Alla luce della crescente diffusione nazionale e internazionale del coronavirus e dei relativi rischi per la popolazione, il Governo ha adottato soluzioni drastiche per arginare il diffondersi dell’epidemia, tra le quali il ricorso allo smart working nella pubblica amministrazione.
La Circolare n. 1/2020 emanata nella giornata del 4 marzo dal Ministro della Funzione Pubblica Fabiana Dadone di cui sono già disponibili approfondimenti esaustivi, fornisce alcuni chiarimenti sulle modalità di implementazione delle misure normative, a fronte dei quali i dipendenti, ma soprattutto i manager pubblici (per la cui inadempienza sono previste sanzioni), dovranno mettere in atto in tempi estremamente rapidi misure importanti “per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa” negli Enti e Pubbliche Amministrazioni.
Proviamo allora a ragionare con quali necessari presupposti occorra avviare questa “rivoluzione” per trarre spunti positivi anche da questa situazione di estrema criticità.
Cos’è lo Smart Working: non è telelavoro
La prima disamina necessaria è quella relativa alle modalità operative attraverso cui realizzare le disposizioni ministeriali nonché alle diverse connotazioni che smart working o lavoro agile possono assumere.
Da questo punto di vista è infatti necessario distinguere il cosiddetto telelavoro dallo smart working.
Lasciando al lettore la possibilità di approfondire le diverse sfaccettature delle due modalità di lavoro autonomamente, è sufficiente dire che mentre il telelavoro si focalizza quasi esclusivamente sulla flessibilità loci, ovvero la possibilità di lavorare da una postazione fissa diversa dall’ufficio, lo smart working ha un approccio più olistico includendo anche la dimensione temporale (anch’essa flessibile) e introducendo temi importanti come sostenibilità ambientale, produttività e misurazione delle performance nonché conciliazione tra vita personale e lavorativa.
In questo senso il Ministero ha dimostrato una vision importante spingendo (nel solco di riferimenti normativi precedenti come la direttiva sullo Smart working e Telelavoro n. 3/2017 prevista dalla Riforma Madia del 2015) la Pubblica Amministrazione a ripensarsi organicamente e funzionalmente confrontandosi con strumenti e sfide, legate al mondo digitale, spesso relegate a funzioni e aree marginali, ma che oggi, pur se in un regime emergenziale, sarebbero in grado di cambiare in meglio l’offerta di servizi pubblici a vantaggio dei diversi portatori di interessi (cittadini, imprese, altre PA).
Il boom dello smart working in Italia post Coronavirus (marzo 2020)
Arrivano i primi dati sulla crescita dello smart working in Italia, in ambito aziendale per ora. Secondo una ricerca Bva Doxa di metà marzo il 73% delle aziende italiane ha introdotto il lavoro agile per garantire continuità operativa durante la pandemia da Coronavirus. Il 90% si dice soddisfatto dei risultati in termini di efficienza e operatività.
E ora sono circa 1 milione di utenti smart working secondo gli osservatori del politecnico di Milano, con potenzialità fino a 8 milioni , contro i 570 mila del 2019.
I cinque ostacoli per lo smart working nella PA e in azienda
Una grande occasione quindi per un cambiamento sostanziale dei processi che tuttavia si scontra con cinque principali ostacoli la cui semplice minaccia di sanzioni potrebbe non bastare ad arginare:
- Regime di urgenza (fattore tempo)
- Strumenti e competenze digitali necessarie
- Reingegnerizzazione dei processi
- Frammentazione
- Risorse limitate
Fattore tempo
La transizione verso forme di lavoro agile, la digitalizzazione dei processi, l’orientamento (vero) alle performance sono obiettivi straordinari di cui si sono occupati, più o meno efficacemente, i passati governi ma che in ogni caso richiedono tempo per essere calati su una dimensione complessa come quella della PA.
L’urgenza di una epidemia in corso e gli effetti esecutivi sin da subito della circolare non aiutano quindi la corretta transizione verso tali ambiziosi orizzonti di flessibilità.
Strumenti e competenze digitali
Il perno della circolare e della transizione verso forme di lavoro agile è quindi il digitale, strumento teoricamente abilitante che ha rivoluzionato il nostro modo di vivere, dagli acquisti alle relazioni interpersonali, dal modo di lavorare a quello di produrre ed erogare servizi.
