicando i riferimenti in materia di lavoro agile, in attesa dell’uscita del decreto di fine covid, in GU.
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Primarie |
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Secondarie |