Con l’evolversi degli strumenti, le competenze digitali sono naturalmente permeate nel mondo privatistico ma fortemente meno in quello pubblico, a causa di un quasi decennale blocco orizzontale del turnover e di un approccio sostanzialmente giuridico-amministrativista del “recruiting” nella PA.
In assenza di risorse umane, competenze eo strumenti tecnici adeguati il dirigente potrebbe non avere quindi i mezzi per portare avanti questa transizione con piena cognizione e con modalità adeguate.
Reingegnerizzazione dei processi
Ripensare i processi e le attività di un Ente pubblico, analizzando ed evidenziando le funzioni oggetto di una potenziale “remotizzazione” non è affatto scontato anche alla luce di una struttura normativa, gerarchica e sindacale piuttosto rigida capace di tutelare spesso, nel bene o nel male, più i diritti dei lavoratori che i doveri.
Questa tematica assume una valenza ancor più rilevante se vista in relazione al tema, delicatissimo, della misurazione di performance e KPI del lavoratore in regime di smart working.
Frammentazione
L’ultimo ostacolo è rappresentato dalla frammentazione del sistema pubblico, problema già affrontato con il piano di razionalizzazione dei centri di elaborazione dati e della convergenza delle piattaforme pubbliche che in fase di analisi ha fatto emergere l’esistenza di oltre 11.000 datacenter diversi a sostegno dei servizi digitali della pubblica amministrazione italiana.
Una tale frammentazione infrastrutturale è sintomo di un’altrettanta capillarità di competenze, ruoli e responsabilità su tutto il territorio nazionale.
Le decisioni operative per l’azienda Italia non verranno prese quindi a livello centrale bensì a livello di singola P.A. con scenari potenzialmente disastrosi.
Immaginiamo, ad esempio, quale possa essere l’efficacia nell’adozione della succitata circolare da parte del personale e della dirigenza di un piccolo comune.
Risorse limitate
La dotazione di strumenti informatici, piattaforme, licenze e risorse finanziarie nell’attuale disponibilità della P.A. non è in grado di sostenere una immediata e completa transizione verso il lavoro agile.
Accettato questo dato come assiomatico è necessario quindi attuare due azioni conseguenti:
- Definire elementi prioritari per valutare oggettivamente personale e funzioni a cui concedere questa nuova forma di lavoro;
- Censire la disponibilità di risorse personali (dispositivi, connessione, etc.) dei dipendenti.
Cosa fare e come fare smart working nella PA
Per affrontare le titaniche sfide succitate è necessario innanzitutto fare una ricognizione interna del proprio personale al fine di far emergere quadri clinici e comportamentali nonché dinamiche funzionali e aziendali per poi attuare azioni di contenimento del perimetro di rischio e strategie di transizione verso il lavoro agile secondo criteri prioritari.
Analisi eligibilità dello smart working nell’ente pubblico
Il questionario, in linea con le disposizioni della General Data Protection Regulation, dovrà essere quindi somministrato a tutti i dipendenti attraverso uno dei tanti strumenti (anche gratuiti) oggi disponibili.
Le domande e gli elementi che dovrebbero essere analizzati per poter avere elementi idonei a una corretta valutazione possono essere divisi in 3 macroaree:
- Area individuale
- Area funzionale
- Area tecnica
Area individuale
Le domande afferenti all’area individuale dovrebbero comprendere quelle legate al comportamento del dipendente e alla sua condizione personale e familiare a casa e fuori, quelle legate all’ambito clinico dovrebbero essere definite e discusse di comune accordo con il medico dell’ente.
Alcuni esempi di domande afferenti all’area individuale:
- Presenza di figli o minori conviventi
- Presenza di patologie immunodepressive personali o di familiari conviventi
- Presenza di patologie cardiache o respiratorie gravi personali o di familiari conviventi
- Stato di gravidanza personale o di familiari conviventi
- Modalità di trasporto nel tragitto casa-lavoro (treno, bus, bici)
Le risposte legate a questa prima area sono necessarie per individuare tre principali obiettivi oggetto di prioritizzazione:
- Ridurre la diffusione del virus
- Aumentare la qualità della relazione vita-lavoro (soprattutto alla luce della chiusura delle scuole)
- Evitare o ridurre l’impatto su fasce di popolazione a rischio
Area funzionale
Le domande afferenti all’area funzionale sono rese a comprendere il margine di “remotizzazione” delle attività e gli eventuali punti di contatto diretto con il pubblico.
Alcuni esempi di domande afferenti all’area funzionale:
- Eventuale relazione diretta con il pubblico
- Pertinenza dei propri spazi lavorativi con aree aperte al pubblico
- Stima dell’utilizzo di computer e dispositivi elettronici nella propria attività lavorativa quotidiana
- Necessità di strumenti, documenti ed elementi “fisici” presenti in ufficio e non accessibili in formato virtualedigitale
- Censimento degli strumenti digitali utilizzati (Email, editor di testo, fogli di calcolo, piattaforme ad hoc, etc.)
- Presenza di eventuali file e documenti di utilizzo quotidiano su storage fisici, condivisi in rete locale o cloud.
Chiaramente vi sono delle attività necessarie, legate al concetto stesso di “servizio pubblico”, che non potranno nell’immediato essere trasformare in Smart Working.
Area tecnica
Le domande afferenti all’area tecnica saranno necessarie per far fronte al limite delle risorse in dotazione alla PA, riuscire infatti ad “abilitare” il dipendente con i propri mezzi, accelererebbe il processo di transizione estendendolo a più unità.
In tal senso alcuni esempi di domande afferenti all’area tecnica:
- Disponibilità di computer Desktop o Notebook funzionanti e aggiornati
- Disponibilità di connessione internet
- Disponibilità di webcam / microfono
- Disponibilità di smartphone/tablet e affini
Le risposte a quest’ultima area saranno cruciali nell’adozione e diffusione dei diversi strumenti e nel mantenimento delle attività necessarie anche in termini di relazione tra dipendenti e aree (es. webcam / microfono).
Al termine di questa ricognizione il dirigente avrà gli strumenti per poter definire un piano di transizione verso forme di lavoro agile.
Gli strumenti
L’attuale mercato ICT offre una pluralità di strumenti hardware e software per facilitare l’adozione dello smart working nell’Ente pubblico, tra queste potremmo considerare tra le principali:
- VPN
- VDI
- Cloud Storage
- Virtual Meeting-Conferencing
Virtual Private Network
Una VPN consente di creare una rete privata virtuale che garantisce privacy, anonimato e sicurezza dei dati attraverso un canale di comunicazione riservato tra dispositivi che non necessariamente devono essere collegati alla stessa LAN.
In sostanza permette, in sicurezza, di accedere alla rete, compreso file condivisi, come si fosse nella rete dell’ente (accedendo quindi a file condivisi).
Virtual Desktop Infrastructure
Le VDI invece offrono una vera e propria infrastruttura completa virtuale, un “computer” reso software e accessibile in ogni momento da una pluralità di dispositivi.
Con le VDI è possibile quindi “trasformare” un dispositivo fisico come il computer del proprio ufficio in un software accessibile in remoto anche con dispositivi sostanzialmente diversi come tablet o con altri sistemi operativi, mantenendo software e file invariati.
Cloud Storage e Virtual Meeting
Gli strumenti di cloud storage e virtual meeting infine, soluzioni già diffuse nel mondo della PA, permettono di rendere accessibili file e strumenti conversazionali anche in remoto abbattendo quindi le necessità di accesso fisico a luoghi e spazi comuni.
KPI e risultati
Al fine di garantire standard e qualità minime del “servizio pubblico” le pubbliche amministrazioni dovranno definire anche strumenti di misurazione delle performance e degli indicatori di performance chiave al fine di verificare e monitorare l’impatto di tale iniziativa sull’efficacia e sull’efficienza dell’azione amministrativa, nonché sulla qualità dei servizi erogati. Le misure organizzative adottate in tema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti non dovranno in alcun modo influire sull’erogazione di servizi primari al vasto pubblico di portatori di interessi.
Conclusioni
Il manager pubblico, nonostante tutti gli ostacoli formali e sostanziali oggi presenti e i limiti in termini di urgenza, competenze e risorse interne può reagire avviando una prima indagine interna per poi prioritizzare un piano di azione e conversione verso forme di lavoro smart, evitando in questo modo anche il rischio sanzioni.
La diffusione epidemica del Covid-19 rappresenta una sfida importante per l’Italia sia in termini di salute pubblica che di competitività e tenuta economica del sistema Paese.
Riuscire a trarre da una situazione critica elementi di positività per ripensare un sistema quale quello della funzione pubblica, capace, se perfettamente efficace ed efficiente, di sostenere la ripartenza del tessuto sociale ed economico diventa quindi cruciale ed è una sfida che questo Paese non può più permettersi di perdere.